Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 30 luglio 2020, n. 23399.
Massima estrapolata:
Ai fini dell’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione ex art. 235 cod. pen. nei confronti di un condannato extracomunitario che abbia legami familiari, ai sensi dell’art. 19, comma 2, lett. c) d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, con un cittadino dell’Unione europea regolarmente soggiornante in Italia, il magistrato di sorveglianza è tenuto ad accertare, in sede di valutazione dell’attualità della pericolosità sociale, non solo l’insussistenza delle cause ostative previste dall’art. 19 del citato d.lgs., ma anche che ricorrano le rigide condizioni cui l’ordinamento europeo subordina l’adozione della misura dell’allontanamento del cittadino dell’Unione o del familiare “qualificato” (direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004, recepita nell’ordinamento interno dal d.lgs. 6 febbraio 2007, n. 30).
Sentenza 30 luglio 2020, n. 23399
Data udienza 14 luglio 2020
Tag – parola chiave: Esecuzione – Condanna per ricettazione – Misura di sicurezza – Espulsione dal territorio dello Stato – Disciplina
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZEI Antonella – Presidente
Dott. TARDIO Angela – Consigliere
Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere
Dott. CENTOFANTI Francesc – rel. Consigliere
Dott. CAIRO Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 17/09/2019 del Tribunale di sorveglianza di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Francesco Centofanti;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aniello Roberto, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Brescia confermava l’anteriore provvedimento del locale Magistrato di sorveglianza, che aveva disposto darsi esecuzione, nei confronti di (OMISSIS), alla misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato, ordinata in sede di condanna per ricettazioni commesse nell’anno 2007.
2. Il condannato ricorre per cassazione, con rituale ministero difensivo, sulla base di tre motivi.
Con il primo motivo il ricorrente deduce carenza di motivazione. L’ordinanza impugnata si sarebbe limitata a richiamare la decisione di primo grado, omettendo di confrontarsi efficacemente con le ragioni dedotte nell’atto di appello. Essa, inoltre, nel ribadire la pericolosita’ sociale dell’opponente, a fronte dell’esistente rapporto di coniugio con cittadina di Stato appartenente all’Unione Europea (Romania), non avrebbe effettuato il necessario bilanciamento con il rilevante interesse dell’unita’ del nucleo familiare.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce manifesta illogicita’, e contraddittorieta’, di motivazione. Sarebbe errato il riferimento, operato dal Tribunale, a condotte illecite successive all’instaurazione (febbraio 2018) della convivenza coniugale, ne’ il giudice a quo avrebbe tenuto conto della piu’ recente assoluzione, per assenza di dolo, dal reato di cui all’articolo 13, comma 13, Testo Unico imm., mentre le pregresse richiamate denunce non sarebbero sfociate in alcun accertamento giudiziale per lui pregiudizievole.
Con il terzo motivo, il ricorrente deduce carenza, manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ di motivazione. L’attualita’ di pericolosita’ sociale sarebbe stata quindi desunta da una condanna, e da altri precedenti penali, ormai assai risalenti, privi di negativa sintomaticita’ e rispetto ai quali non sarebbe stata adeguatamente considerata la positiva evoluzione di personalita’, anche favorita dal trattamento rieducativo impartito in costanza di detenzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, unitariamente considerato, e’ fondato nei termini di seguito precisati.
2. La giurisprudenza di legittimita’, con orientamento consolidato (Sez. 5, n. 1953 del 29/11/2018, dep. 2019, Neagu, Rv. 274439-01; Sez. 3, n. 6707 del 12/01/2016, Caushi, Rv. 266276-01; Sez. 1, n. 34562 del 12/06/2007, Bajraktarevic, Rv. 237625-01), afferma che la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato, prevista dall’articolo 235 c.p., o da disposizioni speciali, e’ disposta, in presenza delle ulteriori condizioni di legge, nei confronti dello straniero socialmente pericoloso, titolare o meno del permesso di soggiorno, sempre che non ricorrano i divieti previsti dall’articolo 19 Testo Unico imm..
