L’art. 1669 cod. civ. individua una responsabilità aquiliana

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 25 febbraio 2020, n. 5096.

La massima estrapolata:

In tema di appalto, l’art. 1669 cod. civ. individua una responsabilità aquiliana di ordine pubblico, sancita per finalità di interesse generale, che trascende i confini dei rapporti negoziali tra le parti, invocabile anche dall’acquirente contro il venditore, allorché questi abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilità, abbia assunto nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell’opera. In altri termini, l’art. 1669 cod. civ., trova applicazione, oltre che nei casi in cui il venditore abbia provveduto alla costruzione con propria gestione di uomini e mezzi, anche nelle ipotesi in cui, pur avendo utilizzato l’opera di soggetti estranei, la costruzione sia, comunque, a lui riferibile in tutto o in parte per avere ad essa partecipato in posizione di autonomia decisionale, mantenendo il potere di coordinare lo svolgimento dell’altrui attività o di impartire direttive o di sorveglianza, sempre che la rovina o i difetti dell’opera siano riconducibili all’attività da lui riservatasi.

Ordinanza 25 febbraio 2020, n. 5096

Data udienza 3 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 33110-2018 proposto da:
(OMISSIS) SPA, in persona dell’amministratore unico Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SPA, (OMISSIS), (OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SPA;
– intimati –
Nonche’ da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti incidentali –
contro
(OMISSIS) SPA, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SPA (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SPA (OMISSIS);
– intimati –
Nonche’ da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona dell’amministratore unico Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);
– controricorrente all’incidentale –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SPA, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SPA;
– intimati –
Nonche’ da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 2036/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 27/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/12/2019 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) S.p.A. ricorre per la cassazione della sentenza n. 2036/2018, della Corte d’Appello di Bologna, articolando dieci motivi, illustrati con memoria.
Resistono con autonomi controricorsi il (OMISSIS), che si avvale della facolta’ di depositare memoria, (OMISSIS), (OMISSIS) S.p.a., (OMISSIS) che deposita memoria.
Resiste e propone ricorso incidentale (OMISSIS), basato su un solo motivo. Gli replicano (OMISSIS) e (OMISSIS) S.p.A., con controricorsi, corredati di memoria.
Il Tribunale di Bologna, con sentenza n. 2425/2013, riunite le cause promosse dal (OMISSIS) e da (OMISSIS), condomino, nei confronti (OMISSIS) S.p.a. e della (OMISSIS) S.p.A. – con la chiamata in causa di (OMISSIS), quale direttore dei lavori, da parte della Soc. (OMISSIS), di (OMISSIS), quale progettista, da parte di (OMISSIS), della (OMISSIS), da parte di (OMISSIS), della (OMISSIS), da parte di (OMISSIS), e con l’intervento volontario di (OMISSIS), altro condomino – per ottenere la condanna delle societa’ convenute all’esecuzione dei lavori necessari a porre rimedio ai gravi danni alle parti comuni ed alle proprieta’ esclusive del complesso residenziale sito in via (OMISSIS), respingeva la domanda nei confronti della societa’ (OMISSIS), ritenendola solo incaricata della vendita degli immobili, costruiti in piena autonomia dalla societa’ (OMISSIS); di conseguenza, respingeva la domanda verso (OMISSIS) e quella di (OMISSIS) verso (OMISSIS) nonche’ le domande verso la (OMISSIS) e la (OMISSIS).
I seri vizi di costruzione venivano imputati alla societa’ (OMISSIS), la quale veniva condannata a risarcire per equivalente la somma di Euro 241.305,24, veniva invece rigettata la domanda di risarcimento in forma specifica, perche’ ritenuta non indispensabile ed eccessivamente onerosa per l’obbligata. Veniva respinta anche la domanda di deprezzamento formulata da (OMISSIS), perche’ una volta eseguiti, i lavori indicati dal CTU sarebbero stati in grado di porre rimedio a tutti i vizi riscontrati all’interno della sua unita’ immobiliare.
Seguiva la regolazione delle spese di lite.
Alla Corte d’Appello di Bologna si rivolgeva (OMISSIS), lamentando l’esclusione della responsabilita’ della societa’ (OMISSIS), l’assoluzione da ogni responsabilita’ di (OMISSIS) e di (OMISSIS), insistendo con la proposizione della domanda di esecuzione in forma specifica, dolendosi del mancato riconoscimento a titolo risarcitorio di Euro 80.972,50 spesi dal Condominio per il rifacimento del lastrico solare, reiterando la richiesta di risarcimento del danno da deprezzamento e quella di risarcimento del danno biologico ed esistenziale, censurando la regolazione delle spese di lite.
La societa’ (OMISSIS) contestava il fondamento dell’appello.
La societa’ (OMISSIS) proponeva ricorso incidentale, ribadendo, ai fini che qui interessano, il proprio dietro di legittimazione passiva rispetto alle domande proposte da (OMISSIS).
