Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente ed il valore della controversia

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|8 marzo 2023| n. 6969.

Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente ed il valore della controversia

Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato – in armonia con il principio generale di proporzionalità ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica delle disposizioni in tema di tariffe per prestazioni giudiziali – sulla base del criterio del “disputatum”, ovverosia sulla base di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza. Pertanto, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della causa è pari, per il primo grado, alla somma domandata con l’atto introduttivo, se la domanda viene rigettata, ed a quella accordata dal giudice, se essa viene accolta, mentre, per l’appello, alla sola somma che ha formato oggetto di impugnazione, se l’appello volto ad ottenere una somma maggiore è rigettato, ed alla maggiore somma accordata dal giudice rispetto a quella ottenuta in primo grado dall’appellante, se il gravame volto ad ottenere una somma maggiore è accolto. Il criterio che limita il valore della causa alla somma che ha formato oggetto di impugnazione, ovviamente, deve valere, con riguardo al giudizio di secondo grado, oltre che per l’ipotesi in cui sia rigettato l’appello volto ad ottenere una somma maggiore, anche per quella in cui sia accolto l’appello volto a ridurre la condanna di tale somma (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta a seguito di un ingiunzione di pagamento di somme reclamate a titolo di corrispettivo per forniture di prodotti farmaceutici rimaste impagate, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ha deciso nel merito la causa, riliquidando l’importo, pari a due terzi delle spese processuali del secondo grado di giudizio, ferma la compensazione di un terzo, posto a carico del ricorrente; nella circostanza, infatti, la corte territoriale aveva liquidato le spese del grado omettendo di fare applicazione del criterio del “disputatum”, ovvero tenendo conto della somma che aveva formato oggetto di impugnazione, ed applicando, invece, erroneamente, il criterio del “decisum” ovvero tenendo conto della somma oggetto della statuizione di condanna). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 30 novembre 2022, n. 35195; Cassazione, sezione civile III, sentenza 23 novembre 2017, n. 27871; Cassazione, sezione civile III, sentenza 12 gennaio 2011, n. 536).

Ordinanza|8 marzo 2023| n. 6969. Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente ed il valore della controversia

Data udienza 12 gennaio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Spese processuali – Rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente – Criterio limitante il valore della causa alla somma che ha formato oggetto di impugnazione – Validità anche in ipotesi in cui sia accolto il gravame volto a ridurre la condanna di tale somma

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. Spa ZIANI Paolo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12307/2022 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Condipodero Marchetta, ( (OMISSIS)), in virtu’ di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
nei confronti di:
(OMISSIS) s.p.a., (incorporante per fusione la (OMISSIS) s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore; rappresentata e difesa dall’Avv. Luigi Piccione, ( (OMISSIS)), in virtu’ di procura su foglio separato allegato al controricorso;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 498/2021 della CORTE di APPELLO di MESSINA, depositata il 2 novembre 2021;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12 gennaio 2023 dal Consigliere Relatore, Dott. Paolo SPAZIANI.

Ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente ed il valore della controversia

