Associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 10 luglio 2019, n. 30410.

La massima estrapolata:

Ai fini della configurabilità del delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti è sufficiente – ma necessaria – l’esistenza tra i singoli partecipi di una durevole comunanza di scopo, costituita dall’interesse a immettere sostanza stupefacente sul mercato del consumo, non essendo invece di ostacolo alla costituzione del rapporto associativo la diversità degli scopi personali e degli utili che i singoli partecipi, fornitori e acquirenti, si propongono di ottenere dallo svolgimento della complessiva attività criminale.

Sentenza 10 luglio 2019, n. 30410

Data udienza 16 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACETO Aldo – Presidente

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni F. – rel. Consigliere

Dott. CORBO Antonio – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2) (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 08/11/2018 del Tribunale di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
sentita la relazione svolta dal consigliere Gianni Filippo Reynaud;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Cuomo Luigi, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ dei ricorsi;
udito per i ricorrenti l’avv. (OMISSIS), il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento delle conclusioni dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza dell’8 novembre 2018, il Tribunale di Napoli ha respinto le istanze di riesame proposte da (OMISSIS) e (OMISSIS) confermando nei confronti di entrambi le misure della custodia in carcere applicate dal g.i.p. – ravvisandosi le esigenze cautelari di cui all’articolo 274 c.p.p., lettera c), – in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 74 per essersi i medesimi stabilmente associati tra di loro e con altre persone al fine di commettere una serie indeterminata di reati in materia di spaccio di sostanze stupefacenti di tipo cocaina, nonche’ di plurimi reati di continuata detenzione a fini di spaccio della medesima sostanza, commessi in concorso con altre persone e qualificati come violazione degli articoli 81 e 110 c.p. e articolo 73 Testo Unico stup..
2. Avverso l’ordinanza ha proposto separati ricorsi il difensore degli indagati, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
3. Con il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) si deducono violazione della legge sostanziale e processuale e vizio di motivazione per essere stata riconosciuta la gravita’ indiziaria in ordine ai reati-fine contestati ai capi 21, 35, 28 e 32 ed al reato associativo contestato al capo 2.
Quanto ai primi, si lamenta, in particolare, che siano stati valorizzati esclusivamente contatti telefonici in cui gli interlocutori si limitavano ad accordarsi per incontri de visu, in locali pubblici quali il centro scommesse (OMISSIS). Si trattava di incontri spiegabili con la frequentazione del (OMISSIS) con (OMISSIS) (quanto ai capi 21 e 32) o con il cugino (OMISSIS) (quanto al capo 35), che sono stati invece interpretati, in via del tutto congetturale, come relativi a forniture di droga da parte del (OMISSIS). Quanto al capo 28, il ricorrente osserva che egli teneva contatti esclusivamente con (OMISSIS), per il quale il tribunale del riesame aveva annullato l’ordinanza per carenza della gravita’ indiziaria sia con riguardo a quel reato-fine sia con riguardo alla partecipazione al sodalizio. Per il capo 32 si aggiunge che nessun elemento consentiva di ritenere che i colloqui intercorsi tra la moglie del ricorrente – (OMISSIS), ritenuta partecipe dell’associazione perche’ avrebbe svolto il ruolo di “segretaria” del marito quanto ai contatti finalizzati agli illeciti traffici – e alcune persone che andavano a casa del (OMISSIS) per incontrarlo fossero finalizzati all’acquisto di droga da parte di costoro.
3.1. Con riguardo alla gravita’ indiziaria per il reato associativo si lamenta che la stessa sia stata ritenuta in forza delle medesime, insufficienti, captazioni telefoniche – peraltro comunque inidonee a dimostrare la sussistenza di una struttura organizzata stabile – e di dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia i quali non avrebbero tuttavia mai riferito di un’organizzazione capeggiata da (OMISSIS). Il ruolo di capo, poi, mal si conciliava con la mancata contestazione anche al ricorrente del reato-fine di cui al capo 29, giacche’ se davvero avesse rivestito quel ruolo avrebbe assunto la direzione delle operazioni volte al recupero della borsa asseritamente contenente un chilogrammo di cocaina che era stata trafugata.
