Assegno di mantenimento e cessazione per nuovo rapporto di fatto con nuovo partner

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 34728.

Assegno di mantenimento e cessazione per nuovo rapporto di fatto con nuovo partner

In tema di crisi familiare, il diritto all’assegno di mantenimento viene meno ove, durante lo stato di separazione, il coniuge avente diritto instauri un rapporto di fatto con un nuovo partner, che si traduca in una stabile e continuativa convivenza, ovvero, in difetto di coabitazione, in un comune progetto di vita connotato dalla spontanea adozione dello stesso modello solidale che connota il matrimonio, con onere della prova a carico del coniuge tenuto a corrispondere l’assegno; ne consegue che la stabilità e la continuità della convivenza può essere presunta, salvo prova contraria, se le risorse economiche sono state messe in comune, mentre, ove difetti la coabitazione, la prova relativa all’assistenza morale e materiale tra i partner dovrà essere rigorosa.

Ordinanza|| n. 34728. Assegno di mantenimento e cessazione per nuovo rapporto di fatto con nuovo partner

Data udienza 15 novembre 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Separazione – Addebito – Diritto all’assegno – Rapporto con un nuovo partner – Art. 710 cpc – Natura e funzione – Giudizio in corso – Evoluzione delle condizioni delle parti nelle more del giudizioSeparazione – Addebito – Diritto all’assegno – Rapporto con un nuovo partner – Art. 710 cpc – Natura e funzione – Giudizio in corso – Evoluzione delle condizioni delle parti nelle more del giudizio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. CAIAZZO Rosaria – Consigliere

Dott. RUSSO Rita E. A. – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12777/2022 R.G. proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS) rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO di LECCE n. 1233/2021 depositata il 18/11/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal Consigliere RUSSO RITA E. A..

Assegno di mantenimento e cessazione per nuovo rapporto di fatto con nuovo partner

RILEVATO IN FATTO

CHE:

Il Tribunale di Lecce ha dichiarato, con sentenza non definitiva la separazione dei coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) e, rimessa la causa sul ruolo, ha ascoltato i testimoni; in esito all’istruttoria decideva definitivamente la causa, accogliendo la domanda di addebito della separazione al marito, ponendo a suo carico un assegno di mantenimento in favore della moglie e un contributo per la figlia.

Baldari ha impugnato la sentenza e la Corte d’appello di Lecce, pronunciata una sentenza non definitiva con la quale ha respinto l’appello nella parte riguardante l’addebito e il contributo al mantenimento della figlia, ha rimesso la causa sul ruolo per escutere un investigatore privato, incaricato dal marito di una indagine sulle frequentazioni della moglie.

In esito all’istruttoria, la Corte d’appello di Lecce con sentenza definitiva ha revocato l’assegno di mantenimento posto a carico del marito e in favore della moglie, avendo accertato che quest’ultima ha una relazione “affettiva” con tale (OMISSIS), sulla scorta della seguente motivazione: “10) Quindi, si e’ accertata la presenza stabile del (OMISSIS) nell’abitazione della (OMISSIS), in orari notturni, proprio nei giorni in cui vennero effettuati gli appostamenti e non vi e’ una specifica presa di posizione da parte dell’appellata in merito a tale circostanza, essendosi la stessa genericamente attestata sull’assenza di prova di una propria convivenza stabile con questi. 11) Da tale ultima circostanza si ricava quindi riconoscimento della relazione affettiva dell’appellata col (OMISSIS). 12) Mancano, si e’ detto, allegazioni specifiche in merito alla occasionalita’ di essa, non potendosi considerare quale equivalente la ambigua deduzione riguardante il limitato numero di giorni in cui il (OMISSIS) fu visto uscire dalla casa dell’appellata. 13) La sentenza impugnata va quindi in parte riformata”.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso cassazione (OMISSIS), affidandosi a quattro motivi. Non si e’ costituito l’intimato.

La causa e’ stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 15 novembre 2023.

