Avviso di accertamento impugnato va notificato a contribuente e non al custode giudiziale

Corte di Cassazione, sezione tributaria, Ordinanza 1 marzo 2019, n. 6111.

La massima estrapolata:

L’avviso di accertamento impugnato va notificato a contribuente e non al custode giudiziale. Il sequestro dell’azienda non impedisce l’effettuazione degli adempimenti fiscali da parte del contribuente. Il custode giudiziale non subentra nei rapporti giuridici relativi all’attività d’impresa così le dichiarazioni Irpef e Irap vanno presentate dall’imprenditore-contribuente che risponde pienamente dell’omissione.

Il sequestro dell’azienda dell’imprenditore individuale non gli impedisce l’effettuazione degli adempimenti fiscali in quanto il custode giudiziale non subentra nei rapporti giuridici riferiti all’attività d’impresa ed il contribuente destinatario della misura cautelare non risulta impossibilitato a presentare le dichiarazioni fiscali ma deve soltanto fronteggiare mere difficoltà materiali superabili con idonea interlocuzione con l’autorità giudiziaria.

Ordinanza 1 marzo 2019, n. 6111

Data udienza 23 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente

Dott. MANZON Enrico – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 21512-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato, in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 421/2010 della COMM. TRIB. REG. della Sicilia, SEZ. DIST. di CALTANISSETTA, depositata il 02/08/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2018 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA.

FATTI DI CAUSA

L’Ufficio di Gela – sulla base di un p.v.c. emesso il 22.2.2005 dalla locale Guardia di Finanza – notifico’ a (OMISSIS), titolare della ditta individuale ” (OMISSIS)”, un avviso di accertamento e di irrogazione di sanzioni, contestandole per l’anno 1999 l’omessa dichiarazione di elementi positivi di reddito e l’omessa dichiarazione di operazioni imponibili attive, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articoli 54 e 55. Impugnato detto atto dalla (OMISSIS), la C.T.P. di Caltanissetta accolse il ricorso con sentenza n. 255/04/07. Con successiva sentenza del 2.8.2010, la C.T.R. della Sicilia, sez. st. di Caltanissetta, respinse l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, evidenziando come nulla potesse imputarsi alla (OMISSIS) riguardo alle contestate omissioni, atteso, che l’azienda di sua proprieta’ si trovava sottoposta a sequestro giudiziario, con conseguente subentro del nominato custode nella gestione e nella titolarita’ di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi inerenti all’attivita’ d’impresa, compresa la legittimazione a stare in giudizio.
L’Agenzia delle Entrate ricorre ora per cassazione, sulla base di quattro motivi;
l’intimata non ha resistito.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, si denuncia violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 6, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. L’Agenzia lamenta l’erroneita’ della decisione impugnata, laddove s’e’ valorizzata la circostanza che l’azienda della (OMISSIS) fosse sottoposta a sequestro giudiziario per escluderne l’assoggettabilita’ ad imposta, soltanto invece venendo in rilievo, alla luce del disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 41 e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 55, il dato obiettivo della mancata presentazione della dichiarazione. Nel far cio’, la C.T.R. ha mostrato di confondere il problema della soggettivita’ passiva (gravante sulla (OMISSIS)) con quello della legittimazione agli adempimenti fiscali (gravante, invece, secondo l’Agenzia, sul nominato custode giudiziario).
1.2 – Con il secondo motivo, si denuncia violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, articolo 2, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si censura la decisione impugnata per non aver tenuto conto del disposto in rubrica, che impone l’obbligo della dichiarazione fiscale annuale da parte del contribuente, evidenziandosi che, nella specie, la (OMISSIS) aveva regolarmente esercitato l’attivita’ d’impresa per tutto il 1999 e aveva subito il sequestro solo nel febbraio del 2000 e sino al 10.2.2005. Pertanto, secondo la ricorrente (che richiama in proposito la propria Circolare 7.8.2000, n. 156/E), la soggettivita’ passiva in capo alla contribuente, per l’anno in discorso, s’e’ definitivamente cristallizzata con la restituzione dell’azienda stessa, avvenuta come detto nel febbraio 2005.
