Azione revocatoria e la produzione del documento della disposizione patrimoniale revocanda

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|24 febbraio 2023| n. 5736.

Azione revocatoria e la produzione del documento della disposizione patrimoniale revocanda

L’azione revocatoria non necessita come presupposto della produzione del documento che contiene la disposizione patrimoniale revocanda, quando l’atto risulti provato in altro modo, anche mediante la comunicazione del cedente, per mezzo del proprio legale, ai ceduti. In siffatta ipotesi assume rilievo anche la mancata contestazione dei ceduti a tale comunicazione.

Ordinanza|24 febbraio 2023| n. 5736. Azione revocatoria e la produzione del documento della disposizione patrimoniale revocanda

Data udienza 20 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Cessione di crediti a terzi – Revocatoria ordinaria – Azione – Prova attraverso la produzione in giudizio dell’atto di cessione – Necessità – Esclusione – Azione revocatoria – Articolo 2901 c.c.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 15591/2019 proposto da:
(OMISSIS), domiciliata ex lege in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliato ex lege in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso da se’ medesimo e dall’Avvocato (OMISSIS);
e contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 1134/2019 della CORTE di APPELLO di MILANO, depositata il 15/3/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/12/2022 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime GUIZZI.

Azione revocatoria e la produzione del documento della disposizione patrimoniale revocanda

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 1134/19, del 15 marzo 2019, della Corte di Appello di Milano, che – nel rigettarne il gravame esperito avverso l’ordinanza n. 3209/17, del 4 dicembre 2017, del Tribunale di Milano – ha confermato la reiezione domanda ex articolo 2901 c.c., proposta dall’odierna ricorrente per conseguire la declaratoria di inefficacia dell’atto di cessione con il quale, nel maggio 2012, il proprio debitore (OMISSIS) cedeva alla di lui moglie, (OMISSIS), crediti verso terzi, nascenti da sentenza (la n. 172/16) resa dalla medesima Corte milanese.
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di essere creditrice del (OMISSIS), in forza di titolo costituito dalla sentenza n. 3269/15, del 24 aprile 2015, della Corte di Appello di Milano (confermativa della decisione resa dal locale Tribunale n. 2:560/14, del 16 luglio 2014), che riconosceva il medesimo responsabile del reato di calunnia, condannandolo, tra l’altro, a risarcire – per quanto qui di interesse – il danno e le spese legali alle parti civili costituite, tra le quali, appunto, la predetta (OMISSIS).
In forza di detto titolo esecutivo, la (OMISSIS) notificava – tra il 19 febbraio e il 2 marzo 2016 – atto di pignoramento presso terzi, nei riguardi di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ della societa’ (OMISSIS) S.p.a., tutti debitori del (OMISSIS), secondo quanto risultante della gia’ indicata sentenza n. 172/16 della Corte ambrosiana. Nel corso di tale procedura esecutiva, il (OMISSIS) depositava memoria – qualificata dal giudice dell’esecuzione come contestazione ex articolo 549 c.p.c. – nella quale eccepiva l’intervenuta cessione in favore della moglie (OMISSIS), in virtu’ di atto del maggio 2012, dei crediti oggetto del pignoramento, cessione della quale assumeva di aver dato comunicazione, per interposta persona, ai debitori ceduti, in data 8 febbraio 2016 (ovvero, sottolinea la ricorrente, appena tre giorni dopo che un primo atto di precetto, da essa notificato al (OMISSIS), era stato dallo stesso ricevuto).
Orbene, per la declaratoria di inefficacia di tale atto di cessione ha agito in giudizio la (OMISSIS), ex articolo 702-bis c.p.c..
Il primo giudice, non ritenendo necessaria alcuna attivita’ istruttoria, pronunciava – nella contumacia della (OMISSIS) – il rigetto della domanda, sul rilievo del difetto di prova dell’avvenuta cessione, in ragione del mancato rinvenimento tra gli atti di causa della comunicazione dell’8 febbraio 2016.
Esperito gravame dall’attrice soccombente, il giudice di appello lo respingeva, ma sulla base di diversa motivazione, ritenendo, infatti, che quel documento non fosse l’atto di cessione, “ma solo la comunicazione con la quale il cedente comunica al legale dei debitori ceduti l’avvenuta cessione”, e dunque, come tale, non idoneo a provare il revocando atto dispositivo, ritenuto “presupposto indispensabile ai fini di valutare la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 2901 c.c., comma 1, nn. 1 e 2), ossia l’anteriorita’ al sorgere del credito e l’onerosita’ dello stesso”.
3. Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, il (OMISSIS) (peraltro, indicando dello stesso, erroneamente, il numero di ruolo generale del presente giudizio come “RG 15159/19” e non come 15591/19), chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
4. E’ rimasta solo intimata la (OMISSIS).
5. Questa Corte, con ordinanza interlocutoria del 14 settembre 2021, n. 24707, rilevato che il controricorrente (OMISSIS) – in ragione dell’errore di cui sopra – non aveva ricevuto comunicazione dell’adunanza camerale fissata per il 7 maggio 2021, ha disposto rinvio del giudizio a nuovo ruolo.
6. In data 20 dicembre 2022 e’ stata effettuata la rinnovata trattazione del ricorso, ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
7. La ricorrente ha presentato memoria, insistendo nelle proprie argomentazioni.