4. Analoghi motivi vengono svolti anche nel ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS), limitatamente, tuttavia, alla partecipazione al solo reato associativo ed al ruolo di capo al medesimo contestato, incompatibile con i compiti ascrittigli, qualificanti l’attivita’ di un gregario, di cessione di droga alle varie piazze di spaccio e di custode della sostanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Entrambi i ricorsi sono inammissibili per assoluta genericita’ e manifesta infondatezza.
Quanto alla gravita’ indiziaria in relazione ai cinque reati-fine addebitati a (OMISSIS), la stessa – non contestata in relazione al reato di cui al capo 22 – risulta logicamente dall’analitica descrizione delle fonti di prova ai medesimi relativi, costituite da numerosissime e significative intercettazioni telefoniche, alcune delle quali soltanto sono riportate nell’ordinanza. Queste conversazioni in ricorso non vengono minimamente analizzate o confutate e va qui ribadito che l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimita’ (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715), potendo l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni essere oggetto di scrutinio soltanto nei limiti della manifesta illogicita’ ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D’Andrea e aa., Rv. 268389), profili, questi, non ravvisabili nel caso di specie. Di fatti, i giudici del merito cautelare, analizzando centinaia di telefonate intercettate tra (OMISSIS) (e/o i suoi piu’ diretti collaboratori nelle attivita’ di spaccio, quali, oltre alla moglie (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) e gli stabili acquirenti di droga (tra cui (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)), che a loro volta la rivendevano nelle rispettive piazze di spaccio ovvero ad altri spacciatori, come pure dimostrano le telefonate intercettate tra costoro ed i loro complici o clienti, hanno logicamente tratto la conclusione che i contatti, gli appuntamenti fissati, i riferimenti relativi a quantita’, qualita’ e prezzo fossero da riferirsi a illecite cessioni di cocaina, procurata dal (OMISSIS), che l’acquistava dal clan (OMISSIS), e dal medesimo distribuita secondo le modalita’ piu’ sopra indicate. La, nel complesso univoca, “lettura” delle conversazioni data dai giudici di merito trova conferma nei sequestri di cocaina che nel corso dell’indagine hanno interessato taluno dei soggetti coinvolti e nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – non specificamente contestate nei ricorsi – che avevano individuato in (OMISSIS) il capo di un gruppo che spacciava cocaina fuori dalla sala scommesse Match Point di Marigliano.
In questo quadro, le doglianze proposte dal ricorrente (OMISSIS) – secondo cui gli abituali contatti ed incontri che il medesimo intratteneva con (OMISSIS) e (OMISSIS) – sarebbero da ricondursi a normali e lecite frequentazioni tra amici/parenti sono del tutto generiche e minimamente in grado di scalfire il solido, argomentato, preciso quadro indiziario restituito dalla lettura dell’ordinanza impugnata.
Del pari generiche le contestazioni mosse con riguardo al reato di cui al capo 28 circa il fatto che (OMISSIS) si sarebbe rapportato soltanto con (OMISSIS) e non anche con le persone con cui quest’ultimo a sua volta si interfacciava per il successivo smercio della cocaina acquistata dal primo (e dai suoi collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS)).
Quanto alle contestazioni mosse con riguardo al capo 32), del pari generiche, esse riguardano per lo piu’ il ruolo concorsuale di (OMISSIS), donde l’irrilevanza ai fini della posizione dell’odierno ricorrente, poiche’ la gravita’ indiziaria nei suoi confronti non muterebbe quand’anche dovesse per qualche ragione – magari di ordine soggettivo – essere escluso il ruolo concorsuale di “segretaria” ascritto alla moglie.