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RITENUTO IN FATTO

CHE:

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione degli articoli 345 e 101 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. La ricorrente deduce che la Corte d’appello di Lecce ha violato il divieto dello ius novorum sancito dall’articolo 345 c.p.c., consentendo all’appellante l’introduzione di una domanda nuova, la produzione di un nuovo documento, l’ammissione di un nuovo mezzo di prova, e la violazione del principio del contraddittorio. Osserva che soltanto in appello (OMISSIS) ha proposto domanda tesa alla revoca dell’assegno per ragioni sopravvenute, differenti da quelle esaminate con la sentenza non definitiva e ha prodotto la relazione di un investigatore privato; la Corte ha errato ad esaminare la domanda, ammettere il documento nuovo e una nuova prova testimoniale, ascoltando l’investigatore.

Con il secondo motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’articolo 710 c.p.c. e dell’articolo 25 Cost., per violazione e falsa applicazione di norme di diritto processuale e costituzionale. La ricorrente deduce che il (OMISSIS) ha conferito incarico a una Agenzia Investigativa “per dimostrare una eventuale convivenza” della moglie e prodotto, in grado di appello, la relazione investigativa chiedendo che venisse escusso l’investigatore privato, e cio’ anziche’ attivare la procedura disciplinata dall’articolo 710 c.p.c.. Pertanto la domanda di revoca dell’assegno non si basava piu’ – come per l’intero corso del giudizio innanzi al Tribunale – sull’assunta relazione extraconiugale della (OMISSIS), dalla quale sarebbe nata la figlia (OMISSIS), ma sulla nuova “accusa” di convivere stabilmente con un terzo ( (OMISSIS)) all’interno della casa coniugale, sicche’ risulta chiaramente violato il principio della domanda e sottratto alla odierna ricorrente il doppio grado di giudizio che sarebbe spettato in una procedura ex articolo 710 c.p.c.. La Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la domanda nuova proposta in grado d’appello, cosi’ come la produzione di nuovi documenti e la richiesta di nuove prove; esaminando la domanda e ammettendo le prove, ha violato il principio di contraddittorio in quanto la parte non ha potuto interloquire nel processo in posizione di parita’.

2.- I motivi sono da esaminare congiuntamente in quanto connessi e sono entrambi infondati.

In primo luogo, si osserva che erra la ricorrente a qualificare la difesa di (OMISSIS) quale domanda di revoca dell’assegno di mantenimento. Come si evince dall’esposizione dei fatti di causa, ricapitolata dalla stessa ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio di legittimita’, la domanda di separazione e’ stata introdotta dalla (OMISSIS), la quale ha chiesto, tra l’altro, l’assegno di mantenimento per se’ a carico del coniuge. Il (OMISSIS), pertanto, rispetto a questa domanda e’ in posizione di resistenza, ed ha opposto al suo accoglimento due fatti impeditivi diversi: in primo grado, ha dedotto una pregressa relazione extraconiugale della moglie dalla quale sarebbe nata una figlia; in secondo grado, ha dedotto un fatto nuovo sopravvenuto, collocato temporalmente nell’estate del 2019, e cioe’ la intrapresa convivenza della moglie con tale (OMISSIS).

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Si tratta quindi non dell’introduzione di una nuova domanda in grado di appello, bensi’ dell’allegazione di un fatto nuovo sopravvenuto, dedotto dalla parte in quanto ritenuto idoneo a paralizzare la richiesta di attribuzione di assegno di mantenimento. Contrariamente a quanto sostiene la difesa della odierna ricorrente, i fatti nuovi sopravvenuti possono, anzi devono, farsi valere nel giudizio di separazione o divorzio, anche in appello, legittimando la parte a proporre non solo nuove eccezioni ma anche domande nuove, se giustificate da sopravvenienze; di contro la procedura ex articolo 710 c.p.c., postula che sia intervenuto il giudicato.

In tal senso la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la natura e la funzione dei provvedimenti diretti a regolare i rapporti economici tra i coniugi in conseguenza del divorzio, cosi’ come quelli attinenti al regime di separazione, postulano la possibilita’ di adeguare l’ammontare del contributo al variare nel corso del giudizio delle loro condizioni patrimoniali e reddituali, e anche, eventualmente, di modularne la misura secondo diverse decorrenze riflettenti il verificarsi di dette variazioni (oltre che di disporne la modifica in un successivo giudizio di revisione), con la conseguenza che non solo il giudice d’appello, nel rispetto del principio di disponibilita’ e di quello generale della domanda, e’ tenuto a considerare l’evoluzione delle condizioni delle parti verificatasi nelle more del giudizio, ma che anche il giudice del rinvio, a sua volta nel rispetto dei limiti posti dalla pronuncia rescindente, deve procedere a tale valutazione (Cass. n. 1824 del 28/01/2005).