1.3 – Col terzo motivo, si lamenta violazione della L. n. 537 del 1993, articolo 14, comma 4-bis, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si censura la decisione impugnata nella parte in cui ha affermato l’illegittimita’ dell’avviso di accertamento anche sotto il profilo del mancato riconoscimento dei costi e delle spese risultanti dalle scritture contabili, benche’ riconducigli a fatti costituenti reato. La C.T.R., secondo la ricorrente, non ha tenuto conto della norma in rubrica, che prevede che, nella determinazione dei redditi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 6, non sono ammessi in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attivita’ qualificabili come reato, fatto salvo l’esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti. E cio’ tanto piu’ in assenza di alcuna pronuncia di assoluzione della contribuente in sede penale (non risultando agli atti alcuna sentenza in tal senso).
1.4 – Col quarto motivo, infine, si denuncia la violazione del Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 11, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente si duole del fatto che il giudice d’appello, ha negato non solo la responsabilita’ diretta della (OMISSIS), ma anche quella solidale, in relazione alle omesse dichiarazioni e alle altre irregolarita’ commesse dal custode giudiziario nell’adempimento del suo ufficio.
2.1 – Il primo motivo e il secondo motivo, da esaminarsi congiuntamente stante l’evidente connessione, sono fondati, nei termini che seguono. Dalle scarne indicazioni contenute nel ricorso e nella stessa sentenza impugnata, e per quanto qui interessa, e’ dato comprendere che:
a) l’azienda della (OMISSIS), afferente alla ditta individuale denominata ” (OMISSIS)”, venne sottoposta a sequestro preventivo ex articolo 321 c.p.p., nel febbraio 2000 e vi rimase fino al febbraio 2005;
b) ne’ (OMISSIS), ne’ (in sua sostituzione o rappresentanza) il custode giudiziario nominato dal Tribunale di Gela, avv. (OMISSIS), presentarono la dichiarazione Mod. Unico 2000, per l’anno d’imposta 1999.
Da quanto precede, la C.T.R. – confermando la prima decisione, con cui si era affermato che l’avviso di accertamento avrebbe dovuto essere notificato al custode giudiziario, e non invece alla contribuente – ha fatto discendere l’illegittimita’ dell’avviso di accertamento impugnato dalla (OMISSIS), e cio’ in quanto ella non poteva “essere nella condizione materiale e giuridica di presentare la dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta per cui e’ causa, stante che l’azienda… si trovava sottoposta a sequestro giudiziario con il conseguente subentro del Custode Giudiziario nominato nella gestione e nella titolarita’ dell’attivita’ d’impresa e dell’amministrazione del patrimonio separato. Una tale condizione comporta per lo stesso la titolarita’ di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi afferenti la suddetta attivita’ d’impresa, ivi compresa la sua legittimazione a stare in giudizio”. Costituisce riprova di cio’, secondo il giudice d’appello, il provvedimento del 17.5.2001 con cui il G.I.P. revoco’ la nomina del custode per l’omissione degli adempimenti a lui spettanti in proposito, comprese la presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 1999.
1.2 – La ricostruzione offerta dalla C.T.R. non e’ affatto condivisibile. In proposito, va anzitutto premesso che per l’individuazione del novero dei poteri e doveri riferibili al custode giudiziario dell’azienda in parola – avuto riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis e pur in assenza di piu’ specifiche indicazioni in ricorso circa la tipologia di sequestro preventivo subito dalla (OMISSIS) (non risulta neanche per quale reato esso fosse stato disposto) – occorre far riferimento all’articolo 259 c.p.p. La specifica normativa adottata in proposito negli anni piu’ recenti (in particolare, Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 51 – c.d. codice antimafia -, articolo 104-bis disp. att. c.p.p., introdotto dalla L. n. 94 del 2009) esula, quindi, dai confini di questo giudizio.
Pure, deve premettersi che l’azienda, ai sensi dell’articolo 2555 c.c., e’ il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, sicche’ (difettando ogni contraria evidenza) solo su detti beni, inerenti all’azienda relativa alla ditta individuale ” (OMISSIS)” di (OMISSIS), deve intendersi caduto il sequestro in parola.
