Azione revocatoria e mediazione obbligatoria

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|23 settembre 2021| n. 25855.

Azione revocatoria e mediazione obbligatoria.

L’azione revocatoria, non vertendo sulla qualificazione e attribuzione di diritti reali, avendo solo l’effetto di rendere insensibile, nei confronti dei creditori, l’atto dispositivo a contenuto patrimoniale del debitore, senza incidere sulla validità “inter partes” dell’atto stesso, non rientra fra le controversie assoggettate, a norma del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, art. 5, comma 1-bis, al tentativo obbligatorio di conciliazione.

Ordinanza|23 settembre 2021| n. 25855. Azione revocatoria e mediazione obbligatoria

Data udienza 23 marzo 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Azione revocatoria – Esclusione del riferimento ai diritti reali – Controversia non assoggettata al tentativo obbligatorio di conciliazione – Termine di prescrizione dell’azione – Decorrenza dalla trascrizione dell’atto dispositivo – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 35260/2018 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
contro
(OMISSIS), IN PERSONA DEL SUO PROCURATORE SPECIALE, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avv.ti (OMISSIS), e (OMISSIS);
COMUNE DI VALPELLINE, IN PERSONA DEL SINDACO LEGALE RAPP.TE PRO TEMPORE, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avv. (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1702/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 27/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/03/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

Azione revocatoria e mediazione obbligatoria

FATTO E DIRITTO

ritenuto il Tribunale di Aosta, accogliendo la domanda avanzata dal Comune di Valpelline, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e la (OMISSIS), dichiaro’ inefficace nei confronti di essi attori, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., il trasferimento in favore di (OMISSIS) della quota di comproprieta’ del 50% di (OMISSIS) sugli immobili siti in (OMISSIS), in seno al verbale di separazione consensuale, omologato dal Tribunale il 15/4/2010;
che la Corte d’appello di Torino, con la sentenza di cui epigrafe, rigetto’ l’impugnazione proposta dalla (OMISSIS) e dal (OMISSIS);
che quest’ultimi ricorrono sulla base di cinque motivi avverso la decisione d’appello e che resistono con separati controricorsi: 1) (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); 2) il Comune di Valpelline; 3) (OMISSIS); 4) (OMISSIS);
considerato che il primo motivo, con il quale i ricorrenti prospettano violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 e articolo 359 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4, assumendo che la sentenza impugnata era venuta meno al dovere di rendere compiuta motivazione, avendo acriticamente fatta propria la motivazione di primo grado, non supera lo scrutinio d’ammissibilita’, trattandosi di rimprovero privo di effettiva attitudine censuratoria, stante che la doglianza, evitando di confrontarsi con il costrutto motivazionale, peraltro articolato e corposo (da pag. 15 a pag. 23 la decisione prende in puntuale rassegna le censure d’appello), si limita a evocare l’ipotesi, che qui all’evidenza non ricorre, di mancanza di autonomo vaglio critico; per contro, ricorre la nullita’ della sentenza solo qualora la laconicita’ della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Sez. 6, n. 22022, 21/9/2017, Rv. 645333);
considerato che il secondo motivo, con il quale i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5, comma 1 bis, per non essere stato preceduto l’esercizio dell’azione giudiziaria dal tentativo obbligatorio di conciliazione, e’ manifestamente privo di fondamento, valendo quanto segue:

 

Azione revocatoria e mediazione obbligatoria

 