(OMISSIS) contestava la fondatezza delle domande di (OMISSIS) e quanto alla richiesta di risarcimento del danno biologico ne eccepiva la tardivita’, riproponeva l’eccezione di prescrizione/decadenza ex articolo 1669 c.c. dell’azione promossa nei suoi confronti dalla societa’ (OMISSIS), insisteva con la domanda di manleva nei confronti della (OMISSIS).
(OMISSIS) contestava il fondamento dell’appello ed eccepiva che (OMISSIS), non avendo proposto domande nei confronti del direttore dei lavori e del progettista delle strutture principali, non poteva dolersi dell’esonero da ogni responsabilita’ degli altri soggetti corresponsabili, ne’ dei danni riportati dalle strutture portanti dell’edificio, deduceva l’avvenuto decorso del termine di decadenza/prescrizione, l’insussistenza dei gravi vizi di costruzione ex articolo 1669 c.c., l’assenza di ogni sua responsabilita’; asseriva, confortato dalla CTU, che la denunciata deformabilita’ dell’immobile trovava causa nella mancanza di coordinamento dell’attivita’ dei quattro progettisti coinvolti; ribadiva di non avere assunto il ruolo di progettista principale; insisteva con la sua domanda di garanzia nei confronti della (OMISSIS).
La (OMISSIS), mandataria di (OMISSIS), gia’ (OMISSIS), chiamata in causa da (OMISSIS), ribadiva la eccezione di decadenza e di prescrizione del diritto di (OMISSIS) e della societa’ (OMISSIS), eccepiva che (OMISSIS) non aveva alcun obbligo di garanzia verso la societa’ (OMISSIS).
L’ (OMISSIS) riproponeva le eccezioni e le difese disattese dal giudice di prime cure e, con appello incidentale condizionato, censurava il mancato accertamento della tardivita’ della domanda di risarcimento del danno biologico proposta da (OMISSIS).
(OMISSIS) chiedeva che, nel caso di condanna delle societa’ originariamente convenute ad eseguirlo, i necessari interventi di ripristino fossero eseguiti in conformita’ con quanto stabilito dall’elaborato peritale dell’ing. (OMISSIS) o comunque in modo da lasciare inalterato lo stato dei luoghi della sua proprieta’ esclusiva.
Il (OMISSIS), con autonomo atto di citazione, denunciava l’erroneo esonero da responsabilita’ della societa’ (OMISSIS), il rigetto della richiesta di risarcimento del danno in forma specifica, il mancato conteggio degli Euro 80.972,24 spesi per il rifacimento del lastrico solare e si doleva della regolazione delle spese di lite.
Si costituivano anche la societa’ (OMISSIS), la societa’ (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), le imprese assicuratrici, (OMISSIS), riproponendo le difese e le eccezioni gia’ formulate nel giudizio di appello proposto da (OMISSIS).
Le due cause venivano riunite e il giudice d’Appello, con la sentenza qui impugnata, riteneva responsabile anche la societa’ (OMISSIS), perche’ il contratto di associazione in partecipazione, intercorso tra la (OMISSIS) S.r.l., dante causa della societa’ (OMISSIS), e la societa’ (OMISSIS), aveva riservato alla societa’ (OMISSIS) il diritto di nomina dei tecnici, dei progettisti, del direttore dei lavori, del collaudatore, il diritto di controllo e di verifica sull’operato dell’impresa edile, respingeva la censura di (OMISSIS) riguardo all’esonero da ogni responsabilita’ degli altri soggetti chiamati, perche’ non aveva mai esteso la domanda nei, confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS).
Quanto alla domanda di risarcimento del danno in forma specifica, il giudice d’Appello confermava la decisione di prime cure, ma con diversa motivazione, ritenendo oneroso pe le societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS) gestire una situazione conflittuale condominiale.
Respingeva la domanda di intervento immediato sull’unita’ abitativa di (OMISSIS), ma accoglieva la domanda di risarcimento del danno da deprezzamento, essendo i lavori di cui necessitava il suo appartamento superabili solo con l’utilizzo di pareti in cartongesso aventi una fruibilita’ inferiore e diversa rispetto a quelle in muratura. Tale danno veniva liquidato equitativamente e tenuto conto degli accertamenti eseguiti in Euro 40.000,00. L’accoglimento di tale domanda assorbiva quella di cui all’articolo 1492 c.c. proposta da (OMISSIS) nei confronti della societa’ (OMISSIS).
La domanda di risarcimento dei danni alla persona formulata da (OMISSIS) veniva invece rigettata perche’ non era stato dimostrato il nesso causale con i fatti per cui e’ causa.
La domanda di rifusione della somma di Euro 80.972,54 spesa dal (OMISSIS) per rifare il lastrico solare veniva accolta, perche’ l’unico intervento risolutivo per il riscontrato fenomeno fessurativo veniva ritenuto l’integrale rifacimento della impermeabilizzazione.
La domanda di manleva e di garanzia formulata dalla societa’ (OMISSIS) nei confronti della societa’ (OMISSIS) veniva rigettata in ragione della clausola arbitrale contenuta nel contratto di associazione in partecipazione.
