Anzianità contributiva dei lavoratori a tempo parziale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 luglio 2021| n. 18826.

In tema di anzianità contributiva dei lavoratori a tempo parziale, l’art 7, comma 1, del d.l. n. 463 del 1983, conv., con modif., dalla l. n. 638 del 1983, va interpretato – in ossequio al principio di parità di trattamento con i lavoratori a tempo pieno, ricavabile dall’art. 4 della direttiva n. 97/81/CE (come applicato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza del 10 giugno 2010, C-395/08 e C-396/08), e comunque immanente all’ordinamento previdenziale interno – nel senso che, ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione, i lavoratori con orario part-time verticale ciclico hanno diritto all’inclusione anche dei periodi non lavorati.

Ordinanza|2 luglio 2021| n. 18826. Anzianità contributiva dei lavoratori a tempo parziale

Data udienza 17 febbraio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Lavoro – Rapporto part – time verticale ciclico – Riconoscimento anzianità – Art. 1, comma 4, D.L. n. 338/89 – Interpretazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere

Dott. CAVALLAIO Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 28430/2015 preposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2742/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/02/2021 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE.

Anzianità contributiva dei lavoratori a tempo parziale

RILEVATO

che:
Il Tribunale di Roma accolse la domanda proposta da (OMISSIS), dipendente della compagnia aerea (OMISSIS) s.p.a. con mansioni di assistente di volo che aveva trasformato dal 1.1.1994 al 31.12.2008 il proprio rapporto di lavoro da tempo pieno in part time di tipo verticale ciclico L. n. 863 del 1984, ex articolo 5, secondo le modalita’ indicate in ricorso che aveva lamentato di essersi reso conto che nel periodo di lavoro in regime di part time, l’Inps gli aveva riconosciuto solamente le settimane lavorate e non l’intera anzianita’ pari alle 52 settimane contributive annue, subendo cosi’ un trattamento immotivatamente differenziato per i lavoratori che effettuano un part time verticale ciclico rispetto a quelli che effettuano il part time orizzontale, riconoscendo a questi ultimi l’intera anzianita’ contributiva ed ai primi la sola anzianita’ relativa ai periodi lavorati, realizzando cosi’ una evidente discriminazione tra lavoratori;
su impugnazione dell’INPS, la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 2742 del 2015 rigetto’ il gravarne confermando il riconoscimento del diritto di (OMISSIS) al calcolo dell’intera anzianita’ contributiva su base annuale anche per i periodi di lavoro svolti in regime di part time verticale;
per la cassazione di tale sentenza propone ricorso I”INPS, affidato ad unico motivo;
resiste (OMISSIS) con controricorso.