2. Alla luce di quanto argomentato con riguardo alla gravita’ indiziaria dei cinque reati-fine di cui si e’ detto (ciascuno dei quali riferito a plurime e continuate condotte di detenzione di cocaina a fini di spaccio commesse nell’arco di diversi mesi), ascritti anche a (OMISSIS) (tranne il capo 32), nonche’ della ritenuta sussistenza degli altri reati-scopo nei confronti di quest’ultimo ipotizzati (per nessuno dei quali il medesimo contesta la gravita’ indiziaria) l’ordinanza impugnata ha logicamente motivato la sussistenza, nei confronti di entrambi, di gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo. In particolare, e’ stata delineata un’associazione finalizzata alla cessione di stupefacenti di tipo cocaina, promossa da (OMISSIS) e capeggiata anche da (OMISSIS), alla quale avevano stabilmente aderito numerose altre persone in qualita’ di loro collaboratori nelle attivita’ di smercio di droga all’ingrosso, ovvero in qualita’ di acquirenti per la successiva rivendita in diverse piazze di spaccio. L’ordinanza (pagg. 6-17) delinea in maniera puntuale i plurimi – gravi, precisi e concordanti – indizi che militano per la sussistenza della ipotizzata associazione di cui all’articolo 74 Testo Unico stup., ravvisabili, oltre che nelle centinaia di conversazioni intercettate piu’ sopra menzionate, nelle chiare dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), la cui credibilita’ non viene in alcun modo contestata nei ricorsi. Il ricorrente (OMISSIS) si limita a sostenere che i collaboratori avrebbero riferito che egli era un mero spacciatore e non gia’ di una struttura da lui capeggiata e dedita stabilmente al narcotraffico: si tratta di allegazioni manifestamente infondate, inconciliabili con la dettagliata ricostruzione dell’apporto dei collaboratori fatta alle pagg. 8-10 dell’ordinanza. Questi, infatti, hanno riferito di una stabile organizzazione dedita allo spaccio e capeggiata da (OMISSIS), il quale corrispondeva inizialmente al clan camorristico (OMISSIS) (di cui i collaboratori, e in particolare (OMISSIS) padre e figlio, facevano parte), egemone nel territorio di Marigliano ove avvennero i fatti, la cifra di 250/500 Euro la settimana (e nell’anno 2017 una somma forfetaria di 5.000 Euro) per poter gestire la locale piazza di spaccio di cocaina, impegnandosi ad acquistare dal clan la sostanza stupefacente, cio’ che nel 2017 avveniva per quantitativi di 200/300 gr. per volta. Le mire espansionistiche di (OMISSIS) nella gestione del mercato della droga in quel di Marigliano avevano inoltre portato a contrasti con i suddetti esponenti del clan (OMISSIS), ed in particolare con (OMISSIS), dopo la sua scarcerazione avvenuta nel 2017. Ulteriore, chiarissima, conferma del ruolo apicale di (OMISSIS) nell’ambito di una stabile associazione dedita allo spaccio di significativi quantitativi di droga si trae dalle affermazioni fatte dal cugino (OMISSIS) nella conversazione intercettata riportata alle pagg. 42 e 43 dell’ordinanza.
A fronte di tale ricostruzione del fatto – inattaccabile a livello di gravita’ indiziaria e sostanzialmente ignorata dai ricorrenti – non occorre aggiungere altro per escludere i vizi di violazione di legge e illogicita’ della motivazione al proposito dedotti dai ricorrenti.
