Il termine per comunicare i dati del conducente decorre dalla richiesta da parte dell’autorità e non dalla definizione dell’opposizione.

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 9 luglio 2018, n. 18027.

La massima estrapolata

Il termine per comunicare i dati del conducente decorre dalla richiesta da parte dell’autorità e non dalla definizione dell’opposizione.

Ordinanza 9 luglio 2018, n. 18027

Data udienza 4 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIUSTI Alberto – Presidente

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 1582-2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso in proprio;
– ricorrente –
contro
COMUNE ANCONA, in persona del sindaco pro tempore; (OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimati –
avverso la sentenza del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 05/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/05/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con ricorso proposto innanzi il Prefetto di Ancona, l’avv. (OMISSIS) impugnava il verbale di contestazione del 3.10.2007 con il quale gli veniva contestato il superamento del limite di velocita’, accertato mediante apparecchiatura autovelox.
Con ordinanza ingiunzione n. 1053/2008 il Prefetto di Ancona respingeva il ricorso.
Il ricorrente impugnava detto provvedimento innanzi il Giudice di Pace di Ancona, il quale con sentenza n. 1163/08 rigettava l’opposizione.
Proponeva appello avverso detta decisione il ricorrente, e nelle more riceveva la notificazione della cartella di pagamento n. (OMISSIS) emessa da (OMISSIS) Spa, quale agente per la riscossione del Comune di Ancona, sia per la sanzione afferente la violazione originaria, sia per quella derivata, ai sensi dell’articolo 126-bis C.d.S., dall’omessa comunicazione dei dati del conducente del veicolo al momento della contestata infrazione.
Il ricorrente proponeva opposizione al Giudice di Pace avverso detta cartella, a suo dire illegittimamente notificata quando ancora pendeva l’appello avverso l’ordinanza-ingiunzione relativa alla violazione originaria, e quindi in un momento in cui la contestazione iniziale non era ancora divenuta definitiva.
Con sentenza n. 893/2010 il Giudice di Pace accoglieva l’opposizione compensando le spese del grado.
Proponevano separati appelli avverso tale decisione l’ (OMISSIS), quanto alla compensazione delle spese, e il Comune, quanto all’accoglimento del ricorso, e le due impugnazioni venivano riunite e decise con la sentenza oggi impugnata, n. 966/2015, con la quale il Tribunale di Ancona accoglieva il gravame proposto dal Comune, riformando la decisione del Giudice di Pace e condannando l’ (OMISSIS) alle spese del doppio grado.
A sostegno della propria decisione, il Tribunale riteneva che l’articolo 126-bis C.d.S., nella sua formulazione successiva all’entrata in vigore del Decreto Legge n. 262 del 2006, articolo 2, comma 164 convertito in L. n. 286 del 2006, applicabile ratione temporis al caso di specie, non prevedesse piu’ che il termine di 60 giorni fissato per la comunicazione dei dati del conducente decorre dalla definizione del procedimento di opposizione al verbale di accertamento relativo alla violazione originaria, ma piuttosto dalla richiesta rivolta dalla P.A. al proprietario del mezzo. Anche volendo aderire all’orientamento giurisprudenziale che ritiene che detto termine sia interrotto durante la pendenza del giudizio di opposizione avverso la violazione originaria, per riprendere poi a partire dall’emanazione della sentenza di primo grado, esecutiva ope legis, esso sarebbe nella fattispecie spirato onde l’amministrazione avrebbe legittimamente emesso nei confronti dell’avv. (OMISSIS) la cartella di pagamento impugnata.
Ricorre per la cassazione di detta decisione l’ (OMISSIS) affidandosi a due motivi. Sono rimasti intimati il Comune di Ancona ed (OMISSIS) Spa. Il ricorrente ha anche depositato una memoria depositata fuori termine, nella quale ha – tra l’altro – contestato la ritualita’ della notificazione del controricorso del Comune di Ancona, che tuttavia non risulta depositato in atti del giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 189 e 306 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Ad avviso del ricorrente il Comune di Ancona, non avendo riproposto le sue conclusioni nell’apposita udienza di precisazione, vi avrebbe rinunciato; di conseguenza, la sentenza sarebbe erronea perche’ il giudice avrebbe pronunciato su una domanda non ritualmente proposta (o riproposta) dal Comune.
La censura e’ infondata, posto che la rinuncia ad una domanda si puo’ configurare soltanto quando la parte, dopo aver formulato determinate conclusioni nel proprio scritto introduttivo, utilizzi la facolta’ di precisazione e modificazione delle stesse prevista dall’articolo 183 c.p.c., comma 6 ovvero precisi le conclusioni all’udienza prevista dall’articolo 189 c.p.c., senza riproporre integralmente le conclusioni originarie, in tal modo evidenziando la propria volonta’ di abbandonare le domande non espressamente riproposte.
Viceversa, “Nell’ipotesi in cui il procuratore della parte non si presenti all’udienza di precisazione delle conclusioni o, presentandosi, non precisi le conclusioni o le precisi in modo generico, vale la presunzione che la parte abbia voluto tenere ferme le conclusioni precedentemente formulate” (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n.22360 del 30/09/2013, Rv.627928; conformi, Cass. Sez. 3, Sentenza n.409 del 12/01/2006, Rv. 586206 e Cass. Sez. 3, Sentenza n.10027 del 09/10/1998, Rv.519576). Ne consegue che la mera circostanza che il Comune non abbia, all’udienza di precisazione delle conclusioni, riproposto le domande formulate nei propri scritti difensivi non comporta in alcun modo l’abbandono di queste ultime.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 126 C.d.S., comma 2 in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, in quanto il Tribunale avrebbe omesso di considerare che per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 27/2005 il termine per la comunicazione dei dati del conducente decorre dalla definizione dei ricorsi avverso il verbale di contestazione dell’originaria violazione, e non invece dalla data della contestazione o dalla richiesta dell’autorita’.
Il motivo e’ infondato.
Questa Corte ha affermato il principio secondo cui “In tema di sanzioni amministrative conseguenti a violazioni del codice della strada, il termine entro cui il proprietario del veicolo e’ tenuto, ai sensi dell’articolo 126-bis C.d.S., comma 2, a comunicare all’organo di polizia che procede i dati relativi al conducente, non decorre dalla definizione del procedimento di opposizione avverso il verbale di accertamento dell’infrazione presupposta, ma dalla richiesta rivolta al proprietario dall’autorita’, trattandosi di un’ipotesi di illecito istantaneo previsto a garanzia dell’interesse pubblicistico relativo alla tempestiva identificazione del responsabile, del tutto autonomo rispetto all’effettiva commissione di un precedente illecito” (Cass. Sez. 2, Sentenza n.15542 del 23/07/2015, Rv.636027; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n.22881 del 10/11/2010, Rv. 615544). Ne consegue che l’autorita’ non e’ tenuta a soprassedere alla richiesta di comunicazione dei dati del conducente del mezzo in attesa della definizione della contestazione della violazione originaria.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese, in difetto di costituzione degli intimati.
Poiche’ il ricorso per cassazione e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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