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Messina rigetto’ l’opposizione proposta da (OMISSIS), titolare della farmacia omonima, al decreto con cui la (OMISSIS) s.p.a. gli aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 274.516.63, oltre interessi moratori, a titolo di corrispettivo per forniture di prodotti farmaceutici rimaste impagate.
Il debitore propose appello, contestando il quantum della condanna e deducendo il proprio parziale adempimento mediante quattro assegni (dell’importo di Euro 7.953,83, di Euro 12.576,08, di Euro 10.226,63 e di Euro 10.022,21) che sarebbero stati incassati dalla societa’ opposta.
L’impugnazione e’ stata parzialmente accolta dalla Corte di appello di Messina, che ha ritenuto fondata l’eccezione di parziale adempimento relativamente ai pagamenti effettuati con due dei predetti titoli (quello dell’importo di Euro 10.226,63 e quello dell’importo di Euro 10.022,21), non anche in ordine ai pagamenti asseritamente eseguiti mediante gli altri due assegni.
Secondo la Corte territoriale, infatti, solo i primi due pagamenti, risultati effettuati in data (OMISSIS), si riferivano alle partite contabili indicate negli estratti conto della societa’ creditrice allegate al ricorso monitorio.
Ritenuto, pertanto, che la riduzione della condanna emessa in primo grado doveva effettuarsi mediante detrazione degli importi portati dai due predetti titoli (per la somma complessiva di Euro 20.248,84) – ed espletata consulenza tecnica contabile ai fini della rideterminazione dell’importo complessivo dovuto dal (OMISSIS) mediante imputazione della somma detraenda dapprima agli interessi e poi al capitale, ai sensi dell’articolo 1194 c.c., comma 2 – la Corte territoriale ha revocato il decreto opposto e condannato il debitore al pagamento della somma complessiva di Euro 254.267,79, compensando le spese processuali del grado nella misura di 1/3 e ponendo i restanti 2/3 (liquidati nell’importo di Euro 9.090,00, avuto riguardo alle varie fasi) a carico dell’appellante.
Propone ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso la societa’ (OMISSIS) s.p.a. (incorporante per fusione la societa’ (OMISSIS) s.p.a.).
La trattazione del ricorso e’ stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
Non sono state depositate memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo viene denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’articolo 91 c.p.c. e del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 4 e articolo 5, comma 1.
Il motivo si articola in due distinte doglianze.
1.a. Con la prima, il ricorrente deduce che la Corte di appello avrebbe liquidato le spese del grado omettendo di fare applicazione del criterio del disputatum (in base al quale avrebbe dovuto tenere conto della somma che aveva formato oggetto di impugnazione: Euro 40.778,75, pari alla sommatoria dei quattro assegni) ed applicando, invece, il criterio del decisum (in base al quale aveva tenuto indebitamente conto della somma oggetto della condanna, pari ad Euro 254.267,79).
In tal modo aveva indebitamente liquidato i compensi sullo scaglione da Euro 52.001 ad Euro 260.000, anziche’ su quello da Euro 26.001 ad Euro 52.000, la cui applicazione avrebbe comportato una quantificazione complessiva media di Euro 9.515,00, diminuita, con la riduzione di un terzo per la disposta compensazione parziale, ad Euro 6.343,00.
1.b. Con la seconda doglianza il ricorrente lamenta che, non ostante il parziale accoglimento dell’appello e la riforma in senso a lui favorevole della condanna di primo grado, la Corte abbia lasciato immodificata la statuizione sulle relative spese, omettendo di fare applicazione del principio della soccombenza reciproca, che avrebbe imposto, anche con riferimento al primo giudizio, la parziale compensazione delle stesse.
Soggiunge che, in seguito alla riforma della sentenza di primo grado, si era determinata una modifica dello scaglione di riferimento, sicche’ le spese del primo grado avrebbero dovuto essere rideterminate anche tenendo conto del piu’ basso scaglione a cui doveva essere parametrato il valore della causa.
1.1. La prima doglianza e’ fondata per quanto di ragione nei limiti che si vanno a specificare, mentre la seconda e’ infondata.
1.1.a. Questa Corte ha affermato (e al principio deve darsi continuita’) che, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della controversia va fissato – in armonia con il principio generale di proporzionalita’ ed adeguatezza degli onorari di avvocato nell’opera professionale effettivamente prestata, quale desumibile dall’interpretazione sistematica delle disposizioni in tema di tariffe per prestazioni giudiziali – sulla base del criterio del “disputatum”, ovverosia sulla base di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio ovvero nell’atto di impugnazione parziale della sentenza (Cass. 23/11/2017, n. 27871; Cass. 12/01/2011, n. 536).
Pertanto, ai fini del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il valore della causa e’ pari, per il primo grado, alla somma domandata con l’atto introduttivo, se la domanda viene rigettata, ed a quella accordata dal giudice, se essa viene accolta, mentre, per l’appello, alla sola somma che ha formato oggetto di impugnazione, se l’appello volto ad ottenere una somma maggiore e’ rigettato, ed alla maggiore somma accordata dal giudice rispetto a quella ottenuta in primo grado dall’appellante, se il gravame volto ad ottenere una somma maggiore e’ accolto (in termini, Cass. 30/11/2022, n. 35195).
Il criterio che limita il valore della causa alla somma che ha formato oggetto di impugnazione, ovviamente, deve valere, con riguardo al giudizio di secondo grado, oltre che per l’ipotesi in cui sia rigettato l’appello volto ad ottenere una somma maggiore, anche per quella (corrispondente alla fattispecie in esame) in cui sia accolto l’appello volto a ridurre la condanna di tale somma.
