Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|10 settembre 2021| n. 24478.
Agenzia ed indennità di preavviso.
In tema di contratto di agenzia, l’art. 1750, comma 4, c.c., nel porre la regola inderogabile secondo cui i termini di preavviso devono essere gli stessi per le due parti del rapporto, esprime un precetto materiale che vieta pattuizioni che alterino la parità delle parti in materia di recesso, con la conseguenza che è nullo per frode alla legge (art. 1344 c.c.) il patto che contempli, in aggiunta all’obbligo di pagare l’indennità di mancato preavviso, una clausola penale che, in quanto eccessivamente onerosa, incida in maniera significativa sulla normale facoltà di recedere di una delle parti, limitandola fortemente.
Ordinanza|10 settembre 2021| n. 24478. Agenzia ed indennità di preavviso
Data udienza 16 dicembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Agenzia – Indennità di preavviso – Identità dei termini di preavviso ex art. 1750 cc – Nullità di ogni patto contrario per frode alla legge
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere
Dott. LORITO Matilde – Consigliere
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere
Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6854/2018 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo STUDIO ASSOCIATO (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS); (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2163/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 16/10/2017 R.G.N. 2134/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 16/12/2020 dal Consigliere Dott. VALERIA PICCONE.
Agenzia ed indennità di preavviso
RILEVATO
Che:
– con sentenza del 16 ottobre 2017, la Corte d’appello di Bari, respingendo l’impugnazione di (OMISSIS) S.p.A., ha parzialmente accolto l’appello incidentale proposto da (OMISSIS) e condannato la societa’ alla restituzione, in suo favore, della somma di Euro 1.055,22 oltre interessi legali, confermando, nel resto, la decisione del Tribunale, il quale, dichiarato privo di giusta causa il recesso dell’agente, intimato con missiva del 2/7/2010, aveva condannato quest’ultimo al pagamento, in favore della preponente, dell’indennita’ sostitutiva del preavviso che, detratte le somme spettanti all’agente, veniva liquidata in Euro 15.749,59, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al soddisfo;
– la Corte ha, poi, rigettato la domanda dell’agente volta anch’essa ad ottenere l’indennita’ di preavviso, nonche’ l’ulteriore domanda proposta dalla (OMISSIS) finalizzata ad ottenere la somma di Euro 100.000,00;
– in particolare, la Corte, confermando la decisione del primo giudice che aveva ritenuto nulla la clausola prevista dall’articolo 5, all. C), del contratto di agenzia che prevedeva la corresponsione della somma di Euro 100.000.000 per il caso di violazione dell’obbligo di mantenere in essere il contratto per un periodo non inferiore al 31/12/2011 e, quindi, a non esercitare il recesso per qualunque causa, ha poi ritenuto fondata la censura dell’agente relativa alla non debenza della rivalutazione monetaria, da escludersi per i crediti del datore di lavoro;
– per la cassazione della sentenza propone ricorso la (OMISSIS) S.p.A., affidandolo a tre motivi;
– resiste, con controricorso, (OMISSIS);
– entrambe le parti hanno presentato memorie.
CONSIDERATO
Che:
– con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione degli articoli 1321, 1322, 1750 e 1344 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3;
– il motivo e’ infondato e, pertanto, non puo’ essere accolto;
– deve preliminarmente osservarsi, in merito all’interpretazione offerta dal giudice di secondo grado, conformatosi sul punto a quanto ritenuto dal primo giudice, che egli ha ritenuto applicabile alla fattispecie l’insegnamento di questa Corte, secondo cui, in tema di contratto di agenzia, l’articolo 1750 c.c., comma 4, nel porre la regola inderogabile secondo la quale i termini di preavviso devono essere gli stessi per le due parti del rapporto, esprime un precetto materiale che vieta pattuizioni che alterino la parita’ delle parti in materia di recesso, con la conseguenza che e’ nullo per frode a detto precetto (articolo 1344 c.c.) il patto che contempli, in aggiunta all’obbligo di pagare l’indennita’ di mancato preavviso, una clausola penale a carico del solo agente che si renda inadempiente all’obbligo di dare preavviso (Cass. n. 24274 del 14/11/2006);
– in particolare, il giudice d’appello, pur evidenziando come la clausola che prevedeva il patto di stabilita’ non fosse correlata formalmente all’obbligo di osservare il preavviso (come nel caso esaminato in sede di legittimita’), ha evidenziato che, in fatto, anche considerato il suo rilevantissimo importo, incidesse in maniera significativa sulla normale facolta’ di recedere di una sola delle parti, limitandola fortemente, ed eludendo, per tale via, il principio imperativo della parita’ delle parti medesime nella materia del recesso;
