In materia di indennita’ di disoccupazione, il decorso dei sessanta giorni per la presentazione della domanda di ammissione al beneficio, previsti dal R.Decreto Legge n. 1827 del 1935, articolo 129, comma 5, determina la decadenza dal diritto

Corte di Cassazione, sezione sesta lavoro, Ordinanza 24 maggio 2018, n. 12990.

La massima estrapolata:

In materia di indennita’ di disoccupazione, il decorso dei sessanta giorni per la presentazione della domanda di ammissione al beneficio, previsti dal R.Decreto Legge n. 1827 del 1935, articolo 129, comma 5, determina la decadenza dal diritto, trattandosi di termine stabilito nell’interesse alla certezza di una determinata situazione giuridica, la cui proroga, sospensione o interruzione e’ ammessa solo in casi eccezionali, tassativamente previsti dalla legge, sicche’ e’ irrilevante il mancato esercizio dovuto ad una situazione di mera difficolta’, non riconducibile al concetto normativo di forza maggiore.

Ordinanza 24 maggio 2018, n. 12990

Data udienza 22 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere

Dott. GHINOY Paola – Consigliere

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 27449/2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29, presso la sede dell’AVVOCATURA CENTRALE dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 498/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 22/02/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.
FATTO E DIRITTO
Rilevato che:
la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado con cui e’ stata rigettata, per tardivita’, la domanda proposta da (OMISSIS), volta al riconoscimento del suo diritto all’indennita’ di disoccupazione ordinaria;
per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso (OMISSIS), affidato ad un motivo;
l’Inps ha resistito con controricorso;
e’ stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
la difesa del ricorrente ha depositato memoria in data 14 febbraio 2018, ex articolo 380 bis c.p.c., comma 2, insistendo per l’accoglimento del ricorso;
Considerato che:
il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
(OMISSIS) – denunciando violazione e falsa applicazione dell’articolo 97 Cost., nonche’ dei principi generali in materia di imputabilita’ del ritardo e delle sue conseguenze – si duole che la Corte di Appello, statuendo sulla compiuta decadenza (in data 7.7.2011), non abbia ritenuto giustificato il ritardo, nella proposizione della domanda presentata in via telematica, dipeso dall’invio, solo il 12.7.2011, da parte dell’Inps, del “pin” richiesto il 3.7.2011.
Ritenuto che:
la censura e’ inammissibile, giacche’ stabilire se la decadenza sia imputabile, o meno, ad un ritardo nell’invio del “pin” da parte dell’Istituto, e’ oggetto di un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimita’, avuto anche riguardo alla logica argomentazione, contenuta nella sentenza impugnata, imperniata sulla constatazione che il richiedente – chiesto il “pin” solo il 23 giugno 2011 e ricevuta l’assegnazione completa del codice il giorno successivo, nonche’ chiesto solo in data 3 luglio il “pin” dispositivo (per il rilascio del quale non e’ previsto alcun termine) necessario per inoltrare la richiesta – ben avrebbe potuto, visto l’approssimarsi del termine ultimo per la proposizione della domanda, utilizzare gli altri sistemi previsti per l’esecuzione della pratica (presso gli uffici Inps ovvero presso la sede di un Caf) o chiedere il “pin” dispositivo direttamente allo sportello Inps;
una volta esclusa, nel caso, un’ipotesi di “forza maggiore”, la sentenza impugnata e’ in linea con quanto statuito, in ipotesi analoga a quella in esame, da Cass. n. 17404/2016, ove e’ affermato che “In materia di indennita’ di disoccupazione, il decorso dei sessanta giorni per la presentazione della domanda di ammissione al beneficio, previsti dal R.Decreto Legge n. 1827 del 1935, articolo 129, comma 5, determina la decadenza dal diritto, trattandosi di termine stabilito nell’interesse alla certezza di una determinata situazione giuridica, la cui proroga, sospensione o interruzione e’ ammessa solo in casi eccezionali, tassativamente previsti dalla legge, sicche’ e’ irrilevante il mancato esercizio dovuto ad una situazione di mera difficolta’, non riconducibile al concetto normativo di forza maggiore”;
le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.000,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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