– la norma evocata, impone il tentativo di conciliazione, fra le altre, per le controversie in materia di diritti reali; come correttamente colto della sentenza impugnata, qui si tratta di tutt’altra materia, non vertendosi sulla qualificazione e attribuzione di diritti reali (la vicenda traslativa e’ del tutto estranea alla controversia), bensi’ in materia di conservazione della garanzia patrimoniale del debitore, sub specie dell’azione revocatoria, la quale, come noto, si limita a rendere insensibile nei confronti dei creditori l’atto dispositivo a contenuto patrimoniale del debitore, senza incidere sulla validita’ inter partes dell’atto stesso;
– di conseguenza puo’ enunciarsi il seguente principio di diritto: “l’azione revocatoria, non vertendo sulla qualificazione e attribuzione di diritti reali, avendo solo l’effetto di rendere insensibile, nei confronti dei creditori, l’atto dispositivo a contenuto patrimoniale del debitore, senza incidere sulla validita’ “inter partes” dell’atto stesso, non rientra fra le controversie assoggettate, a norma del Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28, articolo 5, comma 1 bis, al tentativo obbligatorio di conciliazione”;
ritenuto che con il terzo motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione degli articoli 138 e 140 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, assumendo che:
– avevano proposto davanti al Tribunale querela di falso, denunziando falsita’ nell’attestazione di notificazione ai sensi dell’articolo 140 c.p.c. e proposto sul punto motivo d’appello, per non avere il Giudice di primo grado ammesso la querela, che attraverso l’istruttoria del caso (in ispecie visione delle immagini riprese dall’impianto video dell’abitazione), avrebbe dimostrato “la nullita’ della notifica inficiando di conseguenza il processo di primo grado”; – il richiamo del principio di sanatoria processuale degli atti nulli per raggiungimento dello scopo non era persuasivo, poiche’ un tal principio non operava in presenza di notifiche “radicalmente inesistenti”;
considerato che il motivo non coglie la “ratio decidendi” e pertanto non puo’ sfuggire a declaratoria d’inammissibilita’, invero:
– e’ incontroverso, che effettuata la notificazione ai sensi dell’articolo 140 c.p.c., i convenuti si costituirono tempestivamente in giudizio, svolgendo appieno le loro difese, senza prospettare di aver ricevuto l’atto in data diversa rispetto all’attestato o di non aver potuto fruire dei termini a comparire; da tale premessa la Corte di Torino ne ha tratto la conclusione che, al piu’, si sarebbe potuto essere in presenza di ipotesi di nullita’, sanata dal raggiungimento dello scopo, e giammai di inesistenza dell’atto, conformemente al principio piu’ volte nunciato da questa Corte, secondo il quale l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione e’ configurabile, in base ai principi di strumentalita’ delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attivita’ priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformita’ dal modello legale nella categoria della nullita’; tali elementi consistono: a) nell’attivita’ di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilita’ giuridica di compiere detta attivita’, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtu’ dei quali, cioe’, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, cosi’ da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa (S.U., n. 14916, 20/7/2016, Rv. 640603; conf., ex multis, Cass. nn. 2174/2017, 20659/2017, 3816/2018, 26601/2018, 14840/2018);

 

Azione revocatoria e mediazione obbligatoria

 

