I fabbricati in favore dei quali potranno successivamente essere costituiti i singoli vincoli (in base alle disposizioni della legge Tognoli) devono essere immediatamente individuati o comunque individuabili già al momento della presentazione della richiesta di autorizzazione edilizia (poi DIA)

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 1 agosto 2018, n. 37081.

La massima estrapolata:

Pur potendo il vincolo di pertinenzialità venire ad esistenza, dopo l’ultimazione dei lavori, al momento della stipula degli atti pubblici di trasferimento in favore di proprietari di immobili dotati dei requisiti previsti, i fabbricati in favore dei quali potranno successivamente essere costituiti i singoli vincoli (in base alle disposizioni della legge Tognoli) debbano essere immediatamente individuati o comunque individuabili già al momento della presentazione della richiesta di autorizzazione edilizia (poi DIA), non essendo, dunque, sufficiente l’assunzione, da parte del costruttore, dell’obbligo, garantito dall’impegno contrattuale assunto verso il comune, di destinare in futuro i box e gli spazi di parcheggio esclusivamente a titolari di diritti sugli immobili ricompresi nell’area di prossimità.

Sentenza 1 agosto 2018, n. 37081

Data udienza 10 novembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAVALLO Aldo – Presidente

Dott. ROSI Elisabett – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

Dott. RENOLDI Carl – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/05/2015 della Corte d’appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Renoldi Carlo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore generale, Dott. Cuomo Luigi, che ha concluso sollecitando la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso;
udito, per l’imputato, l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 27/05/2015, la Corte d’appello di Roma confermo’ la sentenza del Tribunale di Roma in data 8/10/2013, emessa all’esito di giudizio abbreviato, con la quale (OMISSIS) era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di quattro mesi di arresto e di Euro 10.000,00 di ammenda in quanto riconosciuto colpevole, con le attenuanti generiche, del reato di cui all’articolo 81, cpv. c.p., e Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, comma 1, lettera B) per avere, in concorso con (OMISSIS), nella loro qualita’ di amministratori e di legali rappresentanti della (OMISSIS) Srl, proprietaria di un’area di 12.914 mq sita nella via (OMISSIS) e committente delle opere, iniziato lavori edili, in assenza del permesso di costruire, finalizzati alla realizzazione di un parcheggio interrato ritenuto non pertinenziale, disposto su due piani, per complessivi 497 box e posti auto; fatti accertati in (OMISSIS).
2. Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso (OMISSIS) a mezzo dei difensori fiduciari, avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), deducendo tre distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo di essi, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed C), la violazione di norme processuali stabilite a pena di nullita’ in relazione agli articoli 161, 178 e 179 c.p.p.. In particolare, si sottolinea come la copia del decreto di citazione in appello destinata all’imputato fosse stata notificata al suo difensore di fiducia, ai sensi dell’articolo 161 c.p.p., senza che la notifica fosse stata preceduta dalla verifica della impossibilita’ di rinvenire lo stesso (OMISSIS) presso il domicilio eletto.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa di (OMISSIS) censura, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla L. n. 122 del 1989, articolo 9, Decreto Legge n. 5 del 2012, articolo 10, articolo 5 c.p., nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione. Cio’ in relazione a tre distinti profili.
