Accessione nel possesso ex art. 1146 comma 2 c.c.

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|27 marzo 2023| n. 8579.

Accessione nel possesso ex art. 1146 comma 2 c.c.

In tema di accessione nel possesso ex art. 1146, comma 2, c.c., affinché operi il trapasso del possesso dall’uno all’altro dei successivi possessori ed il successore a titolo particolare possa unire al proprio quello del dante causa, è necessario che il trasferimento sia giustificato da un titolo astrattamente idoneo al passaggio della proprietà od altro diritto reale sul bene. (Nella specie, la S.C. ha escluso, per difetto di forma dell’atto traslativo, l’operatività dell’accessione rispetto al possesso di un sottotetto non menzionato nel titolo di acquisto del dante causa e riportato, invece, nella successiva vendita di costui alla propria avente causa, nei cui confronti il condominio rivendicava il sottotetto in questione quale bene comune.)

Sentenza|27 marzo 2023| n. 8579. Accessione nel possesso ex art. 1146 comma 2 c.c.

Data udienza 19 ottobre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: COMUNIONE E CONDOMINIO – CONDOMINIO – PARTI COMUNI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. ROLFI Federico – rel. Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28863/2017 R.G. proposto da:
ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis.
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– intimati –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO TORINO n. 1351/2017 depositata il 16/06/2017.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 19 ottobre 2022 dal Consigliere Dott. Federico Rolfi;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DELL’ERBA Rosa Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento parziale del ricorso incidentale.

