Cassazione il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità con unico atto

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|10 gennaio 2024| n. 917.

Cassazione il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità con unico atto

In tema di giudizio per cassazione, il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, con unico atto avente i requisiti di forma e contenuto di cui all’art. 366 c.p.c., sicché, in virtù del principio della consumazione del diritto d’impugnazione, la parte che, dopo la proposizione di un ricorso per cassazione nei suoi confronti, abbia a sua volta proposto autonoma impugnazione, da ritenersi convertita in ricorso incidentale, non può con il controricorso proporre nuova impugnazione incidentale, ancorché intenda indicare nuovi motivi o colmare la mancanza di taluno degli elementi prescritti a pena di invalidità.

Sentenza|10 gennaio 2024| n. 917. Cassazione il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità con unico atto

Data udienza 14 novembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Impugnazioni civili – Cassazione (ricorso per) – Controricorso – In genere ricorso autonomo per cassazione – Consumazione del potere di impugnazione – Conseguenza – Controricorso contenente ricorso incidentale con ulteriori censure alla sentenza impugnata – Ammissibilità – Esclusione.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE CIVILE

composta dagli Ill.mi Magistrati

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere-Rel.

Dott. CAPONI Remo – Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 31409/2018 R.G. proposto da

St.Gi. E Lo.Ma., rappresentati e difesi dagli avv.ti Gi.Le., Lu.De. e St.Ga., con domicilio in Roma, Via (…).

– RICORRENTI-

contro

Au.Al., Au.Pa., Sa.An., rappresentati e difesi dall’avv. Pa.Pe., con domicilio in Roma, alla Via (…).

-CONTRORICORRENTI-RICORRENTI INCIDENTALI-

e

CONDOMINIO DI (Omissis), in persona dell’amministratore p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Fa.Ma. Ma., con domicilio eletto in Roma, alla Via Mocenigo 16, presso l’avv. Al.Ta..

-CONTRORICORRENTE-

e

Gi.Fr.

-INTIMATO-

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 1803/2018, pubblicata in data 9.4.2018.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del giorno 14.11.2023 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Roberto Mucci, che ha concluso, chiedendo di respingere entrambi i ricorsi.

Uditi gli avv.ti Gi.Le., Lu.De., Al.Ta. e Pa.Pe..

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FATTI DI CAUSA

1. Au.Pa., Au.Al. e Sa.An. hanno evocato in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano St.Gi.e Lo.Ma., esponendo di aver acquistato dai convenuti un appartamento sito al quinto piano del condominio di via Sirtori n. 14 di Milano, comprendente anche due terrazze che i convenuti avevano realizzato senza autorizzazione assembleare sotto la direzione dei lavori dell’architetto Fr.Gi., opere per le quali i venditori avevano assunto l’impegno di farsi carico di qualunque richiesta formulata dai condomini e di ogni conseguenza derivante dalla mancanza dell’autorizzazione condominiale, con espresso esonero da ogni responsabilità per gli acquirenti anche con riferimento ad eventuali pretese dei condomini ad una indennità per il rialzo attuato dai venditori, lamentando inoltre copiose infiltrazioni d’acqua provenienti da porte – vetrate di accesso ai terrazzi e dal soffitto, oltre che vizi agli impianti del gas.

Dopo aver premesso che i venditori non avevano provveduto alla regolarizzazione delle opere, né eseguito gli interventi di manutenzione cui si erano obbligati nel corso della riunione condominiale del 21.4.2009, hanno chiesto di accertare l’obbligo dei convenuti di provvedere al rifacimento del tetto e a risarcire i danni per il deprezzamento dell’immobile e per le infiltrazioni d’acqua, oltre al rimborso di tutte le spese sostenute, condanna che, limitatamente ai danni da infiltrazioni, hanno chiesto di estendere al Condominio per i danni cagionati dall’omessa manutenzione del lastrico, instando, in subordine, per la riduzione del prezzo di vendita e la restituzione di quanto versato in eccedenza.

Il Condominio ha proposto riconvenzionale per la condanna alla ricostruzione della copertura condominiale. Fr.Gi. ha respinto ogni addebito; St.Gi.e Lo.Ma. hanno sostenuto di aver realizzato le opere con l’autorizzazione dell’assemblea.

Il Tribunale, espletata consulenza tecnica d’ufficio, ha condannato i convenuti, nei confronti del Condominio, a ripristinare il tetto, e a risarcire i danni da infiltrazioni patiti dagli attori, liquidati in Euro 7776,00; ha ordinato al Fr.Gi. il ripristino della funzionalità degli impianti di scarico dei servizi igienici, respingendo ogni altra domanda.

