L’accordo di programma previsto dalla legge regionale della Puglia 19 dicembre 1994, n. 34

Consiglio di Stato, sezione seconda, Sentenza 31 ottobre 2019, n. 7459.

La massima estrapolata:

Con specifico riferimento all’accordo di programma previsto dalla legge regionale della Puglia 19 dicembre 1994, n. 34, la giurisprudenza di questo Consiglio si è già espressa nel senso che si tratti di “una ipotesi di urbanistica negoziata, un tipo specifico di accordo tra pubbliche amministrazioni e costituisce istituto finalizzato alla definizione, attuazione, con eventuale incidenza sugli strumenti urbanistici, di opere, interventi o programmi che richiedono per la loro completa realizzazione l’azione integrata e coordinata di comuni, province e regioni, di amministrazioni statali o altri soggetti pubblici”.
La ratifica dell’operato del Sindaco che ha sottoscritto l’accordo, da parte del Consiglio comunale prevista nelle ipotesi di variante urbanistica, non può che essere considerata come una ipotesi di esercizio dei poteri tipici del Consiglio comunale in materia di scelte urbanistiche sul territorio comunale.
Infatti, in mancanza di una espressa previsione contraria e, invece, in presenza del diverso regime nelle ipotesi in cui non è richiesta la variante urbanistica essendo l’intervento conforme alla disciplina di piano vigente, non si può ritenere che tramite la sottoscrizione dell’accordo di programma il Sindaco si appropri della competenza propria del Consiglio comunale in materia urbanistica.

Sentenza 31 ottobre 2019, n. 7459

Data udienza 1 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2915 del 2009, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato To. Mi., con domicilio eletto presso l’avv. Le. M. Mi. in Roma, via (…),
contro
– il signor Lo. Ba., quale titolare della ditta “Ba. Lo.”, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Pe., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso (…);
– la Regione Puglia, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce Sezione Prima, n. 3137/2008, resa tra le parti, concernente l’impugnativa della delibera del Consiglio comunale del 21 dicembre 2007 di mancata ratifica dell’accordo di programma per la realizzazione di un albergo in variante al PRG.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato signor Lo. Ba.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 1 ottobre 2019 il Cons. Cecilia Altavista, e uditi per le parti l’avvocato To. Mi. e l’avvocato Gi. Pe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il presente atto di appello il Comune di (omissis) ha impugnato la sentenza n. 3137 del 2008 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione di Lecce, che ha accolto il ricorso proposto dal signor Lo. Ba. – in qualità di titolare della omonima ditta “Ba. Lo.”- per l’annullamento della delibera del Consiglio comunale di (omissis) n. 76 del 21 dicembre 2007 di mancata ratifica dell’Accordo di Programma del 23 novembre 2007, ai sensi della legge regionale 19 dicembre 1994, n. 34, come modificata dalla legge 28 gennaio 1998, n. 8, per la realizzazione di una struttura alberghiera in ampliamento di una struttura esistente adibita ad attività di ristorazione in località (omissis) di (omissis) lungo la strada provinciale (omissis), in zona (omissis) del PRG vigente.
L’intervento edilizio oggetto dell’accordo di programma prevedeva la realizzazione di una struttura alberghiera di complessive 66 camere oltre a hall, reception, uffici, sala convegni, ampio salotto e sala ristorante con integrazione della precedente struttura per complessivi 16.974,16 metri cubi (di cui 2,407, 12 esistenti) in area a destinazione (omissis) “salvaguardia e interesse ambientale” del PRG vigente, con necessità quindi della variante urbanistica.
L’accordo di programma era stato sottoscritto dal Sindaco e dal Presidente della Giunta regionale, il 23 novembre 2007, a seguito dell’autorizzazione della Giunta regionale con delibera del 13 novembre 2007; ed era stato preceduto da un precedente accordo sottoscritto il 2 agosto – a seguito della autorizzazione con delibera della Giunta regionale del 18 luglio 2007 – che aveva perso efficacia per il mancato decorso del termine di trenta giorni senza l’intervento della ratifica del Consiglio comunale.
