Al revisore dei conti dell’ente locale coinvolto in un procedimento penale e poi assolto con formula piena, non compete alcun rimborso delle spese legali, sostenute per la sua difesa in giudizio

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 13 luglio 2018, n. 18553.

La massima estrapolata:

Al revisore dei conti dell’ente locale coinvolto in un procedimento penale e poi assolto con formula piena, non compete alcun rimborso delle spese legali, sostenute per la sua difesa in giudizio, in quanto pur potendo far rientrare il rapporto nell’ambito del mandato, vanno escluse dall’alveo dei danni risarcibili, le spese che il mandatario abbia sostenuto per difendersi in un giudizio penale dal quale sia stato anche prosciolto. Le spese di difesa non si pongono, infatti, in un nesso di causalità diretta con l’esecuzione del mandato, ma tra l’uno e l’altro si pone un elemento intermedio, dovuto all’attività di una terza persona, pubblica o privata, e costituito dall’accusa poi rivelatasi infondata.

Ordinanza 13 luglio 2018, n. 18553

Data udienza 5 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 26298/2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI TERZIGNO, in persona del Sindaco (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta procura speciale del Dott. Notaio (OMISSIS) in CASTELLAMMARE DI STABIA il 27/1/2017, rep. n. (OMISSIS);
– resistente con procura speciale –
avverso la sentenza n. 4415/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/04/2018 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del 30/1/2007 (OMISSIS) convenne davanti al Tribunale di Nola il Comune di Terzigno per sentirlo condannare al risarcimento del danno da esso subito a causa di un procedimento penale cui era stato sottoposto in ragione del proprio ruolo di presidente del collegio dei revisori dei conti del Comune e dal quale era andato assolto con la formula “perche’ il fatto non sussiste”. Assunse che, in ragione delle norme sul mandato, egli aveva titolo al rimborso delle spese e al risarcimento degli ulteriori danni, per un importo di Euro 800.000. Il Comune di Terzigno si costitui’ resistendo alla domanda e formulando riconvenzionale con richiesta di chiamata in causa del Ministero della Giustizia. Riassunta la causa davanti al Tribunale di Napoli, competente quale foro territoriale, detto Tribunale rigetto’ le domande, sia la principale sia la riconvenzionale, compensando le spese. Lo Iovane propose appello e la Corte d’Appello di Napoli rigetto’ l’appello, ritenendo che le vicende penali che avevano coinvolto l’appellante erano state soltanto occasionate dall’espletamento dell’incarico ma non avevano trovato in esso causa immediata e diretta. Escluso pertanto il nesso causale tra adempimento del mandato e necessita’ di pagare le spese di difesa, la Corte d’Appello di Napoli ha rigettato l’appello.
Avverso la sentenza (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali coeredi di (OMISSIS), propongono ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il Comune di Terzigno deposita memoria difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1720 c.c.. La sentenza sarebbe contraddittoria laddove, da un lato, individua lo (OMISSIS) quale “amministratore” dell’ente e, dall’altro, omette di considerare che l’incarico di presidente del collegio dei revisori dei conti poteva configurare esclusivamente un rapporto di mandato con l’ente. Il motivo e’ infondato. L’articolo 1720 c.c., comma 2, allorche’ stabilisce che il mandante deve risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell’incarico, si riferisce ai danni che sono conseguenza immediata e diretta dell’incarico di mandato, restando estranei quei danni per i quali detta condizione non ricorra. Il preteso danno subito dallo (OMISSIS) non dipendeva da ragioni connesse con l’incarico di revisore, ma da denunce di altri organi pubblici o privati e non gia’ dall’espletamento in se’ dell’attivita’ di mandatario. La giurisprudenza di questa Corte e’ consolidata nel senso di escludere, dall’alveo dei danni risarcibili, le spese che il mandatario abbia sostenuto per difendersi in un giudizio penale dal quale sia stato anche prosciolto (Cass., 5, n. 23089 del 14/12/2012; Cass., 1, n. 3737 del 9/3/2012). In tale caso, infatti, la necessita’ di effettuare le spese di difesa non si pone in nesso di causalita’ diretta con l’esecuzione del mandato, ma tra l’uno e l’altro si pone un elemento intermedio, dovuto all’attivita’ di una terza persona, pubblica o privata, e costituito dall’accusa poi rivelatasi infondata.
Con il secondo motivo di ricorso denunciano l’omessa e contraddittoria motivazione in relazione alla rilevanza degli esiti del procedimento penale. La sentenza sarebbe censurabile nella parte in cui ha, da un lato, escluso il nesso eziologico tra il danno e l’espletamento dell’incarico conferito e, dall’altro, ha escluso la rilevanza del processo penale sulle vicende di causa. Il motivo e’ infondato. Correttamente la Corte d’Appello ha osservato che gli esiti del giudizio penale non sono rilevanti ai fini della domanda di ristoro avanzata da (OMISSIS) e che i danni trovano la loro ragione nell’esercizio dell’azione penale da parte della pubblica accusa. Non sussiste alcuna contraddizione tra le due argomentazioni.
Conclusivamente il ricorso va rigettato, con le conseguenze sulle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, e sul raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare, in favore del Comune resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 7.200 (oltre Euro 200 per esborsi), piu’ accessori di legge e spese generali al 15%. Si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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