Avviamento aziendale senza adeguata contropartita fa scattare la bancarotta

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 27 giugno 2019, n. 28186.

La massima estrapolata:

L’avviamento aziendale senza adeguata contropartita fa scattare, a seguito della dichiarazione di fallimento, il reato di bancarotta patrimoniale per distrazione. Questo in quanto venga a manifestarsi il compimento di atti dispositivi sui beni costituenti parte dell’azienda di cui l’imprenditore era titolare, in grado ex se di generare l’avviamento medesimo.

Sentenza 27 giugno 2019, n. 28186

Data udienza 27 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefania – Presidente

Dott. VANNUCCI Marco – rel. Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 18/01/2017 della CORTE APPELLO di TRIESTE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MARCO VANNUCCI;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SPINACI SANTE che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alla omessa riduzione della pena e rigetto nel resto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Per quanto qui ancora interessa, la Corte di appello di Trieste, con sentenza resa il 24 ottobre 2013 sugli appelli di (OMISSIS), del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Gorizia, del Procuratore generale presso la Corte di appello di Trieste, delle curatele dei fallimenti della (OMISSIS) s.r.l. e della (OMISSIS) s.a.s., riformo’ la sentenza emessa dal Tribunale di Gorizia il 25 giugno 2010 nei termini di seguito indicati, confermandola nel resto.
1.1 In particolare, la sentenza di appello, dopo avere dichiarato improcedibile l’azione penale quanto al reato indicato nel capo di imputazione capo G (falso in scrittura privata) perche’ estinto per prescrizione, affermo’ la responsabilita’ di (OMISSIS) quanto ai seguenti reati: capo di imputazione A (bancarotta fraudolenta patrimoniale aggravata, anche con riferimento alla contestata distrazione dell’avviamento commerciale della (OMISSIS) s.r.l. dichiarata fallita dal Tribunale di Gorizia con sentenza del (OMISSIS)); capi di imputazione 3 (bancarotta fraudolenta patrimoniale aggravata relativa alla (OMISSIS)), W e X, questi ultimi due qualificati ai sensi dell’articolo 216, comma 3, l.fall. (bancarotta preferenziale relativa al fallimento della (OMISSIS) s.a.s., dichiarata fallita con sentenza del (OMISSIS)).
Per effetto di tali accertamenti e di quelli contenuti nella sentenza di primo grado, dopo aver negato la concessione di circostanze attenuanti generiche e ritenuta la, contestata, recidiva reiterata, infraquinquennale, ridetermino’ la pena in misura complessivamente pari a sette anni di reclusione.
1.2 Con la sentenza di primo grado (OMISSIS) venne ritenuto colpevole dei delitti di cui al capo A (bancarotta patrimoniale aggravata anche per la distrazione del parco automezzi della (OMISSIS)), al capo E (bancarotta fraudolenta documentale), capo G (falso in scrittura privata), al capo I (falso in scrittura privata), capo O (falsita’ ex articolo 481 c.p.), al capo T (falsita’ ex articoli 81, 491, 485, 482 e 476 c.p.), al capo Y (bancarotta fraudolenta patrimoniale in relazione al fallimento della (OMISSIS) s.a.s.) e al capo Z (bancarotta fraudolenta documentale in relazione al fallimento della (OMISSIS) s.r.l.), unificati nel vincolo della continuazione, e, ritenuta la recidiva contestata, venne condannato alla pena di cinque anni e otto mesi di reclusione. La stessa sentenza assolse l’imputato dai delitti contestati nei capi J, W e X.
