Affinché un’istanza istruttoria possa presumersi rinunciata

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 settembre 2022| n. 28240.

Affinché un’istanza istruttoria possa presumersi rinunciata

Affinché un’istanza istruttoria possa presumersi rinunciata non è sufficiente che non sia ribadita in sede di precisazione delle conclusioni, dovendo il venir meno del relativo interesse desumersi dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla stretta connessione della domanda non riproposta con quelle esplicitamente reiterate (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia di appalto di opere edili, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso proposto dal committente, soccombente in sede di gravame, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, in quanto la corte territoriale, nel decidere sull’appello, si era limitata al mero riscontro formale della mancata specifica riproposizione, in sede di udienza di precisazione delle conclusioni, da parte del ricorrente, delle istanze istruttorie precedentemente avanzate nel corso del giudizio di primo grado, senza tuttavia accompagnare, al riscontro della presunzione di rinuncia o abbandono dei mezzi istruttori richiesti, la doverosa indagine volta ad accertare se, effettivamente, dalla valutazione complessiva della condotta processuale di quest’ultimo o dalla connessione della richiesta non riproposta con le conclusioni rassegnate e, in definitiva, con la linea difensiva adottata nel processo non fosse piuttosto emersa una volontà inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa).

Ordinanza|28 settembre 2022| n. 28240. Affinché un’istanza istruttoria possa presumersi rinunciata

Data udienza 14 settembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Appalto – Vizi dell’opera – Rimedi nella disponibilità del committente – Prescrizione e decadenza – Art. 1668 cc – Inizio della decorrenza del termine – Istanza istruttoria disattesa in primo grado – Non può essere affermata in appello

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1441/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)), pec: (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)), pec: (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d’Appello di BARI n. 851/2018, depositata in data 15/05/2018;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/09/2022 dal Consigliere MARILENA GORGONI.

Affinché un’istanza istruttoria possa presumersi rinunciata

RILEVATO IN FATTO

che:
a (OMISSIS), con decreto n. 161/2010 del Tribunale di Bari – sez. dist. di Altamura, veniva ingiunto il pagamento a favore di (OMISSIS), titolare dell’omonima impresa edile, di Euro 6.126,40, al netto di IVA, per lavori eseguiti;
l’ingiunto proponeva opposizione, sostenendo che gia’ il 4 marzo 2009 aveva contestato irregolarita’ esecutive e vizi delle opere; e, con riconvenzionale, domandava la restituzione di Euro 2.369,08 per lavori concordati, ma non eseguiti, il risarcimento del danno per lavori non eseguiti a regola d’arte, ammontante ad Euro 2.346,68, la corresponsione a titolo risarcitorio di ulteriori Euro 5.759,64;
con sentenza n. 3048/2014 veniva revocato il decreto ingiuntivo, l’ingiunto veniva condannato al pagamento di Euro 3.000,00 e, in accoglimento della domanda riconvenzionale dell’opponente, (OMISSIS) veniva condannato a pagare la somma di Euro 3.069,08;
(OMISSIS) interponeva appello, adducendo: i) l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie; ii) l’illegittima revoca dell’ordinanza di ammissione di mezzi istruttori; iii) l’erronea affermazione dell’esistenza di un contratto d’appalto scritto; iv) l’erronea compensazione delle spese di lite;
(OMISSIS) eccepiva l’inammissibilita’ dell’appello ex articolo 348 bis c.p.c., e, in via incidentale, deduceva la violazione dell’articolo 112 c.p.c., perche’ il (OMISSIS) non aveva formalizzato l’eccezione di decadenza dalla garanzia per i vizi dell’opera, e impugnava la disposta compensazione delle spese di lite;
la Corte d’Appello di Bari, con la sentenza n. 851/2018, pubblicata in data 15 maggio 2018, oggetto dell’odierno ricorso, accoglieva entrambi gli appelli e per l’effetto, in riforma della decisione di primo grado, condannava (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 2.473,36 a favore di (OMISSIS) ed alla rifusione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio;
(OMISSIS) ricorre per la cassazione della predetta sentenza, formulando tre motivi;
resiste con controricorso (OMISSIS);
la trattazione del ricorso e’ stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380 bis 1 c.p.c.;
il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.