2.2.1. Sotto un primo aspetto, si osserva che la L. n. 122 del 1989 (cd. Legge Tognoli) avrebbe attribuito ai comuni, nella materia dei parcheggi, poteri di pianificazione, che sarebbero stati inizialmente esercitati, dal comune capitolino, con la delibera n. 325 del 1993, la quale, nel prevedere che la richiesta di autorizzazione edilizia dovesse essere corredata dagli atti di vendita, registrati e trascritti, contenenti la costituzione del vincolo di pertinenzialita’ tra il singolo immobile e il relativo parcheggio, avrebbe determinato serie problematiche applicative, attesa la difficolta’ di trovare acquirenti per un immobile non ancora realizzato. Per tale motivo, sarebbe stata successivamente emanata la delibera n. 165 del 1997, con la quale sarebbe stato previsto che alla richiesta di autorizzazione dovesse essere legato un atto d’obbligo, debitamente trascritto, con cui il privato si fosse impegnato a non modificare la destinazione d’uso a parcheggio. In questa prospettiva, il vincolo di pertinenzialita’ avrebbe dovuto esistere soltanto al momento del trasferimento della proprieta’ dell’acquirente, proprietario di un immobile sito in un’area di prossimita’ indicata nella planimetria specificante l’area di intervento; sicche’ gli immobili serviti dal parcheggio non avrebbero dovuto essere identificati preventivamente, dovendo essere soltanto preventivamente identificabili. Secondo la difesa, del resto, la possibilita’ di una previsione estensiva della L. n. 122 del 1989, articolo 9 rientrerebbe nel riconoscimento, ex articolo 117 Cost., di una potesta’ regolamentare dei comuni in materia di realizzazione dei parcheggi urbani interrati; potesta’ riconosciuta da una copiosa giurisprudenza amministrativa.
2.2.2. Sotto un secondo profilo, il ricorso sottolinea come il Decreto Legge n. 5 del 2012, articolo 10 prevedrebbe la possibilita’, per il singolo comune, di stipulare convenzioni o comunque di autorizzare la cessione del parcheggio a servizio di qualunque immobile sito nel territorio comunale.
2.2.3. Infine, in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo, il ricorso pone in luce la scusabilita’ dell’errore dell’imputato, derivante dalla presenza di una giurisprudenza non pacifica. Sarebbe, inoltre, errato il riferimento alla sentenza del 2009, compiuto dalla Corte territoriale per dimostrare la piena consapevolezza, da parte dell’imputato, della illiceita’ della sua condotta, atteso che tale pronuncia non sarebbe stata emessa nei confronti di (OMISSIS), il quale sarebbe stato destinatario, in realta’, unicamente della sentenza del 2011, pronunciata successivamente ai fatti per cui e’ processo.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B) ed E), l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonche’ la mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione in relazione alla circostanza che l’opera non fosse stata nemmeno iniziata: cio’ che, unitamente alla configurabilita’, al piu’, di un semplice tentativo non punibile, sarebbe stato indicativo di una limitata gravita’ dell’offesa e, complessivamente, di un atteggiamento meramente colposo da parte dell’imputato; profili sui quali la Corte territoriale avrebbe omesso qualunque motivazione, nonostante la specifica deduzione contenuta nell’atto di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso presenta alcuni profili di manifesta infondatezza e, al contempo, deduzioni non manifestamente infondate; sicche’ la sentenza impugnata deve essere annullata, senza rinvio, per essersi il reato estinto per prescrizione.
2. Muovendo dall’analisi del primo motivo di doglianza, con cui viene dedotta la nullita’ dei decreti di citazione emessi nel giudizio di appello sul presupposto che la notifica al difensore, eseguita ai sensi dell’articolo 161 c.p.p., non fosse stata preceduta dalla verifica della impossibilita’ di notifica al domicilio eletto, la relativa censura si palesa manifestamente infondata.
Secondo l’opinione accolta da questo Collegio, infatti, la nullita’ conseguente alla notifica all’imputato del decreto di citazione a giudizio presso lo studio del difensore di fiducia anziche’ presso il domicilio eletto o dichiarato e’ di ordine generale a regime intermedio; cio’ in quanto detta notifica, seppur irritualmente eseguita, non e’ inidonea a determinare la conoscenza dell’atto da parte dell’imputato, in considerazione del rapporto fiduciario che lo lega al difensore (ex plurimis Sez. 2, n. 48260 del 23/09/2016, dep. 15/11/2016, Zinzi, Rv. 268431). Ne consegue che tale nullita’ deve ritenersi sanata nel caso in cui non sia eccepita entro i termini previsti dall’articolo 180 c.p.p., richiamato dall’articolo 182 c.p.p.; cio’ che non risulta essere avvenuto nel caso di specie, non avendo il ricorrente dedotto di avere formulato alcuna eccezione sul punto davanti alla Corte di appello.