CONSIDERATO

che:
l’Istituto ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo 25 febbraio 2000, n. 61; Decreto Legge n. 726 del 1984, articolo 5, comma 11 e del Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 7, comma 1, convertito con modificazioni in L. 11 novembre 1983, n. 638, oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia (articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5);
lamenta che le modalita’ di computo dell’anzianita’ contributiva ai fini del riconoscimento del diritto a pensione, con riguardo ai periodi di lavoro a tempo parziale verticale ciclico, non possono che essere considerati se non con riguardo ai periodi in cui vi e’ stato effettivo svolgimento dell’attivita’ lavorativa, con corresponsione della retribuzione e del versamento della contribuzione previdenziale, senza possibilita’ di distribuire su tutto l’anno (anche per i periodi non lavorati) i contributi versati per i periodi lavorati, cio’ in base alla L. n. 638 del 1983, articolo 7;
Il motivo e’ infondato in conformita’ con i precedenti di questa Corte di Cassazione (in particolare, Cass. n. 21207 del 2016) ancorche’ la decisione impugnata si sia fondata esclusivamente sull’applicazione del Decreto Legislativo n. 61 del 2000, articolo 9, che risulta invece parzialmente inapplicabile in specie avuto riguardo alla data di trasformazione del precedente rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto part-time (1994);
va premesso, al riguardo, che questa Corte ha gia’ avuto modo di chiarire che, in tema di anzianita’ contributiva utile per il conseguimento di prestazioni previdenziali da parte di lavoratori part-time, il tenore letterale del Decreto Legge n. 338 del 1989, articolo 1, comma 4 (conv. con L. n. 389 del 1989), e la sua riproposizione in termini immutati nel Decreto Legislativo n. 61 del 2000, articolo 9, escludono, con la puntuale indicazione che l’ambito disciplinato attiene alla “retribuzione minima oraria da assumere quale base di calcolo per i contributi previdenziali dovuti per i lavoratori a tempo parziale”, la possibile estensione, in via interpretativa, del meccanismo adeguativo ivi previsto all’ipotesi, del tutto diversa e disciplinata dal Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 7, (conv. con L. n. 638 del 1983), del sistema di calcolo dell’anzianita’ contributiva utile per il conseguimento del diritto alla prestazione previdenziale nel settore del lavoro a tempo parziale, la cui legittimita’ costituzionale e’ stata valutata positivamente da Corte Cost. n. 36 del 2012 sul rilievo che non e’ configurabile un criterio di calcolo costituzionalmente obbligato dei contributi previdenziali dovuti per i lavoratori a tempo parziale (v. in termini Cass. n. 9039 del 2012);
ha pero’ precisato questa Corte, sempre con riferimento ai lavoratori part-time, che la questione del minimale contributivo (e in generale quella del numero dei contributi settimanali da accreditare ai dipendenti) e’ questione distinta dall’anzianita’ previdenziale tout court e dunque dalla relativa durata, anche ai fini previdenziali, dell’attivita’ lavorativa, che peraltro il nostro ordinamento svincola in piu’ occasioni dall’effettiva prestazione lavorativa ed anche dalla misura dei contributi versati (Cass. nn. 23948 del 2015 e 8565 del 2016): a venire in rilievo, infatti, non e’ gia’ la questione relativa al numero dei contributi da accreditare al lavoratore in regime di part-time, ma la possibilita’ che essi, quale che ne sia l’ammontare determinato dal Decreto Legge n. 463 del 1983, ex articolo 7, siano riproporzionati sull’intero anno cui si riferiscono, ancorche’ siano stati versati in relazione a prestazioni lavorative eseguite in una frazione di esso;
tale ultima questione, gia’ decisa da Cass. nn. 23948 del 2015 e 8565 del 2016 sulla scorta di CGUE, 10.6.2010, C-395-396/08, Bruno et al., appare in realta’ risolvibile – e va risolta sulla scorta dei principi immanenti nel nostro ordinamento in tema di rapporto di lavoro a tempo parziale. Il canone secondo cui, per i lavoratori a tempo parziale di tipo verticale ciclico, non si possono escludere i periodi non lavorati dal calcolo dell’anzianita’ contributiva necessaria per acquisire il diritto alla pensione, costituisce infatti una logica conseguenza del principio per cui, nel contratto a tempo parziale verticale, il rapporto di lavoro perdura anche nei periodi di sosta (cfr. in termini Corte Cost. n. 121 del 2006): prova ne sia che ai lavoratori impiegati secondo tale regime orario non spettano per i periodi di inattivita’ ne’ l’indennita’ di disoccupazione (Cass. S.U. n. 1732 del 2003), ne’ l’indennita’ di malattia (Cass. n. 12087 del 2003), essendo quest’ultima correlata ad una perdita di retribuzione che, nel periodo di inattivita’, non e’ dovuta per definizione;
In altri termini, se e’ vero che il rapporto di lavoro a tempo parziale verticale assicura al lavoratore una stabilita’ ed una sicurezza retributiva che impediscono di considerare costituzionalmente obbligata una tutela previdenziale integrativa della retribuzione nei periodi di pausa della prestazione (cosi ancora Corte Cost. n. 121 del 2006, cit.), non e’ meno vero che cio’ e’ logicamente possibile a condizione di interpretare il Decreto Legge n. 726 del 1984, articolo 5, comma 11, cit. (secondo il quale, com’e’ noto, ai fini della determinazione del trattamento di pensione l’anzianita’ contributiva “inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale” va calcolata “proporzionalmente all’orario effettivamente svolto”), nel senso di ritenere che l’ammontare dei contributi determinato Decreto Legge n. 463 del 1983, ex articolo 7, cit., debba essere riproporzionato sull’intero anno cui i contributi si riferiscono: diversamente, il lavoratore impiegato in regime di part-time verticale si troverebbe a fruire di un trattamento deteriore rispetto al suo omologo a tempo pieno, dal momento che i periodi di interruzione della prestazione lavorativa, che pure non gli danno diritto ad alcuna prestazione previdenziale, non gli gioverebbero nemmeno ai fini dell’anzianita’ contributiva;
non v’e’ dubbio che codesta possibile disparita’ di trattamento genererebbe sospetti di illegittimita’ costituzionale ex articolo 3 Cost., comma 1, dal momento che, pur potendo concedersi che l’esclusione delle indennita’ di carattere previdenziale potesse in passato parzialmente giustificarsi in ragione della volontarieta’ della scelta del tempo parziale e della consequenziale impossibilita’ di considerare i periodi di pausa come disoccupazione involontaria (cosi’ Cass. S.U. n. 1732 del 2003, cit., sulla scorta del Decreto Legge n. 726 del 1984, articolo 5, comma 1: ma appunto parzialmente, visto che la medesima volontarieta’ della scelta del tempo parziale non aveva impedito a Corte Cost. n. 160 del 1974 di dichiarare l’illegittimita’ costituzionale del R.Decreto Legge n. 1827 del 1935, articolo 76, che negava l’indennita’ di disoccupazione ai lavoratori stagionali), l’assenza di tutela previdenziale trova in realta’ ben piu’ solido fondamento oggettivo nella natura continuativa del rapporto instaurato inter partes, cio’ che adesso risulta confermato dalla sopravvenuta abrogazione della possibilita’ (gia’ prevista dal Decreto Legge n. 726 del 1984, articolo 5 cit.) che il lavoratore a tempo parziale si iscriva nelle liste di collocamento durante i periodi di pausa della prestazione (cfr. Decreto Legislativo n. 61 del 2000, articolo 11, lettera a);
in questo quadro, reputa il Collegio che il richiamo alla giurisprudenza comunitaria da parte di Cass. nn. 23948 del 2015 e 8565 del 2016 debba intendersi non gia’ nel senso di considerare la materia de qua direttamente assoggettata alla disciplina di cui alla direttiva n. 97/81/CE (che’ anzi la Corte di Giustizia non manca di chiarire che quest’ultima concerne esclusivamente “le pensioni che dipendono da un rapporto di lavoro tra lavoratore e datore di lavoro, ad esclusione delle pensioni legali di previdenza sociale”: cfr. CGUE, 10.6.2010, Bruno et al., p. 42), bensi’ nel senso di ricavare (anche) dalla disciplina comunitaria una conferma di quel principio di parita’ di trattamento tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale che, come s’e’ visto supra, risultava gia’ immanente nell’ordinamento interno ai fini previdenziali;
corretta in tal senso la motivazione della sentenza impugnata, il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida nella misura di Euro 3000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, ove dovuto.

 

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