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CONSIDERATO IN DIRITTO

che:
1) con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per “Error in procedendo – Violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’articolo 342 c.p.c. – Nullita’ della sentenza e/o del procedimento per avere il Giudice d’Appello omesso la valutazione del motivo di gravame in ordine alla mancata assunzione, da parte del Giudice di prima istanza, delle prove sul rilievo che l’appellante non avesse avanzato la richiesta in sede di precisazione delle conclusioni, cosi’ da ritenersi rinunciatario”;
il ricorrente assume di aver lamentato in appello che il tribunale avesse dapprima ammesso e poi revocato l’ordinanza con cui era stata disposta l’assunzione delle prove dirette a dimostrare che i lavori erano stati realizzati in economia e che le eventuali irregolarita’ e/o vizi di esecuzione delle opere edili erano frutto di accordi intercorsi con il committente;
la sentenza impugnata sarebbe incorsa in errore, ritenendo rinunciata la suddetta istanza istruttoria, perche’ essa non era stata confermata in appello anche in sede di precisazione delle conclusioni, incorrendo, ad avviso del ricorrente, nella violazione dell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui una istanza per intendersi rinunciata non e’ sufficiente che non sia ribadita in sede di precisazione delle conclusioni, dovendo il venir meno del relativo interesse desumersi dalla valutazione della condotta processuale complessiva o dalla stretta connessione della istanza non riproposta con quelle esplicitamente non reiterate;
ebbene, nel caso di specie, l’eccezione in oggetto era stata formulata nella comparsa di costituzione e risposta di primo grado e riproposta con uno specifico motivo di appello; la tesi del ricorrente e’ che la Corte territoriale abbia erroneamente fatto leva sulla circostanza – come gia’ detto – insufficiente che le istanze istruttorie non fossero state reiterate in sede di udienza di precisazione delle conclusioni e lo avrebbe fatto applicando un principio di diritto inconferente, perche’ relativo all’ipotesi – qui non ricorrente – della mancanza di uno specifico motivo di appello sull’omesso accoglimento delle istanze istruttorie, non potendosi ritenere implicitamente riproposte in appello con le domande e le eccezioni a sostegno delle quali erano state formulate;
il motivo merita accoglimento;
l’indirizzo cui il Collegio intende prestare adesione e’ quello da ultimo espresso da Cass. 04/04/2022, n. 10767, secondo cui non si puo’ presumere la volonta’ di rinuncia dal solo fatto che la parte non abbia, nel precisare le conclusioni, reiterato le dette istanze istruttorie ove:
a) la causa venga trattenuta in decisione senza che il giudice istruttore si sia pronunciato espressamente sulle istanze istruttorie avanzate dalle parti e la volonta’ di abbandonare le istanze non riproposte non risulti in modo inequivoco (Cass. 19/02/2021 n. 4487);
b) dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte o dalla stretta connessione della domanda non riproposta con quelle esplicitamente reiterate non emerga una volonta’ inequivoca di non insistere sulla domanda pretermessa (Cass. 03/12/2019, n. 31571);
c) il procuratore della parte non si presenti all’udienza di precisazione delle conclusioni o, presentandosi, non precisi le conclusioni o le precisi in modo generico; in tal caso, vale la presunzione opposta che la parte abbia voluto tenere ferme le conclusioni precedentemente formulate negli atti tipici a cio’ destinati e, quindi, nell’atto introduttivo del giudizio o nella comparsa di risposta, come anche nell’udienza o nei termini ex articolo 183 c.p.c. (Cass. 02/02/2022, n. 22360);
d) la causa venga trattenuta in decisione perche’ sia decisa immediatamente una questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito, ai sensi dell’articolo 187 c.p.c. (Cass. 29/05/2012, n. 8576);

 