3. Manifestamente infondato e’ anche il terzo motivo, con il quale il ricorrente prospetta, per un verso, la configurabilita’, in relazione alla condotta contestatagli, di un tentativo non punibile, omettendo di considerare che l’intervento realizzato aveva comunque determinato, attraverso i lavori di scavo, una rilevante modifica dell’assetto urbanistico del territorio; e, per altro verso, la modesta gravita’ del fatto, che avrebbe dovuto determinare un piu’ contenuto trattamento sanzionatorio, anche in ragione della condotta meramente colposa da parte dell’imputato, omettendo la difesa di considerare, anche in questo caso, che la determinazione della pena costituisce esercizio di un potere discrezionale da parte del giudice, al quale deve corrispondere un adeguato apparato motivazionale che dia conto dei criteri utilizzati nel momento commisurativo: motivazione che il giudice ha puntualmente reso nel riferirsi, oltre che all’entita’ del fatto, anche alla personalita’ dell’imputato, gravato da un precedente per reato colposo.
4. Venendo, quindi, al secondo motivo di doglianza, va premesso che la questione relativa alla individuazione dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione di parcheggi pertinenziali di fabbricati e’ stata ripetutamente scrutinata da questa Suprema Corte.
In argomento, e’ gia’ stato sottolineato come ai sensi della L. 24 marzo 1989, n. 122, articolo 9, comma 1, la realizzazione di autorimesse o parcheggi destinati a pertinenza di fabbricati esistenti e’ consentita soltanto se essa sia stata eseguita nel sottosuolo o nei locali del piano terreno del fabbricato stesso, ovvero, a partire dalla modifica apportata alla L. 24 marzo 1989, n. 122, articolo 9, comma 1 dalla L. 15 maggio 1997, n. 127, articolo 17, comma 90, nel sottosuolo esterno al fabbricato, sempre che i parcheggi siano stati realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, in aree pertinenziali allo stesso fabbricato. Fuori da queste ipotesi, e’ necessario, invece, il preventivo rilascio del permesso di costruire, in ragione del significativo impatto delle opere in questione sull’assetto urbanistico e sull’utilizzazione del territorio (Sez. 3, n. 37013 del 24/09/2001, Tripodoro, Rv. 220349; Sez. 3, n. 38841 del 24/10/2006, Di Iorio, Rv. 235357; Sez. 3, n. 8693 del 15/01/2008, Navarra, Rv. 239064; Sez. 3, n. 26237 del 18/03/2009, dep. 25/06/2009, pronunciata, tra gli altri, nei confronti dello stesso (OMISSIS)).
L’ambito di tale disciplina, di stretta interpretazione in ragione del carattere eccezionale che la connota (Cons. St., Sez. 4, n. 2579 del 2009 e n. 8729 del 2010), e’ stato progressivamente esteso dalla giurisprudenza, nel senso che il parcheggio possa essere realizzato anche negli spazi interrati di un’area di proprieta’ di terzi (Cons. St., Sez. 4, 23 luglio 2009, n. 4636; 7 luglio 2009, n. 3379; Cass., Sez. 3, n. 14940 del 2009, citata), ferma restando la necessita’ che la realizzazione delle opere non possa corrispondere ad “attivita’ meramente speculative” (Cons. St., Sez. 4, n. 1842 del 3 marzo 2010).
Nel caso di interesse, la Delibera comunale 8 agosto 1997, n. 165 aveva ulteriormente stabilito che, stanti le peculiari esigenze delle aree fortemente urbanizzate, la relazione di pertinenzialita’ tra gli immobili e i parcheggi sotterranei edificati ai sensi della L. 24 marzo 1989, n. 122, articolo 9, comma 1, potesse essere estesa fino a ricomprendere gli edifici “prossimi”, la cui sagoma rientrasse, per intero, all’interno della figura ottenuta nell’allegata mappa, individuando le vie parallele ai confini dell’area di parcheggio alla distanza di un chilometro dai singoli lati dell’area stessa. Una scelta amministrativa, quindi, che includendo, nella nozione di “pertinenzialita’”, anche il concetto di “prossimita’”, finiva per ancorare il legame pertinenziale fra i parcheggi e gli edifici serviti al fatto che “i boxes si trov(assero) in un ragionevole raggio di accessibilita’ pedonale”.
