Ai fini della configurabilità del reato di abbandono di rifiuti

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 4 febbraio 2020, n. 4700

Massima estrapolata:

In tema di gestione dei rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di abbandono di rifiuti per titolare di impresa o responsabile di ente non deve intendersi solo il soggetto formalmente titolare dell’attività ma anche colui che eserciti di fatto l’attività imprenditoriale inquinante (Sez. III, sent. n. 19969 del 14 dicembre 2016 e sent. n. 30133 del 5 aprile2017).

Sentenza 4 febbraio 2020, n. 4700

Data udienza 12 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere

Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/11/2018 della Corte di appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Stefano Corbetta;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi; udito il difensore, avv. (OMISSIS) del foro di Roma, in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) del foro di Genova, che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Imperia e appellata dagli imputati, la Corte di appello di Genova, riqualificato il reato di cui al capo A) ai sensi del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2, e ritenuta quale violazione piu’ grave il reato ex articolo 110 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c), contestato al capo B) unitamente al reato di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, rideterminava in anni uno di arresto e 40 mila Euro di ammenda la pena inflitta nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), confermando nel resto la pronuncia di primo grado, la quale aveva assolto il coimputato (OMISSIS) dai reati in esame per non aver commesso il fatto.
2. Avverso l’indicata sentenza, (OMISSIS) e (OMISSIS), per mezzo del comune difensore di fiducia, propongono ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione all’articolo 110 c.p. con riferimento alla posizione di (OMISSIS). Secondo la prospettazione difensiva, la motivazione non indicherebbe la condotta ascritta a (OMISSIS) nel reato contestato in concorso con il padre, e, in ogni caso, ai fini della responsabilita’ ex articolo 110 c.p., non sarebbe sufficiente la mera qualifica di promissario acquirente del fondo.
2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in riferimento al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181. Ad avviso dei ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe erroneamente disatteso il motivo di appello con cui si contestava la qualificazione dell’attivita’ di movimentazione terra quale “lavoro” ai sensi del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, che, per contro, si riferirebbe unicamente agli interventi di nuova costruzione edile, come di desumerebbe dal tenore letterale dei commi 1-bis, lettera b) e 1-ter, lettera a), b) e c), in cui vi e’ un chiaro riferimento alle “volumetrie” e ai “materiali autorizzati”, locuzioni che sono congruenti, appunto, con l’attivita’ edile ma non con quella di mero sbancamento.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’articolo 606, comma 1, lettera e) in ordine alla valutazione dei testi. Secondo i ricorrenti, i giudici di merito hanno erroneamente valutato attendibile il teste (OMISSIS), a discapito della deposizione resa dal teste (OMISSIS), il quale ha indicato in (OMISSIS) il responsabile del cantiere, che aveva dato indicazioni sul luogo di scarico dei detriti.
2.4. Con il quarto motivo si censura la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in relazione al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2. Deducono i ricorrenti che non sarebbe ravvisabile il reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2, per la cui integrazione e’ richiesta, in capo all’agente, una qualifica soggettiva, che non possedevano i due imputati.
2.5. Con il quinto motivo si deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) con riferimento alla natura dei rifiuti di cui al capo A). La Corte territoriale avrebbe dovuto motivare in ordine alla natura dei rifiuti – se pericolosi o meno – cio’ che si riflette sulla determinazione della pena, rispettivamente comminata dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2, lettera a), con riferimento ai rifiuti non pericolosi, ovvero dalla lettera b), in relazione ai rifiuti pericolosi.
2.6. Con il sesto motivo si eccepisce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) in merito alla commisurazione della pena. Secondo la prospettazione difensiva, la pena inflitta sarebbe eccessiva, non rispecchiando la non particolare gravita’ delle condotte, stante la natura non pericolosa dei rifiuti e il lieve impatto sul fondo ove furono scaricati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La non manifesta infondatezza del quarto motivo consente di rilevare l’intervenuta prescrizione del reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2, contestato al capo A), essendo per il resto i ricorsi inammissibili.
2. Il primo motivo e’ inammissibile perche’ articolato in fatto.
Invero, la Corte di appello ha desunto la partecipazione di (OMISSIS) ai reati in esame dal fatto che egli avesse stipulato un contratto preliminare di compravendita con effetti anticipati, ad oggetto il terreno ove il padre conferi’ i detriti provento dall’attivita’ di demolizione.
Orbene, proprio la circostanza che il contratto preliminare fosse con effetti anticipati ha consentito a (OMISSIS) di avere l’immediata disponibilita’ di fatto del terreno, evidentemente messo a disposizione del padre per lo scarico dei detriti e per il compimento delle ulteriori attivita’ illecite realizzate, quali lo sbancamento, e considerando che, come emerge dalla sentenza di primo grado, entrambi i (OMISSIS) stavano lavorando al cantiere, da dove provenivano i rifiuti poi accumulati sul terreno in esame.
3. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato.