Azione revocatoria e la produzione del documento della disposizione patrimoniale revocanda

RAGIONI DELLA DECISIONE

8. Il ricorso va accolto, per le ragioni di seguito illustrate.
8.1. Con il primo motivo e’ denunciata violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. e degli articoli 2901, 2697 e 1264 c.c..
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto indispensabile la produzione dell’atto di cessione (distinto dalla sua comunicazione ai debitori ceduti), quale presupposto per l’esercizio dell’azione revocatoria, reputando, inoltre, non idonea a provare l’avvenuta cessione neppure la mancata contestazione della stessa da parte del (OMISSIS).
Quanto al primo profilo, la ricorrente evidenzia che – secondo la giurisprudenza della Corte – la produzione dell’atto revocando non costituisce presupposto dell’azione ex articolo 2901 c.c., non occorrendo, per provarne l’esistenza, la produzione del documento che lo contiene, potendo tale prova raggiungersi in altro modo, sicche’ del tutto idonea a tale scopo avrebbe dovuto ritenersi la comunicazione fatta dal creditore cedente – per interposta persona, ovvero attraverso il loro legale – ai debitori ceduti. Una conclusione, questa, non solo conforme alla natura consensuale della cessione, negozio, oltretutto, non formale, ma anche alla previsione dell’articolo 1264 c.c., e cio’ sul piano logico, prima ancora che giuridico. Difatti, se la comunicazione data al debitore ceduto vale a rendergli la stessa opponibile (nonche’ a risolvere eventuali conflitti tra piu’ terzi cessionari), non si comprende perche’ si debba pretendere, invece, per l’efficacia – o meglio, per la dichiarazione di inefficacia ex articolo 2901 c.c. – verso il creditore del cedente, che agisca in revocatoria, “una forza maggiore di quella necessaria per l’efficacia della cessione verso il debitore ceduto”.
In ogni caso, anche ad ammettere che la comunicazione dell’8 febbraio 2016 non fosse idonea a provare l’avvenuta cessione, la mancata contestazione della stessa, in giudizio, da parte del (OMISSIS) (giacche’ il medesimo, nel costituirsi in giudizio, ha concluso affinche’ l’adito giudicante dichiarasse che “la cessione del credito e’ intervenuta senza che il cedente e i cessionari” – recte, la cessionaria (OMISSIS) – “potessero immaginare alcun pregiudizio per la (OMISSIS)”), avrebbe determinato la cd. “relevatio ab onere probandi”. Errata, dunque, sarebbe la sentenza impugnata pure nel punto in cui esclude l’operativita’ del principio di non contestazione, sul presupposto che la cessione “non e’ un fatto, bensi’ un atto giuridico che ha valore di elemento costitutivo dell’azione promossa”,
8.2. Con il secondo motivo e’ denunciata sia violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. e degli articoli 2901 e 2697 c.c., sia omessa valutazione di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Azione revocatoria e la produzione del documento della disposizione patrimoniale revocanda