Pertanto, nel caso di specie, il valore della causa dinanzi alla Corte di appello di Messina era pari alla somma di Euro 40.778,75, corrispondente alla sommatoria dei quattro titoli posti a fondamento della deduzione di parziale adempimento formulata con l’impugnazione.
La Corte territoriale avrebbe dunque dovuto calcolare le spese sullo scaglione da Euro 26.001 ad Euro 52.000, in relazione al quale il compenso medio (tenuto conto delle fasi di studio, di introduzione, di istruzione/trattazione e di decisione) sarebbe stato pari a Euro 9,515,00 che, ridotto di un terzo per l’operata compensazione parziale, avrebbe comportato la liquidazione della somma di Euro 6.343,00, anziche’ di quella maggiore di Euro 9.090,00, effettivamente liquidata.
In tali termini, la prima doglianza proposta da (OMISSIS) con il primo motivo va accolta.
1.1.b. Quanto alla seconda – la quale, a sua volta, si articola in due profili – essa, come si e’ gia’ anticipato, e’ infondata.
Invero, in tema di giudizio di impugnazione, mentre, in caso di conferma della decisione impugnata, la statuizione sulle spese puo’ essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo di impugnazione, nella diversa ipotesi di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, il potere del giudice di appello di procedere ad un nuovo regolamento delle spese processuali sussiste d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite (Cass. 29/10/2019, n. 27606; Cass. 26/05/2020, n. 9695, non mass.).
Con riguardo a quest’ultima ipotesi, va peraltro tenuto conto, da un lato, che la statuizione di compensazione delle spese di lite costituisce oggetto dell’esercizio di un potere discrezionale del giudice, il quale soggiace al solo limite che le spese non possono essere poste a carico della parte interamente vittoriosa (tra le molte, Cass. 26/11/2020, n. 26912); dall’altro lato, che, ai fini della liquidazione delle stesse, il valore della causa, per il primo grado di giudizio, e’ pari alla somma domandata con l’atto introduttivo, se la domanda viene rigettata, ed a quella accordata dal giudice, se essa viene accolta.
Dunque, nel caso di specie, diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente con il primo profilo della seconda doglianza formulata con il primo motivo di ricorso per cassazione, la Corte territoriale, avuto riguardo alla circostanza che la domanda della societa’ creditrice era comunque risultata in massima parte fondata, non era tenuta a disporre la compensazione totale o parziale delle spese di primo grado.
Invece, conformemente a quanto evidenziato dal ricorrente con il secondo profilo della medesima doglianza, essa, in astratto, sarebbe stata tenuta a riliquidare le spese, in ragione del mutato valore della causa determinatosi in base alla riduzione della somma accordata da Euro 274.516,63 ad Euro 254.267,79, che aveva comportato la necessita’ di far riferimento ad uno scaglione inferiore (da Euro 52.001 ad Euro 260.000).
Tuttavia, poiche’ nel ricorso si evidenzia che il giudice di primo grado aveva liquidato i compensi di avvocato in misura pari ad Euro 2.300,00, il dovere di riliquidazione da parte della Corte di appello non sussisteva in concreto, in quanto questa somma era gia’ riferibile allo scaglione da Euro 52.0001 a 260.000, risultando anzi sensibilmente inferiore persino al valore minimo delle spese relative a tale scaglione.
La seconda doglianza formulata con il primo motivo va dunque ritenuta infondata con riguardo ad entrambi i profili in cui si articola.
2. Con il secondo motivo viene denunciata, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. e articolo 2697 c.c., in quanto la Corte di appello non avrebbe considerato, “se non con motivazione incongrua e insufficiente”, i due assegni (dell’importo di Euro 7.953,83 e di Euro 12.576,08), ai fini dell’ulteriore riduzione della somma dovuta.
2.1. Il motivo e’ inammissibile.
Premesso che in seguito alla riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, disposta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, non sono piu’ ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimita’ attiene all’esistenza in se’ della motivazione e alla sua coerenza, e resta circoscritto alla verifica del rispetto del “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’articolo 132 c.p.c., n. 4, la cui violazione – deducibile in sede di legittimita’ quale nullita’ processuale ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4 – sussiste qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purche’ il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, nn. 8053 e 8054; Cass. 12/10/2017, n. 23940; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 03/03/2022, n. 7090), e’ evidente, in ogni caso, che la doglianza in esame critica, inammissibilmente, la valutazione dei fatti e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie effettuati dal giudice del merito, che restano insindacabili in sede di legittimita’.
3. In definitiva, va accolto, per quanto di ragione e nei limiti precisati, il primo motivo (con riguardo alla prima delle due distinte doglianze con esso proposte) e dichiarato inammissibile il secondo.
La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte puo’ decidere nel merito, liquidando l’importo (pari a due terzi delle spese processuali del secondo grado di giudizio, ferma la compensazione di un terzo) posto a carico di (OMISSIS), nella somma di Euro 6.343,00.
La peculiarita’ della questione, anche di natura processuale, giustifica l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida in Euro 6.343,00 la somma dovuta da (OMISSIS) alla (OMISSIS) s.p.a. a titolo di rimborso dei due terzi delle spese processuali relative al giudizio di appello, ferma restando la disposta compensazione di un terzo delle medesime.
Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimita’.

 

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