La delibera del Consiglio comunale del 21 dicembre 2007 ha negato la ratifica dell’accordo di programma escludendo di procedere alla variante urbanistica necessaria per la ratifica, essendo la destinazione dell’area, in base al vigente piano regolatore, (omissis) “salvaguardia ed interesse ambientale” ed in relazione all'”impatto ambientale fortemente negativo” dell’intervento in area rientrante nel parco regionale “litorale di (omissis)” istituito con la legge regionale 28 maggio 2007, n. 13.
Avverso tale delibera ha proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale, sezione di Lecce, il signor Lo. Ba., formulando i seguenti motivi:
1) violazione L.R. 28/05/2007 n. 13; eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e diritto; violazione del principio di ragionevolezza; violazione art. 97 Cost.; contraddittorietà ; illogicità manifesta; difetto di motivazione, con cui si lamentava il difetto di motivazione della delibera, in quanto l’affidamento ingenerato nel privato con la sottoscrizione dell’accordo di programma avrebbe richiesto una motivazione rafforzata del diniego;
2) violazione art. 34 d.lgs. 267/2000; eccesso di potere con cui si sosteneva che il primo accordo di programma non avesse perso efficacia per il decorso del termine di trenta giorni e quindi la illegittimità della previsione della successiva approvazione con nuova delibera della giunta regionale;
3) violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90, per non essere stato comunicato il preavviso di rigetto della ratifica dell’accordo.
Con la sentenza n. 3137/2008 è stato accolto il ricorso per il terzo motivo relativo alla mancata comunicazione del preavviso di rigetto, ai sensi dell’art. 10 bis, con annullamento della delibera comunale n. 76 del 21 dicembre 2007; è stato respinto il terzo motivo relativo al difetto di motivazione; è stata ritenuta la carenza di interesse al secondo motivo di censura in relazione alla riattivazione del procedimento amministrativo a seguito dell’annullamento per la violazione procedimentale.
Con il ricorso in appello il Comune di (omissis) ha dedotto che l’art. 10 bis della legge n. 241/1990 non si applica ai procedimenti pianificatori, come è la delibera di adozione della variante urbanistica, o, nel caso di specie, di diniego della variante, ma soprattutto, nel caso di specie, in quanto, avendo il giudice di primo grado respinto espressamente la censura sul difetto di motivazione, avrebbe annullato il provvedimento per una violazione meramente formale, non essendo stato dedotto alcunché circa gli ulteriori profili motivazionali che avrebbe dovuto prendere in considerazione la delibera; la difesa appellante ha, infatti, fatto riferimento alla giurisprudenza che delimita gli obblighi procedimentali in relazione all’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, richiedendo quindi che la partecipazione al procedimento apporti un effettivo contenuto anche motivazionale al provvedimento.
L’appellato signor Lo. Ba. ha proposto appello incidentale avverso la sentenza, riproponendo i motivi del ricorso di primo grado circa il difetto di motivazione, sostenendo che l’obbligo di motivazione nel caso di specie doveva ritenersi rafforzato, in considerazione dell’affidamento del privato a seguito della sottoscrizione dell’accordo e della disciplina di favore per la realizzazione degli insediamenti produttivi; ha inoltre dedotto che il Comune non avrebbe potuto riferirsi alla legge del 28 maggio 2007, n. 13, istitutiva del Parco Regionale “Litorale di (omissis)”, in quanto detta legge, all’art. 5, comma 6, faceva salvi gli accordi di programma già deliberati dalla Giunta regionale e quello in questione era stato deliberato il 18 luglio 2007; inoltre, si trattava di un ampliamento di una struttura già esistente.
Le difese del Comune di (omissis) e del signor Ba. hanno depositato memorie e repliche insistendo nelle rispettive posizioni.
Alla udienza pubblica del 1° ottobre 2019 il ricorso è stato posto in decisione.
L’appello principale è fondato.
