Obbligo di avvertire l’interessato della facolta’ di avvalersi di un difensore anche nel caso di ricovero per cure mediche

Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 20 febbraio 2019, n. 7676.

La massima estrapolata:

Sussiste l’obbligo di avvertire l’interessato della facolta’ di avvalersi di un difensore anche nel caso di ricovero per cure mediche, qualora il prelievo non sia strettamente necessario alle cure ma sia proposto su richiesta della Polizia Giudiziaria esclusivamente per finalita’ di ricerca della prova. In simili ipotesi, il personale sanitario finisce per agire come vera e propria longa manus della polizia giudiziaria e, anche rispetto a tale accertamento, scattano le garanzie difensive sottese all’avviso di cui all’art.114 gia’ richiamato. Ove il prelievo fosse stato eseguito a fini diagnostico-terapeutici, non sussiste l’obbligo di formulare il predetto avviso.

Sentenza 20 febbraio 2019, n. 7676

Data udienza 6 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente

Dott. SERRAO Eugenia – rel. Consigliere

Dott. NARDIN Maura – Consigliere

Dott. DAWAN Daniela – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 08/11/2017 della CORTE APPELLO di TRIESTE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRAO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. LIGNOLA Ferdinando, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore Avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte di Appello di Trieste, con la sentenza in epigrafe, ha riformato la pronuncia assolutoria per insussistenza del fatto emessa in data 11/07/2016 dal Tribunale di Pordenone nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articolo 186, comma 2, lettera c), commesso in (OMISSIS) per guida con tasso alcolemico pari a g/l 3,54, con l’aggravante di aver provocato un incidente stradale.
2. Questa, in sintesi, la vicenda come ricostruita nelle fasi di merito: l’imputato, alla guida di un ciclomotore Piaggio Ciao era uscito autonomamente dalla sede stradale, andando ad impattare contro un cancello e riportando lesioni.
3. (OMISSIS) ricorre per cassazione censurando la sentenza per i seguenti motivi:
a) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di norme processuali stabilite a pena di nullita’, inutilizzabilita’, inammissibilita’ o decadenza; mancanza di motivazione in ordine alla dedotta violazione dell’articolo 114 disp. att. c.p.p., articolo 178 c.p.p., lettera c), e articolo 180 c.p.p., erronea applicazione dell’articolo 186 C.d.S., comma 7. Il ricorrente sostiene che, erroneamente, il giudice di appello ha ritenuto che l’avviso della facolta’ di farsi assistere da un difensore fosse stato validamente formulato dal personale medico incaricato del prelievo ematico, trattandosi di atto della polizia giudiziaria non delegabile ai sensi dell’articolo 348 c.p.p., comma 4, in quanto non richiede una particolare conoscenza tecnica;
b) inosservanza ed erronea applicazione dell’articolo 114 disp. att. c.p.p., e articolo 182 c.p.p.; il ricorrente deduce che erroneamente la Corte di Appello abbia ritenuto tardiva l’eccezione, potendo tale eccezione essere proposta entro la deliberazione della sentenza di primo grado;
c) inosservanza ed erronea applicazione dell’articolo 576 c.p.c., (rectius c.p.p.) in quanto il pubblico ministero aveva impugnato la sentenza di assoluzione esclusivamente sul punto inerente all’utilizzabilita’ dell’accertamento ematico eseguito in mancanza di avviso ai sensi dell’articolo 114 disp. att. c.p.p., mentre la Corte di Appello ha ribaltato il giudizio assolutorio rivalutando diversamente le prove assunte in primo grado;
d) vizio di motivazione con riferimento alla corretta applicazione dell’articolo 533 c.p.p.. Il giudice di appello che intenda riformare la pronuncia assolutoria non puo’ limitarsi a valutare diversamente il materiale probatorio acquisito in primo grado ma deve far ricorso ad argomenti dirimenti tali da evidenziare oggettive carenze o insufficienze della motivazione e da far cadere ogni ragionevole dubbio;
e) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla valutazione delle prove dichiarative assunte in primo grado e non rinnovate in appello; violazione dell’articolo 6, parr. 1 e 3 lettera d) e c) CEDU, articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), e articolo 533 c.p.p.. Il ricorrente deduce che il giudice di appello ha valutato diversamente le prove dichiarative assunte nel giudizio di primo grado escludendo il diritto di difesa dell’imputato che, assolto per insussistenza del fatto, non aveva interesse all’impugnazione.
4. Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
4.1. La Corte di Appello ha ritenuto che l’avviso della facolta’ di farsi assistere da un difensore fosse stato validamente formulato dal personale sanitario incaricato di effettuare il prelievo ematico.