3.1. Secondo quando accertato dal personale del nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale di Imperia in data 11/02/2014 – non oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti -, sul terreno nel comune di Diano Castello, localita’ Ville sito in prossimita’ di un fiume – e quindi soggetto a vincolo paesaggistico idrogeologico – oggetto del contratto preliminare di compravendita in favore di (OMISSIS), vi era, sulla strada che conduceva all’area, materiale edile (mattoni, pietre e detriti) derivante dalla demolizione in atto presso il cantiere viciniore ove stava lavorando (OMISSIS); inoltre era stato realizzato un spiazzo di circa 300 mq. mediante movimenti di terra ed era stato altresi’ eseguito uno sbancamento di terreno pari a circa 500 mc.
3.2. Cio’ posto, la tesi sostenuta dai ricorrenti, secondo cui il Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181 non darebbe rilevanza all’opera di sbancamento del terreno, ma punirebbe solamente la realizzazione di lavori di natura edile, e’ destituita di ogni fondamento, perche’ e’ contraddetta dal chiaro dato letterale e dalla ratio della norma incriminatrice.
Per un verso, infatti, il Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181 non prevede alcuna limitazione in ordine alla tipologia dei lavori oggetto della condotta vietata, essendo punito “chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformita’ di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici”, laddove tale ultima locuzione e’ idonea ad abbracciare qualsivoglia attivita’, tale da comportare una modificazione del bene paesaggistico; per altro verso, oggetto della tutela e’ pacificamente l’ambiente, che puo’ essere leso non solo da lavori edili, ma da qualunque attivita’ comportante una modificazione dell’assetto territoriale, ivi compresa la conformazione dei luoghi, quali, appunto, i lavori di sbancamento del terreno.
Ne’ tale ricostruzione e’ smentita dal rilievo che nei successivi commi 1-bis, lettera b) e 1-ter, lettera a), b) e c) del Decreto Legislativo n. n 42 del 2004, articolo 181 vi sia un riferimento alle “volumetrie” e ai “materiali autorizzati”, trattandosi di previsioni del tutto autonome; il comma 1-bis, infatti, contempla una fattispecie delittuosa (e non contravvenzionale) punita piu’ severamente se i lavori sono eseguiti su aree o beni dichiarati di notevole interesse pubblico, mentre il comma 1-ter disciplina una sanatoria laddove l’autorita’ amministrativa accerti la compatibilita’ paesaggistica.
4. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato perche’ pretende una diversa lettura dei dati probatori.
Invero, con motivazione non manifestamente illogica, la Corte territoriale ha dato credito alla deposizione del teste (OMISSIS), il quale non solo e’ stato ritenuto soggettivamente credibile, non avendo alcun interesse nella vicenda, ma aveva appreso direttamente da (OMISSIS) dell’intenzione di costui di eseguire i lavori edili sul terreno viciniore, come poi e’ stato successivamente riscontrato all’atto degli accertamenti effettuati da personale del nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale di Imperia in data 11/02/2014, accertamenti che smentiscono le dichiarazioni rese dal teste (OMISSIS).
5. Il quarto motivo non e’ manifestamente infondato, in esso evidentemente assorbito il quinto motivo.
5.1. Come costantemente affermato da questa Corte di legittimita’, in tema di gestione dei rifiuti, ai fini della configurabilita’ del reato di abbandono di rifiuti) per titolare di impresa o responsabile di ente non deve intendersi solo il soggetto formalmente titolare dell’attivita’ ma anche colui che eserciti di fatto l’attivita’ imprenditoriale inquinante (Sez. 3, n. 19207 del 27/03/2008 – dep. 13/05/2008, Scalzo, Rv. 239875; in senso conforme, Sez. 3, n. 22035 del 13/04/2010 – dep. 10/06/2010, Brilli, Rv. 247626; Sez. 3, n. 19969 del 14/12/2016 – dep. 27/04/2017, Boldrin, Rv. 269768; Sez. 3, n. 30133 del 05/04/2017 – dep. 15/06/2017, Saldutti e altro, Rv. 270323).
5.2. Nel caso in esame, infatti, il tribunale non ha compiuto alcun accertamento sul punto, affermando unicamente che i ricorrenti erano dipendenti della societa’ (OMISSIS) – il cui legale rappresentante, (OMISSIS), e’ stato definitivamente assolto per non aver commesso il fatto – societa’ incaricata di demolire un immobile sito in (OMISSIS), senza pero’ spiegare in che modo a costoro fosse riconducibile, almeno di fatto, l’attivita’ di smaltimento dei rifiuti.
Nonostante la rilevata lacuna motivazionale, deve rilevatisi che medio tempore il reato in esame e’ prescritto, di talche’, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimita’ vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275).
La sentenza impugnata deve percio’ essere annullata senza rinvio per essere il reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2, estinto per intervenuta prescrizione, con eliminazione della relativa pena, pari a 10 mila Euro di ammenda, come determinata dalla Corte territoriale quale aumento per la continuazione; conseguentemente, la pena per ciascun ricorrente va rideterminata in anni uno di arresto e 30 mila Euro di ammenda.
6. Il sesto motivo e’ manifestamente infondato.
6.1. Va osservato che la graduazione della pena rientra nella discrezionalita’ del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p.; non e’ percio’ consentita la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita’ della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione.
6.2. Nel caso in esame, la Corte ha adeguatamente motivato in ordine alla quantificazione della pena, che si attesta in misura mediana, valorizzando la non trascurabile gravita’ dei fatti come accertati e i precedenti penali di cui e’ gravato (OMISSIS).
7. Va infine rilevato che, in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi piu’ reati ascritti allo stesso imputato, l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l’ammissibilita’ dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si e’ formato il giudicato parziale, e’ preclusa la possibilita’ di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016 – dep. 14/02/2017, Aiello e altro, Rv. 268966).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2, perche’ estinto per prescrizione. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi. Ridetermina la pena per ciascuno dei ricorrenti in anni uno di arresto e 30 mila Euro di ammenda.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *