L’atto di costituzione del vincolo sui propri beni

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 15 novembre 2019, n. 29727.

La massima estrapolata:

L’atto di costituzione del vincolo sui propri beni ai sensi dell’art. 2645-ter c.c., benché non determini il trasferimento della loro proprietà né la costituzione su di essi di diritti reali in senso proprio, è comunque idoneo a sottrarre i beni vincolati all’azione esecutiva dei creditori, ha effetti connotati dal carattere della “realità” in senso ampio, essendo oggetto di trascrizione, ed è conseguentemente idoneo a pregiudicare le ragioni creditorie, come nelle analoghe (anche se non identiche) situazioni della costituzione del fondo patrimoniale e della costituzione e dotazione di beni in “trust”.

Sentenza 15 novembre 2019, n. 29727

Data udienza 30 settembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 7100 del ruolo generale dell’anno 2018, proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS));
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) rappresentate e difese, giusta procura in calce al ricorso, dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
nei confronti di:
(OMISSIS) S.C.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Presidente del Consiglio di amministrazione, legale rappresentante pro tempore, (OMISSIS) rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dagli avvocati (OMISSIS);
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Bologna n. 1845/2017, pubblicata in data 10 agosto 2017;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 30 settembre 2019 dal consigliere Dott. Augusto Tatangelo;
uditi:
il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. Cardino Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso; la dichiarazione di inammissibilita’ o, in subordine, per il rigetto del ricorso;
l’avvocato (OMISSIS), per le ricorrenti;
l’avvocato (OMISSIS), per delega dell’avvocato (OMISSIS), per la banca controricorrente.

