Appropriazione imposta di soggiorno

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|3 maggio 2021| n. 16791.

Appropriazione imposta di soggiorno

In tema di peculato, costituisce reato la condotta del gestore di una struttura ricettiva che ometta di versare al Comune le somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno, se realizzata prima delle modifiche introdotte con l’articolo 180 del decreto legge 19 maggio 2020 n. 34, convertito nella legge 20 luglio 2020 n. 77, che ha invece modificato la disciplina del versamento dell’imposta di soggiorno da parte del gestore di una struttura alberghiera e ricettiva, escludendo – ma solo per il futuro – che il mancato versamento possa configurare il reato di peculato. Per il passato, invece, deve escludersi che la novella abbia determinato la modifica di un elemento strutturale della fattispecie astratta del peculato o della definizione di incaricato di pubblico servizio, essendosi limitata ad incidere sulla situazione di fatto inerente il ruolo del gestore della struttura ricettiva rispetto alla tassa di soggiorno, trasformandolo da quello di incaricato per regolamento della riscossione e versamento delle somme riscosse a tale titolo o, quanto meno, di custode del denaro pubblico ricevuto dal cliente al medesimo titolo, a quello di obbligato in solido con il cliente al pagamento dell’imposta di soggiorno.

Sentenza|3 maggio 2021| n. 16791

Data udienza 24 marzo 2021

Integrale
Tag – parola chiave: Artt. 81 e 314, c.p. – Appropriazione imposta di soggiorno – Art. 4, D.Lgs. n. 23/2014 – Assoluzione – Fatto non previsto dalla legge come reato – Abolitio criminis – Successione di norme extrapenali – Principio di specialità – Annullamento con rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRICCHETTI Renato Giusep – Presidente

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere

Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere

Dott. TRIPICCIONE Debora – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Torino;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 22 settembre 2020 emessa dal Tribunale di Torino;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Debora Tripiccione;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dall’Olio Marco, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Udito il difensore di fiducia del ricorrente, Avv. (OMISSIS), che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Appropriazione imposta di soggiorno

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Torino ha assolto (OMISSIS) dal reato di cui agli articoli 81 e 314 c.p. perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato.
All’imputato e’ contestato di essersi appropriato, quale legale rappresentante della societa’ (OMISSIS) s.r.l., esercente attivita’ alberghiera e gestore della struttura recettiva denominata ” (OMISSIS)”, della somma complessiva di Euro 40.329,75 riscossa dai clienti della struttura a titolo di imposta di soggiorno (fatto commesso dal 17 luglio 2013 al 30 aprile 2017).
Il Tribunale e’ pervenuto alla pronuncia assolutoria ritenendo che, a seguito delle modifiche introdotte dal Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, articolo 180, comma 3, convertito dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, al Decreto Legislativo 14 marzo 2011, n. 23, articolo 4, si sia verificato un concorso apparente tra l’articolo 314 c.p. e i due illeciti amministrativi introdotti all’articolo 4, comma 1-ter, citato D.Lgs., risolto con la prevalenza, secondo il criterio della lex specialis previsto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 9, della nuova disciplina. In applicazione del principio della retroattivita’ della norma piu’ favorevole, sancito dall’articolo 2 c.p., comma 2, si e’, pertanto, escluso che la condotta ascritta all’imputato possa integrare il reato di peculato atteso che, a seguito delle citate modifiche normative, il gestore della struttura ricettiva non puo’ piu’ essere qualificato come agente contabile, secondo l’approdo ermeneutico cristallizzatosi sotto il vecchio regime normativo, bensi’ quale soggetto responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno.
2. Ricorre per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Torino deducendo il vizio di inosservanza o erronea applicazione degli articoli 2 e 314 c.p. e Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, articolo 180, comma 3, convertito dalla L. 17 luglio 2020, n. 77.