La sentenza è stata parzialmente riformata in appello.

La Corte territoriale ha esteso la condanna al ripristino del tetto anche agli acquirenti dell’immobile, confermando l’illiceità delle terrazze ai sensi degli artt. 1120 c.c.; in accoglimento del gravame proposto dagli Au.Al., Au.Pa. – Salerno ha condannato i venditori al pagamento di Euro 140.000,00 per il minor valore dell’immobile e Fr.Gi. al pagamento di Euro 7760,00, oltre accessori, per le infiltrazioni di acqua e umido alla proprietà esclusiva, negando la responsabilità dei venditori e del Condominio per i danni da infiltrazioni di acqua dal tetto e per i vizi della copertura.

La cassazione della sentenza è chiesta da St.Gi.e Lo.Ma. con ricorso in quattro motivi; Au.Pa., Au.Al. e Sa.An. resistono con controricorso e con ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo.

Il Condomino di (Omissis). ha notificato controricorso; Fr.Gi. non ha proposto difese.

Au.Al., Au.Pa. e Sa.An. hanno proposto ricorso autonomo in cinque motivi; St.Gi.e Lo.Ma. hanno notificato controricorso con ricorso incidentale in quattro motivi.

Le parti hanno, inoltre, depositato memorie illustrative.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1.E’ infondata l’eccezione di improcedibilità del ricorso principale degli St.Gi. E Lo.Ma., avendo essi depositato copia della sentenza con il messaggio di notifica e con attestazione di conformità all’originale informatico, il che ha sanato ogni irregolarità (Cass. s.u. 8312/2019).

1.1 Sono inammissibili il ricorso incidentale condizionato degli Au.Al., Au.Pa., Sa.An., notificato in data 30.11.2018, dopo l’impugnazione autonoma da essi proposta in data 24.10.2018, avverso la sentenza di appello; identica inammissibilità inficia il ricorso incidentale degli St.Gi.- Lo.Ma., notificato in data 3.12.2018, dopo aver impugnato in via principale la pronuncia con ricorso notificato il 24.10.2018.

Il ricorso per cassazione deve essere proposto a pena di inammissibilità con unico atto avente i requisiti di forma e contenuto indicati dall’art. 366 c.p.c.

Ne consegue che, in virtù del principio della consumazione del diritto d’impugnazione, la parte che, dopo la proposizione di un ricorso per cassazione nei suoi confronti abbia a sua volta proposto autonomo ricorso per cassazione, da ritenersi convertito in ricorso incidentale, non può con il controricorso avverso il ricorso notificatole proporre nuova impugnazione incidentale, ancorché intenda indicare nuovi motivi o colmare la mancanza di taluno degli elementi prescritti per la valida impugnazione.

Analoga preclusione investe il ricorso incidentale proposto dalla parte che aveva già impugnato in via autonoma la sentenza di appello (Cass. 19150/2005; Cass. 2309/2007; Cass. 2954/2011; Cass. 23630/2011; Cass. 4249/2015; Cass. 24962/2016).

2. Il ricorso proposto dagli St.Gi. e Lo.Ma. è stato notificato per primo e ha natura di impugnazione principale; il ricorso autonomo degli Au.Al., Au.Pa., Sa.An. ha, quindi, natura incidentale.

Le distinte impugnazioni, aventi ad oggetto la stessa sentenza, vanno riunite.

3. Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione degli artt. 1102 e 1122 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per aver la Corte di merito ritenuto che la sostituzione di parte del tetto dell’edificio con due terrazzi costituisse un’innovazione illecita in mancanza di preventiva autorizzazione assembleare. Obiettano i ricorrenti che tale modifica della parte comune non ricadeva nella previsione dell’art. 1120 c.c., ma era disciplinata dall’art. 1102 c.c., al qual fine occorreva considerare che era stata demolita solo una parte limitata del tetto e che la creazione delle terrazze non aveva alterato la originaria funzione di copertura, non potendosi infine trascurare che gli altri condomini non avevano alcuna possibilità di utilizzazione particolare del tetto, conseguendone la piena legittimità delle opere.

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Il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza per illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 132, comma secondo, n. 4 c.p.c., perché il giudice avrebbe adottato una statuizione di condanna contraddittoria o ineseguibile, avendo disposto la rimessione del tetto nella sua forma e struttura originarie e, contemporaneamente, l’allineamento alla copertura esistente, senza avvedersi che la copertura preesistente era stata ricostruita per l’intera estensione per recuperare a fini abitativi il sottotetto, presentando un’altezza diversa da quella del tetto da ricostruire.