2. Adita da (OMISSIS), questa Corte, con sentenza n. 17084/15 del 9 dicembre 2014 previo stralcio del reato al capo T rigetto’ il ricorso in riferimento ai reati di cui ai capi Z, Y, J, W, X, E, I, nonche’ per il reato relativo alla distrazione degli automezzi della (OMISSIS) di cui al capo A; annullo’ senza rinvio la citata sentenza di appello nella parte relativa alla condanna per il reato di cui al capo O perche’ estinto per prescrizione; annullo’ la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste, quanto alla distrazione dell’avviamento commerciale della (OMISSIS) contestata nell’ambito del capo A; annullo’ infine la sentenza per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
In particolare, quanto alle decisioni di annullamento, la motivazione e’, in sintesi, la seguente: solo negli appelli delle parti civili era stata dedotta la questione relativa alla distrazione dell’avviamento commerciale di (OMISSIS); ne’ il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Gorizia, ne’ il Procuratore generale presso la Corte di appello di Trieste avevano impugnato la sentenza di primo grado nella parte relativa all’assoluzione di (OMISSIS) dai delitto di bancarotta per distrazione del valore di avviamento dell’azienda di cui la societa’ era titolare prima del suo fallimento (capo A); il giudice di appello aveva dunque errato (cosi’ violando l’articolo 597 c.p.p.) nel riformare la sentenza di primo grado con pronuncia di affermazione di responsabilita’ dell’imputato anche per la distrazione in questione; la sentenza di appello era dunque da annullare con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste affinche’ valutasse la questione nell’ottica del solo profilo risarcitorio civile, dovendo il giudice del rinvio provvedere alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio conseguente all’annullamento sul punto ed a vagliare “le ragioni dedotte in ordine alle statuizioni civili”.
3. Con successiva sentenza n. 31664/15 emessa il 25 febbraio 2015 questa Corte dichiaro’ inammissibile il ricorso da (OMISSIS) proposto contro la citata sentenza di appello nella parte in cui ebbe a confermare la condanna anche per il reato – precedentemente stralciato – di cui al capo T (plurimi delitti di falso ex articoli 81, 491, 485, 482 e 476 c.p.).
4. Con sentenza emessa a definizione del giudizio di rinvio il 18 gennaio 2017, la Corte di appello di Trieste: ha assolto l’imputato dall’accusa di avere commesso il reato di cui al capo I perche’ il fatto non e’ piu’ previsto dalla legge come reato; ha rideterminato la pena relativa ai reati di cui ai capi A (nella sola parte relativa alla distrazione del parco automezzi della (OMISSIS)), E, J, T, W, X, Y e Z, nella misura di sei anni e tre mesi di reclusione; ha confermato le statuizioni di condanna generica al risarcimento del danno cagionato al fallimento della societa’ (OMISSIS) anche quanto al reato di cui al capo A (distrazione dell’avviamento commerciale dell’azienda di (OMISSIS)).
Queste, in sintesi, le motivazioni fondanti, sempre per quanto qui interessa, tali decisioni: e’ da confermare, per quanto accertato dalla sentenza di annullamento, la pronuncia assolutoria relativa al delitto di distrazione dell’avviamento commerciale dell’azienda di (OMISSIS); premesso che la costituzione di parte civile della curatela del fallimento di (OMISSIS) non e’ stata revocata, e’ priva di rilievo la manifestazione di volonta’ del curatore di non avere piu’ interesse alla prosecuzione dell’azione avendo chiesto la chiusura della procedura fallimentare relativa a tale societa’; la distrazione dell’avviamento commerciale dell’azienda di cui (OMISSIS) era titolare in favore della societa’ (OMISSIS), rilevante ai soli fini risarcitori, si desumeva dall’operazione di distrazione del parco autoveicoli di (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) mediante vendita fittizia ad inesistente societa’ statunitense, dal fatto che almeno cinque ex dipendenti di Euro Est vennero assunti dalla (OMISSIS) che, da subito, aveva intrattenuto rapporti con una parte significativa del pacchetto clienti di (OMISSIS); dalla relazione del curatore risulta che l’azienda di cui (OMISSIS) era