Appello incidentale ed differimento dell’udienza di comparizione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 agosto 2021| n. 23455.

Appello incidentale ed differimento dell’udienza di comparizione.

L’appello incidentale, analogamente a quanto previsto per la domanda riconvenzionale in prime cure, va proposto, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, da depositare almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, ovvero differita d’ufficio dal giudice giusta l’articolo 168-bis, comma 5, del Cpc. Quando invece il differimento dell’udienza di comparizione sia disposto ai sensi dell’articolo 168-bis, quarto comma, del Cpc, perché nel giorno fissato con l’atto di citazione il giudice non tenga udienza, il differimento del termine non si applica, essendo la norma di cui al quinto comma dell’articolo 168-bis, del Cpc, disposizione di natura eccezionale non suscettibile di applicazione analogica. Di conseguenza, l’appello incidentale proposto nei venti giorni antecedenti all’udienza di comparizione rinviata ai sensi dell’articolo 168-bis, quarto comma, del Cpc, è inammissibile perché tardivo.

Ordinanza|26 agosto 2021| n. 23455. Appello incidentale ed differimento dell’udienza di comparizione

Data udienza 30 marzo 2021

Integrale

Tag/parola chiave: APPELLO CIVILE – COSTITUZIONE E COMPARIZIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 1818-2016 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1076/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 23/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/03/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.
viste le conclusioni del P.G., nella persona del Sostituto Dott. CAPASSO Lucio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Appello incidentale ed differimento dell’udienza di comparizione

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 5.10.2011 (OMISSIS) evocava in giudizio (OMISSIS) innanzi il Tribunale di Chieti per sentir dichiarare l’esistenza del diritto di servitu’ di passaggio pedonale, a favore del fondo di proprieta’ dell’attore, su una porzione di quello della convenuta, nonche’ per la condanna di quest’ultima ad astenersi dal compiere qualsiasi atto idoneo a limitare detto diritto, ivi incluso il parcheggio delle proprie vetture lungo la striscia di terreno asservita. Si costituiva la convenuta, resistendo alla domanda ed allegando che il parcheggio non impediva comunque il passaggio pedonale oggetto del diritto di servitu’.
Con sentenza dell’11.10.2014 il Tribunale accoglieva la domanda, limitatamente al solo accertamento del diritto reale, condannando la convenuta alle spese del grado.
Interponeva appello la (OMISSIS) e si costituiva in seconde cure il (OMISSIS), spiegando appello incidentale relativamente alla domanda di condanna dell’appellante a non occupare la striscia di terreno asservita, non accolta in prime cure.
Con la sentenza impugnata, n. 1076/2015, la Corte di Appello di L’Aquila accoglieva in parte l’appello principale, rigettando quello incidentale, ed accertava il diritto della (OMISSIS) ad occupare in parte la striscia del proprio terreno adibita a diritto di passaggio, sul presupposto che, alla luce dell’ampiezza della predetta porzione, il parcheggio delle vetture non impedisse, di per se’, il libero esercizio della servitu’ di passaggio pedonale gia’ accertata dal Tribunale.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS), affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso (OMISSIS).
La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimita’ dell’adunanza camerale.
Il P.G., nella persona del Sostituto Dott. Lucio Capasso, ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Appello incidentale ed differimento dell’udienza di comparizione