Si censura la soluzione tecnica adottata, in quanto comportante una totale riorganizzazione degli spazi interni sottostanti alla copertura da ricostruire e, quindi, un’indebita invasione nella proprietà dei ricorrenti assunta, peraltro, in assenza di domanda di parte.

Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 1490, 1492, 1495, 1491 c.c., per aver la Corte di merito accolto l’azione di riduzione del prezzo proposta solo all’udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado e per aver interpretato restrittivamente la clausola di garanzia quale mero accollo, da parte dei venditori, per eventuali responsabilità verso i condomini, non avvedendosi che gli acquirenti erano edotti del vizio e non potevano far valere l’abusività dei terrazzi.

La sentenza condurrebbe ad una duplicazione della condanna sulla base di un’unica violazione, avendo previsto sia la demolizione dell’immobile che la riduzione del prezzo, senza condizionare quest’ultima all’effettiva demolizione delle terrazze.

Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 978, 980, 1490, 1492 c.c., per aver la Corte di merito riconosciuto anche ad Sa.An., usufruttuaria in misura pari 5% dell’immobile, la riduzione del prezzo per l’illegittimità delle opere.

Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione dell’art. 100 c.p.c., sostenendo che la Corte di merito, avendo ritenuto assorbita la domanda di accertamento della legittimità delle opere per effetto dell’accoglimento della domanda subordinata di demolizione, avrebbe illegittimamente pregiudicato l’interesse degli acquirenti alla conservazione delle terrazze, la cui conservazione accrescerebbe in maniera significativa il valore commerciale della porzione esclusiva.

Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 1120, 1102, 1139 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo, sostenendo che la parziale eliminazione del tetto di copertura e la realizzazione di terrazze non integravano un’innovazione vietata ai sensi dell’art. 1120 c.c., ma un uso più intenso della cosa comune rispettoso del disposto dell’art. 1102 c.c., poiché il taglio della copertura aveva interessato una superficie molto ridotta ed era stata mantenuta integra la funzione svolta dal tetto, senza ledere il diritto degli altri condomini, non essendoci alcuna possibilità di un uso particolare della copertura.

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Il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 1117 n. 1, 1102 e 1120 c.c., per aver il giudice ritenuto che il ripristino del tetto costituisse oggetto di un’obbligazione propter rem gravante sugli acquirenti, obbligo che poteva esser posto solo a carico dei venditori che avevano proceduto alla demolizione.

Il quarto motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo, assumendo che, nel quantificare il danno risarcibile in misura pari al minor valore dell’immobile rispetto al prezzo versato, la Corte di merito non avrebbe considerato che l’importo determinato dal c.t.u. non contemplava anche la perdita del diritto a sopraelevare che invece la sentenza, con motivazione meramente apparente, avrebbe ritenuto incluso nella somma liquidata.

Il quinto motivo denuncia la violazione degli art. 2051, 1130, 1135 c.c., per aver la pronuncia escluso la responsabilità per i danni da infiltrazione di acqua, ritenendo indimostrata una condotta dannosa, commissiva o omissiva ascrivibile al Condominio, trascurando che tale responsabilità ha carattere oggettivo, si fonda sul mero rapporto di custodia con la cosa comune ai sensi dell’art. 2051 c.c., e prescinde da una condotta dolosa o colposa del responsabile, fatta salva solo la prova della dipendenza del danno dal caso fortuito.

4. Il primo ricorso del ricorso principale e il secondo motivo del ricorso incidentale sono fondati.

Sono assorbiti tutti gli altri motivi del ricorso principale ed i motivi dal secondo al quarto di quello incidentale.

Occorre premettere che le innovazioni di cui all’art. 1120 c.c. si distinguono dalle modificazioni disciplinate dall’art. 1102 c.c., sia dal punto di vista oggettivo, che da quello soggettivo: sotto il profilo oggettivo, le prime consistono in opere di trasformazione, che incidono sull’essenza della cosa comune, alterandone l’originaria funzione e destinazione, mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà riconosciute al condomino, con i limiti indicati nello stesso art. 1102 c.c., per ottenere la migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa; per quanto concerne l’aspetto soggettivo, nelle innovazioni rileva l’interesse collettivo di una maggioranza qualificata, espresso con una deliberazione dell’assemblea, elemento che invece difetta nelle modificazioni, che non si confrontano con un interesse generale, ma con quello del singolo condomino, essendo volte al suo solo perseguimento (Cass. 2126/2021; Cass. 20712/2017; Cass. 18052/2012; Cass. n. 20712; Cass. 240/1997).

Costituisce innovazione ex art. 1120 c.c., non qualsiasi modificazione della cosa comune, ma solo quella che alteri l’entità materiale del bene, operandone la trasformazione, o ne modifichi la destinazione, ove il bene assuma, a seguito delle opere eseguite, una diversa consistenza materiale o sia utilizzato per fini diversi da quelli originari.