 

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Il Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 180, comma 3, non ha comportato alcuna aboliti criminis, rilevante ai sensi dell’articolo 2 c.p., comma 2.
Sulla base del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 2451 del 16 gennaio 2008, non si e’, infatti, in presenza di una successione di leggi penali: dell’articolo 180, il comma 3 non integra la norma penale in quanto non modifica la nozione di incaricato di pubblico servizio, limitandosi a modificare il contenuto dell’obbligo imposto al gestore della struttura ricettiva. Cio’ comporta che solo a partire dall’entrata in vigore della nuova disciplina, il gestore, quale sostituto d’imposta, non potra’ piu’ essere chiamato a rispondere del delitto di peculato, configurabile, invece, per le condotte antecedenti, poste in essere in relazione alle somme effettivamente riscosse quale esattore dell’imposta di soggiorno. Dovendosi escludere la contemporanea vigenza delle due disposizioni, in virtu’ di un’applicazione retroattiva della disposizione piu’ favorevole, non puo’ trovare applicazione, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, la L. n. 689 del 1981, articolo 9.

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CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.
1.1 Il Decreto Legislativo 14 marzo 2011, n. 23, articolo 4, consente ai comuni capoluogo di provincia, alle unioni di comuni nonche’ ai comuni inclusi negli elenchi regionali delle localita’ turistiche o citta’ d’arte, di istituire, con deliberazione del consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualita’ in proporzione al prezzo, sino a 5 Euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito e’ destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonche’ interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonche’ dei relativi servizi pubblici locali.
Per quanto rileva in questa sede, tale norma e’ stata modificata dal Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, articolo 180, comma 3, (c.d. decreto “rilancio”), convertito con modifiche dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, con l’introduzione del comma 1-ter in cui viene espressamente disciplinato il rapporto tra l’ente impositore dell’imposta di soggiorno ed il gestore della struttura ricettiva.
La norma prevede, infatti, che quest’ultimo e’ responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno (di cui al Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, articolo 14, comma 16, lettera e), convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122) con diritto di rivalsa sui soggetti passivi. Il gestore della struttura ricettiva e’, altresi’, responsabile della presentazione della relativa dichiarazione – da inviare cumulativamente ed esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si e’ verificato il presupposto impositivo – nonche’ degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale.
La novella del 2020 ha, infine, introdotto due illeciti amministrativi per il caso di omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile punito con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma dal 100 al 200 per cento dell’importo dovuto – e dell’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno, punito con la sanzione amministrativa di cui al Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, articolo 13.

 

Appropriazione imposta di soggiorno

1.2. Fino alla novella del 2020, l’unico soggetto obbligato al versamento della imposta di soggiorno era l’ospite della struttura ricettiva. Sulla base di specifici regolamenti adottati dagli enti locali, sono stati, invece, posti a carico del gestore della struttura ricettiva oneri accessori, strumentali e funzionali all’esazione dell’obbligazione tributaria, relativi all’informazione, al calcolo dell’imposta dovuta, all’incasso dell’imposta, alla conservazione e compilazione della modulistica, all’obbligo di riversamento delle somme riscosse a titolo di imposta, nonche’ ai connessi obblighi dichiarativi e certificativi.
Sulla base della peculiare connotazione di tale rapporto, estraneo a quello tributario ed inquadrabile nell’ambito dei generali principi in materia di maneggio di denaro pubblico, la giurisprudenza di legittimita’ ha riconosciuto la qualita’ di incaricato di pubblico servizio al gestore di struttura ricettiva residenziale che, anche in assenza di un preventivo specifico incarico da parte della pubblica amministrazione, procede alla riscossione dell’imposta di soggiorno per conto dell’ente comunale, qualificando come peculato la condotta appropriativa delle somme riscosse a tale titolo (per tutte, Sez. 6, n. 27707 del 26/03/2019; Norsa, Rv. 276220; Sez. 6, n. 32058 del 17/05/2018, Locane, Rv. 273446).
Coerentemente con i criteri ermeneutici offerti dalla giurisprudenza di legittimita’ in sede civile (Sez. U. n. 13330 del 01/06/2010, Rv. 613290; Sez. U. n. 14891 del 21/06/2010, Rv. 613822, Sez. U. n. 232 del 10/04/1999, Rv. 525148) e da quella contabile (Sezioni riunite in sede giurisdizionale della Corte dei Conti, n. 22/2016, QM del 08/06/2015), che ha individuato gli elementi essenziali ai fini dell’assunzione della qualifica di agente contabile nel carattere pubblico dell’ente per il quale il soggetto agisce e del denaro o del bene oggetto della sua gestione, la Corte ha, pertanto, ritenuto che l’incaricato o responsabile della riscossione dell’imposta di soggiorno assume tale qualita’, e non quella di sostituto d’imposta, svolgendo un’attivita’ ausiliaria nei confronti dell’ente impositore ed oggettivamente strumentale rispetto all’esecuzione dell’obbligazione tributaria.
1.3 Gia’ all’indomani della riforma si e’ posto, dunque, il problema della qualificazione delle condotte di omesso versamento dell’imposta di soggiorno poste in essere anteriormente alla sua entrata in vigore.