2.1. Valgono, invero, i consolidati principi secondo cui, ai fini della configurabilita’ del delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e’ sufficiente – ma necessaria – l’esistenza tra i singoli partecipi di una durevole comunanza di scopo, costituita dall’interesse ad immettere sostanza stupefacente sul mercato del consumo, non essendo invece di ostacolo alla costituzione del rapporto associativo la diversita’ degli scopi personali e degli utili che i singoli partecipi, fornitori ed acquirenti si propongono di ottenere dallo svolgimento della complessiva attivita’ criminale; non e’ richiesto, pertanto, per il riconoscimento della fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 che le successive condotte delittuose dei singoli, di cui al del Decreto del Presidente della Repubblica medesimo, articolo 73 siano compiute in nome e per conto dell’associazione, ma solo che rientrino nel programma criminoso della stessa (Sez. 3, n. 6871 del 08/07/2016, dep. 2017, Bandera e aa., Rv. 269150; Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015, dep. 2016, Addio e aa., Rv. 265945). Pertanto integra la condotta di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilita’ all’acquisto delle sostanze stupefacenti di cui il sodalizio illecito fa traffico, ove sussista la consapevolezza che la stabilita’ del rapporto instaurato garantisce l’operativita’ dell’associazione, rivelando in tal modo la presenza del cd. affectio societatis tra l’acquirente ed i fornitori (Sez. 1, n. 30233 del 15/01/2016, Giaquinto e a., Rv. 267991). Detta condotta, di fatti, agevola lo svolgimento dell’attivita’ criminosa del gruppo organizzato ed assicura la realizzazione del suo programma delittuoso, sempre che si accerti che essa e’ posta in essere avvalendosi continuativamente delle risorse dell’organizzazione, con la coscienza e volonta’ dell’autore di farne parte e di contribuire al suo mantenimento (Sez. 6, n. 9927 del 05/02/2014, D’Affronto e a., Rv. 259114) e laddove l’acquirente abbia coscienza e volonta’ che il suo inserimento quale stabile acquirente della sostanza ceduta da una struttura organizzata sia funzionale alle dinamiche operative dell’associazione ed alla crescita criminale della stessa, la sua partecipazione al sodalizio puo’ essere desunta anche dalla commissione di singoli episodi criminosi (Sez. 6, n. 50965 del 02/12/2014, D’Aloia, Rv. 261379).
Per la configurabilita’ della condotta di partecipazione, in questi casi, non e’ richiesto un atto di investitura formale, ma e’ necessario che il contributo dell’agente risulti funzionale per l’esistenza stessa dell’associazione in un dato momento storico (Sez. 3, n. 22124 del 29/04/2015, Borraccino, Rv. 263662; Sez. 4, n. 51716 del 16/10/2013, Amodio e aa., Rv. 257905). A fronte di plurime commissioni, in concorso con altri partecipi, di fatti integranti i reati-fine dell’associazione – si e’ affermato in altra occasione – grava sul singolo la prova che il suo contributo non e’ dovuto ad un vincolo preesistente con i correi, fermo restando che, a motivo della natura permanente del reato associativo, detta prova non puo’ consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro (Sez. 3, n. 42228 del 03/02/2015, Prota, Rv. 265346).
2.2. Che, poi, a (OMISSIS) non sia stato contestato anche il reato-fine di cui al capo 29 – relativo alla detenzione di un chilogrammo di cocaina, custodita, con il concorso dei familiari, da (OMISSIS) e scomparsa il 24 luglio 2015 perche’ verosimilmente sottratta dal sodale (OMISSIS), fidanzato della cognata del primo (OMISSIS) – e’ circostanza irrilevante, in questa fase di provvisorieta’ delle contestazioni, rispetto alla corretta qualifica attribuita al ricorrente nell’ambito del sodalizio. Ha effettivamente ragione il ricorrente allorquando sostiene che il dato risulta “del tutto distonico con la supposta partecipazione, con ruolo di vertice, dell’associazione”, ma altrettanto non puo’ dirsi laddove si rileva che se egli fosse stato davvero il capo si sarebbe in prima persona interessato di cercare di recuperare la borsa con il suo prezioso contenuto: l’ordinanza impugnata, di fatti, attesta che cio’ e’ puntualmente avvenuto, riportando a pag. 40 la telefonata che (OMISSIS) fece in quel frangente ad (OMISSIS), il cui contenuto, tutt’altro che criptico, conferma, da un lato, che (OMISSIS) deteneva lo stupefacente per conto di (OMISSIS) (” (OMISSIS) stammi a sentire a me…portaci la borsa che ti sei preso di (OMISSIS)…voglio che tu prendi la borsa e la dai all’amico mio”), d’altro lato che era lo stesso (OMISSIS) a decidere quali conseguenze il gesto avrebbe avuto, sostanzialmente preannunciando la spedizione punitiva che nei confronti di (OMISSIS) poi puntualmente si verifico’ (“guarda che quello che hai fatto non e’ una cosa da poco…quello che hai fatto tu si paga con la vita…io te lo voglio dire prima”).