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e) la parte non abbia specificamente formulato ex novo tutte le conclusioni, limitandosi a chiedere genericamente il rigetto della domanda e delle eccezioni del convenuto;
nella sostanza, la volonta’ di non coltivare, per rinuncia, l’istanza non puo’ essere affermata per il mero fatto che la parte non l’abbia riproposta nell’udienza di precisazione delle conclusioni, come e’ avvenuto nel caso di specie; nel quale, infatti, la Corte territoriale, nel decidere sull’appello, risulta essersi limitata al mero riscontro formale della mancata specifica riproposizione, in sede di udienza di precisazione delle conclusioni, da parte di (OMISSIS), delle istanze istruttorie precedentemente avanzate nel corso del giudizio di primo grado, senza tuttavia accompagnare, al riscontro della presunzione di rinuncia o abbandono dei mezzi istruttori richiesti, la doverosa indagine volta ad accertare se, effettivamente, dalla valutazione complessiva della condotta processuale di (OMISSIS) o dalla connessione della richiesta non riproposta con le conclusioni rassegnate e con la linea difensiva adottata nel processo – significativa e’, nel caso di specie, in tal senso proprio la proposizione di un motivo di appello specificamente volto a lamentare la mancata ammissione delle prove richieste – non fosse piuttosto emersa una volonta’ inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa; dell’effettivo compimento di tale doverosa indagine e dei relativi risultati e’, d’altro canto, ragionevole attendersi che il giudice d’appello provveda a fornire una concreta e specifica (benche’ anche solamente sintetica) indicazione nel corpo della motivazione dettata a fondamento della decisione assunta: che invece, nel caso di specie, ha fatto difetto;
2) con il secondo motivo, rubricato “Violazione ed errata applicazione dell’articolo 1667 c.c. – Omesso esame di un fatto decisivo che e’ stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quanto alla affermazione della inesistenza della decadenza per i vizi della cosa a carico del committente”, il ricorrente denuncia l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel ritenere non decaduto dalla garanzia per i vizi il committente, derivante dall’omessa considerazione di due circostanze: i) il committente alle pagine 3 e 4 dell’atto di citazione in opposizione aveva sostenuto che “i lavori procedevano da subito con problematicita’ legata alla sostanziale incapacita’ del (OMISSIS) ad eseguirli a perfetta regola d’arte”, che, in data 4 marzo 2009, le irregolarita’ esecutive ed i vizi assunsero entita’ tali da indurre il direttore dei lavori e la committenza ad opporre formale contestazione”, che il direttore dei lavori “in data 10 marzo 2009 si sentiva in dovere di comunicare agli uffici comunali preposti la sospensione dei lavori per recesso unilaterale dal contratto dell’appaltatore ed abbandono del cantiere”;
la conseguenza che il ricorrente ne trae e’ che il termine per denunciare i vizi fosse iniziato a decorrere dalla data – 4 – 10 marzo 2009 – in cui il committente aveva ammesso di aver preso cognizione che le opere edili erano state male eseguite o da quella – 16 novembre 2009 – in cui aveva avuto contezza del suo recesso, ma non da quella in cui gli era stato notificato il decreto ingiuntivo – 22 aprile 2010 – con contestazione dei vizi e delle difformita’ avvenuta per la prima volta con l’atto di opposizione al decreto ingiuntivo;
il motivo merita accoglimento;

va in primo luogo ricordato che i rimedi nella disponibilita’ del committente a fronte di vizi e di difformita’ dell’opera imputabili all’appaltatore, enunciati dall’articolo 1668 c.c., sono sottoposti ai termini di prescrizione e di decadenza previsti dall’articolo 1667 c.c., avendo il legislatore inteso contemperare l’esigenza della tutela del committente a conseguire un’opera immune da difformita’ e vizi con l’interesse dell’appaltatore ad un accertamento sollecito delle eventuali contestazioni in ordine ad un suo inadempimento nell’esecuzione della prestazione;

 