Tuttavia, onde evitare che le pur rilevanti esigenze connesse al crescente fabbisogno di parcheggi, in specie nelle grandi aree urbane, comportassero uno snaturamento della volonta’ della legge Tognoli, questa Corte ha anche affermato che, pur potendo il vincolo di pertinenzialita’ venire ad esistenza, dopo l’ultimazione dei lavori, al momento della stipula degli atti pubblici di trasferimento in favore di proprietari di immobili dotati dei requisiti previsti, i fabbricati in favore dei quali potranno successivamente essere costituiti i singoli vincoli debbano essere immediatamente individuati o comunque individuabili gia’ al momento della presentazione della richiesta di autorizzazione edilizia (poi DIA) (Sez. 3, n. 45068 del 16/11/2011, dep. 5/12/2011, (OMISSIS) e altro, Rv. 251331; Sez. 3, n. 26237 del 18/03/2009, dep. 25/06/2009, citata; Sez. 3, n. 14940 del 3/03/2009, dep. 7/04/2009, Carrino e altro, Rv. 243460; Sez. 3, n. 8693 del 15/01/2008, Navarra, citata; Sez. 3, n. 44010 del 9/11/2001, dep. 7/12/2001, Fratta, Rv. 220741); non essendo, dunque, sufficiente l’assunzione, da parte del costruttore, dell’obbligo, garantito dall’impegno contrattuale assunto verso il comune, di destinare in futuro i box e gli spazi di parcheggio esclusivamente a titolari di diritti sugli immobili ricompresi nell’area di prossimita’. Cio’ in quanto lo schema descritto, consentendo un intervento d’iniziativa di terzi diversi dai proprietari, rivolto ad una pluralita’ di persone non individuate, sollecitandone l’interesse all’acquisto, avrebbe presentato i caratteri tipici di una iniziativa speculativa (Sez. 3, n. 45068 del 16/11/2011, dep. 5/12/2011, (OMISSIS) e altro, in motivazione).
4.1. Nel caso di specie, i giudici di merito hanno accertato in fatto, e dunque in maniera non sindacabile in questa sede, che la realizzazione dei box non risultava a servizio dei fabbricati o delle strutture sovrastanti e preesistenti, ne’ di fabbricati sorgenti su aree prossime, bensi’ di fabbricati diversi, indistinti e non individuabili dall’inizio; sicche’ il complesso delle argomentazioni svolte in sede di ricorso, chiaramente in contrasto con i consolidati arresti di questa Corte, qui condivisi, appare non fondato.
Nondimeno, rileva il Collegio che la questione teste’ riportata non puo’ ritenersi manifestamente infondata, attesa la sua notevole complessita’ tecnica e la possibilita’ di approdi interpretativi differenti. Ne consegue, alla stregua di tale valutazione, che deve procedersi a verificare se alla presente data, e dunque dopo la pronuncia della sentenza di appello, il reato sia o meno prescritto. Cio’ alla stregua del principio secondo cui allorche’ non tutti i motivi di ricorso per cassazione siano inammissibili, sono rilevabili di ufficio le questioni inerenti all’applicazione della declaratoria delle cause di non punibilita’ di cui all’articolo 129 c.p.p., comma 1, che non comportino la necessita’ di accertamenti in fatto o di valutazioni di merito incompatibili con i limiti del giudizio di legittimita’ (Sez. U, n. 8413 del 20/12/2007, dep. 26/02/2008, Cassa, Rv. 238467).
Sul punto, giova osservare che essendosi in presenza di un reato permanente, il dies a quo del termine di prescrizione decorre dalla cessazione della permanenza, individuata, nel capo di imputazione, nella data dell'(OMISSIS). Pertanto, considerati gli eventi interruttivi medio tempore verificatisi, il termine quinquennale di prescrizione deve essere individuato nell'(OMISSIS), ormai ampiamente decorso.
5. Alla luce delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata, senza rinvio, per essersi il reato estinto per prescrizione. Conseguentemente, deve essere disposta la revoca dell’ordine di demolizione, atteso che secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’estinzione del reato di costruzione abusiva per prescrizione travolge l’ordine di demolizione dell’opera, atteso che tale ordine e’ una sanzione amministrativa di tipo ablatorio che trova la propria giustificazione nella accessorieta’ alla sentenza di condanna (Sez. 3, n. 10/02/2006, Cirillo, Rv. 233673; Sez. 3, n. 8409 del 30/11/2006, dep. 28/02/2007, Rv. 235952; Sez. 3, n. 756 del 2/12/2010, dep. 14/01/2011, Rv. 249154; Sez. 3, n.50441 del 27/10/2015, Rv. 265616).

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il reato e’ estinto per prescrizione. Revoca l’ordine di demolizione.

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