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Questa Corte di legittimita’ ha inoltre affermato che la domanda ex articolo 710 c.p.c. puo’ essere esperita solo dopo che si sia formato il giudicato, mentre la natura e la funzione dei provvedimenti diretti a regolare i rapporti economici tra i coniugi in conseguenza della separazione, postulano la possibilita’ di adeguare l’ammontare del contributo al variare nel corso del giudizio delle loro condizioni patrimoniali o reddituali, ed anche, eventualmente, di modularne la misura secondo diverse decorrenze riflettenti il verificarsi di dette variazioni, con la conseguenza che il giudice di appello, nel rispetto del principio di disponibilita’ e di quello generale della domanda, e’ tenuto a considerare l’evoluzione delle condizioni delle parti verificatesi nelle more del giudizio (Cass. n. 16398 del 24/07/2007; Cass. n. 21874 del 15/10/2014; con riferimento alla proponibilita’ della domanda di assegno di divorzio v. Cass. n. 29290 del 21/10/2021; v. anche Cass. n. 3925 del 12/03/2012; Cass. n. 19020 del 14/09/2020).

Il sistema e’ chiaramente basato sui principi di economia processuale e di concentrazione delle tutele, per cui sarebbe antieconomico dover promuovere contemporaneamente alla pendenza del giudizio di separazione in appello un giudizio di revisione delle condizioni per la sopravvenienza di un fatto nuovo, nonche’ sul principio che il giudicato in materia di separazione e divorzio si forma rebus sic stantibus: il giudizio di revisione delle condizioni di separazione e’ inammissibile pendente l’appello perche’ sulle statuizioni di separazione non si e’ ancora formato il giudicato (e salvo che si tratti di capi autonomi non impugnati); formatosi il giudicato, che copre il dedotto ed il deducibile, il fatto nuovo sopravvenuto puo’ farsi valere nel giudizio di revisione.

Nella specie, la relazione della (OMISSIS) con tale (OMISSIS) e’ stata dedotta con l’atto d’appello, in quanto fatto nuovo sopravvenuto – o conosciuto – dopo la chiusura della istruttoria di primo grado: la ricorrente riferisce infatti, in ricorso, che nel giudizio di primo grado le conclusioni sono state precisate all’udienza del 9.10.2018, mentre la relazione investigativa allegata in grado di appello da (OMISSIS) riguarda alcuni eventi che si sono verificati nell’estate del 2019; il fatto nuovo e’ stato dedotto con l’atto d’appello ed e’ stato considerato dalla Corte di merito, con la ordinanza del 3.11.2020, contestuale alla sentenza non definitiva, una legittima emendatio libelli, sicche’ e’ stata ammessa la prova testimoniale a mezzo dell’investigatore privato.

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Pertanto, non vi e’ stata alcuna lesione del diretto di difesa ed e’ stato assicurato il contraddittorio, poiche’ la parte appellata ha avuto modo di esaminare e controdedurre all’atto di appello, nonche’ esaminare e proporre eventuali osservazioni alla ordinanza citata; e’ irrilevante che la parte dichiari di non avere accettato il contraddittorio, poiche’ se la questione e’ legittimamente introdotta in giudizio, tale resta, anche se la parte dichiara di non accettare il contraddittorio e viceversa, ove si trattasse effettivamente di ius novum, sarebbe irrilevante l’accettazione del contraddittorio (Cass. sez. un. 09/01/2020, n. 157).

Ne’ la parte puo’ lamentarsi che non le sia stato assicurato il grado d’appello perche’ non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado di giurisdizione nel merito (p. es. Corte Cost. 22/6/1963, n. 110; 23/4/1965, n. 36; 4/7/1977, n. 125; 15/4/1981, n. 62; 4/7/1983, n. 224; Cost. 7/3/1984, n. 52; 29/3/1984, n. 7822/11/1985, n. 299; 18/7/1986, n. 200;31/12/1986, n. 301; 26/1/1988, n. 80; 31/3/1988, n. 395;14/12/1989, n. 543; 3/10/1990, n. 433; 23/12/1994, n. 438).