Affinché un’istanza istruttoria possa presumersi rinunciata

la Corte territoriale ha dato atto che non vi erano i presupposti per ritenere operante, nel caso di specie, l’esonero dalla denunzia dei vizi e delle difformita’ per riconoscimento da parte di (OMISSIS) degli stessi, ai sensi dell’articolo 1667 c.c., comma 2; pero’ il ragionamento alla base della decisione di ritenere il committente non decaduto dalla garanzia merite le censure le sono state mosse;
questa Corte ha avuto modo di affermare che il termine per la denuncia dei vizi e delle difformita’ dell’opera inizia a decorrere dal momento in cui il committente ha conoscenza sicura dei difetti dell’opera commissionata e tale consapevolezza non puo’ ritenersi raggiunta sino a quando essi non si siano manifestati e non si sia acquisita la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi onorare danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo (Cass. 08/05/2014, n. 9966; Cass. 16/02/2015, n. 3040; Cass. 24/04/2018, n. 10048; Cass. 29/10/2019, n. 27693; Cass. 16/01/2020, n. 777);
altrettanto inequivocamente pero’ si e’ ritenuto che l’inizio della decorrenza del termine di decadenza puo’ essere legittimamente spostato in avanti nel tempo solo quando si renda effettivamente necessario compiere accertamenti tecnici specifici per comprendere appieno la gravita’ dei difetti e stabilirne il corretto collegamento causale, allo scopo di indirizzare verso la giusta parte una eventuale azione del danneggiato;
non necessariamente ne’ automaticamente il decorso del termine e’ postergato all’esito degli approfondimenti tecnici qualora, come nella specie, si tratti di problema di immediata percezione sia nella sua reale entita’ che nelle sue possibili cause fin dal suo primo manifestarsi;
non risulta che la Corte territoriale abbia verificato se le asserite irregolarita’ esecutive furono percepibili e percepite dal committente sin da subito e quindi se il termine per la loro denuncia poteva iniziare a decorrere dall’avvenuta scoperta delle stesse, essendosi piuttosto limitata a richiamare astrattamente il momento della consegna coincidente con quello della formale accettazione dell’opera come quello soltanto a partire dal quale il committente perde la facolta’ di contestare i difetti dell’opera (Cass. 29/10/2019, n. 27693; Cass. 24/04/2018, n. 10048);
la Corte territoriale avrebbe dovuto, invece, verificare se, sebbene l’opera non fosse stata consegnata e, quindi, accettata almeno in senso formale, tanto avesse oppure no impedito al committente di avere idonea e piena contezza dei vizi e delle irregolarita’ esecutive dell’opera, a cominciare dalla considerazione del fatto che gia’ il 4 marzo 2009 erano state mosse all’appaltatore formali contestazioni, indicate nel ricorso a p. 31 e ss.;
la Corte territoriale attribuisce, inoltre, rilievo al fatto che l’appaltatore avrebbe ancora potuto completare le opere e che, pertanto, finche’ il committente non ebbe contezza della volonta’ dell’appaltatore di considerare concluso il rapporto contrattuale 16 novembre 2019 – non aveva avuto la possibilita’ di incaricare il tecnico di fiducia di ispezionare le opere realizzate e quantificare i danni; nondimeno, non ha attribuito alcun rilievo al fatto che il 10 marzo 2009 il direttore dei lavori avesse comunicato formalmente agli uffici comunali la sospensione dei lavori per recesso unilaterale dell’appaltatore ed abbandono del cantiere, al fine di accertare se, almeno a partire dal 10 marzo 2019, i rapporti tra le parti avessero cessato di rimanere in uno stato di incertezza e il committente avesse avuto la consapevolezza della volonta’ dell’appaltatore di sciogliersi definitivamente dal contratto di appalto e la possibilita’ di fare ispezionare l’opera e prendere contezza dello stato delle cose;

 

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3) con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente lamenta “Nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, e articolo 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’articolo 360, comma 2, n. 4 – Incomprensibilita’ della motivazione”;
la statuizione censurata e’ quella con cui la Corte territoriale ha presunto che i lavori di rifacimento del massetto e della posa del pavimento indicati ai punti 8 e 9 del preventivo di spesa si riferissero, pure in assenza di specificazione, anche alla pavimentazione esterna, atteso che le opere relative all’esterno rientravano in una ristrutturazione complessiva dell’immobile, mentre invece dalla difesa esplicata dal committente si desumeva che esse rientravano in una trasformazione dello stesso portico ad ampliamento del fabbricato per civile abitazione;
il motivo e’ infondato, perche’ il vizio motivazionale rilevante ai fini del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve emergere dalla sentenza in se’ e per se’ considerata e non dal confronto tra la stessa ed atti estrinseci (nel caso di specie, in assenza di un contratto scritto, il preventivo di spesa): Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053 e 8054; per di piu’, oggetto della censura sembra essere l’esito dell’attivita’ di interpretazione del preventivo di spesa ai fini della individuazione del suo preciso contenuto piu’ che la ricorrenza di una motivazione contraddittoria: attivita’ di interpretazione che non e’ stata adeguatamente censurata;
4) vanno accolti, dunque, i primi due motivi di ricorso, ma rigettato il terzo; la sentenza e’ cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, che provvedera’ anche a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, rigetta il terzo, cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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