L’eccezione di prescrizione/decadenza formulata da Massimo (OMISSIS) veniva accolta, perche’ la societa’ (OMISSIS) nel costituirsi in giudizio si era limitata a chiedere di essere tenuta indenne dalla societa’ (OMISSIS) e da (OMISSIS), che era stato il direttore dei lavori ed il coordinatore di tutti i professionisti. Il titolo fatto valere era dunque la responsabilita’ di cui all’articolo 1669 c.c., la stessa azionata nei loro confronti dagli attori, ma a tale titolo (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati investiti della domanda dalla societa’ convenuta, mentre non era stata estesa nei loro confronti la domanda formulata dagli attori. Pertanto, la societa’ (OMISSIS) non poteva avvalersi dell’articolo 1310 c.c. nei confronti di (OMISSIS) – norma comunque applicabile in caso di prescrizione e non anche di decadenza – e di conseguenza l’appellata societa’ (OMISSIS) veniva considerata decaduta dall’azione proposta nei confronti di (OMISSIS), con il correlativo assorbimento della domanda di quest’ultimo nei confronti di (OMISSIS).
Seguiva una diversa regolamentazione delle spese di lite rispetto alla decisione di prime cure.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Ricorso principale.
1.Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1669, 2043, 2697 c.c., ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
2. Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza gravata per avere omesso l’esame di fatti decisivi per I giudizio e discussi, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
3. Con il terzo motivo la ricorrente imputa al giudice a quo la violazione dell’articolo 1362 c.c., commi 1 e 2, e dell’articolo 1363 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
4.Le prospettazioni a supporto dei primi tre motivi sono comuni e connesse anche nel ricorso presentato dalla societa’ Antaleo, percio’ saranno oggetto di un esame congiunto.
La tesi sostenuta e’ che l’articolo 1669 c.c. non sia stato correttamente applicato nei confronti della societa’ ricorrente, perche’ il committente non incorre nella stessa responsabilita’ dell’appaltatore: a) se ha esercitato un controllo sui lavori edili, designando un sorvegliante privo di poteri di ingerenza; b) se il potere di verifica esercitato, anche mediante il direttore dei lavori, durante la realizzazione dell’edificio e il successivo collaudo, rientra nei normali poteri di verifica e non trasforma l’appaltatore in un mero esecutore di sue direttive; c) se il committente non ha assunto il rischio inerente all’attivita’ di costruzione.
Inoltre, la Corte d’Appello avrebbe dovuto escludere la responsabilita’ della societa’ (OMISSIS), tenuto conto del contratto di associazione in partecipazione, da cui emergeva che la societa’ (OMISSIS), dante causa della societa’ (OMISSIS), si era riservata il generale controllo e la verifica sull’operato dell’impresa, nominando un tecnico di fiducia con libero accesso al cantiere allo scopo di verificare che le opere venissero realizzate secondo quanto convenuto tra le parti, che non c’era stato un controllo su tutte le fasi della esecuzione delle opere, che la nomina del direttore tecnico dei lavori, (OMISSIS), era stata sottoposta all’approvazione della societa’ (OMISSIS), che la societa’ (OMISSIS), in ragione del contratto di associazione in partecipazione, aveva un ampio spazio di autonomia, che doveva chiedere alla societa’ (OMISSIS) l’assenso solo per modifiche sostanziali, che cio’ non era contraddetto dall’accollo da parte della societa’ (OMISSIS) del 55% dei costi delle eventuali varianti.
Aveva, invece, senza che nulla emergesse in tal senso dal contratto di associazione in partecipazione, ritenuto che la societa’ (OMISSIS) si fosse riservata il diritto di nominare tutti i tecnici, con oneri a suo carico, e che per loro tramite avesse predisposto i progetti dell’opera.
Tutte le circostanze menzionate, secondo la societa’ ricorrente, non essendo ritenute decisive dalla giurisprudenza per dimostrare la qualita’ di costruttore in capo alla societa’ committente, avrebbero dovuto indurre il giudice a quo a negare la sua responsabilita’ ex articolo 1669 c.c.
In aggiunta, non sarebbe stato tenuto conto del fatto che con il contratto di associazione in partecipazione era stato premesso che l’associazione (OMISSIS) non possedeva l’organizzazione imprenditoriale per realizzare l’opus, che era stata scelta allo scopo la societa’ (OMISSIS), che tutte le garanzie di cui agli articoli 1667, 1668, 1669 era previsto che sarebbero rimaste a carico della societa’ (OMISSIS), che la societa’ (OMISSIS) avrebbe assunto tutte le decisioni e compiuto tutte le operazioni senza limitazioni al di fuori di quella di non ledere gli interessi dell’associante o di diminuire gli utili dell’iniziativa. Per di piu’, osserva che proprio la giurisprudenza di legittimita’ citata dalla Corte d’Appello – sentt. n. 9170/2013 e n. 467/2014 – stabilisce che solo il venditore fornito di specifica competenza tecnica per dare indicazioni costruttive puo’ essere ritenuto responsabile ai sensi dell’articolo 1669 c.c.
Ancora: la Corte d’Appello avrebbe mancato di considerare che il diritto dell’associante di nominare il tecnico di fiducia non riguardava affatto i professionisti esecutivi incaricati di eseguire l’opera, e sarebbe incorsa nella violazione dell’articolo 1362 c.c., comma 1, e dell’articolo 1363 c.c., perche’ si era formato un convincimento erroneo circa il concreto ruolo della societa’ (OMISSIS), sulla base di una interpretazione parziale ed asistematica di talune clausole del contratto di associazione in partecipazione.
Tantomeno il giudice a quo avrebbe tenuto conto della relazione del CTU che aveva ascritto ogni responsabilita’ al progettista, al direttore dei lavori, all’impresa esecutrice ed all’impresa esecutrice che aveva realizzato i lavori con risorse, mezzi e attrezzature proprie.
I motivi si dimostrano inammissibili.
Cio’ che essi sottendono e’ in tutta evidenza una diversa valutazione delle circostanze esaminate dalla Corte d’Appello al fine di addivenire alla conclusione che la societa’ (OMISSIS) non potesse andare esente da responsabilita’ ai sensi dell’articolo 1669 c.c.
E’ pacifico per la giurisprudenza di questa Corte che l’articolo 1669 c.c. individua una responsabilita’ aquiliana “di ordine pubblico, sancita per finalita’ di interesse generale, che trascende i confini dei rapporti negoziali tra le parti”, invocabile anche dall’acquirente contro il venditore, allorche’ questi abbia costruito l’immobile sotto la propria responsabilita’, abbia assunto nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti una posizione di diretta responsabilita’ nella costruzione dell’opera. In altri termini, l’articolo 1669 c.c., trova applicazione, oltre che nei casi in cui il venditore abbia provveduto alla costruzione con propria gestione di uomini e mezzi, anche nelle ipotesi in cui, pur avendo utilizzato l’opera di soggetti estranei, la costruzione sia, comunque, a lui riferibile in tutto o in parte per avere ad essa partecipato in posizione di autonomia decisionale, mantenendo il potere di coordinare lo svolgimento dell’altrui attivita’ o di impartire direttive o di sorveglianza, sempre che la rovina o i difetti dell’opera siano riconducibili all’attivita’ da lui riservatasi (Cass. 30/05/2007, n. 16202).
Il fatto che sulla ricorrenza di detti presupposti si incentrino le censure della societa’ (OMISSIS) non basta a suffragare i motivi di ricorso, giacche’ a prescindere dalla loro ammissibilita’ per le ragioni evidenziate, questa Corte regolatrice ha provveduto a specificare ulteriormente che “chi abbia deciso di far costruire un immobile da destinare alla successiva vendita (intera o frazionata) a terzi, e che per far questo appalti l’opera ad un diverso soggetto (impresa edile) e’ tenuto alla garanzia prevista dall’articolo 1669 c.c.” (Cass. 20/02/2018, n. 4055).
Cio’ premesso, nel caso in esame, la normativa richiamata – l’articolo 1669 c.c. – ben avrebbe potuto trovare applicazione, essendo pacifico che la societa’ (OMISSIS), venditrice dei beni per cui e’ causa, era la “committente” dello stabile condominiale e, dunque, in tale posizione, come aveva riconosciuto la Corte d’Appello, aveva mantenuto un potere di controllo e di sorveglianza sull’esecuzione delle opere, per cui aveva conseguito autonomamente i titoli di legittimazione ad edificare.
L’attuale ricorrente lamenta, ripetutamente, che la Corte territoriale abbia omesso di basare il proprio convincimento sulla prova documentale (contratto di associazione in partecipazione) offerta dalla venditrice, comprovante, a suo dire, la propria estraneita’ al processo edificatorio, fornisce una differente spiegazione del potere di vigilanza e di controllo riservatosi contrattualmente, nega di avere, tramite la nomina del direttore dei lavori e del collaudatore e di altre figure professionali, mantenuto un potere di ingerenza sull’attivita’ edificatoria, ma si tratta di censure, come gia’ anticipato, volte ad ottenere un esito diverso degli accertamenti operati dal giudice a quo. Anche quando contesta l’interpretazione del contratto di associazione in partecipazione offrendone una diversa, evidentemente a se’ favorevole, si limita ad un generico richiamo delle norme di ermeneutica contrattuale asseritamente violate, ma senza offrire una convincente dimostrazione dell’errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Corte d’Appello e soprattutto omettendo di considerare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, quella del giudice di merito non deve essere la migliore delle interpretazioni possibili, ne’ l’unica.
Infatti, per censurare la Corte territoriale nell’opera tipica del giudice di merito di determinare una realta’ storica ed obiettiva, qual e’ la volonta’ dei contraenti, possibile in sede di legittimita’ soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dagli articoli 1362 c.c. e ss., oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi, la societa’ ricorrente avrebbe dovuto non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma anche precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne fosse discostato o li avesse applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti ovvero fornendo riscontri concreti dai quali desumere che il criterio ermeneutico utilizzato non fosse intellegibile non gia’ in astratto ma sulla base di emergenze semantiche obiettivamente verificabili (Cass. 14/05/2019, n. 12798).