Ancora, avuto riguardo al periodo di riferimento (anno 1999), ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, articolo 3, comma 1, nel testo vigente ratione temporis, la dichiarazione annuale IVA andava presentata nell’ambito del Mod. Unico, quindi con dichiarazione unificata, evidentemente comprensiva anche dei redditi d’impresa (detta dichiarazione annuale IVA, per i soggetti che vi sono tenuti, va presentata separatamente a partire dall’anno 2017, e cio’ a seguito della modifica al cit. articolo 3, apportata dalla L. n. 190 del 2014, articolo 1, comma 641, come modificata dal Decreto Legge n. 192 del 2014, conv. in L. n. 11 del 2015).
Infine, e’ pacifico, che la (OMISSIS) ha senz’altro esercitato l’attivita’ imprenditoriale nell’anno 1999, percependone i relativi proventi, proprio perche’ il sequestro della sua azienda e’ intervenuto nel febbraio dell’anno 2000.
2.3 – Da quanto precede, discende anzitutto un primo corollario: per i contribuenti il cui periodo d’imposta coincida con l’anno solare, il soggetto passivo delle imposte dirette e indirette relative all’attivita’ spiegata nell’anno precedente al sequestro dell’azienda non puo’ che essere immediatamente l’imprenditore-contribuente.
Infatti, nella specie e per quanto qui interessa, se – come e’ pacifico – il sequestro ebbe ad oggetto, nel febbraio 2000, la sola azienda dell’odierna intimata (ossia, i beni che la componevano, pur volendo in essi ricomprendere anche eventuali somme di denaro possedute dall’imprenditore o giacenti su conti bancari, ad essa riferibili), e’ evidente che alcun dubbio possa sussistere circa la piena sussistenza per l’anno 1999 sia del presupposto dell’imposizione diretta, che consiste ai fini IRPEF nel possesso dei relativi redditi, nel senso di giuridica disponibilita’ (ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 1), ed ai fini IRAP nell’esercizio abituale di una attivita’ autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi (ai sensi del Decreto Legislativo n. 446 del 1997, articolo 2), sia dell’imposizione indiretta, che ai fini IVA consiste nell’aver ceduto beni e prestato servizi nell’esercizio di attivita’ d’impresa (ai sensi dell’articolo 1 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972).
Peraltro, il riferimento operato dall’Agenzia alla propria circolare del 7.8.2000, n. 156/E (che – ai fini del trattamento fiscale dei redditi derivanti dall’azienda sequestrata – propugna una sorta di analogia con l’istituto dell’eredita’ giacente) non e’ pertinente e non rileva nel caso che occupa, in cui – come piu’ volte evidenziato – la (OMISSIS) ha dispiegato la propria attivita’ imprenditoriale in forma individuale in piena liberta’ e autonomia nell’anno 1999.
L’odierna intimata deve quindi ritenersi assoggettata all’imposizione fiscale per l’IRPEF, l’IRAP e l’IVA dell’anno 1999 proprio per tale ragione e fin dall’origine, non gia’ per effetto della cessazione del sequestro dell’azienda avvenuta nel 2005 e della conseguente sua restituzione, come invece sostenuto dall’Agenzia.
E’ comunque appena il caso di precisare che l’erronea impostazione propugnata dalla stessa Agenzia riguardo alla questione della soggettivita’ passiva non impedisce la superiore ricostruzione, evidentemente adottata in forza di argomenti in parte differenti da quelli da essa offerti, noto essendo che questa Corte di legittimita’ ben puo’ accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, sempre che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti (in termini, Cass. n. 18775/2017; Cass. n. 20994/2018), come e’ appunto nella specie.
2.4 – Sotto altro profilo, va poi rimarcato che il sequestro dell’azienda incide certamente sulla disponibilita’ dei beni che la compongono, perche’ determina lo spossessamento in danno del sequestrato; e’ quindi in tale ottica che vanno verificati i presupposti dell’imposizione, in relazione all’attivita’ esercitata nel periodo di esecuzione dello stesso sequestro (tale aspetto e’ oggi disciplinato dal Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 51, applicabile al sequestro preventive di azienda in forza del rinvio disposto dall’articolo 104-bis disp. att. c.p.p., comma 1-bis).
