L’assegno divorzile

Corte di Cassazione, sezione sesta civile, SENTENZA 21 giugno 2019, n.16796.

La massima estrapolata:

L’assegno divorzile, attesa la sua funzione assistenziale, compensativa e perequativa, deve essere determinato alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto.

SENTENZA 21 giugno 2019, n.16796

Considerato che: con l’unico motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, nonchè il vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello non abbia tenuto conto della circostanza che la Q., oltre che essere titolare del diritto di usufrutto su di un appartamento donato alla figlia, è proprietaria di un’altra unità immobiliare – ristrutturata ed ampliata fino a sette vani durante il matrimonio – e che la medesima ha diritto all’assegno sociale INPS;
Ritenuto che: l’assegno divorzile, secondo la decisione abbia una funzione assistenziale, compensativa e perequativa, per cui debba essere determinato alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto, e che tali criteri vadano tenuti presenti sia nella attribuzione che nella quantificazione dell’assegno;
la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non sia finalizzata, poi, alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (Cass. Sez. U., 11/07/2018, n. 18287);
Rilevato che: con motivazione sintetica, ma esauriente, la Corte d’appello ha operato una comparazione dei redditi dei due coniugi, accertando che la Q. percepisce una pensione mensile di Euro 364,89, ed è titolare del solo diritto di usufrutto su di un immobile in Montelasi, mentre il P. percepisce redditi lordi annui per circa Euro 24.000,00;
la Corte territoriale ha, inoltre, tenuto conto – nella determinazione dell’assegno divorzile – della durata del matrimonio (più di quarant’anni) e dell’addebitabilità della crisi coniugale – affermata nella decisione di primo grado e non contestata dal P. – al comportamento tenuto dal marito in costanza di matrimonio;
Ritenuto che: a fronte di tali accertamento in fatto, coerenti con i suesposti principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte, il motivo di ricorso introduca, per un verso, questioni che non risultano dedotte nel giudizio di merito (ristrutturazione ed ampliamento fino a sette vani dell’appartamento nel quale abita la Q.), per altro verso, si traduca in una sostanziale richiesta di rivisitazione del giudizio di per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.

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