Tanto la societa’ ricorrente ha omesso di fare, dando dimostrazione che la sua critica ha riguardato solo l’esito del convincimento del giudice, rimandando ad una questione relativa al merito della controversia, sottratta al sindacato di legittimita’, giacche’ l’interpretazione del contratto e, in base al combinato disposto di cui all’articolo 1324 c.c., articolo 1362 c.c. e e ss., l’interpretazione degli atti unilaterali sono riservate al giudice del merito. Non solo: l’interpretazione del giudice non deve essere ne’ l’unica possibile, o la migliore in astratto, ma solo una delle possibili e plausibili interpretazioni, come gia’ anticipato (Cass.12/02/2019, n. 3964).
5.Con il quarto motivo la ricorrente rileva la violazione dell’articolo 115 c.p.c., ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
La ricorrente lamenta la condanna al pagamento di Euro 40.000,00 a favore di (OMISSIS) a causa del deprezzamento dell’immobile, nonostante il parere contrario del CTU, senza alcun argomento tecnico a sua confutazione e non individuando alcun parametro per la determinazione del danno.
6. Con il quinto motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione degli articoli 1226 e 2696 c.c., ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 4.
Mancando tanto l’impossibilita’ e/o la difficolta’ di quantificare il danno nel suo preciso ammontare quanto la prova della effettiva sussistenza ed entita’ materiale del danno, il giudice a quo non avrebbe dovuto procedere alla valutazione equitativa. Per di piu’, al fine di determinare l’an ed il quantum del deprezzamento dell’immobile di (OMISSIS), il giudice aveva disposto una CTU, la quale aveva concluso che non vi era il danno lamentato.
I motivi quarto e quinto possono essere esaminati congiuntamente, perche’ sono strettamente collegati.
Bisogna partire dalla premessa che la CTU aveva individuato i lavori necessari per risolvere in via definitiva i vizi riscontrati nell’unita’ immobiliare di (OMISSIS) ed aveva ritenuto risolutivi alcuni interventi volti a sostituire la muratura con pannelli in cartongesso.
La Corte d’Appello, con una motivazione congrua e ragionevole, aveva giudicato, discostandosi, come era suo potere fare, dalle valutazioni del CTU, che il deprezzamento lamentato vi fosse, atteso che le pareti in cartongesso non hanno la stessa funzionalita’ di quelle in muratura. Si tratta di un accertamento di fatto che non merita censura, giacche’ il giudice puo’ disattendere le risultanze di una CTU, con il solo obbligo, qui soddisfatto, di motivare la propria decisione.
Mette conto rilevare, infatti, che, per un verso, la consulenza tecnica d’ufficio e’ stata correttamente utilizzata con la finalita’ di coadiuvare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti (Cass. 08/02/2011, n. 3130) – e’ dalla CTU che il giudice di merito ha tratto la conoscenza della tipologia degli interventi da realizzare – per un altro, non va dimenticato che se il giudice e’ tendenzialmente libero di nominare un consulente tecnico anche per la soluzione di questioni tecniche e specialistiche, potendo altrimenti provvedere sulla scorta delle sue personali conoscenze, a maggior ragione, in quanto peritus peritorum, puo’ disattendere le argomentazioni tecniche svolte dal consulente, non solo se esse gli appaiano contraddittorie, ma anche quando intenda sostituirle con altre argomentazioni tratte dal proprio bagaglio di conoscenza e di esperienza (Cass. 21/12/2017, n. 30733).
Chiarito dunque che il giudice a quo ha ritenuto ricorrente il deprezzamento dell’unita’ immobiliare di (OMISSIS), il problema si sposta sul se si sia correttamente avvalso del suo potere di determinazione equitativa del danno. A parere di questo Collegio il giudice a quo non e’ incorso in alcun errore: ritenuto esistente il danno risarcibile e risultato provato ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno, si e’ avvalso in concreto del potere di liquidarlo in via equitativa, colmando le lacune inerenti alla sua precisa determinazione. La stima della Corte d’Appello ha tenuto conto, infatti, delle relazioni tecniche e della determinazione cui erano pervenute, ma ha reputato che esse partissero da un dato smentito dalla CTU, cioe’ che i vizi derivanti dalle infiltrazioni fossero destinate ad incrementarsi inarrestabilmente, ed ha provveduto ad una valutazione del pregiudizio reputata piu’ coerente con l’esito degli accertamenti eseguiti.
7. Con il sesto motivo la societa’ ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1669 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e l’omesso esame di un fatto decisivo discusso tra le parti ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
La Corte d’Appello, pur avendo ritenuto corresponsabile del danno la societa’ ricorrente in solido con la societa’ (OMISSIS), aveva rigettato la domanda di manleva nei confronti di (OMISSIS), perche’ quest’ultimo non avrebbe ricevuto la denuncia dei vizi entro un anno dalla loro scoperta. Dai documenti di causa, pero’, secondo la ricorrente, emergerebbe che (OMISSIS) aveva inviato alla odierna ricorrente una lettera datata 12 marzo 2008 in cui prendeva specifica posizione sulla relazione del prof. (OMISSIS), incaricato di eseguire l’accertamento tecnico preventivo, dimostrando la piena conoscenza dei vizi e dichiarando di conoscere la lettera di diffida del 7 febbraio 2008; quindi, aveva conosciuto i vizi dell’immobile in tempo utile per impedire la decadenza e la prescrizione, essendo l’azione stata esercitata con chiamata in causa del 19 gennaio 2009, mentre la denuncia dei vizi era avvenuta, come affermato in sentenza, nei dieci anni dalla costruzione, in quanto il collaudo era avvenuto il 16 aprile 1998.