Si censura la sentenza per aver ritenuto necessaria la produzione dell’atto di cessione ai fini della valutazione dell’onerosita’ della stessa e della sua anteriorita’ al sorgere del credito (e cio’ anche con riferimento alla cessione di crediti futuri), ponendo, inoltre, a carico dell’attrice in revocatoria la prova sia dell’onerosita’ della cessione, che dell’anteriorita’ del suo credito rispetto all’atto revocando.
In relazione a questo secondo profilo, la ricorrente – sul presupposto che la cessione ha riguardato crediti spettanti al (OMISSIS) in forza di sentenza intervenuta solo nell’anno 2016, mentre dalla comunicazione dell’avvenuta cessione (comunicazione risalente al febbraio di quello stesso anno) risulta che l’atto dispositivo in questione fu compiuto nel maggio 2012 – deduce che la cessione non poteva che investire crediti futuri. Di conseguenza, nella valutazione dell’anteriorita’ – o meno – dell’atto di cessione rispetto al credito dell’attrice in revocatoria, la Corte territoriale avrebbe dovuto avere riguardo, non gia’ al momento perfezionativo della cessione, bensi’ a quello dell’efficacia verso i debitori ceduti, dando rilievo alla comunicazione agli stessi dell’avvenuta cessione.
In ogni caso, anche a ritenere rilevante il momento del perfezionamento della cessione (maggio 2012), la ricorrente evidenzia che il giudice non avrebbe potuto dubitare dell’anteriorita’ del credito di essa (OMISSIS), visto che esso ha tratto titolo da una prima sentenza provvisoriamente esecutiva, risalente all’anno 2011 e pronunciata all’esito di un giudizio penale incardinato nell’anno 2007.
In merito, invece, all’altro profilo, quello del difetto di prova dell’onerosita’ o gratuita’ della cessione, la ricorrente assume che, in mancanza di maggiori indicazioni ricavabili dalla gia’ piu’ volte citata comunicazione dell’8 febbraio 2016, la cessione deve presumersi gratuita, giacche’, ai fini e agli effetti della revocatoria, e’ prevista una sola presunzione di onerosita’ dell’atto dispositivo, ovvero quella di cui all’articolo 2901 c.c., comma 3.
Comunque, anche ad ammettere la ricorrenza di una cessione onerosa, la Corte territoriale, nell’ipotesi che occupa, avrebbe dovuto ritenere comunque provata la “scientia damni” della cessionaria, in ragione del suo rapporto di coniugio con il cedente, oltre che sulla base di una serie di ulteriori circostanze delle quali non ha, invece, operato alcuna valutazione (donde, allora, anche la censura di omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio).
In particolare, la sentenza impugnata avrebbe dovuto attribuire rilievo: al coinvolgimento della (OMISSIS) in altre iniziative giudiziarie “a catena” contro l’odierna ricorrente, alla sua partecipazione ad altre cessioni di analogo tenore, al contenuto dei precetti azionati dalla cessionaria verso i debitori ceduti (recando essi riferimenti alle precedenti vicende intercorse tra il marito e la (OMISSIS)), alla coincidenza del procuratore legale di cedente e cessionaria e, soprattutto, alla pervicacia della donna nell’avviare l’azione esecutiva verso i debitori ceduti, quantunque il legale degli stessi l’avesse avvertita dell’avvenuta assegnazione proprio alla (OMISSIS), in sede esecutiva, del credito oggetto di cessione.
8.2.1. I due motivi – da scrutinare congiuntamente, data la loro connessione – sono fondati, per quanto di ragione.
Fondata e’, innanzitutto, la censura con cui la ricorrente lamenta l’erroneita’ dell’affermazione della Corte territoriale, che individua quale presupposto dell’azione revocatoria la produzione dell’atto dispositivo “revocando”. Invero, come correttamente osserva la (OMISSIS), questa Corte, sul presupposto che oggetto dell’azione ex articolo 2901 c.c., e’ solo “la dichiarazione di inefficacia di un atto di disposizione patrimoniale”, ha affermato che “se detto atto risulta provato in altro modo non vi e’ necessita’ della produzione del documento che lo contiene” (cosi’, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 18 marzo 2005, n. 5972).
La Corte territoriale, dunque, non avrebbe dovuto negare rilievo, quale prova dell’avvenuta cessione, alla comunicazione inviata dal cedente – per interposta persona, ovvero tramite il loro legale – ai debitori ceduti, attribuendo rilevo, inoltre, nella medesima prospettiva, anche al comportamento di non contestazione della circostanza ad opera del convenuto costituito nel giudizio ex articolo 2901 c.c..

Azione revocatoria e la produzione del documento della disposizione patrimoniale revocanda

