Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria

Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 3 luglio 2020, n. 13756.

La massima estrapolata:

Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, la condizione del danno grave, rilevante ai sensi dell’art. 14, lett. a) del d.lgs. n. 251 del 2007, ben può essere integrata da comportamenti provenienti da organizzazioni non statali, dovendo tuttavia venire pur sempre in rilievo una minaccia o una condanna a morte, comminata da una organizzazione potenzialmente in grado di tradurla in atto, implicante un coinvolgimento diretto ed immediato della persona e dunque un rischio individualizzato ed effettivo, cioè concreto, per il richiedente. (Nella specie, la S.C. ha confermato il decreto con il quale il Tribunale aveva respinto la domanda nella quale il ricorrente si era limitato ad allegare, in termini del tutto generici, la sussistenza di scontri intervenuti tra opposte fazioni in relazione a non precisati terreni, senza precisare di quali fazioni si trattasse, a quale fazione appartenesse e quale ruolo avesse avuto nel contesto della vicenda).

Ordinanza 3 luglio 2020, n. 13756

Data udienza 28 novembre 2019

Tag – parola chiave: Ordine e sicurezza pubblica – Polizia di sicurezza – Limitazioni di polizia – Stranieri domanda di protezione sussidiaria – Art. 14 lett. a)del d.lgs. n. 251 del 2007 – Minaccia di morte proveniente da organizzazioni non statali – Rischio individualizzato ed effettivo – Necessità – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 20650/2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore (OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto n. 6967/2018 del Tribunale di Ancona, depositato il 2/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2019 da Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

FATTI DI CAUSA

1.- (OMISSIS), di origine (OMISSIS) ((OMISSIS)), ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Ancona avverso il provvedimento della Commissione territoriale di questa citta’, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (diritto di rifugio; protezione sussidiaria) e del riconoscimento della protezione umanitaria.
Con decreto depositato il 2 giugno 2018, il Tribunale ha respinto il ricorso.
2.- Il Tribunale ha rilevato, in particolare, come nella specie difettino le condizioni occorrenti per l’accoglimento della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato: “le dichiarazioni del ricorrente in merito alle motivazioni che lo avrebbero costretto a lasciare il proprio Paese, anche laddove credibili, restano confinate nei limiti di una vicenda di vita privata e di giustizia comune, atteso che gli aspetti evidenziati in ricorso integrano personali timori privi di elementi concreti di riscontro”.
Difettano altresi’ – ha proseguito la pronuncia – pure le condizioni prescritte per il riconoscimento della protezione sussidiaria. Come emerge tra l’altro dal report (OMISSIS) del settembre 2017, dal report di (OMISSIS) del 2017 e dal sito di (OMISSIS) (20 marzo 2018), le regioni del sud della (OMISSIS) non presentano particolari criticita’ sotto il profilo della situazione sociale e politica. Non sembra sussistere, d’altro canto, il “rischio che il richiedente sia sottoposto a pena capitale o trattamenti inumani o degradanti nel Paese di origine”.
In punto di protezione umanitaria, il Tribunale ha rilevato che “dai documenti in atti non si evince nessuno sforzo serio compiuto dal richiedente ai fini di un’effettiva integrazione nel tessuto socioeconomico nazionale”. “Va scrutinata criticamente”, d’altra parte, “la mera promessa di un impiego, peraltro condizionata alla condotta del ricorrente e a favorevoli condizioni di mercato (il contratto in essere e’ a tempo per alcuni mesi)”.
3.- Avverso questo provvedimento (OMISSIS) presenta ricorso, affidandosi a due motivi di cassazione.
4.- Il Ministero non ha svolto difese nel presente grado del giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

5.- Col primo motivo, il ricorrente lamenta, con riferimento al tema della protezione sussidiaria, la violazione della norma del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 14, lettera a) e b).
Sostiene dunque il ricorrente che, nella specie, si e’ configurato un “rischio di morte proveniente da organo non statuale (nel caso in parola, i membri del gruppo etnico antagonista)”, richiamando in proposito un brano del racconto effettuato dal richiedente (“c’erano degli scontri per i terreni, dove veniva uccisa la gente. La gente scappava. lo sono stato ferito. Per evitare di essere ucciso, sono scappato”).
Il Tribunale ha errato a non sussumere tale fattispecie nell’ambito norma dell’articolo 14, lettera a) (“ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria sono considerati danni gravi: a) la condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte”). Non e’ “francamente comprensibile” – cosi’ si argomenta – “il riconoscimento di una tutela a chi rischi la tortura o, ad esempio, di subire condizioni carcerarie degradanti (articolo 14, lettera b.) e non a chi rischi di essere ucciso da un agente non statuale”.
6.- Il motivo non merita di essere accolto.
Va premesso al riguardo che, dato il disposto del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 5, comma 1, lettera c. la fattispecie concreta, rilevante in relazione alla norma dell’articolo 14, lettera a), ben puo’ essere determinata anche da comportamenti provenienti da organizzazioni non statali.
Tuttavia, si deve pur sempre trattare di una minaccia – o “condanna” – di morte comminata da una organizzazione potenzialmente in grado di tradurla in atto, anche in ragione del fatto che le autorita’ statali interessate non risultano in grado di fornire un adeguato livello di sicurezza al riguardo (cfr. ancora la norma dell’articolo 5, comma 1).
Pur sempre occorre, altresi’, che la minaccia in questione implichi un coinvolgimento diretto e immediato della persona del richiedente: che si tratti, cioe’, di un rischio “individualizzato” (cfr., per l’analisi di quest’ultimo profilo, Cass., 20 giugno 2018, n. 16275; Cass., 21 giugno 2019, n. 15794); come pure che venga a comportare un rischio effettivo, cioe’ concreto, per il richiedente medesimo (Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 2, comma 1, lettera e).
Nel caso di specie, peraltro, il ricorrente si limita ad allegare, e in termini affatto generici, la sussistenza di “scontri” intervenuti tra delle opposte fazioni in relazione a non precisati “terreni”. Senza che neppure emerga – dallo svolgimento del motivo – di che fazioni si tratti, a quale fazione appartenga il richiedente e che ruolo questi abbia mai avuto nel contesto della vicenda.
7.- Il secondo motivo di ricorso assume, per il tema della protezione umanitaria, violazione delle norme del Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 32, comma 3 e Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 5, comma 6.
Il ricorrente censura la decisione del Tribunale perche’ questo non ha tenuto in conto la “dedotta esistenza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato”, “la perfetta conoscenza della lingua italiana scritta e parlata”, il fatto che il richiedente sia “mediatore culturale presso l’associazione “(OMISSIS)””.
8.- Il motivo e’ inammissibile.
Il ricorrente si limita infatti ad allegare le dedotte circostanze, senza riportare gli atti e i modi in cui le avrebbe introdotti nel giudizio del merito. Come senz’altro avrebbe dovuto fare (ex articolo 366 c.p.c.), anche in ragione del fatto che il decreto impugnato fa esplicito riferimento alla presenza di una “mera e condizionata promessa di impiego”.
9.- Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Non si deve provvedere alla liquidazione delle spese di giudizio, perche’ il Ministero non si e’ costituito.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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