Il motivo e’ inammissibile.
In primo luogo, va, al riguardo, ricordato che il vizio motivazionale rilevante, secondo l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e’ quello di “omesso esame circa un fatto decisivo”, che presuppone la totale pretermissione nell’ambito della motivazione di uno specifico fatto storico, principale o secondario.
Sicche’ tale vizio non sussiste quando, in luogo delle carenze previste, la sentenza impugnata faccia emergere mere difformita’ rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti agli elementi delibati dal giudicante di merito, risolvendosi altrimenti i motivi di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione.
Ebbene, sulla scorta di tali premesse, va notato che con il motivo in esame, lungi dal far valere vizi della motivazione, la ricorrente si limita a dedurre che la lettera datata 12 marzo 2008 proveniente da (OMISSIS) non sarebbe stata valutata al fine di far emergere il non essersi verificata la dedotta decadenza, invocando cosi’ un riesame sul fatto, come detto inesigibile; non solo: non risulta dimostrato che sul fatto asseritamente omesso vi sia stata discussione tra le parti.
Per di piu’ va rilevato che la lettera in questione non presenta carattere di decisivita’.
Va rilevato, infatti, che la ricorrente da’ per scontato che la gravita’ dei vizi lamentati dal (OMISSIS) sia emersa con l’accertamento tecnico preentivo, la cui relazione fu depositata il 14 settembre 2007. Cio’ ha implicato, nella prospettiva della ricorrente, uno spostamento in avanti della decorrenza dei termini di decadenza e di prescrizione. Infatti, la lettera con cui (OMISSIS) aveva contestato le risultanze dell’accertamento tecnico preventivo effettuato dal prof. (OMISSIS), che dimostrerebbe che egli aveva conosciuto i vizi del complesso condominiale, costituisce la conferma che tutta l’argomentazione difensiva della ricorrente si basa sul fatto che l’accertamento tecnico preventivo rappresenti una denuncia dei vizi (p. 35 del ricorso).
Il che non e’ pacificamente emerso dagli atti di causa, sebbene non sia escluso dalla giurisprudenza di questa Corte che il termine di decadenza per la denuncia dei vizi, cominciando a decorrere solo dal giorno in cui il committente abbia conseguito un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravita’ dei difetti e della loro derivazione causale dalla imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti, possa richiedere un accertamento tecnico preventivo allo scopo di rivelare con certezza la causa ed esatta entita’ del fenomeno (Cass. 31/05/2011, n. 12030).
E’ pacifico, tuttavia, che (OMISSIS) non partecipo’ ne’ fu invitato a partecipare all’accertamento tecnico preventivo; ne ebbe pero’ successiva conoscenza aliunde. L’interrogativo e’ se tale conoscenza abbia integrato la natura e le funzioni della “denunzia” richiesta dall’articolo 1669 c.c.. Essa, infatti, costituisce una dichiarazione a recezione necessaria (articolo 1334 c.c., in combinato disposto con il successivo articolo 1335 c.c., da cui si evince che la dichiarazione, oltre che pervenire a conoscenza anche presunta del destinatario, deve essere “diretta” a tale persona “determinata” per “produ(rre) effetto”), in funzione della sua attitudine a influire sulla sfera giuridica del destinatario, che si trovera’ esposto a pretese che, altrimenti, sarebbero state precluse da decadenza.
La natura recettizia della comunicazione che impone il suo pervenimento al destinatario e’ tale da non poter ritenere sufficiente la eventuale conoscenza aliunde da parte del destinatario del contenuto dichiarativo per la produzione dell’effetto giuridico, perche’ implicherebbe la equiparazione della recettizieta’ degli atti unilaterali ad un mero meccanismo a finalita’ informativa.
Il problema e’ stato gia’ affrontato dalla giurisprudenza di questa Corte anche sotto il profilo dell’articolo 2966 c.c., disciplinante il c.d. riconoscimento impeditivo della decadenza, diverso da quello interruttivo della prescrizione ex articolo 2944 c.c., che mutua sostanzialmente da tale ultima norma la formula per cui il riconoscimento medesimo deve essere, per i diritti disponibili, “proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto”. In relazione a cio’, pare doversi desumere dall’articolo 2966 c.c., che, se il riconoscimento deve – su un capo, quello passivo, della relazione giuridica interessata dalla decadenza – essere “proveniente dalla persona contro la quale si deve far valere il diritto”, sul capo attivo del rapporto contrattuale anche il “compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto”, soggetto a decadenza, debba provenire, quanto meno sulla base di mandato di disposizione di legge, dal soggetto che puo’ “far valere il diritto” (Cass. 08/10/2018, n. 24717).
