Quello che rileva in caso di mancato o inesatto inserimento nell’elenco telefonico del nominativo dell’avvocato

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 8 giugno 2018, n. 14916.

La massima estrapolata:

Quello che rileva in caso di mancato o inesatto inserimento nell’elenco telefonico del nominativo dell’avvocato non è tanto la possibilità di continuare ad essere contattati da clienti già acquisiti, quanto il fatto di non poter essere contattati da nuova clientela, rispetto alla quale nessuna prova della “perdita” può essere pretesa, se non in termini di “possibilità” e perdita di chance, suscettibile anch’essa di valutazione equitativa, non mancandosi di osservare che tale diritto ha, «in tutta evidenza, maggiore pregnanza allorquando l’utenza telefonica afferisca ad un’attività professionale o commerciale.

Ordinanza 8 giugno 2018, n. 14916

Data udienza 4 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21113/2016 R.G. proposto da:
Avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso da se’ stesso, con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.A. (gia’ (OMISSIS) S.p.A.), rappresentata e difesa dagli Avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio del primo in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, n. 574/2016, depositata il 16 febbraio 2016;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 maggio 2018 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.
RILEVATO IN FATTO
1. L’Avv. (OMISSIS) conveniva in giudizio, avanti il Tribunale di Milano, (OMISSIS) S.p.A. e (OMISSIS) S.p.A. chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni, patrimoniali e all’immagine, discendenti dal mancato o inesatto inserimento dei propri dati identificativi nelle guide cartacee (OMISSIS) e (OMISSIS) e negli elenchi on-line per gli anni 2005 e 2006.
Instaurato il contraddittorio il tribunale, con sentenza del 30/11/2011, rigettava le domande nei confronti di entrambe le convenute ritenendo:
a) sussistente la responsabilita’ contrattuale di (OMISSIS) limitatamente all’anno 2005;
b) insussistente alcuna responsabilita’, ne’ contrattuale ne’ extracontrattuale, in capo a (OMISSIS);
c) mancante, comunque, la prova del danno.
2. Tale decisione e’ stata confermata dalla Corte d’appello di Milano che, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello dell’attore osservando che:
a) la domanda di risarcimento proposta nei confronti di (OMISSIS) per l’anno 2006 era fondata sul mancato (e non sull’inesatto) inserimento dei dati identificativi negli elenchi telefonici; il mutamento in tali termini della ragione creditoria comporta inammissibile mutatio libelli, posto che altro e’ la pubblicazione di dati inesatti,altro l’omesso integrale inserimento del nominativo;
b) quanto a (OMISSIS), non vi era prova che avesse errato a inserire nell’elenco (OMISSIS) informazioni ad essa invece correttamente trasmesse; ne’ poteva ritenersi che avesse espressamente assunto l’obbligo di pubblicare correttamente i dati per l’anno 2006 attraverso le dichiarazioni contenute nella missiva datata 2/5/2005, con cui la societa’ aveva risposto a richiesta di chiarimenti, costituendo – detta lettera – “una risposta automatica, un riscontro della segnalazione” e contenendo tutt’al piu’ “un generico riconoscimento dell’obbligo di conformarsi alle richieste di modifiche”:
c) correttamente e’ stata ritenuta la mancanza di prova del danno, anche da perdita di chance, atteso che:
– “e’ impensabile che la scelta del legale avvenga tramite la mera consultazione dei suddetti elenchi, trattandosi di incarichi nei quali la scelta della persona del professionista poggia fondamentalmente sulla fiducia nelle sue qualita’ professionali, qualita’ che non si ricavano da un mero elenco alfabetico, richiedendo una conoscenza ben piu’ approfondita e una serie di informazioni assai piu’ complessa”;
– “una volta che si sia in possesso del nominativo del legale, e’ possibile conoscere i dati che permettono di contattarlo attraverso una richiesta all’ordine degli avvocati, ovvero una consultazione dell’elenco tenuto dall’ordine stesso”;
“l’attore si e’ limitato a produrre alcuni articoli di stampa relativi ad azioni intraprese con successo da associazioni di consumatori, la maggior parte dei quali neppure contiene menzione dello studio dell’attore”;
– non e’ nemmeno predicabile uno sviamento di clientela in difetto di prova dei relativi presupposti, “non automaticamente ricollegabili allo sviluppo del contenzioso relativo alla causa intentata dai consumatori, non essendovi concreti e specifici elementi per far ritenere che i consumatori si sarebbero rivolti all’odierno appellante per la tutela dei propri diritti”;
– l’appellante inoltre non ha prodotto “documentazione fiscale inerente ai propri redditi, e neppure una parcella, ovvero qualsiasi altro documento idoneo ad indicare la remunerazione della sua attivita’”;
d) “difettano quindi gli elementi per la liquidazione equitativa”, presupponendo questa la sussistenza del pregiudizio e l’impossibilita’ di dimostrare il danno.