3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione degli articoli 116 e 244 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4 e la violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5. La ricorrente deduce che (OMISSIS) ha appellato la sentenza di prime cure senza formalizzare alcuna richiesta di prova testimoniale tantomeno specificando i fatti formulati per articoli separati, tuttavia la Corte d’Appello ha ammesso la prova testimoniale ma non ha affatto valutato, in sentenza, le prove (relazione investigativa e prova testimoniale) secondo il “suo prudente apprezzamento”; piuttosto ha considerato dette risultanze probatorie alla stregua di vere e proprie prove legali, equiparando la relazione investigativa a un atto pubblico e le dichiarazioni testimoniali alla confessione. La sentenza della Corte salentina e’ quindi viziata in quanto e’ stata male esercitata la funzione giudiziale nell’apprezzamento della prova.

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4. – Il motivo e’ infondato.

La Corte d’appello ha in ammesso una prova atipica e cioe’ il documento contenente la relazione investigativa previa la conferma dei contenuti da parte del suo autore. Nel vigente ordinamento processuale, mancando una norma di chiusura sulla tassativita’ tipologica dei mezzi di prova, il giudice puo’ legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche (Cass. n. 9507 del 06/04/2023). Ne’ puo’ dirsi che la Corte abbia attribuito il significato di prova legale a detta relazione, poiche’ la relazione e’ stata valutata per cio’ che essa e’, e cioe’ un documento idoneo a dimostrare il pernottamento di un uomo, in talune date, presso l’abitazione della ricorrente, anche sulla base di quanto riferito dell’investigatore e da quanto si desume dai rilievi fotografici allegati. Diversa e’ la questione delle conseguenze, in punto di diritto, che la Corte di merito ne trae, valutazione che, come appresso si dira’, e’ inficiata da errori.

5.- Con il quarto motivo del ricorso si lamenta la violazione dell’articolo 156 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione di norme di diritto sostanziale. La ricorrente deduce che la Corte di merito non ha giudizialmente accertato l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto (tra la (OMISSIS) e il (OMISSIS)), non ha verificato l’esistenza di alcun elemento incidente sul diritto all’assegno, ne’ accertato un progetto di vita intrapreso con il terzo con reciproci doveri di assistenza morale e materiale; tuttavia ha pronunciato “la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno”, non sussistendo i giustificati motivi occorrenti per la revoca dell’assegno ai sensi dell’articolo 156 c.c., u.c..

6.- Il motivo e’ fondato.

La Corte d’appello di Lecce ha fatto discendere la revoca dell’assegno di mantenimento direttamente dalla circostanza che si e’ accertato che in talune notti, nell’estate del 2019, il predetto (OMISSIS) ha pernottato nell’abitazione della ricorrente, ritenendo accertata la “relazione affettiva” tra i due e senza altro aggiungere se non un poco chiaro riferimento al difetto di “allegazioni specifiche in merito alla occasionalita’ di essa”.

Si tratta quindi di una motivazione al di sotto del c.d. minimo costituzionale, che non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicita’ del ragionamento decisorio (si veda Cass. n. 13248 del 30/06/2020) in quanto non spiega le ragioni per le quali si e’ ritenuto che dagli elementi di fatto accertati si potesse desumere non gia’ una semplice relazione affettiva, ma la convivenza, o comunque una relazione di tipo familiare, tale da comportare l’assistenza morale e materiale tra le parti.

Questa Corte ha invero affermato che in presenza di una convivenza stabile si deve presumere che le risorse economiche vengano messe in comune, salvo la prova contraria data dall’interessato (Cass.16982/2018). E pero’, perche’ possa legittimamente farsi ricorso a detta presunzione, occorre preventivamente accertare che si tratti di una relazione non solo “affettiva” ma di un rapporto stabile e continuativo, ispirato al modello solidale che connota il matrimonio, che non necessariamente deve sfociare in una stabile coabitazione, purche’ sia rigorosamente provata la sussistenza di un nuovo progetto di vita dello stesso beneficiario con il nuovo partner, dal quale discendano inevitabilmente reciproche contribuzioni economiche, gravando il relativo l’onere probatorio sulla parte che neghi il diritto all’assegno (Cass. n. 3645 del 07/02/2023).