titolare disponeva del maggior valore costituito dai beni strumentali (automezzi pesanti) in presenza di autorizzazioni al trasporto per conto terzi, oltre che dei dipendenti, del parco clienti, della disponibilita’ degli stessi locali di (OMISSIS), del relativo logo aziendale; non vi e’ spazio per concedere circostanze attenuanti generiche in ragione dei numerosi precedenti penali, anche determinati da motivi di lucro, altamente sintomatici, in una con le condotte illecite accertate nel processo, di una significativa pericolosita’ sociale dell’imputato che, inoltre, non aveva risarcito i danni cagionati; in tale quadro, la recidiva contestata e’ sussistente, essendo i reati commessi “effettivamente espressivi di maggior riprovevolezza e sintomatici di piu’ accentuata pericolosita’ del reo, cosi’ che del tutto giustificato e’ l’aumento di pena a tale titolo”; in ragione, poi, del ruolo determinante dell’imputato nella realizzazione dei reati, del coinvolgimento di numerosi soggetti e di diverse societa’, del numero di comportamenti fraudolenti, dell’elevata intensita’ del dolo, delle rilevanti risorse patrimoniali sottratte alle societa’ fallite, alla gravita’ del danno cagionato a tutti creditori sociali, la pena, nonche’ gli aumenti per l’aggravante di cui all’articolo 219 L.F. e per l’applicazione dell’articolo 81 c.p., comma 2, devono scostarsi da misure minime; la pena di base per il piu’ grave delitto di distrazione del parco automezzi della (OMISSIS) (capo A), e’ da determinare in misura pari a tre anni e dieci mesi di reclusione (detratta parte di pena indicata dalla sentenza di appello del 24 ottobre 2013 in ragione dell’esclusione della possibilita’ di infliggere sanzione criminale anche per la distrazione del valore di avviamento commerciale dell’azienda); tale pena e’ da aumentare di quattro mesi per la recidiva “(in misura ben inferiore al terzo e corrispondente a quella determinata dal giudice di primo grado)”, di otto mesi per l’aggravante di cui all’articolo 219 l.fall. relativa ai reati di cui ai capi E e J (quattro mesi per ciascun reato), di un anno a titolo di continuazione per ciascuno dei reati relativi al fallimento della (OMISSIS) (quattro mesi per ciascuno dei reati di cui ai capi Y, W, X), quattro mesi per il reato di cui al capo Z e, infine, un mese per il reato di cui al capo T); sono da confermare pene accessorie e statuizioni civili recate dalla sentenza di appello, anche quanto all’aumento della provvisionale concessa alla curatela del fallimento di (OMISSIS) in considerazione dell’affermata responsabilita’ risarcitoria per la contestata distrazione dell’avviamento commerciale dell’azienda di cui tale societa’ era proprietaria.
5. Per la cassazione di tale sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso (atto sottoscritto dal relativo difensore, avvocato (OMISSIS)) contenente sei motivi di impugnazione.
5.1 In primo luogo il ricorrente censura la sentenza: per avere detratto, senza alcuna motivazione, soli due mesi dalla pena dal giudice di appello indicata (quattro anni di reclusione) per il piu’ grave reato di cui al capo A; per avere confermato la decisione di non concedere circostanze attenuanti generiche sulla base di motivazione di mero stile, senza considerare che nei motivi di appello era stato evidenziato che per effetto di quanto fatto da esso ricorrente “le risorse delle varie societa’ fossero rientrate nella quasi totalita’ dei casi”, tanto che il fallimento di (OMISSIS) “aveva ottenuto il pagamento di lauto corrispettivo per gli automezzi ed era rientrato completamente nel finanziamento erogato alta (OMISSIS)”.
5.2 Con il secondo motivo la sentenza viene censurata per assenza sostanziale di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza dei presupposti per l’aumento di pena derivante dalla, contestata, recidiva reiterata infraquinquennale, essendosi solo limitata ad affermare che la stessa si desume dai precedenti penali, senza indicare una relazione qualificata tra tali precedenti ed i reati contestati, significativa della personalita’ di esso ricorrente e del grado di colpevolezza, in contrasto con le indicazioni contenute in Corte Cost., sent. n. 185 del 2015.
