Accertamento fondato sugli studi di settore e fallimento di una società cliente

Corte di Cassazione, sezione sesta tributaria, Ordinanza 19 ottobre 2018, n. 26362.

 

La massima estrapolata:

Nell’accertamento fondato sugli studi di settore il fallimento di una società cliente che vale importanti commesse è circostanza che deve sempre essere considerata adeguatamente. Questo in quanto lo studio di settore non può applicarsi, neppure ai fini accertativi, laddove lo scostamento dipende dal fallimento di clienti che forniscono alla contribuente rilevanti commesse.

Ordinanza 19 ottobre 2018, n. 26362

Data udienza 26 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 140/2017 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2105/17/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il 27/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 26/09/2018 dal Consigliere Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:
l’Agenzia delle entrate notificava alla contribuente, societa’ (OMISSIS) s.r.l., per l’anno d’imposta 2004 un avviso di accertamento per IVA, IRAP ed IRES con il quale, in applicazione degli studi di settore, erano stati stimati ricavi in Euro 718.278 rispetto al dichiarato di Euro 564.562, con conseguenti maggiori ricavi per Euro 153.716;
che la societa’ contribuente proponeva ricorso affermando di avere perso due importanti commesse e cio’ nonostante di aver dovuto mantenere del personale in esubero assunto con le agevolazioni di cui alla L. n. 388 del 2000;
la Commissione Tributaria Provinciale di Ragusa, aderendo alla sostanza delle argomentazioni della ricorrente, in parziale accoglimento del ricorso, dichiarava applicabile il ricavo minimo di Euro 664.689 e non quello puntuale come attribuito dall’Ufficio;
che la Commissione Tributaria Regionale, in parziale accoglimento dell’appello principale della contribuente, lo accoglieva limitatamente alle sanzioni, da calcolare secondo il criterio del cumulo giuridico, e per il resto confermava la sentenza di primo grado, respingendo altresi’ l’appello incidentale dell’Ufficio;
che avverso detta sentenza il contribuente proponeva ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:
con il primo motivo d’impugnazione la parte contribuente deduce violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 1, lettera d), Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54, Decreto Legge n. 331 del 1993, articolo 62 sexies e degli articoli 2729 e 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto lo scostamento dei ricavi rispetto alla risultanza dello studio di settore e’ dipeso dal fallimento di due importanti committenti con la conseguenza che l’accertamento effettuato avrebbe dovuto essere annullato in toto in quanto lo studio di settore non avrebbe dovuto essere applicato, neppure al minimo;
con il secondo motivo d’impugnazione, la parte contribuente deduce nullita’ della sentenza in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per assenza o apparenza della motivazione, in violazione dell’articolo 132 c.p.c., articolo 156 c.p.c., comma 2 e del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 36, in quanto la motivazione della sentenza impugnata non fornisce alcuna motivazione circa la riduzione dal ricavo “puntuale” al ricavo cd. “minimo”, ne’ puo’ ritenersi che l’onere di motivazione sia assolto dal rinvio alla decisione del giudice di primo grado;
con il terzo motivo impugnazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., articolo 156 c.p.c., comma 2 e del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 36, per il vizio di motivazione della sentenza impugnata;
ritenuto di dover valutare preliminarmente il secondo motivo di ricorso, in quanto logicamente antecedente rispetto agli altri perche’ lamenta la nullita’ della sentenza;
ritenuto che tale motivo di ricorso e’ infondato in quanto deve ritenersi affetta da nullita’ assoluta solo la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che risulti sostanzialmente priva della esposizione dei motivi, in fatto e in diritto, sui quali la decisione si fonda e che va quindi affermata la nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, solo in quanto essa risulta corredata da motivazione solo apparente perche’ fondata su mere formule di stile, riferibili a qualunque controversia, disancorate dalla fattispecie concreta e sprovviste di riferimenti specifici, del tutto inidonee dunque a rivelare la “ratio decidendi” e ad evidenziare gli elementi che giustifichino il convincimento del giudice e ne rendano dunque possibile il controllo di legittimita’ (CaSs. 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. SU, 7 aprile 2014, n. 8053);
che, invece, nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata tiene conto delle obiezioni della controparte proposte nei motivi di appello ritenendo quindi di ridurre, come chiesto, l’accertamento dell’Ufficio, non pero’ sino a quanto richiesto dal contribuente ma al livello minimo previsto dallo studio di settore;
che pertanto una motivazione, sia pure difettosa e incompleta e’ presente ed e’ tale da raggiungere la soglia del “minimo costituzionale”;
che dalla ritenuta infondatezza del secondo motivo discende anche quella del terzo, che ripropone la stessa doglianza del secondo sia pure sotto il diverso profilo della violazione di legge, che pero’ e’ gia’ implicito nel secondo ove si lamenta la violazione dell’obbligo del giudice di motivare;
ritenuto che invece il primo motivo di ricorso e’ fondato in quanto, secondo l’insegnamento di questa Corte cui si ritiene di aderire, in tema di “accertamento standardizzato” mediante parametri o studi di settore, il contraddittorio con il contribuente costituisce elemento essenziale e imprescindibile del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa, in ispecie quando si faccia riferimento ad una elaborazione statistica su specifici parametri, di per se’ soggetta alle approssimazioni proprie dello strumento statistico, e sia necessario adeguarle alla realta’ reddituale del singolo contribuente, potendo solo cosi’ emergere gli elementi idonei a commisurare la “presunzione” alla concreta realta’ economica dell’impresa. Ne consegue che la motivazione dell’atto di accertamento non puo’ esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio (ossia la circostanza che lo scostamento dei ricavi rispetto alla risultanza dello studio di settore e’ dipeso dal fallimento di due importanti committenti), solo cosi’ emergendo la gravita’, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti parametri e la giustificabilita’ di un onere della prova contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente (Cass. 18 dicembre 2017, n. 30370; analogamente Cass. 31 maggio 2018, n. 13908);
che nel caso di specie il contraddittorio vi e’ stato e la sentenza impugnata ha si’ tenuto conto delle contestazioni sollevate dal contribuente in quella sede in quanto ha ammesso che lo scostamento dei ricavi rispetto alla risultanza dello studio di settore e’ dipeso dal fallimento di imprese che fornivano alla societa’ contribuente rilevanti commesse ma non ne ha tratto fino in fondo le dovute conseguenze dato che, non avendo chiarito le ragioni per le quali mediante il riferimento agli studi di settore nel minimo e non all’originale dichiarazione del contribuente – sono state, sia pure in parte, disattese le contestazioni sollevate dal contribuente, dal pieno riconoscimento delle ragioni del contribuente ne sarebbe dovuto derivare che lo studio di settore non avrebbe dovuto essere applicato, neppure quanto ai suoi parametri minimi;
ritenuto pertanto che il ricorso della societa’ contribuente va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio, affinche’ valuti, alla luce delle ragioni offerte dal contribuente in sede di contraddittorio e di quelle presentate dall’Ufficio per le quali dovrebbero essere disattese le contestazioni sollevate dal contribuente, quale debba essere l’ammontare dei ricavi della societa’ contribuente da considerarsi ai fini fiscali per l’anno d’imposta 2004.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

Avv. Renato d’Isa