3. Quanto a (OMISSIS), nel suo ricorso il medesimo – che, come detto, non contesta la gravita’ indiziaria dei numerosi reati-fine ascrittigli e quanto alla contestazione del reato associativo ripropone le identiche, generiche, questioni proposte con il ricorso di (OMISSIS) e piu’ sopra gia’ disattese deduce, quale unico elemento aggiuntivo di doglianza, la contestazione del ruolo di capo nei suoi confronti ipotizzato.
Al proposito il Collegio rileva che ruolo di “capo” contestato nel capo 2) della provvisoria imputazione, che utilizza una terminologia consona piu’ al reato di cui all’articolo 416 c.p. (cfr., in particolare, il comma 3) che a quello di cui all’articolo 74 Testo Unico stup., e’ da riferirsi alle tecnicamente piu’ corrette qualifiche di “dirigente” e “organizzatore” che il comma 1 della disposizione da ultimo richiamata contempla, parificandole quoad poenam al ruolo del promotore (cosi’ come avviene nell’articolo 416 bis c.p., comma 2, alla stessa stregua di quanto la fattispecie associativa base dell’articolo precedente fa con riguardo ai soggetti genericamente denominati “capi”).
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la qualifica di organizzatore in un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti spetta a chi assume poteri di gestione, quand’anche non pienamente autonomi, in uno specifico e rilevante settore operativo del gruppo (Sez. 4, n. 53568 del 05/10/2017, Pardo, Rv. 271707; Sez. 4, n. 52137 del 17/10/2017, Talbi, Rv. 271256) e a chi coordina l’attivita’ degli associati ed assicura la funzionalita’ delle strutture del sodalizio, non essendo peraltro necessario che tale ruolo sia svolto con riferimento all’associazione nella sua interezza, potendo risultare sufficiente il coordinamento di una sua articolazione territoriale (Sez. 3, n. 40348 del 06/07/2016, Martiello, Rv. 267761).
L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione di tali principi. Essa (v. spec. pag. 16) attesta infatti, da un lato, che (OMISSIS) gestiva una propria piazza di spaccio, avvalendosi dei gia’ citati (OMISSIS) e (OMISSIS) (si tratta del reato contestato al capo 33), d’altro lato – e piu’ in generale che aveva il compito di distribuire la droga sulle varie piazze di spaccio, anche esterne al sodalizio, sotto le direttive di (OMISSIS), che spesso affiancava rendendosi “interscambiabile” con il capo assoluto dell’associazione. Il fatto, poi, che egli, con l’aiuto dei familiari, coordinasse la custodia di rilevanti quantita’ di stupefacente di proprieta’ dell’associazione (come si ricava dal menzionato reato di cui al capo 29) e che abbia materialmente gestito, dirigendo l’attivita’ di diversi complici, le “operazioni di recupero” del chilogrammo di cocaina nei riguardi di (OMISSIS), lungi dal farlo apparire un mero “gregario” – come si allega in ricorso – ne attesta logicamente il ruolo di vertice.
4. Alla declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi, tenuto conto della sentenza Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che nella presente fattispecie non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., oltre all’onere del pagamento delle spese del procedimento anche quello del versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma equitativamente fissata in Euro 2.000,00 ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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