Accessione nel possesso ex art. 1146 comma 2 c.c.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) evoco’ innanzi il Tribunale di Torino il CONDOMINIO (OMISSIS), di cui era condomina, chiedendo la condanna del medesimo al risarcimento dei danni subiti dal proprio appartamento a causa di infiltrazioni riconducibili alle cattive condizioni di manutenzione del tetto dell’edificio condominiale.
Il CONDOMINIO (OMISSIS) si costitui’ contestando sia an e quantum dei danni sia la titolarita’ in capo all’attrice degli spazi di sottotetto inclusi nell’appartamento della medesima, affermando il carattere condominiale di detti spazi. Chiese, quindi, non solo il rigetto della domanda risarcitoria, ma anche la condanna di (OMISSIS) al rilascio dei suddetti locali.
Come conseguenza di tali difese (OMISSIS) chiese ed ottenne l’autorizzazione a chiamare in giudizio il proprio dante causa (OMISSIS).
Si costitui’ (OMISSIS), contestando la natura comune del sottotetto, di cui dedusse il carattere pertinenziale rispetto all’unita’ immobiliare sottostante ceduta a (OMISSIS).
In via subordinata chiese che venisse comunque accertato l’acquisto del sottotetto per usucapione ex articoli 1159 e 1146 c.c., in virtu’ del possesso proprio e del proprio dante causa.
Disposta preliminarmente l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini (alcuni dei quali rimasero contumaci) e svolta attivita’ istruttoria, il Tribunale di Torino accerto’ la proprieta’ in capo a (OMISSIS) dei locali posti nel sottotetto, condannando il CONDOMINIO (OMISSIS) al risarcimento dei danni subiti, attribuendo i medesimi al cattivo stato di manutenzione del tetto condominiale.
2. Proposto appello da parte del CONDOMINIO (OMISSIS), la Corte d’appello di Torino, in riforma della decisione di primo grado:
a) accerto’ la natura comune del sottotetto, condannando (OMISSIS) al rilascio del medesimo;
b) respinse la domanda di risoluzione del contratto di compravendita formulata da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS);
c) in accoglimento della domanda subordinata, ridusse il corrispettivo della compravendita tra (OMISSIS) e (OMISSIS), condannando quest’ultimo alla restituzione di parte del corrispettivo;
d) condanno’ il CONDOMINIO (OMISSIS) alla corresponsione della minor somma ritenuta ancora dovuta per il risarcimento dei danni arrecati all’unita’ immobiliare nella porzione di effettiva proprieta’ di (OMISSIS);
e) condanno’ (OMISSIS) alla rifusione del 75% delle spese dei due gradi di giudizio in favore del CONDOMINIO (OMISSIS);
f) condanno’ (OMISSIS) sia a rifondere le spese dei due gradi di giudizio in favore di (OMISSIS) sia a tenere la stessa indenne delle somme corrisposte al CONDOMINIO (OMISSIS) a titolo di rifusione spese legali.
Per quanto ancora qui rileva, la Corte territoriale:
– affermo’ la natura comune del sottotetto, sia in considerazione delle caratteristiche oggettive del locale (estensione, altezza, prova del precedente libero accesso di tutti i condomini) sia dell’assenza di un valido titolo di acquisto in proprieta’ esclusiva;
– escluse la presenza degli estremi di un acquisto per usucapione di (OMISSIS) sia in considerazione del fatto che l’atto di acquisto del dante causa del (OMISSIS) nel 1990 non faceva riferimento al sottotetto, menzionato solo nel successivo atto di acquisto dello stesso (OMISSIS) nel 1998 (risultando in tal modo esclusa l’operativita’ dell’articolo 1146 c.c., per il periodo precedente) sia dell’assenza di buona fede in capo al (OMISSIS), dal momento che lo stesso – prima ancora dell’acquisto del bene – aveva partecipato ad assemblee di condominio nelle quali la proprieta’ del sottotetto era stata posta in contestazione (risultando in tal modo esclusa l’operativita’ dell’articolo 1159 c.c.).
3. (OMISSIS) propone ora ricorso per la cassazione della decisione della Corte torinese.
Resiste con controricorso (OMISSIS).
Resiste altresi’, con controricorso e ricorso incidentale condizionato, il CONDOMINIO (OMISSIS).
Gli altri soggetti evocati – tutti condomini – sono rimasti intimati.
4. Il ricorso e’ stato trattato in Camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, come inserito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.
5. (OMISSIS) ed il CONDOMINIO (OMISSIS) hanno depositato memorie.
6. Il Pubblico Ministero ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento parziale del ricorso incidentale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso e’ affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo si deduce:
a) in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1117 c.c.;
b) in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
Il ricorso lamenta l’omessa ed erronea interpretazione degli atti negoziali prodotti in giudizio, dai quali sarebbe dato evincere che il sottotetto sarebbe stato sempre considerato pertinenza dell’appartamento sottostante, in quanto non abitabile, solo successivamente venendo trasformato in modo da acquisire la caratteristica di vano autonomo.
Il ricorso denuncia altresi’ una errata lettura del regolamento condominiale, argomentando che lo stesso non contemplava il sottotetto tra le parti comuni condominiali.
1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, e la “motivazione apparente e fittizia”.
Il ricorso lamenta una inadeguata valutazione da parte della Corte territoriale delle risultanze istruttorie, in quanto la decisione impugnata avrebbe ancorato le proprie valutazioni unicamente ad un sintetico riferimento alle caratteristiche strutturali del sottotetto ed alle risultanze di prove testimoniali prive di univocita’, omettendo invece di procedere ad un accertamento peritale.
1.3. Con il terzo motivo si deduce:
a) in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione degli articoli 1146 e 1147 c.c.;
b) in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, e la “motivazione apparente e fittizia”.