 

Appropriazione imposta di soggiorno

Si tratta, cioe’, di verificare se la trasformazione del ruolo del gestore della struttura ricettiva – da incaricato del servizio pubblico di riscossione e versamento dell’imposta di soggiorno nelle casse comunali, a quella di obbligato in solido, sia pure con diritto di rivalsa sul fruitore del servizio, al pagamento di tale imposta – e la previsione di una sanzione amministrativa per le condotte di omesso, ritardato o parziale versamento, abbiano determinato un’abolitio criminis con riferimento alle condotte appropriative poste in essere prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina.
1.4 La questione e’ stata gia’ risolta negativamente da precedenti arresti di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuita’ (Sez. 6, n. 36317 del 28/10/2020, Brugnoli, Rv. 280286; Sez. 6, n. 30227 del 28/09/2020, Di Bono, Rv. 279724).
Si e’, infatti, affermata la punibilita’ a titolo di peculato delle condotte appropriative poste in essere antecedentemente alle modifiche introdotte del Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, articolo 180 convertito nella L. 20 luglio 2020, n. 77 escludendo che la novella abbia comportato una parziale “abolitio criminis”, essendosi limitata a far venir meno “in concreto” la qualifica soggettiva pubblicistica del gestore, senza incidere sulla struttura del delitto di cui all’articolo 314 c.p..

 

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1.5 Quanto alla natura della norma introdotta dal Decreto Legge cit., articolo 180 Sez. 6, n. 36317 del 2020 ha escluso che possa considerarsi quale norma interpretativa (si richiama, in proposito, la diversa soluzione adottata da Sez. U, n. 8342 del 23/05/1987. Tuzet, Rv. 176404, con riferimento alla qualificazione data ai dipendenti bancari, che avevano perso la qualita’ di incaricati di pubblico servizio) e cio’ sia perche’, cosi’ qualificata, la norma risulterebbe in contrasto con i principi costituzionali in tema di riserva di legge in materia tributaria, che delle plurime occasioni nelle quali il legislatore ha riformato l’imposta di soggiorno di cui all’articolo 4 cit., lasciando tuttavia volutamente inalterata la disciplina relativa al gestore delle strutture ricettive (si richiama, ad esempio, la novella del Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 4, introdotta dal Decreto Legge 22 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni dalla L. 26 aprile 2012, n. 44, che, nell’ambito di disposizioni in materia di “semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento”, ha introdotto la “imposta di sbarco” che i comuni, che hanno sede giuridica nelle isole minori e i comuni nel cui territorio insistono isole minori, possono istituire “in alternativa all’imposta di soggiorno di cui al comma 1”). La Corte ha, infine, rilevato che ove si aderisse alla tesi di una interpretazione autentica abrogans da parte del legislatore, non accompagnata da disposizioni transitorie, si determinerebbe l’effetto illogico ed irragionevole di privare per il passato del tutto di sanzione (anche amministrativa o tributaria) la condotta del gestore che ha omesso il versamento dell’imposta – anche se effettivamente riscossa dal cliente. Cio’ in quanto, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimita’ (Sez. U, n. 25457 del 29/03/2012, Campagne, Rv. 252694), “il principio di cui all’articolo 2 c.p., comma 4, (retroattivita’ della legge piu’ favorevole al reo) non e’ stato recepito nella L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 1 e non e’ estensibile alla disciplina della “successione” dell’illecito amministrativo rispetto all’illecito penale, essendo, invece, necessarie apposite norme, affidate alla discrezionalita’ del legislatore ordinario (pur sempre nel rispetto del principio di ragionevolezza ex articolo 3 Cost.), per poter superare l’autonomo principio d’irretroattivita’”.
1.6 Come si diceva, esclusa la natura di norma interpretativa, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che la modifica del quadro di riferimento normativo di natura extra penale che regola il versamento dell’imposta di soggiorno non abbia comportato un fenomeno di abolitio criminis, facendo applicazione del criterio strutturale, piu’ volte richiamato dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di effetti penali della successione di leggi (Sez. U., n. 24468 del 26/02/2009, Rizzoli, Rv. 243585; Sez. U, n. 19601 del 28/02/2008, Niccoli, Rv. 239398; Sez. U., n. 2451 del 27/09/2007, dep. 2008, Magera, Rv. 238197; Sez. U., n. 25887 del 26/03/2003, Giordano, Rv. 224607).