– il giudice ha, invero, ritenuto che la pattuizione della penale, aggiuntiva rispetto all’indennita’ di mancato preavviso, contraddicesse significativamente quel principio di parita’, rendendo notevolmente piu’ gravosa, per il solo agente, la possibilita’ di liberarsi dal vincolo corrispondendo esclusivamente l’indennita’ di preavviso;
– inconferente deve reputarsi, a fronte di tali osservazioni, la censura dell’attuale ricorrente circa la non sovrapponibilita’ della specie con quella decisa in sede di legittimita’, trattandosi nell’un caso di liquidazione anticipata del danno derivante alla preponente dall’aver investito in un rapporto di collaborazione che si aspettava stabile, nell’altro, di sanzione per il mancato adempimento dell’obbligo di preavviso: cio’ che rileva, nell’iter motivazionale del giudice di secondo grado, e’ la circostanza del rilevante squilibrio contrattuale fra le parti contrapposte;
– orbene, giova evidenziare che l’interpretazione del regolamento contrattuale e’ attivita’ riservata al giudice di merito, pertanto sottratta al sindacato di legittimita’ salvo che per il caso della violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale, tuttavia, non puo’ dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicche’, quando di una clausola siano possibili due o piu’ interpretazioni, non e’ consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimita’ del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (sul punto, ex plurimis, Cass. n. 11254 del 10/05/2018);
– nel caso di specie appare evidente come la Corte, nel richiamare il precetto contenuto dell’articolo 1750 c.c., comma 4, abbia valorizzato il principio secondo il quale lo stesso esprime un precetto materiale che vieta pattuizioni che alterino la parita’ delle parti in materia di recesso, con la conseguenza di reputare nullo per frode alla legge (ai sensi dell’articolo 1344 c.c.) il patto che contempli, in aggiunta all’obbligo di pagare l’indennita’ di mancato preavviso, una clausola penale che, in quanto eccessivamente onerosa a cagione del proprio rilevantissimo importo, incida in misura significativa sulla normale facolta’ di recedere di una delle parti, limitandola fortemente, ed eludendo, per tale via, il principio imperativo della parita’ delle parti medesime nella materia del recesso;
– sicuramente non implausibile deve reputarsi l’interpretazione offerta dalla Corte territoriale alla luce della cospicua onerosita’ della penale, atta ad indurre a reputare non libera la volonta’ di uno dei contraenti, ed a determinare uno squilibrio ingente fra le posizioni delle parti, contrario alla salvaguardia del principio di parita’ negoziale;
– con il secondo motivo di ricorso si censura, sempre ai sensi degli articoli 1362, 1363, nonche’ articoli 1321 e 1322 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, l’altra ratio decidendi del giudice d’appello secondo cui l’obbligo connesso alla clausola penale considerata doveva reputarsi strettamente correlato all’affidamento dell’incarico aggiuntivo di Growth manager per la zona di (OMISSIS), incarico di struttura accessoria e collaterale rispetto al contratto base di agenzia, e revocabile in qualsiasi momento da (OMISSIS);
– la Corte, rilevando che il contratto base di agenzia prevedeva, salvi i casi di cui all’allegato C (che ancora doveva essere stipulato nei termini suddetti) che ciascuna delle parti potesse recedere dal contratto dando il preavviso, nei termini di cui’ all’articolo 1750 c.c., comma 3, ha, quindi, ritenuto che, la speciale disciplina di cui al medesimo allegato, contemplante la corresponsione della ingente somma di Euro 100.000,00, dovesse recedere, determinando la riespansione della disciplina generale in tema di contratto di agenzia, espressamente richiamata dal contratto – base, una volta venuto meno l’incarico di Growth manager;
– il motivo e’ inammissibile;
– in attuazione dei principi espressi da SU n. 793 del 29/03/2013, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralita’ di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitivita’ delle altre, alla cassazione della decisione stessa (sul punto, Cass. n. 11493 dell’11/05/2018);
– il terzo motivo, con cui si censura, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la seconda ratio decidendi per motivazione apparente, e’ del pari inammissibile per le medesime considerazioni dianzi svolte;
– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere respinto;
– le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore
della parte controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 7.290,00 per compensi e Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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