Ai sensi dell’art. 1 della legge regionale 19 dicembre 1994, n. 34, come modificata dalla legge 28 gennaio 1998, n. 8, e successivamente abrogata dalla legge dalla legge regionale 5 marzo 2004, n. 3, che ha fatto salvi i rapporti sorti, ancorché non definiti, sulla base delle disposizioni abrogate, “al fine di incentivare l’occupazione nei settori industriale, artigianale, agricolo, turistico e alberghiero, i sindaci dei Comuni interessati possono chiedere al Presidente della Giunta regionale la definizione di un accordo di programma, ai sensi dell’art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, per l’autorizzazione alla realizzazione, ampliamento di complessi produttivi che attivano immediatamente livelli occupazionali non inferiori a 10 addetti per unità produttiva. Per gli interventi nei settori industriale, artigianale, turistico e alberghiero la sottoscrizione dell’accordo di programma, che dovrà essere autorizzato dalla Giunta regionale, è ammissibile solo se lo strumento urbanistico vigente non dispone di aree idonee e sufficienti con destinazione specifica operante e giuridicamente efficace per le opere da realizzare o sia indispensabile l’ampliamento di strutture esistenti in aree contigue non aventi la stessa destinazione. Le aree interessate agli interventi previsti dall’accordo di programma dovranno essere dotate delle opere di urbanizzazione primaria; in assenza, le stesse opere dovranno essere previste a carico del soggetto destinatario della concessione edilizia”.
Ai sensi dell’art. 1 bis, aggiunto dall’art. 1, comma 2, L.R. 28 gennaio 1998, n. 8, “la presente legge non deroga alle norme in materia di vincoli di tutela del territorio e dell’ambiente.
Detta disciplina normativa regionale, che regolava gli accordi di programma per tali interventi imprenditoriali, non prevede alcuna deroga al riparto di competenze in materia urbanistica e ai procedimenti relativi, con la conseguenza che, nel caso di specie, per la realizzazione dell’intervento alberghiero era necessaria la variante urbanistica per la modifica della destinazione agricola dell’area.
Ciò è conforme alla disciplina degli accordi di programma prevista dalla legge statale; infatti ai sensi dell’art. 34 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, “per la definizione e l’attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull’opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.
2. L’accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti.
3. Per verificare la possibilità di concordare l’accordo di programma, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate.
4. L’accordo, consistente nel consenso unanime del presidente della regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del presidente della regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della regione. L’accordo, qualora adottato con decreto del presidente della regione, produce gli effetti della intesa di cui all’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l’assenso del comune interessato.
5. Ove l’accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l’adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza”.
La giurisprudenza considera l’accordo di programma, disciplinato in ambito statale dall’art. 34 T.U. 18 agosto 2000, n. 267, come un duttile strumento di azione amministrativa preordinata, senza rigidi caratteri di specificità, alla rapida conclusione di una molteplicità di procedimenti tutte le volte in cui il loro ordinario svolgimento richiederebbe l’espletamento di più subprocedimenti indispensabili per la ponderazione di interessi pubblici concorrenti (così, Consiglio Stato, sez. IV, 25 giugno 2013, n. 3458; id., 20 luglio 2018, n. 4413).
Con specifico riferimento all’accordo di programma previsto dalla legge regionale della Puglia 19 dicembre 1994, n. 34, la giurisprudenza di questo Consiglio si è già espressa nel senso che si tratti di “una ipotesi di urbanistica negoziata, un tipo specifico di accordo tra pubbliche amministrazioni e costituisce istituto finalizzato alla definizione, attuazione, con eventuale incidenza sugli strumenti urbanistici, di opere, interventi o programmi che richiedono per la loro completa realizzazione l’azione integrata e coordinata di comuni, province e regioni, di amministrazioni statali o altri soggetti pubblici” (Consiglio Stato, sez. IV, 2 marzo 2011, n. 1339).
La ratifica dell’operato del Sindaco che ha sottoscritto l’accordo, da parte del Consiglio comunale prevista nelle ipotesi di variante urbanistica, non può che essere considerata come una ipotesi di esercizio dei poteri tipici del Consiglio comunale in materia di scelte urbanistiche sul territorio comunale.
Infatti, in mancanza di una espressa previsione contraria e, invece, in presenza del diverso regime nelle ipotesi in cui non è richiesta la variante urbanistica essendo l’intervento conforme alla disciplina di piano vigente, non si può ritenere che tramite la sottoscrizione dell’accordo di programma il Sindaco si appropri della competenza propria del Consiglio comunale in materia urbanistica.
A sostegno di tale interpretazione ritiene il Collegio di richiamare la giurisprudenza di questo Consiglio, che ha ritenuto la necessaria autonoma impugnazione della delibera di ratifica dell’accordo di programma, producendo questa gli effetti della variante urbanistica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 febbraio 2013, n. 1097).