5.3 Con il terzo motivo il ricorrente deduce che: la motivazione della sentenza di appello che riforma in senso deteriore per l’imputato la decisione di assoluzione adottata dal giudice di primo grado deve essere “rafforzata”; cio’ non e’ dato riscontrare nella motivazione della sentenza impugnata; inoltre il giudice di rinvio, nel motivare la riforma della pronuncia assolutoria di primo grado, sia pure in funzione della sola responsabilita’ risarcitoria, relativa al reato di bancarotta per distrazione dell’avviamento aziendale, ha tenuto in specifica considerazione le dichiarazioni rese in dibattimento dal curatore del fallimento di (OMISSIS), senza pero’ procedere, anche officiosamente, alla rinnovazione dell’istruttoria sul punto, al fine di valutare direttamente l’attendibilita’ delle dichiarazioni medesime, secondo il principio affermato da Cass. S.U., n. 27620 del 28 aprile 2016, Dasgupta.
5.4 Con il quarto motivo si deduce che erroneamente la sentenza impugnata ritiene sussistente la distrazione dell’avviamento aziendale, in quanto: in essa si individuano nel parco automezzi, in alcuni ex dipendenti e in una parte del pacchetto clienti di (OMISSIS) i fattori aziendali in grado di generare l’avviamento; non si individuano pero’ i rapporti contrattuali con i clienti e con i dipendenti suscettibili di valutazione economica che siano stati ceduti alla (OMISSIS).
5.5 Con il quinto motivo si deduce vizio di motivazione e violazione di legge quanto alla conferma delle statuizioni civili relative anche al delitto di bancarotta per distrazione dell’avviamento commerciale dell’azienda (capo A), in quanto: non e’ configurabile alcuna distrazione di avviamento aziendale dopo il fallimento della societa’ proprietaria dell’azienda quando non siano stati ceduti prima del fallimento i componenti dell’azienda in grado di generare valori di avviamento; la (OMISSIS) s.r.l. inizio’ infatti a svolgere la propria attivita’ nel mese di settembre 2002 e, per tale ragione, non poteva essere succeduta nei rapporti in corso con i clienti di (OMISSIS), fallita ne mese di luglio 2002; i lavoratori dipendenti da (OMISSIS) erano stati licenziati dal curatore del fallimento di tale societa’ prima di essere assunti da (OMISSIS) (risultando dalla relazione del curatore che cinque lavoratori erano stati assunti da tale societa’ dopo il relativo licenziamento da parte dello stesso curatore); la sentenza non indica, poi, quali fossero i rapporti giuridici in atto fra (OMISSIS) ed i propri clienti, i clienti “sviati” e come lo sviamento di clientela in favore di (OMISSIS) sarebbe stato posto in essere.
5.6 Infine (sesto motivo) la sentenza e’ censurata: per non avere tenuto conto del fatto che il curatore del fallimento di (OMISSIS) aveva manifestato la propria volonta’ di rinuncia a proseguire nella richiesta risarcitoria; per non avere indicato le ragioni per le quali la misura della provvisionale non era stata ridotta in misura corrispondente al risarcimento del danno, pari ad Euro 75.000, pagato dal coimputato (OMISSIS) al curatore del fallimento di (OMISSIS).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato, in quanto: non essendo in contestazione in questa sede che, in funzione dell’applicazione dell’articolo 81 c.p., comma 2, il delitto piu’ grave e’ quello di bancarotta per distrazione degli autocarri di (OMISSIS), la sentenza impugnata, dopo avere specificamente illustrato le ragioni di determinazione della pena in misura superiore a quella indicata dalla legge, ha, in applicazione dei parametri indicati dall’articolo 133 c.p., determinato la pena relativa a tale reato in misura pari a tre anni e dieci mesi di reclusione, inferiore dunque di due mesi rispetto a quella (quattro anni di reclusione) stabilita per lo stesso reato dalla sentenza di primo grado, con la conseguenza che l’esclusione della sanzione criminale per il delitto di bancarotta per distrazione dell’avviamento dell’azienda di cui la societa’ era proprietaria ha in concreto determinato per la distrazione degli autocarri un trattamento sanzionatorio piu’ mite di