4.2. Tale motivazione e’ corretta, posto che, seguendo il piu’ recente orientamento della Corte di Cassazione, sussiste l’obbligo di avvertire l’interessato della facolta’ di avvalersi di un difensore anche nel caso di ricovero per cure mediche, qualora il prelievo non sia strettamente necessario alle cure ma sia proposto su richiesta della Polizia Giudiziaria esclusivamente per finalita’ di ricerca della prova (Sez. 4, n. 6514 del 18/01/2018, Tognini, Rv. 27222501; Sez. 4, n. 51284 del 10/10/2017, Lirussi, Rv. 27193501; Sez. 4, n. 3340 del 22/12/2016, dep. 2017, Tolazzi, Rv. 26888501). In simili ipotesi, il personale sanitario finisce per agire come vera e propria longa manus della polizia giudiziaria e, anche rispetto a tale accertamento, scattano le garanzie difensive sottese all’avviso di cui all’art.114 gia’ richiamato. Ove il prelievo fosse stato eseguito a fini diagnostico-terapeutici, non sussiste l’obbligo di formulare il predetto avviso.
5. L’esito della decisione non sarebbe stato comunque diverso, ed in questo senso la seconda censura e’ infondata, in quanto correttamente la Corte di Appello ha rilevato la tardivita’ dell’eccezione. Il ricorrente ha richiamato quanto affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sez. U, n. 5396 del 29/01/2015 Bianchi, Rv. 26302301), trascurando tuttavia che il principio ivi affermato non trova applicazione al procedimento per decreto penale.
5.1. Le Sezioni Unite hanno affermato che la nullita’ conseguente al mancato avvertimento al conducente di un veicolo, da sottoporre all’esame alcolimetrico, della facolta’ di farsi assistere da un difensore di fiducia, in violazione dell’articolo 114 disp. att. c.p.p., puo’ essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto dell’articolo 180 c.p.p., e articolo 182 c.p.p., comma 2, secondo periodo, fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado (Sez. U, n. 5396 del 29/01/2015, Bianchi, Rv. 26302301).
5.2. Ma, nell’affermare il richiamato principio di diritto, le Sezioni Unite hanno anche precisato che il decreto penale di condanna equivale alla sentenza di primo grado, cui si riferisce come termine ultimo l’articolo 180 c.p.p., richiamato dall’articolo 182 c.p.p., comma 2, secondo periodo. La giurisprudenza successiva si e’ conformata a tale insegnamento ribadendo che, qualora si sia proceduto a giudizio ordinario a seguito di opposizione a decreto penale, il momento entro il quale far valere la nullita’ di cui si tratta va individuato nella presentazione dell’atto di opposizione al decreto penale di condanna (Sez. 4, n. 7686 del 16/01/2018, Favaro, Rv. 27246501; Sez. 4, n. 22608 del 04/04/2017, Orlandini, Rv. 27016101).
6. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato.
Si richiama, sul punto, Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, Coatti, Rv. 26867101 che, riproducendo un principio affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 23167501), ha ribadito che l’appello del pubblico ministero contro la sentenza di assoluzione emessa all’esito del dibattimento, salva l’esigenza di contenere la pronuncia nei limiti della originaria contestazione, ha effetto pienamente devolutivo, attribuendo al giudice ad quem gli ampi poteri decisori previsti dall’articolo 597 c.p.p., comma 2, lettera b).
7. Il quarto ed il quinto motivo si esaminano congiuntamente. Si tratta di motivi inammissibili perche’ generici.
7.1. Il giudice di primo grado aveva assolto l’imputato per difetto di prova dello stato di alcolemia sulla base di una preliminare eccezione di nullita’, avendo ritenuto inutilizzabile l’analisi effettuata sul prelievo ematico in quanto non preceduta dall’avvertimento previsto dall’articolo 114 disp. att. c.p.p.. Nel riformare tale pronuncia, il giudice di appello ha, dunque, esaminato l’intero compendio istruttorio, non valutato in primo grado.
7.2. Nel denunciare la violazione del principio con cui si e’ affermato l’obbligo di motivazione “rafforzata”, cosi’ come del principio con cui si e’ affermato l’obbligo di rinnovazione dibattimentale della prova dichiarativa (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 26748801), il ricorrente ha omesso di indicare in relazione a quali prove decisive valutate in primo grado i predetti principi sarebbero stati violati.
7.3. Per altro verso, si osserva che il giudice di appello, che abbia riformato una sentenza assolutoria sulla base di una identica valutazione delle risultanze probatorie, anche dichiarative, ovvero correggendo un errore di diritto, decisivo ai fini dell’assoluzione, nel quale sia incorso il primo giudice, non e’ tenuto a procedere alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ne’ ad una motivazione rafforzata (Sez. 4, n. 6514 del 18/01/2018, Tognini, Rv. 27222401).
8. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato; segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Motivazione semplificata.

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