Ma, per quanto gia’ detto, il sequestro stesso non puo’ in ogni caso comportare l’esclusione (o anche solo la sospensione) del l’assoggettamento dell’imprenditore alle imposte per gli esercizi precedenti alla sua adozione, perche’ – sul piano generale – esso non determina affatto il trasferimento della titolarita’ di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi relativi all’attivita’ d’impresa in capo al custode giudiziario, come invece impropriamente affermato dalla C.T.R., ma solo il loro esercizio (temporaneo e strumentale) da parte sua. I caratteri di temporaneita’ e strumentante, come e’ intuitivo, si estendono anche ai rapporti direttamente sorti per iniziativa del custode e nell’ottica della gestione “attiva”, di cui si dira’ tra breve. Infatti – quale che sia la sua nature – la funzione tipica del sequestro d’azienda e’ comunque non solo quella conservativa o prenotativa del compendio (trattandosi di doverne assicurare l’utile consegna all’avente diritto, all’atto della sua cessazione), ma anche dinamica (attraverso la gestione dell’azienda stessa, ove disposta). A tal proposito, deve necessariamente farsi riferimento all’articolo 259 c.p.p., comma 1, che disciplina la nomina del custode giudiziario delle cose sequestrate, norma senz’altro applicabile al sequestro preventivo in forza del rinvio di cui all’articolo 104 disp. att. c.p.p., (v. in tal senso, Cass. Pen. 46850/2004; Cass. Pen. n. l8790/2008). Lo stesso articolo 259 cit., prevede infatti, che il giudice determina le modalita’ della custodia; ed e’ stato condivisibilmente affermato, in proposito, che “In tema di sequestro preventivo, qualora il bene oggetto di sequestro richieda un’esigenza di utile gestione il giudice, nel nominare il custode, gli attribuisce oltre ai poteri di conservazione anche quelli di amministrazione” (cosi’, ex multis, Cass. Pen., n. 28336/2013). Peraltro in caso di sequestro preventivo di cose di cui e’ prevista la confisca cd. “allargata”, Decreto Legge n. 306 del 1992, ex articolo 12-sexies, conv. in L. n. 356 del 1992, – lo si precisa per completezza e avuto riguardo alla disciplina astrattamente applicabile all’epoca dei fatti per cui e’ processo – la nomina del custode e’ sostanzialmente obbligatoria in virtu’ dello stesso articolo 12-sexies cit., comma 4, che opera un rinvio alla figura dell’amministratore dei beni confiscati, e ai relativi poteri.
2.5.1 – Chiarito quindi che, in caso di sequestro di azienda, il custode giudiziario, pur ripetendo i propri poteri di amministrazione dal perimetro del provvedimento giudiziale di nomina (o dalla legge, ove previsto), ha quale funzione peculiare, di regola, quella di garantire la corretta e proficua prosecuzione dell’attivita’ aziendale (ovviamente, per il tempo di durata della misura) e che il soggetto passivo delle imposte concernenti il periodo immediatamente precedente all’adozione del sequestro preventivo non puo’ che essere l’imprenditore-contribuente, si devono ora affrontare due ulteriori questioni: a) anzitutto, occorre individuare il soggetto tenuto alla presentazione delle dichiarazioni fiscali concernenti il detto periodo d’imposta, i cui termini scadano pero’ durante l’esecuzione del sequestro; b) infine, occorre stabilire quali siano le conseguenze derivanti dalla mancata presentazione delle stesse dichiarazioni. In altre parole, si tratta di stabilire se i relativi adempimenti fiscali debbano essere eseguiti dal contribuente-sequestrato, ovvero dal custode giudiziario della sua azienda, e chi sia il soggetto chiamato a rispondere in caso di omessa presentazione della dichiarazione.