Questi ultimi, infatti, sono di portata generale, in quanto si riconnettono a prevalenti esigenze umanitarie, o di tutela della persona del condannato, o delle sue relazioni familiari, e si applicano a tutte le espulsioni giudiziali (Sez. 1, n. 40529 del 09/05/2017, Hassine, Rv. 270983-01; Sez. 6, n. 3516 del 12/01/2012, Farid, Rv. 251580-01; Sez. 3, n. 18527 del 03/02/2010, Nabil, Rv. 246974-01).
Le ipotesi preclusive di cui al menzionato articolo 19 – tra cui rientra quella riguardante lo straniero convivente, tra l’altro, con il coniuge di nazionalita’ italiana (comma 2, lettera c) – non sono peraltro tassative, come risulta da ripetuti ulteriori arresti di questa Certe, ma appaiono suscettibili sia d’interpretazione internamente estensiva (Sez. 1, n. 44182 del 27/06/2016, Zagoudi, Rv. 26803801, che al coniugio parifica la convivenza more uxorio), sia d’integrazione analogica alla luce dell’intero tessuto ordinamentale.
L’integrazione puo’ rivelare, in particolare, una matrice sovranazionale, come nelle ipotesi della c.d. protezione sussidiaria, spettante, tra l’altro, a fronte di minaccia grave alla vita, derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale (Sez. 1, n. 41949 del 04/04/2018, S., Rv. 273973-01).
2. Con riferimento a quest’aspetto, che concerne l’adempimento degli obblighi sovranazionali dello Stato, garantito peraltro da specifiche previsioni costituzionali (articolo 117, comma 1, della Carta, e, per gli obblighi di matrice UE, articolo 11), viene in specifica considerazione la direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione, e dei loro familiari, di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, recepita nell’ordinamento interno dal Decreto Legislativo n. 30 del 2007.
La direttiva (n. 1 del “Considerando”) attua il principio sancito dall’articolo 21 T.F.U.E., per cui la cittadinanza dell’Unione conferisce ai suoi titolari il diritto primario e individuale di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni stabilite dai Trattati istitutivi e dalle disposizioni adottate in applicazione di essi. Tale diritto “presuppone, affinche’ possa essere esercitato in oggettive condizioni di liberta’ e di dignita’, la concessione di un analogo diritto ai familiari, qualunque sia la loro cittadinanza” (n. 4 del “Considerando”).
La direttiva – la quale dunque, come dispone l’articolo 3, paragrafo 1, “si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonche’ ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo”, tra cui e’ incluso il coniuge – regola minutamente, nei capi da II a V, l’ingresso, il soggiorno (anche permanente) e l’uscita del soggetto interessato, fissandone nel dettaglio presupposti e requisiti, anche formali, e disciplinando i dovuti controlli. Essa, poi, nel capo VI, contempla limitazioni al diritto d’ingresso e di soggiorno, in relazioni ad esigenze di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanita’ pubblica, rilevate dallo Stato membro ospitante.
L’articolo 27, in particolare, prevede, al paragrafo 1, la possibilita’ del medesimo Stato membro di attuare, per i suddetti motivi, misure incidenti sull’esercizio della liberta’ di circolazione e permanenza, di cui sono titolari i cittadini (dell’Unione, o i loro familiari qualunque sia la loro cittadinanza; ma aggiunge, al paragrafo 2, che “I provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza rispettano il principio di proporzionalita’ (…). La sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti” (comma 1), e che “Il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della societa’. Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione” (comma 2).
Secondo l’articolo 28, paragrafo 1, “Prima di adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, lo Stato membro ospitante tiene conto di elementi quali la durata del soggiorno dell’interessato nel suo territorio, la sua eta’, il suo stato di salute, la sua situazione familiare e economica, la sua integrazione sociale e culturale nello Stato membro ospitante e (la) importanza dei suoi legami con il paese d’origine”.
Secondo l’articolo 33, paragrafo 1, “Lo Stato membro ospitante puo’ validamente adottare un provvedimento di allontanamento dal territorio a titolo di pena o di misura accessoria ad una pena detentiva soltanto nel rispetto dei requisiti di cui agli articoli 27, 28 e (…)”.
