Azione revocatoria fallimentare

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 15 maggio 2019, n. 13002.

La massima estrapolata:

Nell’azione revocatoria fallimentare, a differenza di quella ordinaria, la nozione di danno non è assunta in tutta la sua estensione perché il pregiudizio alla massa – che può consistere anche nella mera lesione della “par condicio creditorum” o, più esattamente, nella violazione delle regole di collocazione dei crediti – è presunto in ragione del solo fatto dell’insolvenza; si tratta, peraltro, di presunzione “iuris tantum” che può essere vinta dal convenuto, sul quale grava l’onere di provare che in concreto il pregiudizio non sussiste.

Ordinanza 15 maggio 2019, n. 13002

Data udienza 26 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 10025/2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio del Dott. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore Dott.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso il decreto del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE, depositato il 13/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/03/2019 dal Cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE MATTEIS Stanislao, che ha chiesto che la Corte rigetti il primo motivo, dichiari inammissibile ed infondato il secondo e rigetti il terzo; dichiari inammissibile il primo motivo di ricorso incidentale, rigetti il secondo e terzo motivo. Conseguenze di legge.

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 13 marzo 2014, il Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha parzialmente accolto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) s.r.l., ammettendo il credito dell’avv. (OMISSIS) nella misura di Euro 24.016,154.
Il giudice del merito ha accolto per un minore importo l’opposizione allo stato passivo, ritenendo fondata l’eccezione di revocatoria in via breve, vista la sproporzione risultante, e pur considerato il massimo tariffario applicabile; ha ritenuto, altresi’, non vinta la presunzione di conoscenza dello stato di insolvenza, attesi tempo ed indicazione delle attivita’ come da svolgere, ed invece gia’ svolte per la gran parte; ha, quindi, ammesso il credito per il solo importo calcolato sulle somme recuperate a seguito dell’attivita’ giudiziale e stragiudiziale.
Avverso questa decisione viene proposto ricorso, sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la curatela, proponendo altresi’ ricorso incidentale, affidato a tre motivi. Le parti hanno, altresi’, depositato la memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo del ricorso principale, denunziando violazione e falsa applicazione dell’articolo 2233 c.c., L. Fall., articolo 67 e Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, articolo 1, il ricorrente sostiene che il tribunale, una volta ritenuto revocabile in via incidentale l’accordo di mandato professionale concluso per la cifra di Euro 400.000,00, non avrebbe potuto stabilire il compenso sulla base delle tariffe di cui al menzionato decreto.
Con il secondo motivo, deduce la violazione dell’articolo 2967 c.c., articolo 115 c.p.c. e L. Fall., articolo 67, in quanto e’ incontestato che l’attivita’ professionale de quq ha permesso alla massa di acquisire la somma di Euro 2.719.010,96, onde manca ogni pregiudizio alla massa, necessario per l’accoglimento dell’azione revocatoria fallimentare, ed, inoltre, il compenso dell’avvocato e’ escluso da revocatoria in virtu’ della L. Fall., articolo 67, lettera f).
Con il terzo motivo, deduce la violazione dell’articolo 2233 c.c., articolo 115 c.p.c., Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, articolo 2, oltre ad omesso esame, per avere il tribunale determinato nella somma predetta il credito del ricorrente, senza tuttavia specificare le modalita’ di calcolo e le fonti di esso, ne’ motivare circa la tariffa ritenuta applicabile, e per non avere liquidato la somma di Euro 450,00 per spese esenti.
Il ricorso incidentale censura, dal suo canto, la sentenza impugnata con tre motivi, deducendone, con il primo, la nullita’ per violazione dell’articolo 112 c.p.c., oltre al vizio di omesso esame, non avendo il tribunale deciso l’eccezione di inammissibilita’ dell’avversa domanda originaria.
Con il secondo motivo, il ricorso incidentale censura la falsa applicazione di “norme di diritto”, per non avere il Tribunale ritenuto inammissibile la domanda dell’opponente, atteso che la parte aveva rinunciato alla prima domanda, su cui era stato pronunciato gia’ un rigetto, non oggetto di impugnazione.
Il terzo motivo del ricorso incidentale deduce il vizio di ultrapetizione, per avere il Tribunale provveduto a liquidare i compensi secondo tariffa, quindi per un titolo diverso e non richiesto.
2. – Il primo motivo del ricorso principale e’ infondato.
La tesi della prevalenza del maggior compenso pattizio rispetto al tariffario non ha pregio.
Il tribunale ha affermato che il mandato professionale, concluso entro l’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, supera di oltre un quarto la prestazione di controparte. Per giungere a tale convincimento, esso ha rilevato come, ove si fossero considerate le tariffe forensi in vigore sino all’agosto 2012 al massimo dello scaglione di riferimento e la piu’ alta maggiorazione applicabile, non potrebbe superarsi la somma di Euro 50.000,00.
Dalla lettura del decreto impugnato risulta, pertanto, che il riferimento al compenso tariffario e’ valso come mero parametro per il giudizio sulla sproporzione.