3. Avverso tale decisione l’Avv. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione con quattro mezzi, cui resistono entrambe le societa’ intimate, depositando controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 380-bis c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, sotto vari profili censori, ricondotti alle previsioni di cui all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto costituire mutatio libelli ovvero domanda nuova il riferimento alla inesattezza dei dati pubblicati nell’elenco (OMISSIS) dell’anno 2006.
Rileva che:
– il petitum originario e’ identico a quello oggetto delle domande precisate nel corso del giudizio di primo grado e con l’atto d’appello: si e’ sempre trattato della richiesta di risarcimento del danno conseguente all’inadempimento di (OMISSIS) e di (OMISSIS) all’obbligo di pubblicare correttamente il nominativo del ricorrente sugli elenchi telefonici;
– la causa petendi non e’ basata su di un fatto costitutivo radicalmente differente, trattandosi sempre dell’inadempimento della resistente alla corretta pubblicazione dei dati identificativi;
– non e’ stato quindi introdotto alcun nuovo tema di indagine che possa aver disorientato la controparte e alterato il regolare svolgimento della controversia.
Soggiunge che, peraltro, quella dedotta per l’anno 2006 integra una responsabilita’ analoga a quella accertata, con decisione passata in giudicato, per l’anno 2005, nel quale l’abbonato risultava inserito nell’elenco come ” (OMISSIS)”.
2. Con il secondo motivo il ricorrente – oltre a ribadire le medesime censure anche in quanto rilevanti rispetto alla posizione di (OMISSIS) S.p.A. – deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5:
a) omesso esame “di una serie di fatti decisivi” con i quali, assume, e’ stata fornita la prova – che la Corte d’appello ha invece ritenuto mancante – della corretta comunicazione dei dati alla predetta societa’;
b) violazione ed erronea applicazione degli articoli 1988, 2697 e 2702 c.c., per avere la Corte di merito operato una illegittima inversione dell’onere probatorio che sarebbe spettato alla (OMISSIS) per effetto della promessa di adempimento contenuta nella missiva del 2/5/2005/inviata in risposta alla richiesta di chiarimenti;
c) erronea interpretazione di tale lettera, in violazione degli articoli 1362, 1363 e 1366 c.c..
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia:
a) violazione o “scorretta” applicazione degli articoli 1218, 1223, 1226, 2043 e 2697 c.c., con riferimento alla fattispecie del danno da perdita di chance, nonche’ falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. per non aver deciso sulla domanda proposta dall’appellante;
b) omesso esame di fatti decisivi oggetto di trattazione nel giudizio di merito, dai quali desumere, in termini di ragionevole probabilita’, che in assenza della condotta illecita il ricorrente avrebbe conseguito il risultato sperato;
c) violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1223, 1226, 2043 e 2697 c.c., e omesso esame di elementi di fatto decisivi per la decisione della controversia (elementi presuntivi allegati nel corso del giudizio dai quali desumere il nesso causale tra l’illecito e il danno).
Lamenta che la sentenza impugnata, avendo affermato che il danno richiesto non e’ stato provato stante la mancata dimostrazione della contrazione del fatturato, incorre in violazione dell’articolo 112 c.p.c., per non aver deciso in merito alle domande dirette alla liquidazione del danno da perdita di chance, che e’ fattispecie separata e distinta dal danno da contrazione del fatturato.
In subordine, nel caso di diversa lettura della sentenza come riferita anche a tale domanda, lamenta violazione delle norme del codice civile indicate in rubrica, rilevando che il danno conseguente alla mancata acquisizione di nuova clientela e’ certamente risarcibile e deve essere inquadrato nella fattispecie di matrice giurisprudenziale del danno da perdita di chance.