Invero, la circostanza – enfatizzata dalla sentenza impugnata che la cessione sia un “atto giuridico” (o meglio, un atto negoziale), non esclude che, in relazione alla domanda ex articolo 2901 c.c., proposta per la sua declaratoria d’inefficacia, essa rilievi pure come fatto costitutivo del diritto azionato in giudizio. Ne consegue, allora, la piena applicabilita’ del principio di non contestazione, se e’ vero che esso “opera rispetto ai fatti costitutivi, modificativi o estintivi del diritto azionato” (da ultimo, Cass. Sez. Lav., sent. 18 agosto 2019, n, 21460, Rv. 654812-01), ed in relazione a quei casi in “l’altra parte abbia impostato la propria difesa su argomenti logicamente incompatibili con il disconoscimento dei fatti medesimi”, sicche’ essi addirittura “possono considerarsi “pacifici”” (cosi’, da ultimo, Cass. Sez. 5, ord. 29 ottobre 2020, n. 23862, Rv. 659532-01). Tale e’, appunto, l’evenienza che ricorre nel caso che occupa, visto che il (OMISSIS) ha impostato la propria linea difensiva non sulla contestazione della cessione, bensi’ sull’argomento che cedente e cessionaria non “potessero immaginare alcun pregiudizio per la (OMISSIS)”.
D’altra parte, il rilievo da attribuire, nella specie, alla non contestazione, ha come conseguenza che il momento del perfezionamento della cessione deve identificarsi – sempre in forza dell’applicazione dell’articolo 115 c.p.c. – nel maggio 2012, cio’ che rivela, vieppiu’, l’erroneita’ dell’affermazione della Corte territoriale circa l’impossibilita’ di ravvisare se l’atto dispositivo revocando fosse anteriore o successivo all’insorgenza del credito dell’attore in revocatoria.
Premesso, infatti, che tale valutazione deve compiersi avendo riguardo all’eventuale anteriorita’ del credito dell’attore in revocatoria rispetto al compimento della cessione, perche’ tale e’ il momento in cui cedente e cessionario impegnano la propria sfera giuridica (del resto, la cessione e’ negozio bilaterale e non trilaterale, nel quale la comunicazione al debitore ceduto non rileva ai fini del perfezionamento dell’atto, ma al solo fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento effettuato dal debitore in favore del cedente, nonche’ di risolvere l’eventuale conflitto tra piu’ cessionari dello stesso credito; cfr., da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 19 febbraio 2019, n. 4713, Rv. 652988-01), nella specie, una volta individuata anche sulla scorta della non contestazione del convenuto costituito, la data dell’avvenuta cessione, il giudice disponeva di tutti gli elementi per ritenere il credito della (OMISSIS) anteriore all’atto di cessione.
Invero, posto che il credito “de quo” viene indicato come risultante da una sentenza penale che ha ritenuto il (OMISSIS) responsabile del delitto di calunnia (condannandolo anche a risarcire il danno cagionato alla parte civile costituita, ovvero alla predetta (OMISSIS)), la sua insorgenza, nascendo tale credito risarcitorio da un illecito, e non da una fonte contrattuale, va individuata – al fine di stabilirne l’anteriorita’, o meno, rispetto al compimento dell’atto dispositivo oggetto di revocatoria – con riguardo alla data di realizzazione dell’illecito (Cass. Sez. 3, sent. 10 giugno 2020, n. 1121, Rv. 658141-01), e non del suo accertamento giudiziale.
Nella specie, poiche’ il giudizio penale e’ stato radicato nel 2007, il fatto illecito commesso dal (OMISSIS) in danno della (OMISSIS) (e fonte del credito risarcitorio di quest’ultima) e’ sicuramente anteriore all’avvenuta cessione, con tutte le conseguenze da trarsi ai fini della verifica del presupposto soggettivo della revocatoria.
Di conseguenza, in accoglimento delle censure illustrate, la sentenza impugnata deve essere cassata, spettando, poi, al giudice del rinvio stabilire se l’atto di cessione presenti natura gratuita o onerosa, questione, per vero, non affrontata dalla Corte milanese.
8.3. I motivi terzo e quarto di ricorso – con i quali e’ denunciata, rispettivamente, nullita’ del procedimento in relazione all’articolo 702-ter c.p.c., per mancata integrazione istruttoria e/o conversione del rito per l’acquisizione dell’atto di cessione, ove ritenuto indispensabile, nonche’ violazione di legge e nullita’ della sentenza, per omessa pronuncia della domanda di revoca dell’ordinanza con cui l’allora appellante e’ stata condannata, ai sensi dell’articolo 283 c.p.c., al pagamento di una sanzione pecuniaria – restano assorbiti dall’accoglimento dei primi due.
9. In conclusione, i primi due motivi di ricorso vanno accolti, cassando in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese processuali, comprese quelle del presente giudizio di legittimita’, in applicazione del presente principio di diritto:
“l’azione ex articolo 2901 c.c., avente ad oggetto un atto di cessione di crediti a terzi non deve essere provata necessariamente attraverso la produzione in giudizio dell’atto di cessione, ma in qualsiasi modo, ivi comprese sia la comunicazione che il cedente faccia ai debitori ceduti dell’avvenuta cessione, sia la condotta di non contestazione dell’avvenuta cessione, da parte del convenuto nel giudizio revocatorio”.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti il terzo e il quarto, cassando in relazione la sentenza impugnata e rinviando alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimita’.

 

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