Bancarotta fraudolenta e la provenienza illecita dei mezzi finanziari

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|16 giugno 2021| n. 23686.

Bancarotta fraudolenta e la provenienza illecita dei mezzi finanziari.

In tema di bancarotta fraudolenta, la provenienza illecita dei mezzi finanziari acquisiti al patrimonio del fallito, o comunque pervenuti nella sua disponibilità, non esclude il delitto di bancarotta per distrazione, non assumendo rilievo che gli stessi si siano confusi con i beni del patrimonio lecito.

Sentenza|16 giugno 2021| n. 23686. Bancarotta fraudolenta e la provenienza illecita dei mezzi finanziari

Data udienza 6 maggio 2021

Integrale

Tag – parola: Bancarotta documentale – Bancarotta patrimoniale – Ricorso per cassazione – Censure inammissibili

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. SCARLINI Enrico V. – rel. Consigliere

Dott. CALASELICE Barbara – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/11/2019 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere SCARLINI ENRICO VITTORIO STANISLAO;
letto il parere del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LOCATELLI GIUSEPPE che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 28 novembre 2019, la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, assolveva (OMISSIS) dalle imputazioni ascrittegli di bancarotta documentale e di bancarotta patrimoniale relativa ai ricavi non dichiarati, confermandone la responsabilita’ per la sola distrazione della somma di Euro 400.000 erogata da Unicredit nel marzo 2006 a titolo di sconto di fatture relative ad operazioni inesistenti, consumata quale amministratore della fallita (dichiarata tale con sentenza del 12 aprile 2012) srl (OMISSIS) fino al marzo 2007.
1.1. La Corte territoriale considerava provata la condotta di distrazione dell’anticipo concesso da Unicredit non essendo stata rinvenuta quella somma che, peraltro, era stata appurato fosse stata versata a fronte delle fatture emesse dalla fallita nel corso del 2006 relative ad operazioni inesistenti.
Da quell’anno, poi, la societa’ non aveva neppure piu’ presentato e depositato, fino al fallimento del 2012, i propri bilanci d’esercizio.
L’ascrivibilita’ di tale condotta all’imputato era stata dedotta innanzitutto dal fatto che egli, in quel periodo, era l’amministratore della societa’ ed anche dalla sua condanna definitiva per la truffa consumata ai danni di (OMISSIS), lucrando la somma, poi distratta, presentando allo sconto le fatture relative alle operazioni inesistenti.
2. Propone ricorso l’imputato, a mezzo del suo difensore, articolando le proprie censure in tre motivi.
2.1. Con il primo deduce il difetto di motivazione in riferimento alla ritenuta responsabilita’ del prevenuto per la condotta di distrazione dei 400.000 Euro.
Si era infatti valorizzata, peraltro solo in appello, una condanna definitiva per truffa a carico dell’imputato, condanna pero’ che non era mai stata inflitta. Agli atti, infatti, era stato acquisito solo un decreto di citazione per tale imputazione. E il relativo procedimento si era, invece, chiuso con una sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione.
2.2. Con il secondo motivo lamenta il difetto di motivazione per l’omessa valutazione di prove decisive.
Non poteva, infatti, condividersi l’affermazione della Corte secondo cui la distrazione doveva essere attribuita all’imputato per il mero fatto che egli, al momento della sua consumazione, risultava essere l’amministratore della fallita.
Non si era considerato che neppure il maresciallo (OMISSIS), della Guardia di finanza, era stato in grado di affermare chi fosse stato a presentare allo sconto, presso (OMISSIS), le fatture che avevano generato il pagamento della somma poi distratta.
Il curatore del fallimento aveva poi osservato come la mancata presentazione dei bilanci della societa’ fallita, a partire dall’anno 2006, non avesse consentito neppure di acclarare le ragioni che avevano condotto al dissesto della societa’.
E si doveva ricordare che l’imputato ne era stato l’amministratore per un breve periodi di tempo, dal marzo 2005 al marzo 2007.
2.3. Con il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione in ordine alla prova dell’avvenuta distrazione della somma erogata da (OMISSIS), posto che la stessa poteva essere stata dispersa durante gli anni successivi, prima del fallimento del 2012.