In proposito, va comunque opportunamente evidenziato che non v’e’ alcuna norma che si occupi espressamente della questione, a ben vedere tutt’oggi non disciplinata neanche dal citato Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 51, il cui comma 2 fa riferimento alla sola ipotesi del sequestro che “si protrae oltre il periodo d’imposta in cui ha avuto inizio”, nulla disponendo per il pregresso, se non per affermare (comma 1) che i beni sequestrati continuano ad essere assoggettati a tassazione “con le medesime modalita’ applicate prima del sequestro”, e quindi con evidente relatio al solo regime fiscale di riferimento.
2.5.2 – Cio’ posto, riguardo alla questione sub a), ritiene la Corte che il sequestro dell’azienda di imprenditore individuale non elimini la necessita’ che egli adempia gli obblighi fiscali inerenti l’anno d’esercizio precedente l’esecuzione della misura, compresa la presentazione della dichiarazione unificata annuale Mod. Unico per IRPEF, IRAP e IVA ai sensi del previgente del Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, articolo 3, comma 1, (avuto riguardo all’anno d’imposta in questione, ossia al 1999), sia perche’ egli e’ soggetto passivo delle imposte (v. supra), sia perche’, ai fini fiscali, l’imponibile si e’ “cristallizzato” alla fine dell’esercizio stesso.
Infatti, la circostanza che l’imprenditore individuale non abbia piu’ poteri di amministrazione inerenti la sua azienda non puo’ incidere sull’esecuzione degli adempimenti fiscali relativi al periodo precedente al sequestro. Al riguardo, se e’ vero che, nel caso di continuazione dell’attivita’ imprenditoriale da parte del custode giudiziario, solo questi (evidentemente previa comunicazione all’Ufficio ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 35), puo’ in linea di massima interloquire con l’Amministrazione finanziaria, in quanto – in relazione agli obblighi che presuppongono detta continuazione – egli e’ il soggetto chiamato ad amministrare l’azienda in sostituzione dell’imprenditore e quindi a dirigere la stessa attivita’, e’ anche vero che la detta cristallizzazione delinea definitivamente il sorgere della relativa obbligazione tributaria, il cui adempimento (con i connessi oneri) grava su un soggetto, ossia l’imprenditore-persona fisica, che per effetto del sequestro – avuto riguardo al detto periodo d’imposta – non subisce alcuna deminutio sul piano della capacita’ giuridica, di agire e anche della rappresentanza processuale, come invece sostanzialmente opinato dalla C.T.R..
Del resto, nel caso di imprenditore individuale, e’ di assoluta evidenza come il sequestro della (sola) sua azienda non necessariamente colpisca l’intera sua capacita’ reddituale, proprio perche’ limitato ai soli beni organizzati per l’esercizio di quella specifica impresa, ex articolo 2555 c.c., (beni che, peraltro, possono anche non appartenere allo stesso imprenditore). In caso di sequestro d’azienda, non puo’ dunque configurarsi alcuna impossibilita’ “materiale e giuridica” di presentare la dichiarazione fiscale da parte del contribuente (come, anche qui, affermato dalla C.T.R.), ma al piu’ mere difficolta’ materiali (derivanti, principalmente, dall’indisponibilita’ delle scritture contabili dell’azienda sequestrata), superabili con un minimo di diligenza da parte dello stesso contribuente, mediante opportuna interlocuzione con la competente Autorita’ Giudiziaria, ai sensi dell’articolo 258 c.p.p.: solo in caso di diniego puo’ eventualmente configurarsi un serio ostacolo alla compilazione della dichiarazione, che comunque, almeno ai fini IVA, deve essere presentata anche nel caso in cui non siano state effettuate operazioni imponibili, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, articolo 8. Non senza evidenziare che il contribuente e’ tenuto a prestare la necessaria diligenza, per la ricostruzione della contabilita’ e nel suo interesse, anche nell’ipotesi in cui abbia denunciato il furto della contabilita’ stessa (v. Cass. n. 18028/2016), ossia in situazione addirittura deteriore rispetto a quella qui in esame.