Deve concludersi, dunque, per l’assenza di decisivita’ dell’esame della lettera di (OMISSIS), dalla quale avrebbe potuto dedursi solo l’avvenuta conoscenza aliunde dell’accertamento tecnico preventivo, ma non altro.
8. Con il settimo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 1299 c.c. e articolo 2055 c.c., comma 2, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Il giudice a quo non si sarebbe posto il problema del se all’azione di regresso fra condebitori solidali di un illecito extracontrattuale si applichino le regole dettate dall’articolo 1669 c.c. valevoli per il debitore solidale.
La Corte di seconde cure avrebbe dovuto ritenere che il pagamento dell’intero da parte del condebitore solidale avesse estinto l’obbligazione solidale e determinato la nascita di un rapporto giuridico tra i condebitori avente ad oggetto l’azione di regresso. Invece, aveva ritenuto che il debitore, per evitare il rigetto della domanda di manleva, avrebbe dovuto denunciare i vizi entro il termine di decadenza valevole per il creditore principale, piuttosto che disapplicare la decadenza ex articolo 1669 c.c. nei rapporti interni tra i debitori.
Il motivo e’ infondato.
La ricorrere non tiene conto, infatti, che la societa’ (OMISSIS), convenuta, aveva indicato come responsabile da cui essere manievata (OMISSIS), ma non c’era stata da parte degli attori la richiesta di condanna in proprio favore di quest’ultimo, abbandonando la domanda originaria nei confronti della convenuta o estendendola verso (OMISSIS). Pertanto, correttamente la Corte d’Appello ha ritenuto che il titolo vantato nei confronti di (OMISSIS) fosse l’articolo 1669 c.c. e senza meritare le censure formulate dalla ricorrente ha escluso la domanda di manleva nei suoi confronti, per intervenuta decadenza e prescrizione. La soluzione e’ correttamente motivata anche con riferimento al difetto di domande di accertamento della responsabilita’ professionale, ex articolo 2236 c.c., di (OMISSIS).
9.Con l’ottavo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1310 c.c., ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Secondo la ricorrente il giudice a quo avrebbe dovuto tenere conto del favor di cui l’articolo 1310 c.c. costituisce espressione e accordarlo al creditore in merito alle vicende inerenti l’attuazione del diritto di credito, non regolate espressamente dalla norma.
Si tratta di una censura destituita di fondamento, perche’, come gia’ rilevato, (OMISSIS) non era stato chiamato a rispondere dei danni in via solidale con le societa’ convenute, ma era stato chiamato in garanzia dalla societa’ (OMISSIS). In maniera giuridicamente ineccepibile, dunque, la Corte d’Appello aveva ritenuto inapplicabile l’articolo 1310 c.c. che, peraltro, ove fosse stata in linea di principio invocabile, avrebbe riguardato l’eccezione di prescrizione e non anche quella di decadenza.
10. Con il nono motivo la ricorrente deduce la violazione degli articoli 183 e 345 c.p.c. nonche’ dell’articolo 2969 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Secondo la ricorrente, (OMISSIS) si sarebbe avvalso tempestivamente solo della eccezione di prescrizione ex articolo 1669 c.c.: riferimenti all’eccezione di decadenza sarebbero contenuti solo nella memoria ex articolo 183 c.p.c., n. 1 nella memoria articolo 183 c.p.c., n. 2 egli avrebbe insistito sull’eccezione di prescrizione, sia pure confondendola con quella di decadenza. In appello (OMISSIS) aveva riproposto l’eccezione con la stessa confusione rilevata in prime cure. Di conseguenza, ad avviso della ricorrente, il giudice a quo avrebbe dovuto d’ufficio rilevare la preclusione relativa alle eccezioni proposte dopo la comparsa di risposta che non fossero, come in questo caso, conseguenza delle difese avversarie, anche a prescindere dalla posizione assunta in merito dalla controparte che aveva sempre fondato la propria difesa sulla questione della prescrizione.
Si tratta di una censura inammissibile, perche’ al giudice a quo spettava il potere di interpretare e qualificare non solo il contenuto della domanda, ma anche quello della relativa eccezione, senza essere vincolato dalla qualificazione dell’eccipiente e/o dal tenore letterale delle espressioni utilizzate. L’unico limite era quello di non allargare il thema decidendum o introdurre in giudizio una eccezione in senso stretto.
11. Con il decimo ed ultimo motivo di ricorso la societa’ (OMISSIS) lamenta la violazione dell’articolo 81 c.p.c. e la nullita’ del procedimento ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 nonche’ la violazione dell’articolo 2697 c.c. ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Per la ricorrente, il (OMISSIS), che aveva agito a tutela dei danni da infiltrazione subiti da singole unita’ immobiliare, quindi facendo valere un diritto altrui, avrebbe dovuto dimostrare di essere titolare del diritto fatto valere ai sensi della pronuncia a Sezioni Unite n. 2951/2016; non solo: la societa’ (OMISSIS) ne aveva contestato la titolarita’ con la memoria ex articolo 183 c.p.c., n. 2 percio’ la Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto la titolarita’ del condominio non contestabile, non avendolo fatto la societa’ (OMISSIS) e la societa’ (OMISSIS) con i rispettivi atti di appello.
