Ai fini della procedibilità del ricorso per cassazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 maggio 2021| n. 12844.

Ai fini della procedibilità del ricorso per cassazione, rileva che il ricorrente, nel rispetto del termine indicato dall’art. 369 c.p.c., depositi il ricorso e formuli l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio al giudice “a quo”, la quale deve essere restituita munita del visto di cui al comma terzo della disposizione in esame, non potendo discendere dal suo mancato deposito «insieme col ricorso» la sanzione della improcedibilità del giudizio di legittimità, atteso che una differente soluzione, di carattere formalistico, determinerebbe un ingiustificato diniego di accesso al giudizio di impugnazione, in contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale.

Ordinanza|13 maggio 2021| n. 12844

Data udienza 3 febbraio 2021
Integrale

Tag/parola chiave: Iscrizione ipotecaria – Ricorso per cassazione – Oneri del ricorrente ex art. 369 cpc – Censure inammissibili

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere

Dott. RUSSO Rita – Consigliere

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21409/2015 proposto da:
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
Contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio in (OMISSIS) e dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1103/46/15 della Commissione tributaria Regionale di Napoli, depositata il 5/2/2015;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/02/2021 dal Consigliere Dott. Stefano Pepe;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Giovanni Giacalone che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo e rigetto del primo.

RITENUTO

Che:
1. La Commissione tributaria regionale di Napoli, con sentenza n. 1103/46/15, depositata il 5/2/2015 rigettava l’appello proposto da (OMISSIS) s.p.a. e, per l’effetto confermava la sentenza di primo grado che, in accoglimento del ricorso proposto dal contribuente, aveva annullato il provvedimento di iscrizione ipotecaria impugnato. In particolare, i giudici di primo grado avevano, da un lato, dichiarato il difetto di giurisdizione relativamente a due delle cartelle poste a fondamento del suindicato provvedimento (una relativa al mancato versamento dei’ contributi per la Cassa di previdenza forense e altra a sanzioni per violazioni al codice della strada) e, dall’altro, quanto alla restante cartella (n. (OMISSIS) per IVA, IRAP, IRPEF afferente agli anni 2000, 2001, 2002, 2003 per Euro 128.235,40) avevano rilevato che essa era stata annullata nell’ambito di altro giudizio dalla medesima CTP.
2. Avverso tale sentenza (OMISSIS) s.p.a. proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi.
3. (OMISSIS) depositava controricorso.
4. Con ordinanza n. 22033 del 2017 questa Corte, dopo aver disposto la costituzione del contraddittorio camerale ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., in accoglimento della richiesta di (OMISSIS) s.p.a., rinviava il processo a nuovo ruolo con trasmissione della causa alla sezione ordinaria (quinta), non essendo la causa d’immediata evidenza decisoria.
In proposito, il Collegio rilevava l’assenza di precedenti specifici in ordine alla questione propria della vicenda processuale in esame (presentazione, presso la segreteria della CTR della Campania dell’istanza di trasmissione del fascicolo, depositata il 18.9.2015, stesso giorno dei deposito del ricorso per cassazione, ma con allegazione successiva, il 22.9.2015, degli atti depositati in Corte di detta istanza con nota di deposito in pari data), donde l’istanza e’ stata depositata nel medesimo termine di cui all’articolo 369 c.p.c., comma 1, ma non “insieme col ricorso”, come richiesto, a pena d’improcedibilita’, dall’articolo 369 c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO

Che:
In via preliminare si pone la questione afferente alla eventuale procedibilita’ del ricorso ex articolo 369 c.p.c. ponendosi essa quale antecedente logico delle censure prospettate dalla ricorrente.
L’articolo 369 c.p.c. dispone che “Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della corte, a pena d’improcedibilita’, nel termine di giorni venti dall’ultima notificazione alle parti contro le quali e’ proposto. Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena d’improcedibilita’: 1) il decreto di concessione del gratuito patrocinio; 2) copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa e’ avvenuta, tranne che nei casi di cui ai due articoli precedenti; oppure copia autentica dei provvedimenti dai quali risulta il conflitto nei casi di cui all’articolo 362, nn. 1 e 2; 3) la procura speciale, se questa e’ conferita con atto separato (832-3); 4) gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda. Il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata o del quale si contesta la giurisdizione la trasmissione alla cancelleria della Corte di cassazione del fascicolo d’ufficio; tale richiesta e’ restituita dalla cancelleria al richiedente munita di visto, e deve essere depositata insieme col ricorso”.
La norma precisa cio’ che il ricorrente ha l’onere di depositare, allorche’ accede al giudizio di legittimita’, in cui non e’ permesso l’esame degli atti nel merito.
Oltre all’onere di deposito del ricorso, infatti, la legge ne pone altri con riguardo agli atti e documenti di causa, che sono enunciati, a pena rispettivamente di inammissibilita’ e di improcedibilita’, dall’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dall’articolo 369 c.p.c.: per il primo, e’ onere del ricorrente riportare nel motivo, indicare in modo specifico gli atti e i documenti su cui si fondano i vari motivi, nonche’ la sede processuale in cui il documento fu prodotto nei giudizi di merito; per il secondo, occorre depositare il documento in allegato al ricorso.
L’articolo 369 c.p.c., comma 2, prevede che il suddetto onere di allegazione sia adempiuto unitamente con il deposito del ricorso nel termine di venti giorni dall’ultima notifica alle parti nei cui confronti e’ proposto. La violazione del termine e’ rilevabile d’ufficio, ne’ puo’ essere sanata ove la parte resistente abbia notificato controricorso senza eccepire l’improcedibilita’, trattandosi di termine perentorio (ex plurimis Cass. n. 24178 del 2016), concludendo dette decisioni nel senso che debba sempre escludersi la possibilita’ di recupero della condizione di procedibilita’, atteso che cio’ introdurrebbe nel sistema elementi di alea ed imprevedibilita’, finendo con il far dipendere il giudizio sull’osservanza delle forme e dei termini, e l’esito stesso del giudizio, da circostanze casuali ed imponderabili.
Con particolare riferimento all’allegazione degli atti e dei documenti rilevanti per la decisione (ex articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4) le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che “In tema di giudizio per cassazione, l’onere del ricorrente, di cui all’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, cosi’ come modificato dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40, articolo 7, di produrre, a pena di improcedibilita’ del ricorso, “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda” e’ soddisfatto, sulla base del principio di strumentalita’ delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’articolo 369 c.p.c., comma 3, ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilita’ ex articolo 366 c.p.c., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi” (Cass. n. 22726 del 2011 e, successivamente, n. 195 del 2016, n. 11599 del 2019).
Alla luce di quanto sopra puo’ affermarsi che la sanzione dell’improcedibilita’ prevista dal legislatore consegue alla violazione del termine indicato dall’articolo 369 c.p.c.; termine rilevante anche ai fini dell’adempimento degli oneri di allegazione da quest’ultimo previsti e il cui rispetto prescinde dal necessario contestuale deposito del ricorso e degli atti indicati dal comma 2 della norma in esame, atteso che una differente soluzione, di carattere formalistico, determinerebbe un ingiustificato diniego di accesso al giudizio di impugnazione in contrasto con il principio di effettivita’ della tutela giurisdizionale.
In sostanza, cio’ che rileva e’ che il ricorrente nel rispetto del termine indicato dall’articolo 369 c.p.c., formuli l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio, la quale deve essere restituita munita del visto di cui al comma 3 della disposizione in esame, non potendo discendere dal suo mancato deposito “insieme col ricorso” la sanzione della improcedibilita’ del giudizio di legittimita’.
2. Sempre in via preliminare deve affermarsi la non fondatezza della eccepita improcedibilita’ del ricorso per nullita’ della notifica telematica del ricorso avvenuta senza la sottoscrizione dell’atto cori firma digitale e l’attestazione di conformita’ dell’atto e della procura ad litem.