Inoltre, anche con riferimento alle diverse ipotesi previste nell’ordinamento di variante urbanistica per la realizzazione di interventi di carattere imprenditoriale, ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447, e successivamente disciplinati dal d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160, la giurisprudenza di questo Consiglio ha più volte affermato che il Consiglio comunale conserva tutte le proprie attribuzioni discrezionali in materia urbanistica (Consiglio di Stato, sez. IV, 1 marzo 2017, n. 940; id., 6 agosto 2013, n. 4151; sez. VI, 27 luglio 2011, n. 4498), con la conseguenza che in tale sede il Consiglio comunale esprime valutazioni di merito relativamente alla corretta pianificazione del territorio, che possono essere censurate solo ove caratterizzate da evidenti irrazionalità, ma non già per il fatto stesso di costituire espressione delle prerogative di indirizzo politico-amministrativo proprie dell’organo consiliare (Cons. Stato, Sez. IV, 26 settembre 2019, n. 6439).
La delibera impugnata di mancata ratifica dell’accordo costituisce quindi esattamente, come, peraltro, risulta anche dal dibattito consiliare allegato, il diniego della variante urbanistica, che costituiva il presupposto necessario per la realizzazione dell’intervento localizzato in zona a destinazione agricola del PRG vigente.
Ne deriva che a tale delibera devono applicarsi le disposizioni relative ai procedimenti urbanistici, compreso l’art. 13 della legge n. 241 del 1990, rubricato “Ambito di applicazione delle norme sulla partecipazione”, per cui ” le disposizioni contenute nel presente capo non si applicano nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione”.
Peraltro, come sostenuto dal Comune appellante, si impone anche una lettura dell’istituto del preavviso di diniego dell’art. 10 bis, così come delle altre norme in materia di partecipazione procedimentale, non in senso formalistico, bensì avendo riguardo all’effettivo e oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione.
Per costante giurisprudenza, infatti, l’omissione del preavviso di rigetto non cagiona l’automatica illegittimità del provvedimento finale, qualora possa trova applicazione l’art. 21 octies della stessa legge, secondo cui “non è annullabile il provvedimento per vizi formali non incidenti sulla sua legittimità sostanziale e il cui contenuto non avrebbe potuto essere differente da quello in concreto adottato”; poiché detto art. 21 octies, attraverso la dequotazione dei vizi formali dell’atto, mira a garantire una maggiore efficienza all’azione amministrativa, risparmiando antieconomiche ed inutili duplicazioni di attività, laddove il riesercizio del potere non potrebbe comunque portare all’attribuzione del bene della vita richiesto dall’interessato, l’atto amministrativo non può essere annullato (cfr. Cons. Stato, sezione II, 17 settembre 2019, n. 6209; sezione III, 19 febbraio 2019, n. 1156; sezione IV, 11 gennaio 2019, n. 256; id., 27 settembre 2018, n. 5562).
Nel caso di specie, l’appellante non ha in alcun modo dedotto quali circostanze differenti dall’avvenuta sottoscrizione dell’accordo di programma avrebbe potuto apportare alla scelta dell’Amministrazione, evidentemente contraria a consentire un intervento edilizio di forte impatto sul territorio in una zona agricola e tutelata dalla istituzione del Parco regionale “litorale di (omissis)”.
La natura di variante urbanistica della delibera di ratifica conduce alla reiezione anche del motivo di appello incidentale relativo al difetto di motivazione.
Se, infatti, a seguito dell’accordo di programma, per la variazione dello strumento urbanistico deve seguire la ratifica del Consiglio comunale, deve ritenersi che il Consiglio comunale resti titolare del potere pianificatorio, con la conseguente ampia discrezionalità circa la modifica degli strumenti urbanistici vigenti e, nello specifico, della scelta di non modificare la destinazione agricola di un’area, scelta manifestata espressamente nella motivazione della delibera e nel dibattito consiliare che ha preceduto la deliberazione.