Lamenta, in sintesi, il ricorso che la decisione della Corte territoriale sia viziata, in quanto:
– non avrebbe tenuto conto della natura pertinenziale del sottotetto al momento dell’acquisto dell’immobile da parte di (OMISSIS), dante causa di (OMISSIS);
– avrebbe escluso la buona fede ex articolo 1159 c.c., di (OMISSIS) sulla scorta della partecipazione di quest’ultimo (quando ancora non si era reso proprietario dell’immobile) ad un’assemblea condominiale nella quale, tuttavia, non sarebbero state concretamente mosse contestazioni sulla titolarita’ del sottotetto;
– avrebbe valorizzato, sempre per escludere la buona fede di (OMISSIS), la missiva di un legale che tuttavia non era stata indirizzata al ricorrente;
– avrebbe erroneamente escluso la rilevanza, ex articoli 1146 e 1147 c.c., del possesso di fatto esercitato da (OMISSIS) “quanto meno a far data dal 1996” (data in cui il sottotetto era stato trasformato in mansarda).
1.4. Con il quarto motivo si deduce:
a) in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c.;
b) in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione, e la “motivazione apparente e fittizia”.
Il motivo lamenta l’erroneita’ della motivazione in ordine alla riduzione del prezzo di vendita dell’immobile, in quanto la Corte d’Appello, dopo avere assunto come base, appunto, il prezzo determinato nel 2007, avrebbe operato la riduzione del prezzo stesso sulla scorta di una determinazione di parte, operata peraltro con riferimento ai valori del 2010.
In tal modo – argomenta il ricorso – la Corte avrebbe violato gli articoli 115 e 116 c.p.c., ponendo alla base della propria decisione non le prove proposte dalle parti ma proprie considerazioni prive di adeguato riscontro mediante accertamento peritale.
2. Con l’unico motivo di ricorso incidentale (condizionato alla valutazione positiva di ammissibilita’ del ricorso principale) il CONDOMINIO (OMISSIS) deduce, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione dell’articolo 91 c.p.c., e la conseguente nullita’ della decisione, nella parte in cui essa, pur avendo riconosciuto la soccombenza di (OMISSIS) nei confronti del medesimo ricorrente incidentale, ha omesso di statuire sulla richiesta di quest’ultimo di condannare (OMISSIS) alla rifusione delle spese dei due gradi di giudizio, nonche’ alla restituzione delle somme ricevute dal CONDOMINIO (OMISSIS) in ottemperanza alla statuizione di primo grado che lo condannava alla rifusione delle spese in favore del medesimo (OMISSIS).
Detta omissione, argomenta il ricorso, sarebbe evidenziata dalla stessa parte motiva della decisione impugnata, laddove quest’ultima ha espressamente riconosciuto la soccombenza di (OMISSIS) anche nei confronti del CONDOMINIO (OMISSIS).
3. Preliminarmente, devono essere disattese le deduzioni della contro ricorrente (OMISSIS) in ordine alla inammissibilita’ del ricorso di (OMISSIS), in quanto caratterizzato dalla formulazione di motivi “misti”.
Sebbene, infatti, il ricorso venga ad articolare alcuni dei propri motivi in piu’ profili di doglianza, lo stesso deve ritenersi ammissibile, alla luce del principio per cui il fatto che un singolo motivo sia articolato in piu’ profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per se’, ragione d’inammissibilita’ dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilita’ del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. Sez. U., Sentenza n. 9100 del 06/05/2015 – Rv. 635452 – 01 e, successivamente, Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 39169 del 09/12/2021 – Rv. 663425 – 02).
Tale e’ la situazione che ricorre nel caso ora al vaglio di questa Corte, dal momento che l’esposizione dei motivi di ricorso consente in ogni caso l’individuazione e l’analisi separata delle singole doglianze.
4. Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
Quanto alla dedotta violazione dell’articolo 1117 c.c. – e rammentato che, nella specie, trovava applicazione, ratione temporis, il disposto di cui all’articolo 1117 c.c., nella versione vigente prima delle modifiche apportate con L. n. 220 del 2012 – la Corte territoriale ha operato una corretta applicazione del principio – piu’ volte enunciato da questa Corte – per cui la natura del sottotetto di un edificio e’, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, puo’ presumersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato, anche solo potenzialmente, all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, mentre il sottotetto puo’ considerarsi pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano solo quando assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidita’, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo (da ultimo Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 9383 del 21/05/2020 – Rv. 657705 – 01; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 20693 del 09/08/2018 – Rv. 650008 – 01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6143 del 30/03/2016 – Rv. 639396 – 01).
Compiuto tale corretto richiamo, la Corte territoriale ha anche valutato i titoli invocati da attrice e terzo chiamato per escludere il carattere comune del sottotetto, concludendo che i medesimi non costituivano adeguato elemento probatorio per affermare la proprieta’ esclusiva, ed in particolare negando la natura pertinenziale del sottotetto, invocata da (OMISSIS).
Risulta, pertanto, infondato anche il profilo di doglianza ancorato al disposto di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, avendo la Corte – contrariamente a quanto asserito nel motivo di ricorso – proceduto anche all’analisi dei titoli di provenienza – di nessuno dei quali, peraltro, e’ stata allegata l’anteriorita’ all’atto costitutivo del condominio (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11812 del 27/05/2011 – Rv. 618093 – 01)- con un esito interpretativo che non e’ stato fatto oggetto di specifica censura sotto il profilo della violazione delle regole di interpretazione dei contratti.