3. La direttiva ha trovato ripetuta eco nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale, in varie sentenze, ha affermato il principio secondo cui, in applicazione di essa, e dell’articolo 21 T.F.U.E. che ne costituisce la base, e’ di regola garantito, allo straniero non appartenente all’Unione stessa – il quale abbia legami familiari importanti ed effettivi con un cittadino Europeo, regolarmente insediato nel territorio di un diverso Stato membro – il diritto al soggiorno in questo stesso Stato; diritto che non puo’ essere limitato per il solo fatto dell’intervenuta commissione di un qualunque reato (ex multis, Corte giustizia, 13/07/2017, E, C-193/16).
Tale diritto non e’ incondizionato, ma puo’ essere subordinato alle limitazioni e alle condizioni previste dal Trattato, nonche’ dalle sue disposizioni applicative. Le limitazioni al diritto di soggiorno discendono, in particolare, dall’articolo 27, paragrafo 1, della direttiva, disposizione che consente agli Stati membri di circoscrivere il diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione, o dei loro familiari, indipendentemente per questi ultimi dalla loro cittadinanza, per motivi, tra l’altro, di ordine pubblico o di pubblica sicurezza (Corte giustizia, 10/07/2008, Jipa, C-33/07, punti 21-22, e 13/09/2016, Rendon Marin, C-165/14, punti 55 e 57).
Secondo il giudice dell’Unione, tali motivi costituiscono una deroga al diritto di soggiorno dei predetti cittadini e familiari, da intendersi in modo restrittivo e rispondente, per tutti i Paesi membri, a canoni uniformi (in tal senso, Corte giustizia, 29/04/2004, Orfancpoulos e Oliveri, C-482/01 e C-493/01, punto 65, e 13/09/2016, Rendon Marin, citata, punto 58). Come risulta dall’articolo 27, paragrafo 2, comma 1, della menzionata direttiva, per essere giustificati i provvedimenti limitativi del diritto di soggiorno, qui in considerazione, devono rispettare il principio di proporzionalita’ ed essere adottati esclusivamente in considerazione del comportamento personale del soggetto nei riguardi del quale essi sono applicati (Corte giustizia, 13/09/2016, Rendon Marin, citata, punto 59). Inoltre, l’articolo 27, paragrafo 2, comma 2, della direttiva subordina qualsiasi provvedimento di allontanamento alla circostanza che tale comportamento rappresenti una minaccia reale ed attuale per un interesse fondamentale dello Stato membro ospitante; constatazione questa che implica, in generale, l’esistenza, nell’individuo in questione, di una tendenza a mantenere tale comportamento in futuro (Corte giustizia, 22 maggio 2012, I, C-348/09, punto 30).
Corte giustizia, GC, 23/11/2010, Panagiotis Tsakouridis, C-145/09, ha ribadito che il provvedimento di allontanamento, nei casi considerati, deve essere fondato su un esame individuale del singolo caso specifico (punto 49 della sentenza); che, in sede di applicazione della direttiva, occorre specialmente ponderare, da un lato, il carattere eccezionale della minaccia di pregiudizio ai valori dell’ordine e della sicurezza, alla luce in particolare delle pene previste o irrogate, del grado di coinvolgimento nell’attivita’ criminosa, della portata del danno e, eventualmente, della tendenza alla recidiva, e, d’altro lato, il rischio di compromettere il reinserimento sociale del cittadino dell’Unione Europea, o del suo familiare, nello Stato in cui e’ effettivamente integrato, reinserimento che rientra non solo nell’interesse di questi ultimi ma dell’Unione in generale (punto 50); che, nell’ambito di tale valutazione, occorre infine prendere in considerazione i diritti fondamentali di cui l’Unione garantisce il rispetto, in quanto si possono addurre motivi di interesse generale, per giustificare una misura nazionale idonea ad ostacolare l’esercizio della libera circolazione delle persone, solo qualora detta misura sia conforme a tali diritti, tra cui specialmente rileva il diritto al rispetto della vita privata e familiare, come sancito all’articolo 7 della Carta di Nizza e all’articolo 8 CEDU (punto 52). A quest’ultimo proposito, per valutare se l’ingerenza ipotizzata sia proporzionata alla finalita’ legittima perseguita (nella specie la protezione dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica). occorre prendere in considerazione la natura e la gravita’ della violazione commessa, la durata del soggiorno dell’interessato nello Stato membro ospitante, il periodo trascorso dalla violazione commessa e la condotta dell’interessato durante tale periodo, nonche’ la solidita’ dei legami sociali, culturali e familiari con lo Stato membro ospitante (sentenza da ultimo citata, punto 53).