 

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In particolare, la sentenza Giordano ha individuato nella “coincidenza strutturale” tra le fattispecie astratte il criterio da utilizzare al fine accertare i termini del fenomeno successorio. Si e’, infatti, affermato che in tema di successione di leggi penali, perche’ sia applicabile la regola dell’articolo 2 c.p., comma 3 occorre che il fatto costituente reato secondo la legge precedente sia tuttora punibile secondo la nuova legge, mentre non sono piu’ punibili i fatti commessi in precedenza e rimasti fuori del perimetro della nuova fattispecie. Tale situazione va verificata in base al criterio di coincidenza strutturale tra le fattispecie previste dalle leggi succedutesi nel tempo, senza che sia necessario, di regola, fare ricorso ai criteri valutativi del bene tutelato o delle modalita’ di offesa.
Tale criterio e’ stato applicato dalle Sezioni Unite Magera anche nei casi in cui il fenomeno successorio ha interessato le leggi extrapenali, distinguendosi tra quelle che, svolgendo una funzione integratrice della fattispecie penale, partecipano della sua natura (come nel caso delle norme definitorie o di quelle che, in relazione alle norme penali in bianco, ne costituiscono il precetto), e quelle che, invece, non hanno tale portata. Solo nel primo caso si e’ ritenuto che la modifica della norma extrapenale possa comportare una abolitio criminis, escludendo la punibilita’ del fatto precedentemente commesso ai sensi dell’articolo 2 c.p., comma 2 (Nella specie, la Corte ha ritenuto che l’adesione della Romania all’Unione Europea, con il conseguente acquisto da parte dei rumeni della condizione di cittadini Europei, non ha determinato la non punibilita’ del reato di ingiustificata inosservanza dell’ordine del questore di allontanamento dal territorio dello Stato commesso dagli stessi prima del 1 gennaio 2007, data di entrata in vigore del Trattato di adesione, in quanto quest’ultimo e la relativa legge di ratifica si sono limitati a modificare la situazione di fatto, facendo solo perdere ai rumeni la condizione di stranieri, senza che tuttavia tale circostanza sia stata in grado di operare retroattivamente sul reato gia’ commesso).
In particolare, le Sezioni Unite hanno chiarito che, al fine di individuare il campo di applicazione dell’articolo 2 c.p., comma 2 non ci si puo’ limitare a considerare se il fatto, punito in base alla legge anteriore, sia punito o meno anche in base a quella posteriore, ma occorre analizzare la fattispecie astratta e stabilire se la norma extrapenale modificata svolga, in collegamento con la disposizione incriminatrice, un ruolo tale da far ritenere che, pur essendo questa rimasta letteralmente immutata, la fattispecie risultante dal collegamento tra la norma penale e quella extrapenale sia cambiata e in parte non sia piu’ prevista come reato. In questo caso ci si trova in presenza di un’abolitio criminis parziale, analoga a quella che si verifica quando e’ la stessa disposizione penale ad essere modificata con l’esclusione di una porzione di fattispecie che prima ne faceva parte.