Nell’ultima pagina del ricorso e’, infatti, riportato il timbro elettronico contenente la data di sottoscrizione, i codici attribuiti all’avvocato sottoscrittore e tutti i dati relativi alla sottoscrizione digitale; dati presenti anche nella relata di notifica del ricorso.
3. Nel merito, la ricorrente, con il primo motivo di ricorso, deduce, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione degli articoli 112 e 277 c.p.c. per avere la CTR omesso di pronunciarsi sulla eccepita eccezione di inammissibilita’ del ricorso originario proposto dal contribuente in quanto afferente all’estratto di ruolo; eccezione quest’ultima sulla quale anche i giudici di primo grado avevano omesso ogni pronuncia.
4. Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articoli 36 e 61 e dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., essendo la sentenza della CTR “nulla per vizio di motivazione, in quanto completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto il giudice di appello a disattenderle”.
In proposito, la ricorrente rileva che con apposito motivo di appello aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva affermato che la sentenza della CTR n. 396/44/10 della CTP di Napoli aveva annullato la cartella di pagamento posta a fondamento del provvedimento di iscrizione ipotecaria oggetto del presente giudizio laddove, al contrario, tale ultima sentenza aveva in realta’ solo imposto una rideterminazione del tributo dovuto.
5. I due motivi, da trattarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione, non sono fondati.
Premesso che il secondo motivo di ricorso deve essere riqualificato come vizio di omessa pronuncia, la CTR ha, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, esaminato la specifica censura mossa da quest’ultima avverso la sentenza di primo grado e ritenuto assente il vizio di motivazione eccepito.
In sostanza, i giudici di merito hanno qualificato il ricorso introduttivo come volto alla impugnazione non degli estratti di ruolo, bensi’ della iscrizione ipotecaria, in quanto basata su cartelle non notificate ovvero annullate con altre sentenze della CTP di Napoli, di talche’ non vi e’ stata omessa pronuncia sul punto, bensi’ corretta qualificazione della domanda.
La CTR ha, infatti, condiviso l’iter motivazionale della CTP e “ritenuto pregnante e prevalente la prima contestazione sollevata dal contribuente, e cioe’ quella del ne bis in idem scaturente dal fatto che la cartella esattoriale invocata dal concessionario quale titolo legittimante l’opposizione, ossia la n. (OMISSIS), era gia’ stata annullata con sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli (…) circostanza provata documentalmente con l’esibizione delle precedenti sentenze della CTP di Napoli”.
Il vizio di motivazione non rileva piu’ quale causa di nullita’ della sentenza se non come omesso esame di fatto decisivo (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) ovvero assenza sostanziale e radicale di motivazione (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4); ipotesi che non ricorrono nel caso in esame laddove la CTR, mediante il sopra indicato richiamo alla pronuncia dei giudici di primo grado, fonda il proprio decisum sul venir meno (annullamento) della cartella posta a base dell’iscrizione ipotecaria. Tale valutazione non e’ smentita ma, anzi, confermata dalla stessa ricorrente la quale deduce l’avvenuto sgravio parziale, ma non afferma – neppure essa – che l’iscrizione ipotecaria si basasse su una nuova e diversa cartella, di importo sgravato.
In ragione dell’accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, l’ulteriore motivo di appello proposto dalla ricorrente, afferente alla inammissibilita’ del ricorso originario del contribuente per la non impugnabilita’ dell’estratto di ruolo, deve ritenersi assorbito in senso improprio dal giudice di merito, assumendo rilievo il principio affermato da questa Corte (Cass. n. 28995 del 2018) secondo cui ricorre “la figura dell’assorbimento in senso proprio si ha quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte” la quale con la pronuncia sulla domanda assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo piu’ pieno, mentre e’ in senso improprio quando la decisione assorbente esclude la necessita’ o la possibilita’ di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande. Ne consegue che l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realta’, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione e’ proprio quella dell’assorbimento, per cui, ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l’unica motivazione della decisione assunta, ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa”.
6. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte:
– Rigetta il ricorso.
– Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 5.600,00 oltre rimborso forfettario spese generali ed agli accessori di legge.
– Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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