Il motivo e’ infondato.
In tema di condominio, l’articolo 1130 c.c., n. 4, che attribuisce all’amministratore il potere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, deve interpretarsi estensivamente nel senso che, oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, l’amministratore ha il potere – dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato; pertanto, rientra nel novero degli atti conservativi di cui all’articolo 1130 c.c., n. 4 l’azione di cui all’articolo 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione, nel caso in cui questi riguardino l’intero edificio condominiale e i singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l’amministratore del condominio e i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto (Cass. 31/01/2018, n. 2436).
Le societa’ convenute avrebbero dovuto, al fine di contestare la legittimazione del condominio, visto che si trattava di danni da infiltrazioni che avevano coinvolto il lastrico solare, quindi una parte del complesso condominiale che si presume di proprieta’ comune – il lastrico solare, come del resto le terrazze a livello, anche nell’ipotesi in cui vengano sfruttate esclusivamente da un determinato soggetto, conservano la funzione prioritaria di copertura dell’intero edificio – vincere la presunzione di comunione, offrendo la prova che il danno lamentato avesse riguardato singole unita’ immobiliari o, cosa impossibile nel caso di specie, che il danno da infiltrazione anziche’ da un problema di impermeabilizzazione derivasse da un cattivo utilizzo del lastrico o una cattiva manutenzione del lastrico, che, in quanto tale, sarebbe imputabile esclusivamente al suo proprietario o ai singoli proprietari.
Ricorso incidentale di (OMISSIS).
12. Con un unico motivo (OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 113, 114, 115 e 116 c.p.c. e dell’articolo 1226 e 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
Il rimprovero mosso alla sentenza gravata e’ quello di avere determinato il danno da deprezzamento senza disporre una rinnovazione e/o un supplemento della CTU; pertanto, la Corte d’Appello avrebbe violato i precetti di cui all’articolo 112 c.p.c., non avendo pronunciato secondo le richieste, non essendovi stata corrispondenza tra la domanda di danno da deprezzamento e la sua quantificazione; sarebbero stati violati anche l’articolo 113 e l’articolo 114 c.p.c. nonche’ l’articolo 1226 c.c., per aver pronunciato secondo equita’ in assenza dei presupposti di legge e senza dar luogo a CTU, comprimendo le sue facolta’ difensive.
Il motivo e’ inammissibile.
La Corte territoriale ha motivato l’iter logico seguito per addivenire alla liquidazione equitativa del danno e le pur articolate censure di (OMISSIS) non sono affatto idonee a scalfirle.
Buona parte del suo costrutto argomentativo si fonda sulla decisione del giudice di non ricorrere ne’ ad una rinnovazione ne’ ad un supplemento della CTU, suffragato da taluni passaggi delle relazioni peritali addotte a supporto della domanda, del tutto inidonee a incrinare la correttezza del decisum, perche’ non mettono affatto in evidenza in che termini il giudice a quo sarebbe incorso nelle violazioni denunciate in epigrafe.
Basta ricordare che: a) la nomina del CTU rientra nel potere discrezionale del giudice di merito (Cass. 13/10/2015, n. 20496); b) il giudice puo’ nominare un CTU anche senza alcuna richiesta delle parti (Cass. 21/04/2010, n. 9461); c) la richiesta formulata dalla parte di nomina di un CTU non costituisce una richiesta istruttoria in senso tecnico, ma una mera sollecitazione rivolta al giudice perche’ questi, avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, provveda al riguardo (Cass. 21/04/2010, n. 9461); d) la CTU non puo’ essere utilizzata al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed e’ quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (Cass. 15/12/2017, n. 30218); e’ quanto e’ avvenuto nel caso di specie, giacche’ la Corte d’Appello ha ritenuto che la CTU richiesta avesse carattere meramente esplorativo.
13. Ne consegue che il ricorso principale deve essere rigettato e che quello incidentale deve essere considerato inammissibile.
14. Le spese di lite sono compensate tra la ricorrente principale e quella incidentale.
15. La ricorrente principale va condannata al pagamento delle spese spese di lite, nella misura indicata in dispositivo, a favore di tutti gli altri controricorrenti.
16. Il ricorrente incidentale va condannato al pagamento delle spese di lite nei confronti di (OMISSIS) nella misura indicata in dispositivo.
17. Si da’ atto della ricorrenza dei presupposti processuali per porre a carico del ricorrente principale e di quello incidentale l’obbligo’ di pagamento del doppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale.
Compensa tra le spese di lite tra il ricorrente principale e quello incidentale.
Condanna la ricorrente principale pagamento delle spese in favore di tutti i controricorrenti, liquidandole in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge nei confronti del (OMISSIS) e di (OMISSIS), in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS).
Condanna il ricorrente incidentale al pagamento delle spese in favore di (OMISSIS), liquidandole in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13,

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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