FATTI DI CAUSA

La (OMISSIS) S.C.p.A. ha agito in giudizio per ottenere la dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., dell’atto con il quale la sua debitrice (OMISSIS) aveva costituito su due immobili di sua proprieta’ siti in Piacenza un vincolo di destinazione in favore della figlia (OMISSIS) e del nipote (OMISSIS), con lo scopo di rimborsare ai predetti familiari quanto da loro anticipato per spese inerenti l’istruzione professionale e scolastica.
La domanda e’ stata accolta dal Tribunale di Piacenza.
La Corte di Appello di Bologna ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorrono la (OMISSIS) e la (OMISSIS), sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso la (OMISSIS) S.C.p.A..
Le ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “violazione o falsa applicazione dell’articolo 102 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Carenza di legittimazione passiva in capo alla beneficiaria (OMISSIS)”.
Il motivo e’ in parte inammissibile ed in parte infondato.
Viene dedotta la violazione dell’articolo 102 c.p.c., sostenendosi che la convenuta (OMISSIS), beneficiaria del vincolo di destinazione costituito sui propri immobili dalla madre (OMISSIS), non potrebbe considerarsi litisconsorte necessaria nell’azione revocatoria promossa per la dichiarazione di inefficacia dell’atto costitutivo del vincolo stesso.
La censura non coglie adeguatamente la effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata sul punto.
La corte di appello non ha infatti affermato che nell’azione revocatoria di un atto unilaterale di costituzione di un vincolo di destinazione su beni immobili che restano nella proprieta’ del disponente sussiste litisconsorzio necessario con il beneficiario del vincolo, ai sensi dell’articolo 102 c.p.c., ma solo che quest’ultimo, avendo un evidente interesse al mantenimento del suddetto vincolo, potrebbe eventualmente partecipare al giudizio quale interventore, cio’ che, di per se’, legittima la sua evocazione in giudizio anche quale convenuto. Ha poi aggiunto che, nella specie, poiche’ la (OMISSIS) in primo grado aveva formulato le proprie difese anche con riguardo al merito dell’azione revocatoria (chiedendone il rigetto), ella aveva comunque di fatto assunto la posizione di una interventrice adesiva dipendente, il che giustificava (anche quindi a prescindere dalla sussistenza dell’originaria legittimazione passiva della stessa) la sua partecipazione al giudizio.
Orbene, in base ai principi di diritto affermati da questa Corte, in caso di azione revocatoria avente ad oggetto atti costitutivi di vincoli di destinazione su beni che restano nella esclusiva proprieta’ del disponente, di regola, i meri beneficiari degli effetti del vincolo, che non acquistano diritti in relazione ai beni vincolati, non assumono la posizione di litisconsorti necessari (cfr., ad es., con riguardo alla posizione del mero beneficiario, in caso di azione revocatoria di atto di dotazione di beni in “trust”: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19376 del 03/08/2017, Rv. 645384-02; Sez. 3, Sentenza n. 13388 del 29/05/2018, Rv. 649036 – 01; cfr., altresi’, con riguardo alla posizione dei figli, in caso di azione revocatoria di atto costitutivo di un fondo patrimoniale: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19376 del 03/08/2017, Rv. 645384 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 19330 del 03/08/2017, Rv. 645489 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 10641 del 15/05/2014, Rv. 630893 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 18065 del 08/09/2004, Rv. 576857 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 5402 del 17/03/2004, Rv. 571254 – 01).
Deve pero’ affermarsi che, laddove dall’eventuale dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., dell’atto costitutivo di un vincolo di destinazione in relazione a beni che restano nella esclusiva proprieta’ del disponente, possano derivare in concreto effetti pregiudizievoli per i beneficiari del vincolo, questi hanno certamente un interesse che giustifica la loro eventuale partecipazione al giudizio, quanto meno ai sensi dell’articolo 105 c.p.c. e, correlativamente, l’attore in revocatoria ha interesse a convenirli eventualmente in giudizio, unitamente al disponente, onde rendere agli stessi direttamente opponibili gli effetti della sentenza.
Nella specie, l’accoglimento dell’azione revocatoria proposta dalla banca in relazione all’atto costitutivo del vincolo posto in essere dalla (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 2645 ter c.c. determina la possibilita’ per la banca di procedere all’espropriazione forzata dei beni vincolati, per la soddisfazione dei suoi crediti, come se fossero liberi dal vincolo stesso; all’esito di tale espropriazione i beni vincolati non potrebbero piu’ essere destinati allo scopo per cui e’ stato impresso il vincolo (scopo per la realizzazione del quale il quale il beneficiario ha addirittura diritto di agire in giudizio, ai sensi dell’articolo 2645 ter c.c.); quindi, certamente il beneficiario di quel vincolo risentira’ un pregiudizio. In siffatta situazione va certamente riconosciuto il suo diritto di intervenire nel giudizio avente ad oggetto la revoca dell’atto costitutivo e, al tempo stesso, la facolta’ dell’attore in revocatoria di convenirlo in giudizio, unitamente al disponente, per rendergli opponibili in via diretta gli effetti della sentenza.
La decisione impugnata, nel ritenere la (OMISSIS) (se non litisconsorte necessaria, quanto meno) legittimata ad intervenire nel presente giudizio e, comunque, legittimata passiva in relazione all’azione revocatoria proposta dalla banca, e’ conforme ai principi di diritto sopra enunciati, onde essa va confermata.
E’ appena il caso di osservare che, in base a quanto sin qui osservato, non hanno concreto rilievo le contestazioni relative alla effettiva proposizione, da parte della (OMISSIS), di difese relative al merito dell’azione revocatoria, in primo grado (dovendo affermarsi comunque la sua legittimazione passiva, come appena chiarito).
In ogni caso, anche sotto questo aspetto le censure sono inammissibili, in quanto non viene richiamato lo specifico contenuto delle difese svolte dalla (OMISSIS) in primo grado, in violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il che impedisce alla Corte di verificare la fondatezza del suo assunto.
2. Con il secondo motivo si denunzia “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2645 ter c.c. in riferimento all’articolo 2901 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Atto dispositivo del patrimonio: insussistenza. Carenza dell’eventus damni”.
Il motivo e’ infondato.
