Appalto avente ad oggetto la costruzione di immobili eseguiti senza rispettare la concessione edilizia

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 30 aprile 2019, n. 11469.

La massima estrapolata:

In tema di contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di immobili eseguiti senza rispettare la concessione edilizia, occorre distinguere le ipotesi di difformità totale e parziale. Nel primo caso, che si verifica ove l’edificio realizzato sia radicalmente diverso per caratteristiche tipologiche e volumetrie, l’opera è da equiparare a quella posta in essere in assenza di concessione, con conseguente nullità del detto contratto per illiceità dell’oggetto e violazione di norme imperative; nel secondo, invece, che ricorre quando la modifica concerne parti non essenziali del progetto, tale nullità non sussiste

Ordinanza 30 aprile 2019, n. 11469

Data udienza 19 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 2467.-2016 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
(OMISSIS), e per esso, deceduto, gli eredi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li raopresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 378/2016 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 25/08/2016;
udita la relazione della pausa svolta nella camera di consiglio del 19/12/2018 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Perugia, con sentenza del 25 agosto 2016, notificata il 5 settembre 2016, ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Orvieto n. 133 del 2013, e nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS).
1.1. Il Tribunale aveva rigettato l’opposizione proposta da (OMISSIS) la decreto ingiuntivo che le intimava di pagare la somma di Euro 127.554,62 a titolo di saldo dei lavori edili effettuati dalla ditta (OMISSIS).
2. La Corte d’appello ha confermato la decisione rilevando, per quanto ancora di interesse: che gli interventi edilizi realizzati dalla ditta (OMISSIS) extra progetto erano interni alla costruzione, e pertanto non richiedevano il permesso, e che, in ogni caso, la difformita’ dell’opera realizzata rispetto a quella assentita non riguardava parti essenziali, sicche’ non era configurabile la nullita’ del contratto di appalto; che era incontestata la circostanza che il direttore dei lavori arch. (OMISSIS) avesse predisposto la richiesta per la variante al permesso di costruire, e che la committente (OMISSIS) l’avesse firmata e mai presentata; che nella corrispondenza intercorsa tra le parti non era stata mai stata la contestata la difformita’ della costruzione rispetto al progetto; che la sospensione dei lavori era giustificata dal mancato pagamento di quelli gia’ eseguiti; che i prezzi delle opere eseguite extracontratto erano stati contabilizzati, e percio’ potevano essere controllati dalla committente; che non sussistevano profili di responsabilita’ a carico del direttore dei lavori.
3. Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) srl ha proposto ricorso sulla base di quattro motivi, ai quali hanno resistito con separati atti di controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio di cassazione tra (OMISSIS) e gli eredi di (OMISSIS), nel frattempo deceduto.
La ricorrente ha depositato rituale atto di rinuncia al ricorso ex articolo 390 c.p.c. con allegato atto di accettazione della rinuncia dei controricorrenti.
Sussistono pertanto i presupposti per la declaratoria di estinzione del giudizio di legittimita’ senza statuizione in ordine alle spese, ai sensi dell’articolo 391 c.p.c., stante l’intervenuta accettazione.
2. Il ricorso proposto contro (OMISSIS), che e’ circoscritto ai motivi primo, terzo e quarto, non e’ fondato.
3. Con il primo motivo e’ denunciata violazione e falsa applicazione degli articoli 1418 e 1659 c.c., e si ripropone la questione della nullita’ del contratto di appalto per illiceita’ dell’oggetto e/o per violazione di norme imperative. L’appaltatore non poteva pretendere il pagamento sia perche’ non vi era prova che la committente avesse autorizzato le variazioni, sia in quanto l’opera risultava difforme dalla licenza edilizia. A tale riguardo, la ricorrente richiama le caratteristiche dell’area sulla quale ricade l’immobile – zona sismica, sottoposta a vincoli ambientale e idrogeologico – e quindi evidenzia che le “opere eccedenti” il titolo abilitativo, consistevano in variazioni essenziali, che inficiavano la regolarita’ urbanistica dell’immobile.
4. Con il terzo motivo e’ denunciato omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti. La Corte d’appello non avrebbe considerato la raccomandata a.r. inviata dalla societa’ committente al direttore dei lavori e all’appaltatore in data 24 dicembre 2008, allegata all’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, nella quale si faceva riferimento preciso al tema della conformita’ dei lavori, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello.
5. I motivi, da esaminare congiuntamente perche’ connessi, non sono fondati.
5.1. La ratio su cui la Corte d’appello ha fondato la decisione risiede nell’accertamento della natura delle opere realizzate “fuori progetto” e non autorizzate dal Comune, consistite in interventi edilizi “interni”.
Correttamente, sulla base di tale accertamento in fatto che qui non puo’ essere sindacato, la Corte territoriale ha escluso la nullita’ del contratto facendo applicazione del principio consolidato secondo cui, in tema di contratti di appalto aventi ad oggetto la costruzione di immobili eseguiti in difformita’ rispetto alla concessione edilizia, occorre distinguere a seconda che tale difformita’ sia totale o parziale: nel primo caso l’opera e’ da equiparare a quella costruita in assenza di concessione, con la conseguenza che il relativo contratto di appalto e’ nullo per illiceita’ dell’oggetto e violazione delle norme imperative in materia urbanistica; detta nullita’, invece, non sussiste nel secondo caso (L. n. 47 del 1985, articolo 12), che si verifica quando la modifica concerne parti non essenziali del progetto (ex plurimis, Cass. 27/11/2018, n. 30703; Cass. 31/01/2011, n. 2187).
5.2. La Corte d’appello ha poi accertato che il direttore dei lavori aveva predisposto la richiesta per la variante, che questa era stata sottoscritta dalla (OMISSIS), e mai presentata. Cio’ dimostrava che la committente era a conoscenza delle varianti apportate all’originario progetto e le aveva autorizzate. A fronte di tale accertamento, di per se’ idoneo a supportare la decisione l’omesso esame della raccomandata a.r. 28 dicembre 2008 non presenta il requisito della decisivita’, intesa quale attitudine ad incrinare il ragionamento sul quale e’ fondata la decisione (ex plurimis, Cass. Sez. U 07/04/2014, n. 8053).
6. Con il quarto motivo e’ denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1176 c.c. e si contesta che l’appaltatore avesse diritto di trattenere la somma di Euro 2.137,55, che era la differenza tra il valore delle opere risultante dagli stati di avanzamento e quello accertato dal CTU. La Corte d’appello aveva ritenuto che tale differenza fosse compatibile con la determinazione dei costi a misura prevista nel contratto di appalto, ma l’affermazione era erronea poiche’ nel contratto a misura il costo varia secondo la quantita’ effettiva delle opere eseguite.
6.1. Il motivo e’ inammissibile.
La ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 1176 c.c. invocando, in realta’, una sorta di indebito che peraltro non esiste. La Corte di merito, come gia’ il Tribunale, ha evidenziato che lo scarto tra l’importo dei lavori come contabilizzato negli stati di avanzamento e quello accertato dal CTU era di entita’ talmente modesta rispetto all’importo complessivo (di oltre 220.000 Euro), da essere compatibile con diversa misurazione.
7. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara estinto il giudizio tra (OMISSIS) s.r.l. ed Eredi di (OMISSIS); rigetta il ricorso proposto nei confronti di (OMISSIS) e condanna la ricorrente a rifondere al predetto le spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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