Appropriazione imposta di soggiorno

Ad avviso della Corte, dunque, non puo’ escludersi che un fatto, divenuto non punibile per la legge extrapenale posteriore, rimanga punibile per la legge anteriore, vigente al momento della sua commissione. Cio’ e’ quanto accade nel caso in cui la successione tra norme extrapenali non incide sulla fattispecie astratta, ma comporta piu’ semplicemente una nuova e diversa situazione di fatto in cui in concreto il reato non e’ piu’ configurabile.
A tali principi hanno dato continuita’ i successivi arresti delle Sezioni Unite con le sentenze Niccoli e Rizzoli. In particolare, in tale ultimo arresto, la Corte ha ribadito il principio in materia di successione di leggi penali, secondo cui in caso di modifica della norma incriminatrice, per accertare se ricorra o meno “aboliti criminis” e’ sufficiente procedere al confronto strutturale tra le fattispecie legali astratte che si succedono nel tempo, senza la necessita’ di ricercare conferme della eventuale continuita’ tra le stesse facendo ricorso ai criteri valutativi dei beni tutelati e delle modalita’ di offesa, atteso che tale confronto permette in maniera autonoma di verificare se l’intervento legislativo posteriore assuma carattere demolitorio di un elemento costitutivo del fatto tipico, alterando cosi’ radicalmente la figura di reato, ovvero, non incidendo sulla struttura della stessa, consenta la sopravvivenza di un eventuale spazio comune alle suddette fattispecie.
1.7 Applicando tali principi alla fattispecie in esame, puo’, dunque, escludersi che la modifica apportata al Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 4, ad opera del Decreto Legge n. 34 del 2020, articolo 180, comma 3, abbia determinato la modifica di un elemento strutturale della fattispecie astratta del peculato o della definizione di incaricato di pubblico servizio, essendosi limitata ad incidere sulla situazione di fatto inerente il ruolo del gestore della struttura ricettiva rispetto alla tassa di soggiorno, trasformandolo da quello di incaricato per regolamento della riscossione e versamento delle somme riscosse a tale titolo o, quanto meno, di custode del denaro pubblico ricevuto dal cliente al medesimo titolo, a quello di obbligato in solido con il cliente al pagamento dell’imposta di soggiorno.
In mancanza del presupposto costituito dall’identita’ del fatto, non puo’, dunque, venire in considerazione per le condotte pregresse il principio di specialita’ previsto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 9 secondo il quale “quando uno stesso fatto e’ punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralita’ di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale”.

 

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Conclusivamente, per il complesso delle suddette argomentazioni, deve affermarsi che con la novella del 2020 si e’ determinata una successione nel tempo di norme extrapenali in cui, stante la diversita’ strutturale delle due fattispecie previste dall’articolo 314 c.p. e dal Decreto Legislativo n. 23 del 2011, articolo 4, comma 1-ter, fondate sulla diversa qualifica assunta dal gestore del struttura ricettiva, permane, dunque, la rilevanza penale delle condotte appropriative poste in essere anteriormente alla novella del 2020, essendo rimasti inalterati sia il precetto (articolo 314 c.p.) che la qualifica pubblicistica (articolo 358 c.p.) richiesta ai fini della punibilita’ a titolo di peculato.
2. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Torino, ai sensi dell’articolo 569 c.p.p., comma 4.

P.Q.M.

Annulla con rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte d’appello di Torino ai sensi dell’articolo 569 c.p.p., comma 4.

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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