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la nullita’ della sentenza e del procedimento di secondo grado, per violazione dell’articolo 101 c.p.c. e articolo 111 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perche’ la Corte di Appello avrebbe deciso la causa all’udienza del 23.9.2015, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 281-sexies c.p.c., senza la partecipazione della parte appellata, odierna ricorrente, e senza che il decreto di differimento dell’udienza fosse stato a quest’ultima comunicato dall’ufficio.
La censura e’ infondata. Dall’esame del fascicolo, consentito al collegio in presenza di una censura di carattere processuale, emerge che l’atto di citazione in appello indicava l’udienza di comparizione del 23.7.2015, la quale era stata differita d’ufficio al 23.9.2015 ai sensi di quanto previsto dall’articolo 168 bis c.p.c., comma 4, applicabile anche al giudizio di appello in virtu’ del rinvio di cui all’articolo 359 c.p.c. Era pertanto onere dell’appellante, nell’esercizio del suo dovere di diligenza, verificare la data di fissazione della prima udienza effettiva di trattazione dell’impugnazione.
Sul punto, va ribadita la differenza esistente tra il differimento della prima udienza disposto ai sensi dell’articolo 168 bis c.p.c., comma 4 e quello disposto ai sensi del successivo comma 5 della predetta disposizione. Nel primo caso il differimento e’ conseguenza automatica del fatto che, nella data indicata in atto di citazione, il giudice designato per la trattazione della causa non tenga udienza, di talche’ la causa viene appunto differita, appunto, alla prima udienza utile. Nel secondo caso, invece, il rinvio dipende dall’esercizio di un potere ordinatorio espressamente riconosciuto al giudice designato, il quale puo’, appunto, differire la prima udienza di trattazione sino ad un massimo di 45 giorni. Solo nel secondo caso la norma prevede che la data della nuova udienza sia comunicata alle parti a cura della cancelleria, mentre nessun onere di avviso e’ previsto nel diverso, e non assimilabile, caso di rinvio ai sensi dell’articolo 168 bis c.p.c., comma 4. La differente previsione normativa e’ pienamente giustificata dal fatto che, mentre nel caso di rinvio ai sensi del comma 5, il giudice designato esercita un potere ordinatorio, il cui esercizio va dunque comunicato alle parti, nel caso di rinvio ai sensi del comma 4 il differimento e’ conseguenza automatica dell’organizzazione tabellare delle udienze, onde le parti sono onerate di verificare, presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario, quale sia la prima effettiva udienza di comparizione della causa che le vede coinvolte.
Proprio in base alla differenza esistente tra le due ipotesi di differimento, del resto, questa Corte ha recentemente ribadito (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8638 del 07/05/2020, Rv. 657693; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17032 del 23/06/2008, Rv. 604025; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20667 del 05/10/2010, Rv. 614845; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1127 del 22/01/2015, Rv. 633990) che l’appello incidentale -analogamente a quanto previsto per la domanda riconvenzionale in prime cure- va proposto, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, da depositare almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, ovvero differita d’ufficio dal giudice giusta l’articolo 168-bis c.p.c., comma 5, (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 3081 del 06/02/2017, Rv. 642747). Quando invece il differimento dell’udienza di comparizione sia disposto ai sensi dell’articolo 168 bis c.p.c., comma 4, perche’ nel giorno fissato con l’atto di citazione il giudice non tenga udienza, il differimento del termine non si applica (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28571 del 20/12/2013, Rv. 629294), essendo la norma di cui all’articolo 168 bis c.p.c., comma 5 disposizione di natura eccezionale non suscettibile di applicazione analogica. Di conseguenza, l’appello incidentale proposto nei venti giorni antecedenti all’udienza di comparizione rinviata ai sensi dell’articolo 168 bis c.p.c., comma 4, e’ inammissibile perche’ tardivo (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9351 del 11/06/2003, Rv. 564137; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20319 del 20/10/2005, Rv. 584202) mentre e’ tempestivo l’appello incidentale proposto nei venti giorni antecedenti all’udienza di comparizione rinviata ai sensi dell’articolo 168 bis c.p.c., comma 5, proprio in ragione della natura eccezionale di tale specifica disposizione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8897 del 27/04/2005, Rv. 581888).
Da quanto precede discende che la parte appellata non aveva alcun diritto di ricevere l’avviso del differimento dell’udienza, ai sensi dell’articolo 168 bis c.p.c., comma 4 dal 23.7.2015 al 23.9.2015. Ne’, peraltro, il ricorrente lamenta alcuna concreta lesione al suo diritto di difesa, considerato che egli risulta essersi tempestivamente costituito in seconde cure, nei venti giorni antecedenti il 23.7.2015, svolgendo anche impugnazione incidentale.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1063 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ la Corte distrettuale avrebbe erroneamente rilevato una discrepanza tra quanto previsto dai rispettivi atti di acquisto, del (OMISSIS) (del 15.7.1968) e della (OMISSIS) (del 20.9.2007), in relazione all’estensione del diritto di servitu’ gravante sul fondo della seconda.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 1362 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’ il giudice di seconde cure avrebbe erroneamente applicato il criterio ermeneutico suppletivo dell’equo contemperamento tra le esigenze dei due fondi, servente e dominante, laddove avrebbe invece dovuto limitarsi alla mera applicazione del criterio letterale, risultando il diritto reale chiaramente descritto dal titolo.
Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono inammissibili. La Corte di Appello ha ravvisato una difformita’ tra i rispettivi atti di acquisti, del (OMISSIS) e della (OMISSIS). In particolare, la Corte territoriale ha affermato che “… dalla formula che si trova nel contratto del 1968, con cui il (OMISSIS) ha acquistato l’immobile e la relativa servitu’ di passaggio, non emerge con chiarezza assoluta la conformazione e la larghezza dell’estensione della stessa, in quanto se, da un lato, si fa riferimento ad una servitu’ pedonale di passaggio, dall’altro lato si precisa che la larghezza della stessa e’ di metri 3,40; che vi e’ una contraddizione tra la nozione di servitu’ di passaggio pedonale ed una larghezza di cosi’ grandi dimensioni” (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata). Ed inoltre, che “… pero’, deve tenersi conto anche di quanto riportato nel contratto con cui (OMISSIS) ha acquistato il proprio bene dagli aventi causa dei venditori dell’attore, che ha un contenuto diverso perche’ non fa piu’ riferimento alla larghezza di metri 3,40 ma alla striscia di terreno di metri 3,40 (“Il presente trasferimento comprende ogni accessione… precisandosi che l’immobile in oggetto e’ gravato da servitu’ di passaggio pedonale (da esercitarsi su una striscia di metri tre e centimetri quaranta) costituita con atto… in data 15 luglio 1968…”)” (cfr. ancora pag. 5). Secondo la Corte distrettuale, “… nel contrasto tra le due locuzioni presenti nei due differenti contratti relativi alla medesima servitu’, e nell’antitesi tra la costituzione di una servitu’ di passaggio pedonale ed una pretesa larghezza di metri 3,40, oltre che nella dimensione del terreno che e’ di metri 3,30 di larghezza e non di metri 3,40 (circostanza pacifica tra le parti), devono utilizzarsi i criteri residuali di interpretazione costituiti dalla soddisfazione del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente, ai sensi degli articoli 1064 c.c. (“Il diritto di servitu’ comprende tutto cio’ che e’ necessario per usarne”) e 1065 c.c.”(cfr. pag. 6 della sentenza).
La Corte abruzzese ha fatto buon governo dei principi affermati da questa Corte in tema di interpretazione del contenuto del diritto di servitu’, secondo cui “In tema di servitu’ prediali, l’articolo 1063 c.c. stabilisce una graduatoria delle fonti regolatrici dell’estensione e dell’esercizio delle servitu’, ponendo a fonte primaria il titolo costitutivo del diritto, mentre i precetti dettati dai successivi articolo 1064 e 1065 rivestono carattere meramente sussidiario. Tali precetti, pertanto, possono trovare applicazione soltanto quando il titolo manifesti al riguardo lacune o imprecisioni non superabili mediante l’impiego di adeguati criteri ermeneutici; ove, invece, il contenuto e le modalita’ di esercizio risultino puntualmente e inequivocabilmente determinati dal titolo, a questo soltanto deve farsi riferimento, senza possibilita’ di ricorrere al criterio del soddisfacimento del bisogno del fondo dominante col minor aggravio del fondo servente” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8853 del 10/05/2004, Rv. 572765; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7639 del 30/03/2009, Rv. 607663). L’accertamento relativo all’esistenza delle suddette lacune o imprecisioni nel titolo costitutivo del diritto reale che sia stato compiuto dal giudice di merito, se correttamente motivato, e’ sottratto al sindacato di legittimita’ della Corte di Cassazione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3286 del 03/04/1999, Rv. 524946; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2524 del 21/02/2001, Rv. 544024).

 

Appello incidentale ed differimento dell’udienza di comparizione

Peraltro, come correttamente rilevato anche dal P.G. nelle sue conclusioni, la soluzione adottata in concreto dalla Corte distrettuale costituisce certamente una coerente applicazione del criterio di cui all’articolo 1065 c.c., posto che “… ove si consideri la larghezza del locus servitutus (anche nella sua effettiva dimensione di mt. 3,30) e la larghezza di veicoli lasciati in sosta (non prospettata, peraltro, quale sosta per tempi indeterminati) anche di quelli per il trasporto merci, regolamentata dal codice della strada, a meno che non si deduca che la sosta sia avvenuta in modo del tutto incongruo (ad esempio disponendo il veicolo in maniera trasversale rispetto all’asse della striscia, occludendone, in tal modo, l’intera larghezza), deve convenirsi che il “parcheggio” di veicoli sul lato del locus servitutis, sempre che non valga ad impedire o rendere estremamente difficoltosi il transito pedonale, rientri nelle facolta’ residuali di utilizzo del sito (non inibite dal titolo contrattuale) in capo al titolare del fondo servente”(cfr. pag. 5 delle conclusioni del P.G.).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimita’, regolate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 4.500, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali in misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

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