5. Il secondo motivo di ricorso e’ inammissibile.
Quanto alla doglianza relativa al carattere apparente della motivazione, giova rammentare che questa Corte a Sezioni Unite ha chiarito che la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. con L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione, con la conseguenza che e’ denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si sia tramutata in violazione di legge costituzionalmente rilevante, esaurendosi detta anomalia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, e risultando invece esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 – Rv. 629830 – 01 e, da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Richiamato detto principio, si osserva che dietro le deduzioni del ricorso inerenti il carattere fittizio della motivazione, si occulta, in realta’, il tentativo di sindacare le valutazioni operate dal giudice di merito in ordine alla valenza delle risultanze istruttorie formatesi nel giudizio.
Sindacato evidentemente precluso in sede di legittimita’, alla luce del principio per cui nel procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilita’ e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonche’ la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, risultando – conseguentemente – insindacabile la valutazione in base alla quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato, diverso da quello formulato dal primo giudice (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019 – Rv. 655229 – 01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004 – Rv. 569765 – 01).
Identico limite caratterizza le deduzioni concernenti l’omessa considerazione di un fatto decisivo.
Deduzioni che, in primo luogo, cozzano con il principio fissato da Cass. Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 – Rv. 629831 – 01, a mente del quale l’ipotesi di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5), deve essere riferita ad un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), con la conseguenza che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4), il ricorrente deve indicare: 1) il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso; 2) il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente; 3) il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti; 4) la sua “decisivita’”; e fermo il principio per cui l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Il motivo di ricorso, per contro, si traduce, anche sotto questo profilo, in un inammissibile sindacato delle valutazioni operate dal giudice di merito in ordine alle risultanze istruttorie, come eloquentemente evidenziato dall’ampia disamina critica delle deposizioni testimoniali contenuta nel motivo medesimo.
Va, allora, ribadito che – come sottolineato da questa Corte (Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 11176 del 08/05/2017 – Rv. 644208 – 01) – compito della Corte di cassazione non e’ quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, ne’ quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Cass., Sez. 3, n. 3267 del 12/02/2008), dovendo invece la Corte di legittimita’ limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; cio’ che, come dianzi detto, nel caso di specie e’ dato riscontrare.
Quanto al mancato espletamento della C.Testo Unico si rammenta che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l’istanza di rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio, senza che l’eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimita’, quando risulti che gli elementi di convincimento per disattendere la richiesta della parte siano stati tratti dalle risultanze probatorie gia’ acquisite e ritenute esaurienti dal giudice, con valutazione immune da vizi logici e giuridici (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 19377 del 2017; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 305 del 12/01/2012 – Rv. 621312 – 01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10849 del 11/05/2007 – Rv. 596449 – 01).
6. Quanto al terzo motivo di ricorso, lo stesso risulta inammissibile nella parte in cui deduce il carattere apparente e fittizio della motivazione.
Escluso il carattere “apparente” della motivazione della Corte territoriale – che in realta’ ha dato pienamente conto del percorso analitico ed interpretativo che ha condotto la Corte medesima alla decisione – si deve rilevare che, in realta’, cio’ di cui si duole il ricorrente e’ il carattere “viziato” della motivazione (pag. 19 del ricorso). Ma al riguardo e’ sufficiente rammentare che, in seguito alla riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono piu’ ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorieta’ e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimita’ sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullita’ della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorieta’” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, mentre al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione puo’ essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022 – Rv. 664120 – 01; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018 – Rv. 650880 – 01; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 23940 del 12/10/2017 – Rv. 645828 – 01).
Infondate, poi, sono le deduzioni circa la presenza di un’omessa valutazione di fatti decisivi, in quanto tali deduzioni, ancora una volta, si traducono, in primo luogo, nel tentativo di sindacare l’interpretazione operata Corte d’Appello sugli atti di acquisto del ricorrente – e, prima ancora, del suo dante causa – senza in alcun modo censurare l’applicazione delle regole codicistiche di ermeneutica dei contratti, peraltro indicando come “fatto” non valutato – il carattere pertinenziale del sottotetto – cio’ che invece andava proprio dimostrato e che, per contro, la Corte territoriale, con adeguata motivazione, ha ritenuto non provato.
Infondate risultano, invece, le deduzioni concernenti la violazione o falsa applicazione degli articoli 1146 e 1147 c.c..
La Corte territoriale, infatti, risulta aver correttamente richiamato ed applicato l’insegnamento di questa Corte, a mente del quale in tema di accessione nel possesso ex articolo 1146 c.c., comma 2, affinche’ operi il trapasso del possesso dall’uno all’altro dei successivi possessori ed il successore a titolo particolare possa unire al proprio quello del dante causa, e’ necessario che il trasferimento sia giustificato da un titolo astrattamente idoneo al passaggio della proprieta’ od altro diritto reale sul bene, sicche’ va esclusa, per difetto di forma del sottostante atto traslativo, l’operativita’ dell’accessione rispetto al possesso di un terreno incluso tra i beni di una azienda ceduta con contratto verbale in caso di cessione d’azienda (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19724 del 03/10/2016 – Rv. 641210 – 01; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 22348 del 26/10/2011 – Rv. 619866 – 01).
Correttamente, quindi, la Corte d’appello ha escluso l’applicabilita’ dell’articolo 1146 c.c. in relazione al titolo di acquisto del dante causa dell’odierno ricorrente – (OMISSIS) – in virtu’ della mancata menzione del sottotetto nel suddetto titolo, mentre ha constatato la presenza di tale menzione nel titolo di acquisto di (OMISSIS).
Assente, quindi, la dedotta violazione dell’articolo 1146 c.c., si deve osservare che le ulteriori deduzioni del ricorrente in ordine alla violazione dell’articolo 1147 c.c. – avendo la Corte escluso la buona fede dell’odierno ricorrente – si traducono ancora una volta in un inammissibile sindacato della valutazione delle prove operata dal giudice di merito, avendo la Corte d’Appello di Torino ritenuta superata la presunzione di cui all’articolo 1147 c.c., sulla scorta di una serie di elementi fattuali di cui ha adeguatamente e coerentemente illustrato la valenza.
7. Inammissibile e’, infine, il quarto motivo di ricorso.
Come rilevato dal Pubblico Ministero, nel proprio ricorso (OMISSIS) ha dedotto (pagg. 22-23) di aver sollevato il profilo dei criteri di determinazione della riduzione del prezzo pattuito con (OMISSIS) nella sola comparsa conclusionale del giudizio di appello.
A tale rilievo del Pubblico Ministero, in realta’, il ricorrente ha replicato nella memoria ex articolo 378 c.p.c. (pag. 13), deducendo di avere sollevato tale profilo anche nel giudizio di primo grado.
Questa Corte, tuttavia, ha gia’ affermato il principio per cui l’eventuale vizio del ricorso per cassazione non puo’ essere sanato da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all’articolo 380 bis c.p.c., comma 2, la cui funzione – al pari della memoria prevista dall’articolo 378 c.p.c., sussistendo identita’ di “ratio” – e’ di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso e non gia’ di integrarli (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 30760 del 28/11/2018 – Rv. 651598 – 01; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 17603 del 23/08/2011 – Rv. 619537 – 01).
La memoria ex articolo 378 c.p.c., depositata dal ricorrente, quindi, ha inammissibilmente proceduto ad una integrazione di un motivo di ricorso affetto da originaria carenza, avendo lo stesso dedotto come motivo di doglianza un profilo dedotto nella comparsa conclusionale del giudizio d’appello, e quindi tardivamente, con conseguente inammissibilita’ del motivo.
8. Parzialmente fondato e’, invece, il motivo di ricorso incidentale, che era condizionato alla sola declaratoria di inammissibilita’ in rito del ricorso principale e che, per effetto del rigetto del medesimo, deve quindi essere esaminato.
Preliminarmente si rileva che il ricorrente incidentale – anche alla luce dei dicta di Cass. Sez. U. – Sentenza n. 16415 del 21/06/2018 – Rv. 649295 – 01; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 26236 del 16/10/2019 – Rv. 655748 – 01)- ha presentato alla Corte d’Appello di Torino istanza di correzione di errore materiale, tuttavia disattesa, avendo la Corte ritenuto che la pronuncia qui impugnata fosse caratterizzata da un’omessa pronuncia.
Operata tale premessa dall’esame della motivazione della Corte d’appello di Torino non puo’ essere evinta un’univoca espressione della volonta’ dell’organo giudicante di porre a carico di (OMISSIS) le spese di lite del CONDOMINIO (OMISSIS), in quanto la Corte territoriale ha unicamente affermato la soccombenza del ricorrente, senza trarne esplicitamente le conseguenze in tema di regolamento di spese di lite.
Da cio’ deriva che deve ritenersi sussistente un vizio di vera e propria omissione di pronuncia, alla luce della presenza della domanda del ricorrente incidentale, presente nelle conclusioni riprodotte nella sentenza impugnata.
Accolto tale profilo del motivo di ricorso incidentale, in relazione all’ulteriore profilo della ripetizione delle spese di lite del giudizio di primo grado corrisposte dal CONDOMINIO (OMISSIS) al ricorrente principale viene ad operare il disposto di cui all’articolo 389 c.p.c., essendo compito della Corte d’Appello in sede di rinvio statuire sulle domande di restituzione.
9. In parziale accoglimento del ricorso incidentale, quindi, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, la quel provvedera’ anche a regolamentare e liquidare le spese del giudizio di legittimita’.
10. Stante il rigetto del ricorso principale, va dato atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto”, spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U., Sentenza n. 4315 del 20/02/2020 – Rv. 657198 – 05).

P.Q.M.

La Corte;
respinge il ricorso principale;
accoglie per quanto di motivazione il ricorso incidentale, e per l’effetto cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, ove dovuto.

 

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