Questa Corte ha inoltre affermato, in tema di divorzio, che, ove sia richiesta la revoca dell’assegno in favore dell’ex coniuge a causa dell’instaurazione da parte di quest’ultimo di una convivenza “more uxorio”, il giudice deve procedere al relativo accertamento tenendo conto, quale elemento indiziario, dell’eventuale coabitazione con l’altra persona, in ogni caso valutando non atomisticamente ma nel loro complesso l’insieme dei fatti secondari noti, acquisiti al processo nei modi ammessi dalla legge, e gli eventuali ulteriori argomenti di prova, rilevanti per il giudizio inferenziale in ordine alla sussistenza della detta convivenza, intesa quale legame affettivo stabile e duraturo, in virtu’ del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale (Cass. n. 14151 del 04/05/2022).

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6.1.- Questo orientamento, pienamente condivisibile, va qui ribadito, con le opportune precisazioni in ordine alle ragioni per le quali la convivenza puo’ comportare la perdita dell’assegno di separazione.

In tema di assegno divorzile, infatti, e’ principio consolidato che qualora sia instaurata una stabile convivenza tra un terzo e l’ex coniuge, viene meno la componente assistenziale all’assegno divorzile, e se ne perde il correlativo diritto, ma non viene meno la componente compensativa, qualora l’interessato alleghi e dimostri non solo di essere privo anche nell’attualita’ di mezzi adeguati e impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, ma anche, nel caso concreto, il comprovato emergere di un contributo dato alle fortune familiari e al patrimonio dell’altro coniuge (Cass. sez. un. 32198 del 05/11/2021; Cass. n. 14256 del 05/05/2022). Di conseguenza qualora sia stato il coniuge divorziato ad intraprendere una nuova relazione familiare di fatto, non necessariamente cio’ comporta il venire meno dell’assegno di divorzio, perche’, anche rimodulato nel quantum, il diritto puo’ essere mantenuto.

Assegno di divorzio ed assegno di mantenimento sono pero’ diversi quanto a natura presupposti e funzioni; e segnatamente, l’assegno di mantenimento che il coniuge privo di mezzi puo’ ottenere in sede di separazione e’ privo della componente compensativa, consistendo nel diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto e’ necessario mantenimento, in mancanza di adeguati redditi propri (articolo 156 c.c.).

Nel quadro normativo del codice civile la separazione dei coniugi ha funzione conservativa, pur se la legge sul divorzio le ha affiancato anche una funzione dissolutiva, tanto che questa Corte ha affermato che in tema di crisi familiare, in ragione dell’unica causa della crisi, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 473-bis c.p.c., comma 1 e’ ammissibile il ricorso dei coniugi proposto anche con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Secondo l’id quod prelumque accidit, si osserva che la crisi separativa conduce, sia pure attraverso la disciplina di una graduazione e assottigliamento delle posizioni soggettive (diritti e doveri) dei coniugi, dal fatto separativo e con altissima probabilita’ all’esito divorzile successivo (Cass. n. 28727 del 16/10/2023).

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La funzione conservativa della separazione, ad oggi, si invera prevalentemente nel riconoscimento del diritto del coniuge economicamente debole a mantenere lo stesso tenore di vita. In fase di separazione infatti alcuni doveri matrimoniali vengono meno (ad esempio l’obbligo di coabitazione) oppure si attenuano (ad esempio l’obbligo di fedelta’), ma e’ essenzialmente conservata la solidarieta’ economica, espressione del principio costituzionale di parita’ dei coniugi, che si esprime nel dovere di assistenza, in ragione della quale il coniuge cui non sia addebitabile la separazione ha diritto a mantenere lo stesso tenore di vita matrimoniale e quindi a ricevere un assegno di mantenimento dal coniuge economicamente piu’ forte.

In termini, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicche’ i “redditi adeguati” cui va rapportato, ai sensi dell’articolo 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilita’ con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedelta’, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarieta’ post-coniugale, presupposto dell’assegno di divorzio (Cass. n. 12196 del 16/05/2017; conf. Cass. n. 16809 del 24/06/2019; Cass. n. 4327 del 10/02/2022).