quello contenuto nella sentenza di primo grado; contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la motivazione caratterizzante la decisione di conferma del diniego di concessione di circostanze attenuanti generiche non e’ di mero stile ed e’, al contrario, congrua e non intrinsecamente illogica, essendo la stessa fondata sul numero di reati accertati, sulla mancanza di ogni inizio di risarcimento dei danni cagionati ai creditori delle societa’ fallite, sui numerosi precedenti penali, anche relativi a reati determinati da motivi di lucro, relativi alla persona del ricorrente, ritenuti sintomatici di una sua significativa pericolosita’ sociale; costituisce invero affermazione consolidata nella giurisprudenza di legittimita’ quella secondo cui, ai fini della concessione delle circostanze attenuanti innominate il giudice di merito deve riferirsi ai parametri di cui all’articolo 133 c.p., fermo restando che non e’ necessario, a tale fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso fare riferimento (in questo senso, cfr.: Cass. Sez. 2, n. 2285 del 11 ottobre 2004, dep. 2005, Alba, Rv. 230691; Cass. Sez. 5, n. 43952 del 13 aprile 2017, Pettinelli, Rv. 271269); inoltre, la meritevolezza delle circostanze attenuanti generiche non puo’ essere data per scontata ovvero presunta, si’ che necessita essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell’imputato volta all’ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che cio’ comporti tuttavia la stretta necessita’ della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (cfr., fra le altre: Cass. Sez. 2, n. 38383 del 10 luglio 2009, Squillace,Rv. 245241; Cass. Sez. 1, n. 46568 del 18 maggio 2017, Lamin, Rv. 271315; Cass. Sez. 3, n. 35570 del 30 maggio 2017, Di Luca, Rv. 270694); in particolare, il ricorso anche ai precedenti penali del reo quali fatti determinanti il diniego di concessione di circostanze attenuanti generiche non e’ altro che la valorizzazione di un elemento concreto evidenziante l’insussistenza di elementi positivi in grado di condurre ad una riduzione della pena quale risultante dall’applicazione dell’articolo 133 c.p..
2. Anche il secondo motivo, relativo all’accertamento della, contestata, recidiva ed al conseguente aumento, discrezionale, della pena, e’ manifestamente infondato.
Al riguardo, Cass. S.U., n. 5859 del 27 ottobre 2011, Marciano’, Rv. 251690, ha avuto modo di precisare che “sul giudice del merito incombe uno specifico dovere di motivazione sia quando ritiene sia quando esclude la rilevanza della recidiva”, risultando tale dovere insito nei principi affermati nella sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2007 ed in quella delle stesse Sezioni Unite n. 35738 del 27 maggio 2010, Calibe’, Rv. 247839.
L’esigenza di una adeguata motivazione a sostegno della propria valutazione discrezionale sul punto (aumento di pena per effetto dell’accertamento in concreto della sussistenza della, contestata, recidiva, al pari di ogni altra circostanza aggravante il reato e, dunque, la pena) e’ riaffermata anche dalla successiva giurisprudenza a sezioni unite (Cass. S.U. n. 31669 del 23 marzo 2016 Filosofi, Rv. 267044).
In particolare, Cass. S.U., n. 20798 del 24 febbraio 2011, Indelicato, Rv. 249664, ha rimarcato che la recidiva e’ produttiva di effetti unicamente se il giudice ne accerti i requisiti costitutivi, verificando non solo l’esistenza del presupposto formale rappresentato dalla previa condanna, ma anche procedendo al riscontro sostanziale della “piu’ accentuata colpevolezza” per cui il soggetto risulta particolarmente riprovevole per essersi mostrato insensibile all’ammonimento derivante dalla precedente condanna, e della “maggior pericolosita’”, intesa come indice della sua inclinazione a delinquere; sicche’ la recidiva richiede un accertamento, nel caso concreto, della relazione qualificata tra lo status e il fatto, che deve risultare sintomatico, in relazione alla tipologia dei reati pregressi e all’epoca della loro consumazione, sia sul piano della colpevolezza che su quello della pericolosita’ sociale.