Né può ritenersi un particolare affidamento in capo all’odierno appellante incidentale, a seguito della sottoscrizione dell’accordo di programma, in quanto il detto accordo, in base alla disciplina dell’art. 34 del d.lgs. n. 267 del 2000, doveva essere ancora sottoposto alla valutazione del Consiglio comunale proprio per l’adozione delle variante urbanistica.
Rispetto a tale variante, dunque, il signor Ba. non aveva dunque alcuna aspettativa qualificata, in quanto il Sindaco con la sottoscrizione dell’accordo non poteva sostituire la manifestazione di volontà “politica” del Consiglio comunale nelle scelte di pianificazione del territorio rispetto ad una zona classificata dal PRG vigente con destinazione (omissis) “salvaguardia e interesse ambientale”.
Peraltro, il Consiglio comunale, nella delibera impugnata in primo grado, ha anche specificamente manifestato la scelta del diniego della variante sulla base della volontà di non derogare alle scelte generali effettuate in sede di pianificazione generale e del rilievo paesaggistico dell’area, con riferimento alla legge regionale 28 maggio 2007, n. 13, istitutiva del Parco Regionale “Litorale di (omissis)”.
Sostiene l’appellante incidentale che tale disciplina di tutela paesaggistica non potesse essere considerata nel caso di specie, in quanto la medesima legge all’art. 5, comma 6, faceva salvi “gli interventi previsti in accordi di programma deliberati dalla Giunta regionale anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge”.
Ritiene il Collegio l’infondatezza di tale argomentazione.
In primo luogo, sotto il profilo formale, l’accordo di programma oggetto della mancata ratifica con la delibera del Consiglio comunale impugnata è stato autorizzato dalla Giunta regionale con delibera del 13 novembre 2007, successiva quindi alla entrata in vigore della legge istitutiva del Parco regionale, il 31 maggio 2007, essendo espressamente prevista dall’art. 15 della stessa legge l’entrata in vigore il giorno della pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione avvenuta appunto il 31 maggio 2007; infatti, il precedente accordo, la cui sottoscrizione era stata autorizzata dalla delibera della Giunta regionale del 18 luglio 2007, aveva comunque perso efficacia per decorso del termine di trenta giorni senza che fosse intervenuta la ratifica del Consiglio comunale.
Peraltro, nel caso di specie, il Consiglio comunale non ha basato la propria decisione su tale aspetto formale, avendo valutato nel merito la possibilità della variante urbanistica, mentre se non avesse ritenuto applicabile la clausola di salvezza degli accordi di programma già deliberati dalla Giunta regionale, non sarebbe neppure proseguito il procedimento con la deliberazione del Consiglio comunale.
Il Consiglio comunale ha basato la propria decisione negativa sulla circostanza di non volere introdurre deroghe alle scelte pianificatorie effettuate in sede di pianificazione generale e con riferimento all'”impatto ambientale fortemente negativo” dell’intervento nell’area tutelata del parco regionale “litorale di (omissis)”.
Tale presupposto motivazionale non si può ritenere insufficiente, nel caso di specie, in relazione al concreto intervento oggetto dell’accordo che prevedeva la realizzazione, al posto di una attività di ristorazione esistente, di una struttura alberghiera di complessive 66 camere oltre a hall, reception, uffici, sala convegni per complessivi 16.974,16 metri cubi (di cui solo 2.407,12 esistenti).
La circostanza dell’avvenuta istituzione del parco regionale, se non ha impedito di per sé l’ulteriore corso del procedimento relativo all’accordo di programma, ben poteva essere oggetto della valutazione comunale in sede di variante urbanistica, trattandosi del quadro di riferimento di tutela paesaggistica vigente al momento di adozione della delibera di variante.
