L’attività di predeterminazione dei criteri di valutazione da parte della Commissione esaminatrice

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 29 marzo 2019, n. 2091.

La massima estrapolata:

Nei pubblici concorsi l’attività di predeterminazione dei criteri di valutazione da parte della Commissione esaminatrice è espressione dell’ampia discrezionalità amministrativa di cui sono fornite le commissioni esaminatrici per lo svolgimento della propria funzione, con la conseguenza che le relative scelte non sono assoggettabili al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti.

Sentenza 29 marzo 2019, n. 2091

Data udienza 21 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2166 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Di. Gi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Azienda Unità Sanitaria Locale Teramo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Pi. Re., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. Ru. Bi. in Roma, via (…);
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Em. Pu., Lu. Gu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’avv. Em. Pu. in Roma, via (…);
-OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avvocato Ca. Sc., domiciliato presso la Segreteria sezionale del Consiglio Di Stato in Roma, piazza (…);
-OMISSIS-, -OMISSIS- non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO – L’AQUILA, SEZIONE I, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente l’impugnativa della mancata ammissione alla prova orale del concorso pubblico, per titoli ed esami, indetto dalla AUSL di Teramo per due posti di dirigente indetto con deliberazione n. 915 del 14 settembre 2012; nonché della graduatoria e degli atti di assunzione impugnati con i motivi aggiunti in primo grado.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Azienda Unità Sanitaria Locale Teramo e di -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2019 il Cons. Cecilia Altavista e uditi per le parti gli avvocati -OMISSIS- su delega di Di. Gi., An. Ru. Bi. su delega di Pi. Re. e di Ca. Sc. e Ma. Co. su delega di Em. Pu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con deliberazione n. 915 del 14 settembre 2012 la Azienda sanitaria di Teramo ha indetto un concorso per titoli ed esami per un posto di dirigente, successivamente elevato a due con delibera n. 751 del 5 giugno 2015, da assegnare allo Staff della direzione generale.
Con delibera n. -OMISSIS- l’odierna appellante era stata esclusa dalla procedura, per carenza del requisito sub d) del bando, consistente in una “anzianità di servizio effettivo di almeno cinque anni corrispondente alla medesima professionalità prestato in enti del Servizio Sanitario Nazionale nella posizione funzionale di settimo livello, ottavo ed ottavo bis, ovvero qualifiche funzionali di settimo, ottavo e nono livello di altre pubbliche amministrazioni”, in particolare con riferimento al profilo della “medesima professionalità “.
Con ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo -L’Aquila veniva ammessa con riserva alla partecipazione alla procedura; con sentenza n. -OMISSIS- è stato respinto il ricorso avverso la esclusione.
In sede cautelare il Consiglio di Stato ammetteva l’appellante alla partecipazione alle successive prove. Con sentenza n. -OMISSIS- del -OMISSIS- accoglieva l’appello e annullava il provvedimento di esclusione.
Nel frattempo, peraltro, l’odierna appellante aveva sostenuto le prove scritte del concorso con esito negativo, non essendo quindi stata ammessa alla prova orale, avendo riportato il punteggio di 19/30, inferiore al punteggio minimo di 21/30 richiesto, nella prova teorico-pratica, e il punteggio sufficiente di 21/30 nella prova scritta. Risultavano avere superato entrambe le prove e, quindi, ammessi alla prova orale i candidati -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-.
Con il ricorso di primo grado, pertanto, impugnava la decisione della Commissione di non ammissione alla prova orale di cui al verbale n. 7 del 15 settembre 2016, formulando le seguenti censure:
-eccesso di potere per arbitrarietà dell’azione amministrativa; violazione del principio di trasparenza, dell’art. 97 Cost., dell’art. 3 della legge 241/1990 per insufficiente motivazione espressa con il voto numerico, in assenza di un’idonea predeterminazione dei criteri di valutazione; violazione degli articoli 9 e 15 del D.P.R. 10 dicembre 1997, n. 483, in quanto i criteri di valutazione sarebbero estremamente generici ed inadeguati a comprendere le ragioni dei voti attribuiti;
– eccesso di potere per manifesta illogicità e contraddittorietà della valutazione negativa espressa dalla Commissione esaminatrice con riferimento all’elaborato della prova teorico pratica della ricorrente; errore di fatto, violazione della parità di trattamento dei ricorrenti; violazione dell’art. 97 Cost., violazione del principio di equità e trasparenza; abnormità del punteggio di insufficienza (19/30) attribuito alla prova teorico-pratica e dell’attribuzione del voto minimo (21/30) alla prova scritta, in relazione al voto degli altri candidati valutati positivamente;
-violazione del principio della parità di trattamento e dell’anonimato, in particolare per la candidata -OMISSIS- che avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura per aver redatto la prova scritta in stampatello, indice di riconoscibilità del compito;
-errore di calcolo dei titoli, in quanto la Commissione avrebbe erroneamente attribuito 0,2 punti, anziché 1,2 punti per ciascuna delle dodici pubblicazioni edite nella rivista Giurisprudenza italiana.
Nel giudizio di primo grado si sono costituiti l’Azienda unità sanitaria locale di Teramo e
i controinteressati -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- contestando la fondatezza dell’appello.
In primo grado l’odierna appellante proponeva un primo atto di motivi aggiunti (depositato il 27 dicembre 2016) ampliando le censure del ricorso introduttivo a seguito dell’accesso agli atti del concorso e formulandone di nuove anche in relazione alle modalità di svolgimento e agli esiti della prova orale; con ulteriori atti di motivi aggiunti (depositato il 14 aprile 2017) impugnava la graduatoria di merito approvata con delibera del direttore generale della Asl 7 aprile 2017, n. 399, nella quale risultavano collocati in ordine decrescente: -OMISSIS- con punti 80,31; -OMISSIS-, con punti 75, 95; -OMISSIS-, con punti 74,39; -OMISSIS- con punti 72,93, deducendo censure di illegittimità derivata e censure proprie, in quanto il direttore generale della ASL, in conformità ai principi di cui agli articoli 97, 24, 113 della Costituzione, avrebbe dovuto rilevare le illegittimità commesse dalla Commissione, nonché violazione dell’art. 3 della legge 241 del 1990; eccesso di potere per sviamento della funzione, avendo l’Amministrazione inteso procurare un ingiusto vantaggio ai controinteressati -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, in spregio all’interesse pubblico ed in violazione dell’art. 97 della Costituzione; violazione dell’art. art. 6 bis legge 241 del 1990 e art. 6, comma 1, D.M. 31 marzo 1994, per il mancato rispetto del dovere di astensione del direttore amministrativo -OMISSIS-, il quale, avendo ricoperto l’incarico di presidente della Commissione esaminatrice non avrebbe potuto prestare il parere favorevole di adozione della delibera di approvazione della graduatoria di concorso;
con ulteriore atto di motivi aggiunti, depositato il 21 giugno 2017, ha nuovamente dedotto l’illegittimità della graduatoria di merito per violazione dell’art. 18 del D.P.R. 483/1997, in quanto la ASL non avrebbe dovuto approvare la graduatoria formata sulla base di punteggi attribuiti ai candidati in modo arbitrario, chiedendo, oltre all’annullamento dell’atto di approvazione della graduatoria di merito e di assunzione dei primi tra graduati, di tutti gli atti ad essa presupposti, anche la declaratoria della caducazione dei contratti eventualmente stipulati dalla ASL.
Con la sentenza n. -OMISSIS- del -OMISSIS- il TAR Abruzzo ha accolto il primo motivo di ricorso relativo alla genericità dei criteri di attribuzione del voto per la prova teorico-pratica e alla insufficienza motivazionale, quindi, del voto numerico; ha dichiarato la carenza di interesse a censurare il voto per la prova scritta comunque superata dalla candidata ricorrente e a censurare le prove orali degli altri candidati e la graduatoria, non avendo comunque, allo stato, superato la prova scritta. Ha respinto le censure relative alla valutazione delle prove degli altri candidati in relazione alla discrezionalità della Commissione della valutazione; ha respinto altresì la censura relativa alla prova della candidata -OMISSIS- redatta in stampatello, escludendone la riconoscibilità, nonché quella relativa all’assegnazione del punteggio per le pubblicazioni, in quanto conforme ai criteri di valutazione.
A seguito dell’accoglimento del primo motivo di ricorso ha disposto la rivalutazione della prova pratica della ricorrente da parte di una nuova Commissione previa rideterminazione di dettagliati criteri.
La ricorrente in primo grado ha proposto appello, formulando i seguenti motivi:
-violazione del dovere di pronunciare sulla domanda; degli articoli 1 e 34 comma 1 lettera a c.p.a.; degli articoli 99 e 112 c.p.a., con cui contesta che il giudice di primo grado, disponendo la rinnovazione della correzione, ha riformulato la domanda con cui si chiedeva l’annullamento delle valutazioni da parte della Commissione di tutte le prove dei candidati;
-travisamento dei presupposti di fatto e distorsione della realtà processuale; illogicità e palese violazione dell’art. 97 e 11 della Costituzione; violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e degli artt. 9 e 15 del d.p.r. 483 del 1997, sostenendo che la censura accolta avrebbe dovuto condurre all’annullamento di tutte le procedure di correzione;
-violazione dell’art. 1 c.p.a. e degli artt. 24, 103, 113, 97 Cost., omissione di pronuncia e violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato; travisamento della realtà processuale rispetto alle censure relative alla valutazione delle prove degli altri candidati;
-inammissibilità della integrazione postuma della motivazione relativa alla prova teorico pratica e scritta dell’appellante;
-manifesta illogicità della sentenza; violazione degli artt. 3, 24, 97, 51, 111, 113, Cost., dell’art. 1 c.p.a.; degli articoli 100 e 112 c.p.a., rispetto alla dichiarazione di carenza di interesse a contestare la valutazione della prova scritta e riproposizione delle censure relative alla indeterminatezza dei criteri e alla illegittimità delle valutazioni della Commissione;
-vizio di omessa pronuncia rispetto alle censure relative alla prova orale svolta dalla candidata -OMISSIS- e riproposizione delle stesse relative alla illogicità e arbitrarietà nonché allo sviamento di potere nella valutazione orale della candidata -OMISSIS-;
-vizio di ultrapetizione; travisamento del gravame e dei documenti di causa, stravolgimento della realtà processuale rispetto alla censura relativa all’attribuzione dei punteggi per le pubblicazioni e riproposizione della censura relativa alla illegittima attribuzione del punteggio di 1,2 per le 12 pubblicazioni quale “unico autore”.
Si sono costituiti in giudizio proponendo appello incidentale avverso il capo della sentenza di primo grado di accoglimento del ricorso la ASL di Teramo e i controinteressati -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, chiedendo l’annullamento della sentenza in parte qua e la reiezione integrale del ricorso e dei motivi aggiunti proposti in primo grado.
Gli appellanti incidentali hanno proposto un unico motivo di appello relativo all’error in iudicando per la violazione e falsa applicazione dei principi regolatori dell’attività di fissazione dei criteri e parametri di valutazione delle prove concorsuali; per la violazione e falsa applicazione del principio desumibile dall’art. 9 del d.P.R. 483 del 10 dicembre 1997; all’errore nella interpretazione dei criteri indicati nel verbale della Commissione del 22 luglio 2015, sostenendo la determinatezza dei criteri indicati dalla Commissione, non essendo richiesta nell’ambito di pubblici concorsi l’indicazione di sub criteri e sub punteggi e, quindi, la sufficienza del punteggio numerico in base al costante orientamento giurisprudenziale; hanno contestato poi la fondatezza di motivi di appello proposti dall’appellante principale.
Con ordinanza del 18 aprile 2018 la Sezione ha respinto la domanda cautelare, necessitando le questioni poste l’esame del merito e, comunque, avendo preso servizio i vincitori dal 17 aprile 2017.
Avverso tale ordinanza l’appellante principale ha proposto ricorso per revocazione, con istanza depositata il 24 maggio 2018, in quanto l’ordinanza non avrebbe considerato che la domanda cautelare era stata presentata anche ai fini della fissazione del merito, chiedendo quindi in accoglimento della revocazione la fissazione del merito del giudizio.
Con istanza depositata il 16 giugno 2018 ha altresì chiesto il riesame dell’ordinanza cautelare in relazione alla sopravvenienza di un fatto nuovo costituito dal comando della controinteressata -OMISSIS- presso -OMISSIS- per sei mesi dal -OMISSIS- al -OMISSIS-.
Con ordinanza del 27 giugno 2018 sono state respinte entrambe le istanze per infondatezza.
In vista dell’udienza pubblica la ASL di Teramo ha depositato documentazione relativa alla proroga del comando della controinteressata -OMISSIS- presso -OMISSIS- fino al -OMISSIS- e alla stipula di contratto di lavoro a tempo determinato con la controinteressata -OMISSIS-; l’appellante principale ha depositato documentazione relativa ad altre vicende giudiziarie, al comando della controinteressata -OMISSIS-, al procedimento di rinnovo della Commissione avviato dalla ASL in esecuzione della sentenza di primo grado e concluso con la nomina della Commissione con delibera del 10 gennaio 2019.
L’appellante principale e gli appellanti incidentali ASL di Teramo, -OMISSIS- e -OMISSIS- hanno presentato memorie, insistendo nelle loro posizioni; l’appellante principale e gli appellanti incidentali ASL di Teramo e -OMISSIS- anche repliche.
All’udienza pubblica del 21 febbraio 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Nell’ordine logico delle questioni ritiene il Collegio di dovere esaminare per primo il motivo di appello proposto dagli appellanti incidentali.
Con tale motivo si sostiene l’errore in iudicando della sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto la censura relativa alla mancata predeterminazione dei criteri di valutazione della prova teorico pratica, ciò in violazione e falsa applicazione dei principi regolatori dell’attività di fissazione dei criteri e parametri di valutazione delle prove concorsuali, del principio desumibile dall’art. 9 del d.p.r. 483 del 10 dicembre 1997; si sostiene, altresì, l’errore nella interpretazione dei criteri indicati nel verbale della Commissione del 22 luglio 2015 e quindi la sufficienza del voto numerico attribuito.
L’appello incidentale è fondato.
Ai sensi dell’art. 9 comma 3 del d.p.r. 10 dicembre 1997, n. 483, Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale, analogamente, del resto a quanto previsto dall’art. 12 del d.p.r. 9 maggio 1994 n. 487, per l’accesso in generale agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, “la commissione, alla prima riunione, stabilisce i criteri e le modalità di valutazione, da formalizzare nei relativi verbali, delle prove concorsuali al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove”.
L’adempimento si inquadra, pertanto, nell’ottica della trasparenza dell’attività amministrativa perseguita dal legislatore, il quale pone l’accento sulla necessità della determinazione e verbalizzazione dei criteri stessi in un momento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire alcuni concorrenti (Consiglio di Stato, V 21 gennaio 2019, n. 495; VI, 17 maggio 2017, n. 2334; VI, 27 settembre 2016, n. 3976; 19 marzo 2015, n. 1411; VI, 26 gennaio 2015, n. 325; VI, 3 marzo 2014, n. 990).
Per la costante giurisprudenza di questo Consiglio, l’attività di predeterminazione dei criteri di valutazione è espressione dell’ampia discrezionalità amministrativa di cui sono fornite le commissioni esaminatrici per lo svolgimento della propria funzione, con la conseguenza che le relative scelte non sono assoggettabili al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti (Consiglio di Stato, IV, 25 febbraio 2018, n. 705; 7 dicembre 2017, n. 5770, VI, 17 maggio 2017, n. 2334; VI, 26 gennaio 2015, n. 330; VI, 17 giugno 2014, n. 3050 sez. IV, 3 aprile 2014, n. 1596; IV, 11 luglio 2013, n. 3747).