In tale ordine di concetti, la motivazione della sentenza impugnata sul punto e’ da ritenere affatto congrua, essendosi affermata l’esistenza della recidiva reiterata infraquinquennale sul rilievo che i plurimi reati (contro l’integrita’ dei patrimoni sociali e la fede pubblica) commessi dal ricorrente nella gestione delle societa’ fallite ((OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) sono, ad un tempo, espressivi di una piu’ accentuata colpevolezza e sintomatici di maggiore pericolosita’ del ricorrente perche’ commessi, nell’arco temporale quinquennale di riferimento, dopo che la stessa persona aveva commesso numerosi altri reati “anche determinati da motivi di lucro”.
3. L’affermazione, contenuta nella prima parte del terzo motivo di ricorso, relativa alla mancanza sostanziale di motivazione “rafforzata” della sentenza impugnata, che ha riformato la sentenza di primo grado sia pure ai soli fini dell’accertamento della responsabilita’ civile del ricorrente nella commissione di fatti costituenti bancarotta per distrazione dell’avviamento commerciale dell’azienda per l’autotrasporto su strada di merci per conto di terzi determinato dalla distrazione, senza corrispettivo, degli elementi costitutivi dell’azienda medesima, e’ manifestamente infondata in ragione della genericita’ di tale specifica doglianza (connotata in termini di mera assertivita’), raffrontata con il puntuale ed argomentato contenuto della motivazione caratterizzante la sentenza medesima (pagg. 12-14).
Al riguardo, e’ peraltro da rimarcare che la sentenza impugnata evidenzia che la sentenza di primo grado si era limitata ad affermare che non puo’ costituire oggetto di distrazione l’avviamento commerciale di un’azienda (pag. 12 sentenza impugnata); non verificando quindi in alcun modo l’incidenza della accertata distrazione degli autocarri appartenenti ad (OMISSIS) dal relativo patrimonio sulla consistenza (comprensiva dell’avviamento commerciale) dell’azienda di cui questa era titolare.
La sentenza impugnata tale accertamento ha invece compiuto sulla base di motivazione “rafforzata” nel senso dedotto dal ricorrente.
La seconda parte del terzo motivo di impugnazione, relativa alla mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in grado di appello nel caso (ricorrente nella specie) di accertamento di responsabilita’ relativa al reato di bancarotta per distrazione dell’avviamento aziendale di Euro Trans (in primo grado negata), e’ inammissibile, dal momento che la sentenza impugnata ha fondato la propria valutazione, contrastante con quella contenuta nella sentenza di primo grado, essenzialmente sul contenuto di documenti (in primo luogo la relazione del curatore del fallimento di (OMISSIS)) acquisiti al fascicolo del dibattimento; si’ che non e’ dato comprendere quale fosse l’attivita’ istruttoria oggetto di una possibile rinnovazione.
4. Il quarto ed il quinto motivo di ricorso, da trattare congiuntamente in ragione della loro stretta connessione, sono manifestamente infondati.
Con riferimento ai tempi di acquisizione da parte di (OMISSIS) del parco automezzi appartenente ad (OMISSIS), unitamente all’autorizzazione relativa alla destinazione di tali beni al trasporto per conto di terzi, costituente l’elemento piu’ significativo dell’avviamento commerciale dell’azienda appartenente a tale societa’, la sentenza impugnata, in risposta al motivo di appello, ha, con motivazione immune da vizi logici, accertato che tali beni, solo apparentemente venduti da (OMISSIS) ad inesistente societa’ statunitense (che il 14 maggio 2002 emise fattura ideologicamente falsa relativa all’acquisto di tali beni), vennero in possesso di (OMISSIS) (di cui il ricorrente era amministratore di fatto) dal 14 maggio 2002 (prima dunque della dichiarazione di fallimento di (OMISSIS), pronunciata il (OMISSIS)) secondo la dichiarazione, proveniente dalla stessa (OMISSIS), contenuta nella proposta di acquisto nella sentenza menzionata (pag. 13).