Si sostiene che la costituzione del vincolo ai sensi dell’articolo 2645 ter c.c. sui propri beni, da parte della (OMISSIS), non rappresenterebbe un atto dispositivo del suo patrimonio, in quanto i beni vincolati sono rimasti di sua proprieta’ e i beneficiari non hanno acquistato alcun diritto reale in relazione agli stessi. Inoltre, l’interesse da lei perseguito sarebbe meritevole di tutela ai sensi dell’articolo 1322 c.c. e limitato ad un lasso di tempo ragionevole (fino alla sua morte) specie tenuto conto della sua eta’ (63 anni) al momento della stipula.
Contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, la corte di appello ha in realta’ correttamente ritenuto revocabile l’atto di costituzione del vincolo, in quanto, benche’ con tale atto non sia trasferita la proprieta’ dei beni oggetto dello stesso e non siano costituiti su di essi diritti reali in senso proprio, detto vincolo e’ comunque idoneo a sottrarre i beni vincolati all’azione esecutiva dei creditori, ha quindi effetti connotati dal carattere della “realita’” in senso ampio (tanto che e’ oggetto di trascrizione) e, di conseguenza, e’ idoneo a pregiudicare le loro ragioni, come del resto si ritiene in situazioni analoghe (anche se non identiche), quali la costituzione del fondo patrimoniale ai sensi dell’articolo 167 c.c. e la costituzione e dotazione di beni in “trust”.
Le questioni relative alla meritevolezza di tutela della finalita’ perseguita con la costituzione del vincolo ed alla ragionevole durata dello stesso sono poi del tutto irrilevanti ai fini della revocabilita’ dell’atto di destinazione: si tratta di infatti di considerazioni relative alla validita’ (della causa) di quest’ultimo, laddove l’azione revocatoria non ha affatto riguardo alla validita’ dell’atto da revocare, anzi, presuppone un atto valido, e richiede esclusivamente l’accertamento della sua idoneita’ a determinare un pregiudizio per i diritti dei creditori, pregiudizio che nella specie e’ innegabile.
3. Con il terzo motivo si denunzia “violazione o falsa applicazione dell’articolo 2645ter c.c. in riferimento all’articolo 2901 c.c., comma 3 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) Costituzione di vincolo di destinazione quale atto a titolo gratuito: insussistenza. Finalita’ solutionis causa”.
Il motivo e’ inammissibile, prima ancora che manifestamente infondato.
Si sostiene che l’atto di costituzione del vincolo di destinazione non potrebbe ritenersi atto a titolo gratuito, avendo esso una finalita’ “solutoria”.
Si tratta, in primo luogo, di una questione che non e’ affrontata nella sentenza impugnata, che richiede accertamenti di fatto e che parte ricorrente non indica se ed eventualmente in quale fase, in quali atti ed in quali termini aveva gia’ sollevato nel corso del giudizio di merito.
Essa deve pertanto ritenersi proposta per la prima volta nella presente sede, il che non e’ ammissibile.
D’altra parte, dagli atti emerge chiaramente che il vincolo posto sui beni della (OMISSIS) aveva lo scopo di consentire il pagamento delle spese mediche e di istruzione di alcuni suoi familiari (la figlia e il nipote), anche in parte, sembrerebbe, quelle dagli stessi gia’ sostenute. Nell’atto di costituzione del vincolo sono utilizzati i termini “rimborso” e “anticipazioni”, ma – come e’ evidente – non certo nello specifico significato giuridico sostenuto nel ricorso, cioe’ in riferimento ad una finalita’ “solutionis causa”.
Onde poter affermare l’effettiva natura “solutoria” dell’atto di costituzione del vincolo sarebbe stato necessario il riferimento ad una specifica obbligazione della disponente che a mezzo del suddetto atto si intendesse adempiere.
In realta’ non e’ neanche allegato che la (OMISSIS) avesse una qualche obbligazione nei confronti dei beneficiari del vincolo (ne’ si puo’ supporre che si trattasse di adempimento di obbligazioni alimentari o di mantenimento, in mancanza di qualsiasi allegazione in ordine alla sussistenza dei relativi presupposti).
Di conseguenza, nella specie, il beneficio che la disponente ha inteso garantire ai suoi familiari non puo’ che ritenersi espressione di un suo spirito di liberalita’ e non certo l’adempimento di un obbligo (inesistente e comunque del tutto imprecisato) nei loro confronti; quindi, nell’atto costitutivo del vincolo non puo’ ravvisarsi alcuna finalita’ solutoria.
La censura e’, di conseguenza, anche manifestamente infondata.
4. Con il quarto motivo si denunzia “violazione o falsa applicazione dell’articolo 356 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) omessa ammissione di CTU per determinare il valore del patrimonio residuo della disponente (OMISSIS): motivazione contraddittoria e illogica”.
Le censure sono inammissibili.
Si tratta di contestazioni attinenti ad accertamenti di merito svolti dalla corte di appello, in relazione alla consistenza del patrimonio residuo della (OMISSIS), sulla base della valutazione dei fatti storici rilevanti emergenti degli elementi istruttori acquisiti e sostenuti da adeguata motivazione (non apparente ne’ insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non censurabile nella presente sede).
Le predette contestazioni sono comunque formulate senza uno specifico e puntuale richiamo al contenuto degli atti su cui sono fondate (in particolare, le relazioni di stima sul valore dei singoli beni e sui debiti facenti capo alla stessa (OMISSIS) ed al (OMISSIS), indicato come suo coniuge e coobbligato), in evidente violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
D’altra parte, la stessa ammissione di una consulenza tecnica di ufficio e’ un potere discrezionale del giudice del merito non sindacabile in sede di legittimita’, salvo che il mancato espletamento della stessa si risolva in un difetto di motivazione o di omesso esame di fatti decisivi, che nella specie va certamente escluso.
Le censure di cui al motivo di ricorso in esame si risolvono in definitiva nella contestazione di accertamenti di fatto e nella richiesta di nuova e diversa valutazione delle prove, il che non e’ consentito in sede di legittimita’.
5. Il ricorso e’ rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione nei rapporti tra la ricorrente (OMISSIS) e la societa’ controricorrente si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo. Nei rapporti tra la ricorrente (OMISSIS) e la societa’ controricorrente le spese del giudizio di legittimita’ possono essere integralmente compensate, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, anche in considerazione della sostanziale novita’ delle questioni giuridiche affrontate.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna la ricorrente (OMISSIS) a pagare le spese del giudizio di legittimita’ in favore della societa’ controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 7.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge. dichiara integralmente compensate tra la ricorrente (OMISSIS) e la societa’ controricorrente le spese del giudizio di legittimita’.
Si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *