Atti persecutori ai fini della procedibilità d’ufficio

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|16 settembre 2021| n. 34474.

Atti persecutori ai fini della procedibilità d’ufficio.

In tema di atti persecutori, ai fini della procedibilità d’ufficio per il caso in cui l’agente sia destinatario di ammonimento del questore, non rileva che in epoca successiva all’emissione del provvedimento sia ripresa la relazione sentimentale tra l’agente e la vittima, dovendo ritenersi comunque configurabile l’aggravante di cui all’art. 8, comma 3, d.l. 23 febbraio 2009, n. 11 conv. in legge 23 aprile 2009, n. 38.

Sentenza|16 settembre 2021| n. 34474. Atti persecutori ai fini della procedibilità d’ufficio

Data udienza 3 giugno 2021

Integrale

Tag – parola: Atti persecutori – Aggravante ex art. 8, co. 3 dl. n. 11/2009 – Precedente provvedimento di ammonimento del Questore – Procedibilità d’ufficio – Inammissibilità

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere

Dott. MICCOLI Grazia – rel. Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/11/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Miccoli Grazia;
letta la requisitoria del Procuratore Generale, in persona del Sostituto Procuratore Dr. Birritteri Luigi, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 novembre 2019, la Corte di appello di Bologna ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale (OMISSIS) era stato dichiarato colpevole del reato di atti persecutori, aggravato ex L. n. 38 del 2009, articolo 8, comma 3, in danno di (OMISSIS), alla quale era stata legata da relazione affettiva.
2. Propone ricorso l’imputato, con atto sottoscritto dal difensore avvocato (OMISSIS), denunziando, con un unico motivo di ricorso, violazione di legge in relazione all’omessa declaratoria di improcedibilita’ per remissione di querela.
La Corte territoriale ha ritenuto che la remissione della querela non potesse spiegare conseguenze estintive del reato in virtu’ di quanto previsto dalla L. n. 38 del 2009, articolo 8, comma 4. Il ricorrente, pero’, deduce che, dopo il provvedimento di ammonimento chiesto ed ottenuto dalla persona offesa nel giugno 2011, v’era stata una “ripresa” della relazione sentimentale durata otto mesi e che le condotte oggetto del capo di imputazione erano state poste in essere dopo il marzo 2012.
3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Procuratore Dr. Luigi Birritteri, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile per manifesta infondatezza.
Correttamente il Procuratore Generale nelle sue conclusioni scritte ha assunto che l’incontroversa ripresa della relazione sentimentale tra l’imputato e la persona offesa successivamente al provvedimento di ammonimento e la considerevole durata temporale di tale relazione non possono incidere sulla rilevanza meramente oggettiva del provvedimento di ammonimento, da cui consegue la configurabilita’ della contestata aggravante con la conseguente procedibilita’ di ufficio.
1.1. Al ricorrente e’ stato contestato il reato di atti persecutori commesso nel periodo tra il 25 marzo 2012 e il mese di luglio 2012, quando la persona offesa aveva presentato altre due denunzie – querele.
L’aggravante di cui al Decreto Legge n. 11 del 2009, articolo 8, comma 3, e’ stata contestata e ritenuta perche’, su richiesta della persona offesa, il Questore di Firenze, nel giugno 2011, aveva emesso un provvedimento di ammonimento.
Tale provvedimento e’ certamente antecedente alla “ripresa” della relazione sentimentale tra il ricorrente e la persona offesa nel corso dell’estate del 2011, relazione protrattasi sino al 25 marzo 2012, quando tra i due v’era stato un litigio che era sfociato in una violenta aggressione della donna da parte del (OMISSIS) (si veda pag. 1 della sentenza di appello).
1.2. Cio’ pero’ non incide affatto sulla configurabilita’ dell’aggravante sopra indicata, che, in virtu’ di quanto disposto dall’articolo 8, comma 4, comporta la procedibilita’ d’ufficio del reato di cui all’articolo 612 bis c.p..
Invero, manifestamente infondato e’ l’assunto della difesa secondo il quale, per effetto della successiva ripresa della relazione sentimentale, il provvedimento di ammonimento sarebbe di fatto o implicitamente revocato.
Peraltro, anche nel caso di provvedimento di ammonimento esplicitamente revocato, l’aggravante in esame, in ragione della ratio e del tenore letterale del cit. articolo 8, comma 3, e’ da ritenersi configurabile, giacche’ essa ricorre “se il fatto e’ commesso da soggetto gia’ ammonito” ovvero a prescindere dalla vigenza o meno dell’atto amministrativo in questione.
Conforta tale interpretazione proprio la disposizione del citato articolo 8, comma 4, secondo la quale si “procede d’ufficio per il delitto previsto dall’articolo 612-bis c.p. quando il fatto e’ commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo”.
E’ evidente, infatti, che e’ solo la circostanza della sussistenza di un precedente ammonimento a rilevare sia per la configurabilita’ dell’aggravante sia per la procedibilita’ di ufficio del reato, mentre si prescinde dalla considerazione dell’epoca in cui e’ stato emesso il provvedimento amministrativo e della vigenza dello stesso al momento della commissione degli atti persecutori.
D’altronde, e’ pacifico anche nella giurisprudenza amministrativa che v’e’ piena autonomina tra il procedimento di ammonimento e il processo penale. Si e’ invero affermato che “la correlazione tra la disciplina amministrativa e quella penale, insieme alla finalita’ preventiva della disposizione, (…) induce a ritenere che l’intervento del Questore non sia ancorato ai medesimi presupposti di quello penale, distinguendosene sia sul piano della ricognizione dei fatti atti a legittimarlo sia in relazione ai mezzi di prova utili al loro accertamento. Dal primo punto di vista, infatti, esso e’ legittimato anche da condotte che, pur non possedendo gli stringenti requisiti di cui all’articolo 612 bis c.p., si rivelino potenzialmente atti ad assumere, sulla base della loro concreta manifestazione fenomenica, connotati delittuosi; dal secondo punto di vista, invece, e’ rimessa alla discrezionalita’ dell’Amministrazione l’apprezzamento della fondatezza della richiesta, in relazione alla attendibilita’ dei fatti segnalati, e l’individuazione degli elementi di riscontro eventualmente necessari” (Consiglio di Stato., Sez. III, 21 aprile 2020, sent. n. 2545).
2. La ritenuta inammissibilita’ del ricorso comporta per la ricorrente le conseguenze di cui all’articolo 616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in Euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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