Costituiscono, pertanto, espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica o culturale ovvero attitudinale dei candidati, tanto il momento, a monte, dell’individuazione dei criteri di massima per la valutazione delle prove, quanto quello, a valle, delle valutazioni espresse dalla commissione giudicatrice. Da ciò discende che sia i criteri di giudizio che le valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo se non nei limitati casi in cui l’esercizio del potere discrezionale trasmodi in uno o più dei vizi sintomatici dell’eccesso di potere, irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti, i quali tipicamente rappresentano dei vizi della funzione amministrativa, per essere stato il potere scorrettamente esercitato o finalizzato al raggiungimento di finalità estranee a quella della scelta dei soggetti più idonei a ricoprire la funzione (Consiglio di Stato, Sez IV, 26 luglio 2018, n. 4585).
Consolidato è altresì l’orientamento giurisprudenziale, per cui il voto numerico esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni o chiarimenti, essendo rimessa alla commissione la fissazione di criteri generali e la modulazione di quanto scritto nei singoli elaborati rispetto a detti criteri (Consiglio di Stato, V, 5 dicembre 2016 n. 5086; IV 4 dicembre 2017, n. 5726; Ad Plen, 20 settembre 2017, n. 7, secondo cui i giudizi delle commissioni sulle prove scritte d’esame vanno di per sé considerati adeguatamente motivati anche quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione).
Nel caso di specie, risulta dagli atti di causa, in particolare dal verbale del 22 luglio 2015 che la Commissione ha proceduto in quella seduta a determinare i criteri di valutazione delle prove scritte (prova scritta e prova teorico-pratica) individuando i seguenti criteri e modalità di valutazione delle prove:
-punti da 0 a 20: non risponde ai requisiti minimi per incompletezza o carenza di elementi essenziali inerenti gli argomenti proposti;
– punti da 21 a 23: sufficiente conoscenza degli argomenti proposti;
– punti da 24 a 26: dimostra un apprezzabile approfondimento della conoscenza degli argomenti proposti;
– punti da 27 a 29 dimostra un buon approfondimento della conoscenza degli argomenti proposti;
-punti 30 dimostra una piena e approfondita cognizione degli argomenti proposti.
L’adozione di un tale range di valutazioni non può ritenersi manifestamente illogica o irragionevole, considerato che, pur nella sinteticità delle espressioni utilizzate, la Commissione ha fatto chiaramente riferimento alla graduazione del giudizio in funzione del livello di approfondimento delle conoscenze relative alla traccia, in cui rientrano, quindi, il livello di padronanza della materia, la capacità di argomentare la soluzione prospettata; esulando, invece, dalla valutazione, ad esempio, la rilevanza dei profili espressivi formali o l’adozione di una specifica soluzione o la trattazione di alcuni specifici argomenti ritenuti rilevanti dalla Commissione.
Nell’ambito della ampia discrezionalità attribuita alla Commissione esaminatrice dalla giurisprudenza, ritiene il Collegio, applicando i consolidato orientamenti giurisprudenziali sopra richiamati, che tali criteri siano idonei ad indirizzare il percorso valutativo della Commissione ai fini della autolimitazione della sfera di discrezionalità tecnica, con conseguente sufficienza del punteggio numerico, quale espressione della motivazione.
Il giudice di primo grado ha quindi errato nel ritenere tali criteri generici ed indeterminati, non essendo stati fissati sub criteri e sub punteggi.
La determinazione dei criteri costituisce un primo livello generale e astratto di valutazione, entro il quale sono destinate a inserirsi le valutazioni concrete nei confronti dei singoli candidati, a garanzia di imparzialità, trasparenza e buona amministrazione (Consiglio di Stato Sez. V, 21 gennaio 2019, n. 495), ne deriva che non è necessaria la specificazione di sub criteri e sub punteggi né la indicazione di una stringente griglia di valutazione, quando la discrezionalità della Commissione risulti sufficientemente indirizzata.
