Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza Ordinanza 14 giugno 2019, n. 16069.

La massima estrapolata:

L’apertura di una porta o di una finestra da parte di un condomino o la trasformazione di una finestra che prospetta il cortile comune in una porta di accesso al medesimo mediante abbattimento del corrispondente tratto di muro perimetrale che delimita la proprietà del singolo appartamento non costituisce di per sè abuso della cosa comune idoneo a ledere il compossesso del muro comune che fa capo come ius possidendi a tutti i condomini

Ordinanza 14 giugno 2019, n. 16069

Data udienza 29 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – Consigliere

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 22805-2015 proposto da:
(OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta unitamente all’avvocato (OMISSIS);
contro
(OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 74/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 27/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/03/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 7.2.2012 (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio innanzi il Tribunale di Trento, sezione distaccata di Borgo Valsugana, (OMISSIS) e (OMISSIS) al fine di sentirlo condannare al ripristino dello stato dei luoghi antecedente l’apertura di una porta affacciante su un cortile di proprieta’ comune tra le parti.
Gli attori esponevano che su detta corte comune esistevano precedenti aperture e che la nuova porta realizzata dai convenuti era posta a servizio di una nuova unita’ abitativa ricavata dalla trasformazione del piano rialzato dello stabile dei convenuti stessi.
Si costituivano (OMISSIS) e (OMISSIS) resistendo alla domanda ed invocando il legittimo esercizio del loro diritto di comproprieta’ sulla corte comune.
Con sentenza n. 40/2013 il Tribunale rigettava la domanda. Interponevano appello gli originari attori e si costituivano in seconde cure i convenuti per resistere al gravame.
Con la sentenza oggi impugnata, n. 74/2015, la Corte di Appello di Trento confermava la prima decisione, affermando anche che la nuova apertura era stata eseguita non gia’ su un muro comune, bensi’ su un muro di proprieta’ esclusiva dei convenuti appellati.
Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione (OMISSIS) e (OMISSIS) affidandosi a due motivi. Resistono con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS). Ambo le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 905 e 906 c.c. perche’ la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto che la normativa sulle distanze si applica anche nell’ambito del condominio. Inoltre, il giudice di seconde cure non avrebbe considerato che nel caso di specie non si configurava un uso piu’ intenso della cosa comune, poiche’ la nuova apertura non era stata realizzata dai controricorrenti sullo stesso lato della corte comune nel quale si apriva il loro originario accesso – che e’ stato mantenuto – ma su un diverso lato della corte stessa. Di conseguenza, ad avviso dei ricorrenti la nuova apertura realizzerebbe un asservimento di fatto della corte comune diverso dalla sua originaria destinazione a servizio di una unita’ immobiliare di nuova costituzione.
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1102 c.c. in quanto la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che il principio per cui e’ consentito al condomino di servirsi in modo piu’ intenso della cosa comune si applicherebbe soltanto nell’ambito dei rapporti di condominio, mentre nel caso di specie si discute di un cortile comune a piu’ immobili di proprieta’ esclusiva.
Le due censure, che per la loro connessione meritano una trattazione congiunta, sono infondate.
Ed invero occorre ribadire che “L’apertura di una porta o di una finestra da parte di un condomino o la trasformazione di una finestra che prospetta il cortile comune in una porta di accesso al medesimo mediante l’abbattimento del corrispondente tratto di muro perimetrale che delimita la proprieta’ del singolo appartamento non costituisce di per se’ abuso della cosa comune idoneo a ledere il compossesso del muro comune che fa capo come ius possidendi a tutti i condomini” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1112 del 04/02/1988, Rv.457364; cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4155 del 29/04/1994, Rv.486414; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4314 del 26/03/2002, Rv.553284; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16097 del 27/10/2003, Rv.567702; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3265 del 17/02/2005, Rv.581096; Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 24295 del 14/11/2014, Rv.632897).
Ne discende che, in linea di principio, l’apertura di una nuova porta su un cortile comune gia’ asservito all’accesso alla proprieta’ individuale non costituisce atto eccedente i limiti dell’articolo 1102 c.c.
Ne’ sussiste dubbio alcuno circa l’applicabilita’ di tale ultima norma al caso di specie, posto che – proprio con riferimento al cortile comune a piu’ fabbricati – e’ stato affermato che “Quando un cortile e’ comune a due corpi di fabbrica e manca una disciplina contrattuale vincolante per i comproprietari al riguardo, il relativo uso e’ assoggettato alle norme sulla comunione in generale, e in particolare alla disciplina di cui all’articolo 1102 c.c., comma 1, in base al quale ciascun partecipante alla comunione puo’ servirsi della cosa comune, sempre che non ne alteri la destinazione e non ne impedisca il pari uso agli altri comunisti. L’apertura di finestre su area di proprieta’ comune ed indivisa tra le parti costituisce, pertanto, opera inidonea all’esercizio di un diritto di servitu’ di veduta, sia per il principio nemini res sua servit, sia per la considerazione che i cortili comuni, assolvendo alla precipua finalita’ di dare aria e luce agli immobili circostanti, ben sono fruibili a tale scopo dai condomini, cui spetta anche la facolta’ di praticare aperture che consentano di ricevere aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte, in tema di luci e vedute, a tutela dei proprietari dei fondi confinanti di proprieta’ esclusiva” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4386 del 26/02/2007, Rv.598234; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13874 del 09/06/2010, Rv.613241). In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiche’ il ricorso per cassazione e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento nei confronti dei controricorrenti, egualmente in solido tra loro, delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.000 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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