– a fronte di tale consolidato principio, dal quale si trae la manifesta irrilevanza della proposta querela, i ricorrenti, che incongruamente parlano a pag. 13, in fine, di “nullita’ della notifica”, senza aggiungere utile elemento di contrasto ermeneutico, si limitano a riproporre la tesi disattesa dalla sentenza d’appello, non attinta da alcuna scrutinabile effettiva critica;
ritenuto che con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono di violazione e falsa applicazione degli articoli 2901 e 2903 c.c., in relazione all’articolo 360, n. 3, sotto i seguenti profili:
– la scissione degli effetti della notifica, introdotta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 477/2002, presuppone l’effetto in favore del notificante a condizione che la notifica risulti essere andata a buon fine, inoltre le S.U., con la sentenza n. 8830/2010 hanno chiarito che la scissione opera unicamente a riguardo ella decadenza e non della prescrizione dell’azione;
– il termine di prescrizione dell’azione revocatoria decorre dal compimento dell’atto dispositivo e non dalla sua trascrizione;
– mancavano i presupposti dell’azione, poiche’ il credito nascente dalla condanna alle spese di cui alla sentenza n. 279/2010 del Tribunale di Aosta, pubblicata il 3/6/2010, era successivo all’atto dispositivo del 25/2/2010; non si era verificata l’asserita spoliazione per essere il (OMISSIS) proprietario di altri immobili nel Comune di Careri, quale erede dei genitori; v’era l’esistenza di un credito del (OMISSIS) nei confronti del Comune ammontante a Euro 82.686,00; la quota acquisita dalla (OMISSIS) era da stimarsi in Euro 32.000,00, a causa del pessimo stato dell’immobile, dichiarato inagibile dai Vigili del Fuoco il (OMISSIS); la (OMISSIS) non godeva di un alloggio a (OMISSIS), ma solo di una cantina di 5 mq. e l’abitazione in (OMISSIS) era inagibile (ordinanza di sgombero sindacale del 7/1/1973); era stata corrisposta al Comune dall’assicurazione (OMISSIS) spa la somma di Euro 14.210,81; non sussisteva l'”eventus damni” e non v’era prova del “consilium fraudis”;
considerato che il motivo e’ per una parte inammissibile e per altra parte infondato, valendo quanto segue:
a) la regola della scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo agli atti processuali e non a quelli sostanziali, si estende anche agli effetti sostanziali dei primi ove il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale, sicche’, in tal caso, la prescrizione e’ interrotta dall’atto di esercizio del diritto, ovvero dalla consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica, mentre in ogni altra ipotesi tale effetto si produce solo dal momento in cui l’atto perviene all’indirizzo del destinatario (S.U., n. 24822, 09/12/2015, Rv. 637603); nella fattispecie si tratta proprio di un diritto (assicurare l’integrita’ della garanzia generica del credito) che puo’ farsi valere, solo con un atto processuale (domanda di revocazione); in punto di validita’ della notifica si e’ avuto gia’ modo di spiegare che la stessa ando’ a buon fine;
b) il termine di prescrizione dell’azione revocatoria non puo’ che decorrere dalla trascrizione dell’atto dispositivo riguardante beni le cui vicende traslative sono assoggettate a trascrizione; questa Corte ha gia’ avuto modo di chiarire che la disposizione dell’articolo 2903 c.c., laddove stabilisce che l’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto, deve essere interpretata, attraverso il coordinamento con la regola contenuta nell’articolo 2935 c.c., nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell’atto e’ stata data pubblicita’ ai terzi, in quanto solo da questo momento il diritto puo’ esser fatto valere e l’inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo (Sez. 3, n. 5889 del 24/03/2016, Rv. 639406; conf., Cass. n. 11758/2018);
c) tutte le altre critiche, accomunate dall’anelito a un improprio riesame del merito e dal riferimento alla vicenda fattuale, aspecificamente evocata, attraverso richiami parziali e sommari in questa sede incontrollabili, non superano lo scrutinio d’ammissibilita’: piuttosto palesemente le critiche, nella sostanza, risultano inammissibilmente dirette al controllo motivazionale, in spregio al contenuto dell’articolo 360, c.p.c., vigente n. 5, in quanto, la deduzione del vizio di violazione di legge non determina, per cio’ stesso, lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, occorrendo che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459);

 

Azione revocatoria e mediazione obbligatoria

 

considerato che il quinto motivo, con il quale i ricorrenti, in uno alla denunzia di violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c., comma 1 e articolo 92 c.p.c., comma 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, sollevano eccezione d’incostituzionalita’ dell’articolo 91, comma 1, predetto, in relazione agli articoli 3, 24 Cost., articolo 111 Cost., comma 6 e articolo 6, comma 3, lettera c), carta EDU, per essere stato il (OMISSIS) condannato al rimborso delle spese, nonostante fosse stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, e’ manifestamente infondato: l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato non ha, all’evidenza, lo scopo d’istituire una categoria di soggetti irragionevolmente privilegiati, ai quali venga assegnato il favore di non rifondere del costo del processo la controparte vincitrice, ma, ben diversamente, ha la funzione di consentire all’incapiente di esercitare i propri diritti agendo o resistendo in giudizio, fermo restando che, come tutti, deve sopportare le conseguenze della soccombenza;
considerato che i ricorrenti vanno condannati a rimborsare le spese in favore dei controricorrenti, tenuto conto del valore, della qualita’ della causa e delle attivita’ svolte, siccome in dispositivo;
che ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore di ciascuna delle quattro parti controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida per ognuna in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

Azione revocatoria e mediazione obbligatoria

 

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