E, comunque, anche nel 2007 la societa’ era priva ormai di beni patrimoniali cosi’ che al piu’ al prevenuto poteva contestarsi la sola truffa. La stessa Corte di appello, infatti, aveva affermato che la fallita, nel 2005/2007, non era piu’ operativa costituendo solo una “scatola vuota”. Non si era pertanto potuta verificare quella confusione fra patrimonio lecito e proventi illeciti che consente di configurare la sottrazione dei secondi come una condotta dii distrazione fallimentare.
3. Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto Locatelli Giuseppe, ha chiesto che il ricorso venga rigettato.
4. Il difensore del ricorrente, in risposta alle conclusioni della pubblica accusa, inviava memoria con la quale insisteva per l’accoglimento dei motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non merita accoglimento.
1. Il primo motivo e’ infondato.
La condanna definitiva del prevenuto per il diverso delitto di truffa consumato ai danni dell’istituto bancario (per l’erogazione di somme a fronte di fatture per operazioni inesistenti) non e’ un elemento decisivo a sostegno dell’accusa di bancarotta fraudolenta mossa al prevenuto, visto che la stessa poggia anche sulla sola considerazione che il medesimo fosse l’amministratore della fallita proprio quando: le fatture per operazioni inesistenti erano state formate, le medesime erano state portate allo sconto in banca, il corrispettivo era confluito nei conti correnti della societa’ ed era stato subito prelevato (non essendone nota la destinazione).
Il parallelo processo per truffa poi, quantomeno non aveva delineato la corresponsabilita’ di altri soggetti nei rapporti intessuti fra la banca e la societa’ (anche considerando il solo decreto di citazione a giudizio ed il proscioglimento per intervenuta prescrizione).
2. Il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili.
Sono entrambi versati in fatto e non tengono cosi’ conto dei limiti del sindacato di legittimita’ sulla ricostruzione del fatto costituente reato.
Si deve, infatti, considerare come non presenti aporie logiche manifeste la motivazione della Corte distrettuale laddove aveva attribuito al prevenuto, come amministratore della societa’ (anche di fatto non essendo stato neppure ipotizzato che avesse assunto solo formalmente la carica), il ruolo di protagonista di quella complessiva operazione che aveva condotto alla distrazione della somma erogata dalla banca, con le scansioni piu’ sopra ricordate, tanto piu’ se si considera che, in quegli stessi anni, la societa’ era inattiva (ed era pertanto solo una “cartiera”) ed aveva anche cessato di tenere una regolare contabilita’ (non presentando piu’ neppure i bilanci annuali).
Non assumeva pertanto alcun carattere di decisivita’ l’individuazione della persona fisica, eventualmente diversa dal prevenuto, che avesse presentato le fatture allo sconto.
Ed il succedersi degli eventi, con l’immediato prelievo di quanto erogato dalla banca, escludeva che potesse attribuirsi la responsabilita’ della distrazione a chi, solo in epoca successiva, gli era subentrato nella carica di amministratore.
3. Nasce poi da un equivoco l’invocata inconfigurabilita’ della distrazione non essendosi i proventi illeciti (dal delitto di truffa) “confusi” con il patrimonio sociale, andato del tutto disperso, non essendo cosi’ entrati a farne parte.
La citata “confusione”, infatti, e’ stata riportata in alcuni arresti di questa Corte (ad esempio da Sez. 5, n. 45372 del 18/10/2019, Malandrino, Rv. 276991) solo per rilevare come le somme di denaro provenienti da fatti illeciti, per la loro fungibilita’, si “confondono” con i mezzi finanziari leciti di cui la societa’ disponeva.
Cio’, pero’, non costituisce un presupposto della distrazione, perche’ questo deriva, invece e solo, dalla previa acquisizione al patrimonio della societa’ dei mezzi finanziari di provenienza illecita.
Mezzi che, nel caso di specie, erano stati versati su un conto della societa’ a sconto di fatture dalla medesima emesse. Ed erano, pertanto, entrati a far parte (anche eventualmente come unica partita attiva) del patrimonio della stessa.
4. Al complessivo rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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