Qualora la modificazione della cosa comune risponda allo scopo di un uso del bene più intenso e proficuo, si versa nell’ambito dell’art. 1102 c.c., che, sebbene dettato in materia di comunione ordinaria, è applicabile in materia di condominio degli edifici per effetto del richiamo contenuto nell’art. 1139 c.c.

Per tali ragioni la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell’edificio, può trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, sempre che un tale intervento dia luogo a modifiche non significative della consistenza del bene in rapporto alla sua estensione e sia attuato con tecniche costruttive tali da non affievolire la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, quali la coibentazione termica e la protezione del piano di calpestio mediante idonei materiali (Cass. 14107/2012; Cass. 2126/2021).

L’art. 1102 c.c. consente a ciascun proprietario di far un uso più inteso della cosa comune a condizione che non sia alterata la funzione del bene e non impedito il pari uso: l’alterazione della funzione del bene deve essere effettiva e non può consistere in una semplice modificazione materiale; il pari uso non va inteso non deve consistere nel medesimo uso che possa invece farne il singolo che si trovi in un rapporto particolare e diverso con la cosa, ma di uso anche inteso ma che possa essere effettivo, occorrendo individuare, in concreto, i sacrifici alle facoltà di godimento che tale modifica apporti, senza dar rilievo ad una astratta possibilità di uso alternativo o un suo ipotetico depotenziamento (Cass. 14107/2012; Cass. 857/2019; Cass. 13503/2019; Cass. 41490/2021; Cass. 19939/2022; Cass. 2971/2023).

Le opere di cui si discute non costituivano – quindi – innovazioni suscettibili di autorizzazione ai sensi dell’art. 1120 c.c.: la norma riguarda non le opere intraprese dal singolo per realizzare un miglior uso della cosa comune ai sensi dell’art. 1102 c.c., ma quelle volute dall’assemblea condominiale con la maggioranza prescritta.

Occorre tuttavia considerare che l’art. 1120, comma 2 c.c., nel vietare le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico – è astrattamente applicabile anche agli interventi effettuati con le finalità di cui all’art. 1102 c.c. (Cass. 11455/2015; Cass. 18350/2013; Cass. 14607/12), dovendosi accertare, oltre alla compatibilità dell’intervento con i limiti derivanti dall’art. 1102 c.c., il rispetto dell’ultimo comma dell’art. 1120 c.c., alla luce del necessario coordinamento normativo che deve farsi tra l’art. 1102, l’art. 1120 e, ove si tratti di interventi sulle pari esclusive, con l’art. 1122 c.c. (Cass. 11455/2015).

Competerà al giudice del rinvio riesaminare i fatti di causa e valutare la sussistenza delle violazioni, conformandosi agli enunciati principi di diritto.

3. Il quinto motivo del ricorso incidentale è fondato.

Nella responsabilità per le infiltrazioni nella proprietà esclusiva provenienti dalle parti condominiali non viene in considerazione una condotta illecita, commissiva o omissiva, imputabile al Condominio.

Il Condominio è custode dei beni e dei servizi comuni ed è quindi obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché non sia recato pregiudizio a terzi, sicché risponde “ex” art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini (Cass. 15291/2011; Cass. 7044/2020

La fattispecie di cui all’art. 2051 cod. civ. individua un’ipotesi di responsabilità oggettiva e non una presunzione di colpa, essendo sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo.

La responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, la cui prova compete al custode (Cass. 26051/2008; Cass. Cass. 858/2008; Cass. 8005/2010).

In conclusione, sono dichiarati inammissibili il ricorso incidentale proposto in data 30.11.2018 da Au.Al., Au.Pa. e Sa.An. e il ricorso incidentale proposto da St.Gi.e Lo.Ma. in data 3.12.2018; sono accolti il primo motivo del ricorso principale, nonché il secondo ed il quinto motivo del ricorso incidentale, con assorbimento di ogni altra censura.

La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

Cassazione il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità con unico atto

P.Q.M.

dichiara inammissibili il ricorso incidentale proposto in data 30.11.2018 da Au.Al., Au.Pa. e Sa.An. e il ricorso incidentale proposto da St.Gi.e Lo.Ma. in data 3.12.2018;

accoglie il primo motivo del ricorso principale di St.Gi.e Lo.Ma., notificato in data 24.10.2018, nonché il secondo ed il quinto motivo del ricorso incidentale proposto in pari data da e Au.Pa. e da Sa.An., con assorbimento di ogni altra censura, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2023

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2024.

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