Lamenta al riguardo omesso esame di elementi offerti allo scopo di dimostrare l’esistenza di tale pregiudizio, quali in particolare:
– la circostanza che, negli anni 2005 e 2006, chiunque avesse cercato di contattarlo, si sarebbe trovato nell’impossibilita’ di reperire il suo recapito telefonico negli elenchi cartacei o on-line suindicati;
– dichiarazioni dei testi Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali hanno concordemente riferito che, a seguito di lamentele di clienti dello studio, hanno avuto modo di verificare piu’ volte che il nominativo dell’Avv. (OMISSIS) non era presente sul sito;
– il fatto documentato e comunque non contestato che, a partire dal 2004, egli seguiva un vasto contenzioso relativo gli scandali finanziari (OMISSIS), di cui negli anni in questione numerosi mezzi di informazione hanno riferito, anche evidenziando la positiva conclusione delle cause seguite da esso ricorrente nella provincia di Torino e in tutto il Piemonte, essendo egli uno tra i primi avvocati specializzati ad occuparsi della materia.
A tal ultimo riguardo il ricorrente lamenta in particolare che:
– la menzione a tale aspetto dedicata in sentenza “e’ del tutto generica e inconsistente ed equivale alla mancata considerazione dei fatti allegati”;
– la Corte non ha tenuto conto che si trattava di controversie seriali; i danneggiati erano tutti consumatori, ovvero soggetti che raramente hanno un proprio legale di fiducia e che quindi sono disposti molto facilmente ad affidare gli incarichi al professionista che risulta abbia gia’ riportato successi in casi analoghi; sulla vicenda (OMISSIS) solo il suo studio aveva seguito la controversia a livello collettivo.
Rileva che l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui “e’ impensabile che la scelta del legale avvenga tramite la mera consultazione dei suddetti elenchi” non calibra l’accertamento del nesso causale al lamentato danno da perdita di chance, il quale impone al creditore solo di provare la presenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di ragionevole probabilita’, che in assenza della condotta illecita avrebbe conseguito il risultato sperato da essa invece impedito.
4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia infine violazione e falsa applicazione dell’articolo 1226 c.c., per la mancata liquidazione equitativa del danno conseguente alla mancata acquisizione di nuova clientela e del danno all’immagine.
5. E’ fondato il primo motivo di ricorso.
Non puo’ dubitarsi infatti che l’allegazione della omessa pubblicazione dei dati identificativi negli elenchi telefonici, cartacei o on line, comprenda anche quella della inesatta loro indicazione, come il piu’ comprende il meno, trattandosi di specificazione che incide al piu’ sulle concrete modalita’ di verificazione del fatto posto a base della pretesa risarcitoria, ma che non ne muta la sostanza e l’identita’ ai fini della pretesa risarcitoria, essendo del tutto evidente che, ai fini del dedotto pregiudizio, nessuna differenza intercorre tra la mancanza totale del dato e la sua difformita’ al reale, il risultato essendone in entrambi i casi che il dato esatto non e’ reperibile nell’elenco.
Affermando il contrario la Corte d’appello incorre pertanto nel denunciato error in procedendo, avendo per tale ragione erroneamente considerato mutatio libelli quella che costituiva mera emendatio, come tale consentita nella memorie ex articolo 183 c.p.c., comma 6.
6. E’ anche fondato il secondo motivo, nella parte in cui lamenta violazione delle norme di ermeneutica contrattuale in relazione all’interpretazione della missiva del 2/5/2015 (integrante ratio decidendi subordinata in sentenza ma che assume ora rilevanza argomentativa prioritaria in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo di ricorso).
A fronte del chiaro tenore di tale lettera, testualmente trascritta in sentenza (“Facciamo seguito alla Sua richiesta, per comunicarLe che abbiamo provveduto all’esecuzione della stessa. Relativamente all’accoglimento della modifica sui nostri prodotti, La informiamo che la stessa sara’ recepita sui supporti on-line nel giro di qualche giorno, mentre per i volumi cartacei sara’ necessario attendere la stampa della prossima edizione…”), l’affermazione contenuta in sentenza -secondo cui “la comunicazione sembra una risposta automatica, un riscontro della segnalazione, e non e’ dato legger di una promessa di adempimento, bensi’, al piu’, un generico riconoscimento dell’obbligo di conformarsi alle richieste di modifiche, che si assume gia’ assolto” – si appalesa, oltre che intrinsecamente contraddittoria, priva di costrutto argomentativo, elusivo dei criteri legali di interpretazione degli atti negoziali e, segnatamente, di quello prioritario di cui all’articolo 1362 c.c., della interpretazione letterale.