L’applicazione dei consolidati orientamenti giurisprudenziali in materia di determinazione dei criteri nell’ambito dei concorsi pubblici comporta, quindi, l’accoglimento degli appelli incidentali e la riforma sul punto della sentenza di primo grado.
La fondatezza del motivo di appello incidentale comporta l’improcedibilità del motivo di appello principale relativo all’erroneità della sentenza di primo grado per il mancato annullamento della valutazione delle prove anche degli altri candidati in accoglimento del primo motivo di ricorso.
La fondatezza dell’appello incidentale comporta, altresì, la improcedibilità del motivo di appello con cui è stata riproposta la censura relativa alla illegittimità della integrazione postuma della motivazione, dovendo ritenersi comunque sufficiente la motivazione con il punteggio numerico secondo quanto sopra evidenziato.
Deve essere quindi esaminato il motivo di appello principale relativo alle valutazioni della prova pratica. Con tale motivo l’appellante ripropone le censure formulate in primo grado relative alla illogicità e contraddittorietà della valutazione della prova pratica sua e degli altri candidati da parte della Commissione esaminatrice, sostenendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto non sindacabili le valutazioni discrezionali compiute dalla Commissione.
Ritiene il Collegio l’infondatezza del motivo di appello, in quanto il giudice di primo grado ha correttamente ritenuto che tali censure riguardassero l’ambito del giudizio tecnico discrezionale svolto dalla Commissione e tendessero alla sostituzione del giudizio della Commissione con altro giudizio, giudizio sostitutivo inammissibile secondo la consolidata giurisprudenza.
Il sindacato di legittimità del giudice amministrativo rispetto al giudizio espresso dalle Commissioni esaminatrici di un esame o di un concorso è, infatti, limitato al riscontro del vizio di eccesso di potere per manifesta illogicità, con riferimento ad ipotesi di erroneità o irragionevolezza riscontrabili ab externo e ictu oculi dalla sola lettura degli atti (Consiglio di Stato, VI, 17 maggio 2017, n. 2334; Sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5117).
“Le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell’elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l’espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto, o ancora una contraddittorietà ictu oculi rilevabile; conseguentemente il giudicante non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell’organo valutatore (e quindi sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione), se non nei casi in cui il giudizio si appalesi viziato sotto il profilo della abnormità logica (Consiglio di Stato, 7 febbraio 2018, n. 705).
In particolare, la valutazione degli elaborati costituisce espressione di un giudizio discrezionale, sul quale il sindacato di legittimità del giudice amministrativo, essendo la vicenda non ricompresa tra le eccezionali ipotesi tassativamente attribuite alla giurisdizione di merito del giudice amministrativo ex art. 134 c.p.a., è limitato ad un sindacato estrinseco nei limiti del riscontro effettivo del vizio di eccesso di potere; né è consentito al giudice della legittimità sovrapporre alle valutazioni della Commissione la personale valutazione propria o di un soggetto terzo – qualunque sia il livello di conoscenza ed esperienza – in quanto spetta in via esclusiva alla Commissione la competenza a valutare gli elaborati degli esaminandi. Infatti, il giudizio tecnico discrezionale della Commissione esaminatrice riguarda vari profili (il modo in cui è stato redatto l’elaborato scritto in relazione al caso concreto, la soluzione prospettata, la pertinenza delle norme giuridiche richiamate, la menzione delle massime giurisprudenziali formatesi sul caso specifico affrontato e dell’orientamento prevalente, la chiarezza espositiva, la forma sintattica e la stessa logica emergente dall’elaborato, ecc.), la valutazione dei quali implica all’evidenza un sindacato pregnante consentito, in sede di legittimità, soltanto a fronte della abnormità dell’operato valutativo della commissione (cfr. Consiglio di Stato Sez. IV, 17 gennaio 2018, n. 253; 4 dicembre 2017 n. 5726, con riferimento all’esame di avvocato, fattispecie applicabile al caso di specie, in cui la prova contestata è costituita dalla redazione di un parere legale).