4. Alla luce di tale ricognizione, sia pur sintetica, appare evidente che – ove, in sede di espulsione, a titolo di misura di sicurezza, di persona avente, con un cittadino dell’Unione, quest’ultimo regolarmente soggiornante in Italia, i legami familiari di cui all’articolo 19, comma 2, lettera c), Testo Unico imm., di questi ultimi non si tenesse debito conto – il relativo assetto sarebbe inconciliabile con le linee-guida del diritto Eurounitario, che impongono in materia, ai fini della decisione sull’allontanamento, un approccio prudente e graduato, oltre che necessariamente individualizzato.
Soccorre, a questo punto, rimedio dell’interpretazione conforme, ripetutamente enunciato dalla medesima Corte di Giustizia dell’Unione (sentenze 05/10/2004, Pfeiffer, cause da C-397/01 a C-403/01, e 24/01/2012, Dominguez, C-282/10). Essa “richiede (…) che i giudici nazionali si adoperino al meglio nei limiti della loro competenza, prendendo in considerazione il diritto interno nella sua interezza e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena effettivita’ della direttiva di cui trattasi e pervenire ad una soluzione conforme alla finalita’ perseguita” (Corte giustizia, 04/07/2006, Adeneler C-212/04, punto 111).
Tale interpretazione risulta nella specie ammessa, alla luce del ricordato carattere non tassativo delle deroghe all’espulsione indicate dall’articolo 19 Testo Unico imm., e della possibilita’ di una sua lettura estensiva, o integrazione analogica, in vista di superiori esigenze, anche di ordine sovranazionale (in termini, Sez. 1, n. 915 del 17/10/2019, dep. 2020, Kouadio, Rv. 278065-01, a proposito dell’espulsione a titolo di sanzione alternativa alla detenzione, ex articolo 16, comma 5, medesimo T.U.).
Il necessario adattamento del sistema interno al diritto dell’Unione si puo’ allora ottenere, senza certamente affermare l’inapplicabilita’ dell’espulsione quale misura di sicurezza al familiare (quale individuato dall’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva), non avente la cittadinanza di alcun Paese membro, convivente con cittadino Europeo regolarmente residente in Italia, posto che anche quest’ultimo e’ passibile, per testuale previsione di legge (articolo 235 c.p., comma 1, nel testo novellato dal Decreto Legge n. 92 del 2008, articolo 1, comma 1, lettera a, conv. dalla L. n. 125 del 2008), della misura di rigore (in termini, Sez. 3, n. 48937 del 05/11/2009, Koesslinger, R. 245710-01; Sez. 1, n. 44336 del 18/11/2008, Grosso, Rv. 242202-01).
Si puo’ ottenere, viceversa, attraverso l’attribuzione al giudice di sorveglianza, chiamato a decidere sull’esecuzione della misura di sicurezza, del potere-dovere di accertare, in sede di valutazione dell’attualita’ della pericolosita’ sociale, la sussistenza delle rigide condizioni cui l’ordinamento Europeo subordina, nei casi considerati, la misura dell’allontanamento del condannato, cittadino dell’Unione, o familiare “qualificato”, dal territorio del diverso Stato membro di insediamento.
5. L’ordinanza impugnata, seppur dotata di apparato motivazionale autonomo rispetto alla decisione di primo grado, non ha tenuto adeguatamente presente il quadro normativo come sopra ricostruito, ne’ pertanto ha orientato alla sua stregua l’operato giudizio di pericolosita’ sociale.
Essa deve essere pertanto annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza che l’ha adottata per rinnovato giudizio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Brescia.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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