L’art. 2 della legge istitutiva indica, infatti, le seguenti finalità del parco naturale regionale:
“a) promuovere un modello di sviluppo ecosostenibile che non rechi danno all’ambiente e alle risorse naturali, contribuendo nel contempo a innalzare il livello di qualità della vita dell’intera comunità ;
b) conservare e recuperare le biocenosi, con particolare riferimento agli habitat e alle specie animali e vegetali contenuti nella direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, relativa alla conservazione degli uccelli selvatici e nella direttiva 92/43/CEE, del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatica, nonché gli equilibri ecologici, gli equilibri idraulici e idrogeologici;
c) creare nuove opportunità di crescita e di sviluppo sostenibile, preservare le possibilità di sviluppo nel lungo periodo e accrescere la qualità della vita dei cittadini;
d) tutelare, recuperare e valorizzare il patrimonio paesaggistico, naturale, storico-architettonico diffuso;
e) riqualificare e recuperare il sistema ambientale complessivo;
f) ripristinare e rinaturalizzare il sistema umido costiero;
g) ridurre i fenomeni di frammentazione degli habitat;
h) rinaturalizzare le Gravinelle, nella loro funzione di corridoi ecologici e di difesa idrogeologica;
i) incrementare la copertura arborea-arbustiva autoctona;
j) monitorare l’inquinamento e lo stato degli indicatori biologici presenti;
k) allestire infrastrutture per la mobilità lenta;
l) valorizzare le aree costiere mediante la realizzazione di forme di fruizione-compatibile.
L’art. 5, comma 5, consente sull’intero territorio del parco “la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria dei manufatti edilizi esistenti ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”; il comma 2 prevede “il divieto di costruzione di nuovi edifici fino all’approvazione del piano territoriale”.
In base al comma 6 del medesimo art. 5, “Sono fatti salvi, qualora siano in regola con tutti gli adempimenti previsti dalla vigente normativa in materia di tutela del territorio e dei valori paesaggistico-ambientali:
a) gli interventi per i quali è stato rilasciato permesso di costruire anteriormente alla data del 27 giugno 2006;
b) gli interventi previsti in piani urbanistici attuativi approvati alla medesima data del 27 giugno 2006;
c) gli interventi previsti in accordi di programma deliberati dalla Giunta regionale anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge”.
Il Consiglio comunale, quindi, doveva comunque valutare la conformità della variante urbanistica in relazione al quadro normativo e paesaggistico vigente al momento della sua adozione (nel senso che gli accordi di programma in variante debbano comunque conformarsi alle norme in materia paesaggistica, cfr. Corte costituzionale 28 ottobre 2013, n. 251), come del resto confermato dalla espressa previsione dell’art. 1 bis della legge regionale n. 34 del 1994, aggiunto dall’art. 1, comma 2, L.R. 28 gennaio 1998, n. 8, per cui “la presente legge non deroga alle norme in materia di vincoli di tutela del territorio e dell’ambiente”.
Né può rilevare che si trattasse di struttura esistente, trattandosi di un radicale mutamento anche in termini di metri cubi rispetto all’immobile esistente.
Inoltre, per la costante giurisprudenza di questo Consiglio, da cui il Collegio non ritiene di discostarsi nel caso di specie, le scelte di pianificazione urbanistica sono caratterizzate da ampia discrezionalità e costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità (Cons. Stato, Sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6484 e n. 6483; id., 26 settembre 2019, n. 6436).
Con la delibera impugnata il Consiglio comunale ha espresso una precisa scelta politico- amministrativa di salvaguardia ambientale e tutela del territorio comunale, che, nei limiti del sindacato su tali scelte rientrante nel merito dell’azione amministrativa, non appare né illogica né irragionevole, in relazione proprio alla istituzione qualche mese prima con legge regionale del parco naturale regionale del “litorale di (omissis)”.
Infine, non è rilevante il riferimento operato dalla difesa dell’appellante incidentale alla previsione dell’art. 1 della legge regionale n. 34 del 1994, per cui “la sottoscrizione dell’accordo di programma, che dovrà essere autorizzato dalla Giunta regionale, è ammissibile solo se lo strumento urbanistico vigente non dispone di aree idonee e sufficienti con destinazione specifica operante e giuridicamente efficace per le opere da realizzare o sia indispensabile l’ampliamento di strutture esistenti in aree contigue non aventi la stessa destinazione”, essendo questi i presupposti minimi per procedere all’avvio della procedura, ma non per l’automatica approvazione della variante urbanistica.
L’appello incidentale è quindi infondato e deve essere respinto.
In conclusione, all’accoglimento dell’appello principale e alla reiezione dell’appello incidentale consegue l’annullamento della sentenza appellata con reiezione del ricorso di primo grado.
In considerazione della particolarità delle questioni in fatto ed in diritto sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello principale, respinge l’appello incidentale e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Fulvio Rocco – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere
Cecilia Altavista – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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