Le deduzioni dell’appellante circa l’erroneità della valutazione della Commissione con riferimento alla sua prova pratica e a quelle degli altri candidati attengono proprio al merito delle valutazioni espresse dalla Commissione esaminatrice. I vari profili argomentativi dell’atto di appello hanno ad oggetto il giudizio tecnico discrezionale espresso dalla Commissione sulle prove; in particolare sostenendo la correttezza della soluzione proposta nella sua prova e contestando la soluzione indicata da (tutti) gli altri candidati, l’appellante contesta il merito del giudizio espresso dalla Commissione, positivo, sulle prove degli altri candidati e di non sufficienza della sua prova.
Come sopra evidenziato, la giurisprudenza è costante nel ritenere che la Commissione abbia un ampio margine di discrezionalità rispetto alla valutazione delle prove di un concorso e che il sindacato di legittimità non possa sostituire il giudizio della Commissione come invece invoca l’appellante nel caso di specie.
Ritiene, dunque, il Collegio di non potere accogliere le censure proposte, che, implicherebbero l’integrale sostituzione del giudizio espresso dalla Commissione (con riferimento a tutti i candidati che hanno superato la prova) con le differenti valutazioni proposte dall’appellante.
Quanto, poi, alla eventuale correttezza delle soluzioni giuridiche indicate dagli altri candidati rispetto alla giurisprudenza prevalente o alla erronea interpretazione della traccia da parte della Commissione, secondo le argomentazioni dell’appellante, si deve considerare che la Commissione aveva limitato la propria discrezionalità con riferimento alla valutazione del livello di approfondimento di conoscenza del candidato; non era quindi richiesta né la correttezza della soluzione proposta né la completezza degli argomenti trattati con riferimento ad alcuni specifici aspetti.
Inoltre, trattandosi di un parere legale, la prova tendeva alla valutazione delle complessive capacità argomentative del candidato e della padronanza della materia, indice della maggiore conoscenza dell’argomento, prescindendo quindi dalla corrispondenza della soluzione agli orientamenti giurisprudenziali prevalenti.
Non si può ritenere dunque abnorme il giudizio espresso dalla Commissione sotto tale profilo, come sostenuto dall’appellante.
Le relative alla prova teorico pratica sono dunque infondate e devono essere respinte.
L’infondatezza di tale motivo di appello, comportando il mancato superamento di una delle prove scritte da parte della candidata appellante, conduce alla dichiarazione di carenza di interesse concreto ed attuale degli ulteriori motivi di appello, in quanto l’art. 14 del d.p.r. 483 del 1997prevede il punteggio minimo di ventuno su trenta per ciascuna delle previste prove scritte.
In particolare, infatti, con il terzo motivo l’appellante contesta la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la carenza di interesse alla censura relativa al giudizio attribuito dalla Commissione all’altra prova scritta (peraltro sufficiente pari a 21/30).
L’eventuale accoglimento di tale censura e del relativo motivo di appello alcuna concreta utilità all’appellante, che non ha comunque superato una delle prove scritte.
Analoga dichiarazione di carenza di interesse riguarda il quarto motivo di appello relativo allo svolgimento delle ulteriori fasi della procedura concorsuale, in particolare con riferimento alla prova orale della controinteressata -OMISSIS-, non avendo la appellante comunque partecipato alla fase delle prove orali, per il mancato superamento della prova teorico-pratica.
Anche il quinto motivo relativo alla erronea motivazione della sentenza impugnata circa la censura relativa alla valutazione dei titoli deve essere dichiarato inammissibile, in quanto il differente punteggio dei titoli avrebbe comportato una differente posizione in graduatoria, in caso di superamento di entrambe le prove scritte.
In conclusione, gli appelli incidentali sono fondati e devono essere accolti con riforma della sentenza impugnata in parte qua; l’appello principale è in parte infondato e in parte deve essere dichiarato improcedibile e inammissibile secondo quanto sopra specificato.
In considerazione della particolarità delle questioni sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando accoglie gli appelli incidentali, dichiara in parte improcedibile, in parte inammissibile, in parte respinge l’appello principale come da motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante e i controinteressati.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Giorgio Calderoni – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere, Estensore

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