Il diritto all’assegno di mantenimento e’ quindi fondato sulla persistenza del dovere di assistenza materiale; il principio di parita’ richiede che tale sostegno sia reciproco, senza graduazioni o differenze, ma anche solidale, il che significa che chi ha maggiori risorse economiche deve condividerle con chi ne ha di meno. In ogni caso, il coniuge economicamente debole deve essere consapevole che la separazione e’ una condizione di possibile, anzi probabile, breve durata e che nella maggior parte dei casi non prelude a una riconciliazione bensi’ allo scioglimento del vincolo, in seguito al quale l’assegno di divorzio e’ riconosciuto -se riconosciuto- sulla base di diversi presupposti e prescindendo dal rapporto con il tenore di vita (Cass. civ. sez. un. 18287/2018).

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Tuttavia, finche’ perdura lo stato di separazione resta attiva la solidarieta’ matrimoniale, che si concreta nel dovere di assistenza tra coniugi, sebbene diversamente attuato che in costanza di convivenza, e cioe’ con una prestazione patrimoniale periodica, perche’ i coniugi non vivono piu’ insieme; ed e’ attivo anche – di conseguenza – il legame con il modello matrimoniale concretamente vissuto dai coniugi e cioe’ il pregresso tenore di vita. Cio’ non significa che detto legame non possa essere spezzato per effetto di una scelta volontaria, ed in tal senso la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha affermato che durante la separazione personale, la formazione di un nuovo aggregato familiare di fatto ad opera del coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento, operando una rottura tra il preesistente tenore e modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale ed il nuovo assetto fattuale, fa venire definitivamente meno il diritto alla contribuzione periodica (Cass. n. 32871 del 19/12/2018).

7.- Il Collegio ritiene di aderire a tutt’oggi a questo orientamento, considerando che l’assegno di mantenimento e’ fondato – come sopra si diceva – sulla persistenza di uno dei doveri matrimoniali e non ha – a differenza dell’assegno di divorzio – componenti compensative.

Nel nostro ordinamento il modello di relazione familiare tra due adulti, sia essa fondata sul matrimonio, che sulla unione civile, che su un rapporto di fatto, e’ un modello monogamico: non e’ consentito contrarre matrimonio o unione civile se si e’ gia’ vincolati da analogo legame, e neppure stipulare validi patti di convivenza se si e’ legati da altro vincolo matrimoniale o da altra convivenza regolata da patto (L. n. 76 del 2016, comma 57, articolo 1, che prevede in tal caso la nullita’ insanabile del patto).

L’ordinamento non tollera la concorrenza di due vincoli solidali fondati sullo stesso tipo di relazione, e pertanto il coniuge separato non puo’ al tempo stesso beneficiare dell’assistenza materiale del dell’altro coniuge e della assistenza materiale del (nuovo) convivente.

Quanto sopra esposto rende evidente l’errore della Corte d’appello di Lecce che non ha accertato, iuxta alligata et probata, e a fronte della contestazione della ricorrente sull’assenza di prova di una convivenza stabile, le caratteristiche del legame tra l’odierna ricorrente l’uomo di cui si parla nella relazione investigativa, e non ha spiegato le ragioni per cui, in relazione a quanto accertato, ha ritenuto di revocare l’assegno di mantenimento.

Di conseguenza, in accoglimento del quarto motivo di ricorso, respinti gli altri, la sentenza in esame deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione per un nuovo esame attenendosi ai seguenti principi di diritto:

7.1.- “In tema di crisi familiare, se durante lo stato di separazione il coniuge avente diritto all’assegno di mantenimento instaura un rapporto di fatto con un nuovo partner, che si traduce in una stabile e continuativa convivenza, ovvero, in difetto di coabitazione, in un comune progetto di vita connotato dalla spontanea adozione dello stesso modello solidale che connota il matrimonio, caratterizzato da assistenza morale e materiale tra i due partner, viene meno l’obbligo di assistenza materiale da parte del coniuge separato e quindi il diritto all’assegno.

La prova dell’esistenza di un tale legame deve essere data dal coniuge gravato dall’obbligo di corrispondere assegno.

Dalla prova della stabilita’ e continuita’ della convivenza puo’ presumersi, salvo prova contraria, che le risorse economiche siano state messe in comune; ma nel caso in cui difetti la coabitazione, la prova dovra’ essere rigorosa, dovendosi dimostrare che, stante il comune progetto di vita, i partner si prestano assistenza morale e materiale”.

Il giudice del rinvio provvedera’ anche sulle spese, in esse comprese quelle del giudizio di legittimita’.

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P.Q.M.

Accoglie il quarto motivo del ricorso, respinti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

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