Appalto stipulato tra privati quando il corrispettivo sia stato fissato a corpo

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|24 novembre 2022| n. 34646.

Appalto stipulato tra privati quando il corrispettivo sia stato fissato a corpo

Nel contratto di appalto stipulato tra privati, quando il corrispettivo sia stato fissato a corpo e non a misura, il prezzo viene determinato in una somma fissa ed invariabile che non può subire modifiche, se non giustificate da variazioni in corso d’opera; sicché, nel caso di parziale inadempimento dell’appaltatore, ove sia necessario determinare il suo compenso per i lavori già eseguiti, il dato di riferimento è sempre il prezzo concordato a corpo, con la conseguenza che da questo va detratto il costo dei lavori non eseguiti e non, invece, calcolato il costo di quelli realizzati.

Sentenza|24 novembre 2022| n. 34646. Appalto stipulato tra privati quando il corrispettivo sia stato fissato a corpo

Data udienza 14 settembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: APPALTO PRIVATO – CORRISPETTIVO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. MASSAFRA Annachiara – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8746/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avv. (OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultima in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
S.r.l. (OMISSIS), in persona dell’amministratore unico (OMISSIS)
(OMISSIS)
(OMISSIS)
(OMISSIS)
(OMISSIS)
(OMISSIS)
(OMISSIS)1Grazioli Gabriella(OMISSIS)2Racchi Davide (OMISSIS)
(OMISSIS) e (OMISSIS) contestarono l’entita’ della somma richiesta assumendo di aver gia’ provveduto al pagamento delle somme dovute, dal momento che l’appaltatore non aveva provveduto all’integrale realizzazione dell’opera a seguito di divergenze insorte sulle modalita’ di esecuzione.
Nel dettaglio, i ricorrenti evidenziarono come inizialmente la societa’ avesse formulato una proposta (contenuta in un primo preventivo redatto il 30.9.2000) per la realizzazione dell’intero immobile pari a Lire 468.026, 940, oltre IVA, da decrementare avendo poi i committenti ridotto le dimensioni del primo piano e deciso di affidare l’esecuzione dei serramenti ad altra impresa.
Il contratto venne poi risolto per inadempienze della societa’ appaltatrice e, alla stregua di una verifica effettuata da diverso professionista, i ricorrenti sostennero che la somma pari ad Euro 114,017,79 fosse corrispondente alla valorizzazione dell’opera parzialmente eseguita.
1.2. La S.r.l. (OMISSIS) evidenzio’ in quella sede di aver redatto il preventivo del 30.9.2000, in sostituzione del precedente datato 23.6.2000, sulla scorta del solo disegno architettonico sottopostole dai committenti e da questi ultimi poi ripetutamente modificato, senza poter visionare quelli strutturali e la localita’, e dovendosi pertanto il citato documento essere inteso a misura con quantita’ solo indicative rispetto ai prezzi unitari.
Il giudice di prime cure, espletata l’attivita’ istruttoria, qualifico’ l’appalto a misura e, in conformita’ con gli esiti della CTU, ritenne che le opere poste in essere dalla societa’ appaltatrice fossero da valorizzarsi in totali Euro 168.871,28.
Sicche’, detraendo gli acconti versati dai committenti, il residuo credito fu determinato in Euro 54.475,36, comprensivi di IVA.
2.La sentenza venne impugnata dagli odierni ricorrenti eccependo preliminarmente l’inutilizzabilita’ della relazione della consulenza d’ufficio, essendo l’ausiliario incorso in diversi errori, sminuendo il rischio d’impresa che gravava sull’appellata. I ricorrenti lamentarono la violazione dell’articolo 1657 c.c., essendo stato il corrispettivo pattuito dalle parti contraenti, oltre che interamente pagato per quanto di ragione, sicche’ non avrebbe potuto essere individuato dal giudice mediante consulenza tecnica. Si prospetto’ infine la mancata applicazione dell’articolo 1660 c.c..
La Corte d’appello rigetto’ l’appello e confermo’, quindi, la decisione di prime cure sul presupposto che la qualificazione dell’appalto quale a misura e non a corpo non fosse stata oggetto di specifica censura in sede di appello cosi’ come la complessiva ratio adottata dal primo giudice in via consequenziale ed al fine di addivenire all’individuazione del corrispettivo totale maturato a credito dell’appellata.
3. (OMISSIS) e (OMISSIS) impugnano la sentenza con 3 motivi, resiste con controricorso (OMISSIS) s.n.c..
In prossimita’ dell’udienza i ricorrenti hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’articolo 1655 c.c., non essendo stata valorizzata la gestione a proprio rischio, cosi’ come previsto dalla disposizione invocata, da parte della societa’ appaltatrice, dell’esecuzione dell’opera.
Il motivo e’ inammissibile.
Deve al riguardo evidenziarsi come, correttamente, il giudice di seconde cure abbia motivato il rigetto dell’appello muovendo dalla mancata impugnazione da parte degli odierni ricorrenti della ricostruzione giuridica effettuata dal Tribunale di Biella del contratto intercorso tra le parti quale a misura e non a corpo.
Muovendo da tale qualificazione del contratto, la doglianza, in questa sede si appalesa come inammissibile non avendo censurato i ricorrenti in appello specificatamente la predetta qualificazione.
3. Non ha pregio anche la seconda censura, con la quale si denuncia la violazione dell’articolo 1657 c.c., per aver il giudice determinato il corrispettivo, atteso che essendo l’appalto a misura, ben sussistevano le condizioni perche’ operasse la disposizione, non avendo il contratto disposto al riguardo.
Va in questa sede evidenziato che nel contratto di appalto stipulato tra privati, quando il corrispettivo sia stato fissato a corpo e non a misura, il prezzo viene determinato in una somma fissa ed invariabile che non puo’ subire modifiche, se non giustificate da variazioni in corso d’opera; sicche’, nel caso di parziale inadempimento dell’appaltatore, ove sia necessario determinare il suo compenso per i lavori gia’ eseguiti, il dato di riferimento e’ sempre il prezzo concordato a corpo, con la conseguenza che da questo va detratto il costo dei lavori non eseguiti e non, invece, calcolato il costo di quelli realizzati (Cass. 21517 del 2019).
Diversamente nell’appalto a misura il prezzo puo’ variare sia in aumento che in diminuzione, in rapporto alla quantita’ effettiva delle opere eseguite.
4. Con la terza censura i ricorrenti si dolgono della violazione dell’articolo 1660 c.c., per aver la Corte d’appello erroneamente ritenuto che l’appaltatore potesse variare il costo delle opere a consuntivo senza preventiva informativa ed autorizzazione da parte della committenza, operando questa disposizione in relazione all’appalto a corpo e non a misura.
La terza censura di cui innanzi e’ inammissibile atteso che il giudice di seconde cure ha qualificato la stessa come eccezione in senso stretto, come tale inammissibile perche’ formulata per la prima volta con la memoria l’articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1, ed i ricorrenti non hanno impugnato la decisione anche sotto tale profilo.
3.1. Quando infatti la sentenza sia sorretta da una pluralita’ di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass. n. 18641 del 2017).
Ne consegue, in conclusione, l’inammissibilita’ del ricorso.
Le spese di lite, infine, seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’articolo 13, comma 1 bis, Decreto del Presidente della Repubblica cit., se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si quantificano in complessivi Euro 5300,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’articolo 13, comma 1 bis, Decreto del Presidente della Repubblica cit., se dovuto.

 

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