Appare infatti del tutto trascurato l’inciso, centrale nella detta comunicazione, e di inequivoco significato letterale, ove si afferma che (la richiesta modifica) “sara’ recepita sui supporti on-line nel giro di qualche giorno, mentre per i volumi cartacei sara’ necessario attendere la stampa della prossima edizione”.
Il motivo invece non puo’ essere accolto nella parte in cui con esso si lamenta omesso esame di fatti decisivi (dai quali dovrebbe desumersi che, diversamente da quanto ritenuto in sentenza, (OMISSIS) aveva ricevuto dallo stesso ricorrente o da (OMISSIS) dati corretti che avrebbero consentito l’esatto inserimento dei dati personali identificativi nei propri elenchi on-line o cartacei) difettando la censura di autosufficienza, per mancata idonea indicazione in ricorso di atti e passaggi relativi.
7. E’ fondato anche il terzo motivo, nella parte in cui con esso si lamenta, in sostanza, l’adozione di erronee premesse definitorie circa la consistenza del danno da perdita di chance e i relativi oneri probatori, derivandone anche la fondatezza del quarto motivo, suscettibile di esame congiunto in quanto strettamente consequenziale.
Secondo costante insegnamento di questa Corte, il danno patrimoniale da perdita di chance consiste non nella perdita di un vantaggio economico, ma nella perdita definitiva della possibilita’ di conseguirlo, secondo una valutazione ex ante da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilita’ in termini di conseguenza dannosa potenziale (Cass. 17/04/2008, n. 10111).
Presupposto ed essenza stessa di tal genere di danno e’ dunque l’incertezza, ossia l’impossibilita’ di affermare con certezza che, se lo stesso non si fosse prodotto, il vantaggio economico avuto di mira si sarebbe oppure no conseguito, essendo il danno per l’appunto rappresentato dalla definitiva perdita della possibilita’ di conseguirlo (la cui affermazione dovra’ comunque rispondere ai parametri della apprezzabilita’, serieta’, consistenza).
Incoerenti rispetto a tale premessa definitoria – e dunque erronee in iure – si appalesano le motivazioni che nella sentenza impugnata sono poste a fondamento della decisione di rigetto anche di tal voce di danno (pur espressamente presa in considerazione), laddove in particolare esse argomentano sulla mancanza di “concreti e specifici elementi per far ritenere che i consumatori si sarebbero rivolti all’odierno appellante per la tutela dei propri diritti”, posto che proprio l’incertezza sul punto, in un senso o nell’altro, definisce la chance di cui si lamenta la perdita.
Mette conto peraltro in tema ricordare che, in fattispecie analoghe, questa Corte ha gia’ piu’ volte affermato che “quello che rileva in caso di mancato o inesatto inserimento nell’elenco telefonico non e’ tanto la possibilita’ di continuare ad essere contattati da clienti gia’ acquisiti, quanto il fatto di non poter essere contattati da nuova clientela, rispetto alla quale nessuna prova della “perdita” puo’ essere pretesa, se non in termini di “possibilita’” e perdita di chance, suscettibile anch’essa di valutazione equitativa” (Cass. 04/08/2017, n. 19497), non mancandosi di osservare che tale diritto ha, “in tutta evidenza, maggiore pregnanza allorquando l’utenza telefonica afferisca ad un’attivita’ professionale o commerciale” (Cass. 03/08/2017, n. 19342).
Ne’ l’esistenza del danno puo’ essere negata per il solo fatto -rilevato dalla Corte territoriale – che non siano stati depositati documenti fiscali a dimostrazione del decremento reddituale tale omissione puo’ certamente incidere sulla liquidazione del risarcimento, ma non consente di escludere che un danno vi sia comunque stato e che possa essere liquidato in via equitativa (Cass. n. 19497 del 2017, cit.).
8. Nei termini e nei limiti sopra esposti il ricorso merita pertanto accoglimento; la sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza; rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

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