D’altra parte, l’accertamento di commissione del delitto di bancarotta per distrazione di tali beni mobili registrati da parte del ricorrente non era piu’ in discussione avanti il giudice di rinvio, essendosi formato giudicato interno al riguardo per effetto del rigetto, da parte della sentenza di questa Corte n. 17084/15 del 9 dicembre 2014, del motivo di ricorso sul punto (pagg. 41-45 della sentenza di legittimita’).
Inoltre, la stessa sentenza impugnata ha accertato, con motivazione in questa sede non sindacabile, che l’azienda di cui (OMISSIS) era proprietaria aveva un valore di avviamento diverso e maggiore di quello degli autocarri che dell’azienda medesima erano parte, in ragione del fatto che a tali beni strumentati si accompagnava specifica autorizzazione degli stessi al trasporto di merci per conto di terzi per una massa di 440.000 kg. (pag. 14 sentenza impugnata); con la conseguenza che alla cessione, senza corrispettivo, di tali beni si accompagno’ necessariamente anche la cessione dell’avviamento commerciale dell’azienda, costituito, anche, dall’autorizzazione al trasporto per conto di terzi in questione.
Oltre a cio’, la sentenza impugnata rileva essere “pacifico che almeno cinque ex dipendenti della (OMISSIS) vennero assunti dalla (OMISSIS) che, da subito, aveva intrattenuto rapporti con una parte significativa del pacchetto clienti della (OMISSIS)” (pag. 14 sentenza impugnata).
In buona sostanza, la sentenza impugnata, con motivazione in questa sede non sindacabile, si e’ conformata al principio secondo cui l’avviamento aziendale senza adeguata contropartita costituisce oggetto di attivita’ illecita di distrazione per effetto del compimento di atti di disposizione di beni, costituenti parte dell’azienda di cui l’imprenditore fallito era titolare, in grado di generare l’avviamento medesimo (in questo senso, cfr.: Cass. Sez. 5, n. 3817 del 11 dicembre 2012, dep. 2013, Agostini,Rv. 254474; Cass. Sez. 5, n. 5357 del 30 novembre 2017, dep. 2018, Sirna, Rv. 272108).
6. Il sesto motivo di censura e’, del pari, manifestamente infondato, in quanto: in mancanza di revoca della costituzione della curatela del fallimento di (OMISSIS) quale parte civile del processo, correttamente la sentenza impugnata ha escluso il venir meno dell’interesse concreto di tale parte privata a conseguire il risarcimento del danno dalla dichiarazione del curatore di avere richiesto la chiusura della procedura concorsuale; invero, l’articolo 118, comma 2, ultimo periodo, L.F. (introdotto dal Decreto Legge n. 83 del 2015, articolo 7 convertito, con modificazioni, con L. n. 132 del 2015) prevede che la chiusura del fallimento per avvenuta ripartizione dell’attivo disponibile non e’ impedita dalla pendenza di giudizi, rispetto ai quali il curatore puo’ mantenere la legittimazione processuale, anche nei successivi stati e gradi del giudizio, ai sensi del precedente articolo 43 della stessa legge; la questione relativa alla misura della somma di danaro assegnata alla parte civile a titolo di parte dell’equivalente pecuniario del danno da liquidare in sede civile dopo la condanna generica al risarcimento del danno medesimo pronunciata in sede penale esula dal giudizio di cassazione in sede penale, essendo la statuizione relativa a tale misura per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall’effettiva liquidazione del danno risarcibile da parte del giudice civile (giurisprudenza costante; in questo senso, cfr. comunque, per tutte: Cass. Sez. 6, n. 50746 del 14 ottobre 2014, G., Rv. 261536; Cass. Sez. 2, n. 49016 del 6 novembre 2014, Patricola, Rv. 261054).
7. In conclusione, il ricorso e’ inammissibile anche in ragione della manifesta infondatezza dei relativi motivi (articolo 606 c.p.p., comma 3): da tale decisione derivano la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al giudizio di legittimita’ e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento di una somma di danaro alla Cassa delle ammende che stimasi equo determinare nella misura di duemila Euro (articolo 616 c.p.p.).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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