3. – Il secondo motivo e’ infondato.
Sostiene il ricorrente che l’attivita’ professionale e’ stata fruttuosa e mancherebbe, pertanto, il pregiudizio per l’azione revocatoria.
Ma il motivo trascura il principio, costantemente accolto da questa Corte, secondo cui “Nell’azione revocatoria fallimentare, a differenza che nella revocatoria ordinaria, la nozione di danno non e’ assunta in tutta la sua estensione, perche’ il pregiudizio alla massa – che puo’ consistere anche nella mera lesione della par conditio creditorum, o, piu’ esattamente, nella violazione delle regole di collocazione dei crediti – e’ presunto in ragione del solo fatto dell’insolvenza. Si tratta, peraltro, di presunzione iuris tantum, che puo’ essere vinta dal convenuto, sul quale grava l’onere di provare che in concreto il pregiudizio non sussiste (Cass. 24 febbraio 2006, n. 4206 del 24/02/2006; Cass. 5 dicembre 2016, n. 24792, non massimata sul punto).
L’eventus damni e’, dunque, in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par conditio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale assoluta, all’uscita del bene dalla massa conseguente all’atto di disposizione (Cass. s.u. 7028/2006, Cass. 5505/2010), e cio’ “in aderenza alla funzione distributiva (antindennitaria) propria dell’azione revocatoria” (Cass. 23430/2012), richiamandosi l’esigenza di assicurare una ripartizione paritaria delle perdite fallimentari fra un novero di soggetti piu’ ampio rispetto ai creditori esistenti al momento della dichiarazione del fallimento.
Si tratta di una presunzione iuris tantum, che puo’ essere vinta dal convenuto, sul quale grava l’onere di provare che in concreto il pregiudizio non sussiste (Cass. n. 4206 del 2006, cit.). E, nel caso di specie, neppure si assume sia stato provato il contrario.
Infondato e’ altresi’ l’assunto, secondo cui la prestazione rientrerebbe nel campo di esenzione L. Fall., articolo 67, lettera f), che non attiene al compenso professionale, trattandosi invece dei “pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito”.
Al contrario, il rapporto intercorrente tra il cliente e l’avvocato non puo’ essere qualificato come rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione continuata e coordinata, dovendo invece essere ascritto all’area del lavoro professionale autonomo.
Questa Corte ha da tempo chiarito che il pagamento dei compensi ed i versamenti a titolo di fondo spese eseguiti dal debitore, poi fallito, in favore del proprio difensore nel procedimento per la dichiarazione del fallimento non sono sottratti alla revocatoria fallimentare (Cass. 30 settembre 2005, n. 19215), essendo manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale di tale regola, per violazione del diritto di difesa sotto il profilo della dissuasione di qualsiasi difensore dall’assumere l’incarico difensivo, atteso che le difficolta’ cui potrebbe di fatto andare incontro l’imprenditore nella ricerca di un avvocato disposto a difenderlo nella fase prefallimentare, oltre ad essere meramente ipotetiche ed eventuali, non dipendono dal contesto normativo (nel quale, del resto, il legislatore non ha mancato di riconoscere un grado di privilegio ai crediti dei professionisti), bensi’ dalle oggettive difficolta’ economiche in cui lo stesso imprenditore si sia venuto a trovare, e che, qualora, in determinate e specifiche situazioni, tali difficolta’ risultino davvero tali da non consentire al debitore di rinvenire un avvocato disposto a farsi carico della necessaria assistenza legale, il diritto di difesa troverebbe comunque tutela nell’istituto del patrocinio a spese dello stato (cosi’ la medesima Cass. 30 settembre 2005, n. 19215; nonche’ es. Cass. 10 novembre 2006, n. 24046).
Cio’ trova conferma nella L. Fall., articolo 67, comma 3, lettera g), che, nell’esentare da revocatoria i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili contratti con i professionisti solo in relazione all’accesso alle date procedure concorsuali, implicitamente presuppone la revocabilita’ dei pagamenti per compensi erogati dall’imprenditore (poi fallito) per servizi diversi, come nella specie.
4. – Il terzo motivo e’ infondato.
Non corrisponde al vero, infatti, che il Tribunale abbia omesso di indicare gli specifici parametri della liquidazione, ne’ e’ fondata la doglianza relativa all’omesso riconoscimento degli esborsi espressamente richiesti.
Il Tribunale ha invero indicato, sia pure succintamente, i parametri applicati, ne’ il ricorrente si duole della liquidazione avvenuta in misura inferiore ai minimi.
Quanto alle spese, occorre rilevare come, a fronte della contestazione, vi e’ stato il rigetto della pretesa.
5. – Dal rigetto del ricorso principale consegue l’assorbimento del ricorso incidentale, da ritenersi condizionato (Cass., sez. un., 25 marzo 2013, n. 7381), atteso che, in tema di giudizio di cassazione, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, sicche’, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte solo in presenza dell’attualita’ dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (analogamente, Cass. 6 marzo 2015, n. 4619; conf. n. 6138/2018).
6. – Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del controricorrente, che liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori, come per legge.
Dichiara che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

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