2.5.3 – Solo per completezza, e’ comunque opportuno precisare che, in relazione all’assetto normativo attualmente vigente e concernente la dichiarazione annuale IVA separata (di cui s’e’ detto al par. 2.2), la superiore conclusione merita in realta’ una diversa vantazione, perche’ l’eliminazione della dichiarazione unificata lascia ritenere preferibile che la stessa dichiarazione annuale IVA debba essere presentata da colui che esercita effettivamente l’attivita’ d’impresa, e quindi dal custode giudiziario, anche in relazione ai ricavi del periodo precedente l’esecuzione del sequestro, previa comunicazione Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ex articolo 35; in tali casi, dunque, pare opportuno doversi distinguere – ai fini dell’individuazione del soggetto che e’ tenuto alla relativa presentazione – tra dichiarazione delle II.DD. e della stessa IVA, perche’ la scomparsa della dichiarazione unificata finisce per consolidare maggiormente il rapporto tra lo stesso esercente l’attivita’ d’impressi e quest’ultima imposta, con i relativi adempimenti, tenuto conto principalmente della sua neutralita’. Peraltro, sempre in detta ipotesi (e avuto riguardo alla questione di cui al par. 2.5.1, sub b)), l’omessa dichiarazione della dichiarazione annuale IVA da parte del custode non puo’ comunque comportare l’esenzione dall’assoggettamento all’imposta in capo al sequestrato (sussistendo il presupposto a prescindere dalla dichiarazione), ma eventualmente una responsabilita’ risarcitoria a carico del custode stesso e una valutazione favorevole al contribuente sul piano sanzionatone in linea col disposto del Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 5.
Tutto cio’, lo si ribadisce, non puo’ pero’ valere per l’epoca in cui era necessario predisporre la dichiarazione unificata, come nel caso che occupa.
2.6 – Facendo governo di quanto precede, ritiene quindi questa Corte che l’assunto del giudice d’appello secondo cui l’avviso di accertamento impugnato avrebbe dovuto essere notificato al custode giudiziario, anziche’ all’odierna intimata, sia totalmente destituito di fondamento, atteso che tale atto impositivo deve essere portato a conoscenza del “contribuente”, ossia del soggetto tenuto al pagamento delle imposte, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 42, comma 1, e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 56, comma 1, soggetto che s’e’ piu’ volte identificato, nella specie, con l’odierna intimata. Inoltre, ha errato la C.T.R. nell’affermare che l’assoggettamento a dell’azienda abbia posto la contribuente nella condizione materiale e giuridica di non poter assolvere gli adempimenti fiscali per l’anno 1999, proprio perche’ ella, per l’epoca antecedente all’esecuzione del sequestro, e’ il soggetto passivo d’imposta sia ai fini delle II.DD. che ai fini IVA, come gia’ detto; ed inoltre, perche’ la nomina del custode giudiziario dell’azienda non determina affatto il suo subentro nella titolarita’ dei rapporti giuridici attivi e passivi inerenti all’attivita’ d’impresa, ma solo il loro temporaneo e strumentale esercizio (v. supra, par. 2.4), comportando lo spossessamelo dell’azienda stessa e la modifica del soggetto esercente detta attivita’, pro futuro et pro tempore, con la conseguenza che gli adempimenti fiscali seguono la natura e la funzione dell’imposta. Da cio’ deriva che sia la dichiarazione dei redditi imponibili ai fini IRPEF e IRAP precedenti al sequestro, sia la dichiarazione annuale IVA per lo stesso periodo, ai sensi del previgente del Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, articolo 3, devono essere presentate dall’imprenditore-contribuente, che (in relazione alla questione di cui al par. 2.5.1, sub b)) risponde pienamente dell’omissione, anche sul piano sanzionatorio.
3.1 – Il ricorso e’ quindi accolto, restando assorbiti i restanti motivi. La sentenza impugnata e’ pertanto cassata in relazione, con rinvio alla C.T.R. della Sicilia, sez. dist. di Caltanissetta, in diversa composizione, che si atterra’ ai superiori principi e provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il primo e il secondo motivo, dichiara assorbiti i restanti. Cassa in relazione e’ rinvia alla C.T.R. della Sicilia, sez. dist. di Caltanissetta, in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *