Accertamento dell’appartenenza al Condominio di fondi ubicati in un’area separata

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 marzo 2023| n. 7917.

Accertamento dell’appartenenza al Condominio di fondi ubicati in un’area separata

In tema di condominio negli edifici, in base all’art. 1117 c.c., la proprietà condominiale di un fondo separato e autonomo rispetto all’edificio in cui ha sede il condominio può essere da quest’ultimo rivendicata soltanto sulla base di un titolo petitorio formatosi precedentemente in suo favore, tra i quali non rientra il regolamento di condominio che, quand’anche trascritto, non è opponibile al terzo estraneo alla comunione.

Ordinanza|20 marzo 2023| n. 7917. Accertamento dell’appartenenza al Condominio di fondi ubicati in un’area separata

Data udienza 22 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Condominio – Accertamento dell’appartenenza al Condominio di fondi ubicati in un’area separata – Regolamento di Condominio – Irrilevanza – Non configurabilità di un titolo di proprietà

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere

Dott. PAPA Patrizia – Consigliere

Dott. AMATO Cristina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N. R.G. 02661/2018) proposto da:

(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv. Simone Pettiti e domiciliato ex lege in Roma, p.zza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avv. Vittorio Camboni ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Paolo di Dono n. 3/A, presso lo Studio dell’Avv. Vincenzo Mozzi;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 2227/2017 (pubblicata in data 13/10/2017);

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 febbraio 2023 dal Consigliere relatore Aldo Carrato;

letta la memoria depositata dalla difesa del ricorrente ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c.

Accertamento dell’appartenenza al Condominio di fondi ubicati in un’area separata

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso possessorio del giugno 2006, il Condominio (OMISSIS) (sito in (OMISSIS)) chiedeva al Tribunale di Torino – Sezione distaccata di Susa di condannare il sig. (OMISSIS) a reintegrare i condomini nel possesso del cortile adibito ad uso parcheggio che il resistente aveva loro impedito di esercitare apponendo un lucchetto alla sbarra di accesso – posizionata dallo stesso Condominio – all’area antistante l’edificio condominiale.

Detto ricorso veniva accolto con ordinanza di reintegrazione nel possesso del cortile in favore del Condominio.

Con atto di citazione del 10 aprile 2008, il (OMISSIS) evocava in giudizio, sempre dinanzi al Tribunale di Torino – Sezione distaccata di Susa, il gia’ menzionato Condominio per ottenere la declaratoria di inesistenza di qualsiasi diritto in capo a quest’ultimo in relazione agli appezzamenti di terreno prospicienti l’edificio condominiale e cio’ in forza dell’atto di acquisto del 29 gennaio 2004, che ne comprovava la sua titolarita’, con conseguente condanna al rilascio degli stessi in suo favore.

Si costituiva in giudizio il Condominio convenuto che, oltre ad instare per il rigetto dell’avversa pretesa, spiegava riconvenzionale diretta ad accertare il suo diritto di proprieta’ sui terreni oggetto della controversia, in virtu’ della natura condominiale della contestata area cortilizia o, in subordine, l’acquisto della proprieta’ di quest’ultima per usucapione, attesa la durata ultraventennale del possesso da parte dei condomini.

Istruita la causa anche tramite c.t.u., il Tribunale di Torino (a cui era stata accorpata la Sezione distaccata di Susa), con sentenza n. 5736/2014, rigettava la domanda principale e accoglieva quella riconvenzionale, accertando che la proprieta’ dell’area controversa apparteneva al Condominio (OMISSIS), condannando il (OMISSIS) al pagamento delle spese di lite.

2. Sul gravame interposto da quest’ultimo e nella resistenza dell’appellato Condominio, la Corte di appello di Torino, con sentenza n. 2227/2017 (pubblicata il 13 ottobre 2017), lo rigettava, condannando l’appellante alla rifusione delle spese processuali del grado per la misura di 2/3 e compensandole per il restante terzo.

A sostegno dell’adottata decisione, la Corte piemontese riteneva che il Condominio convenuto in primo grado aveva, in effetti, svolto un’eccezione riconvenzionale, contrapponendo – rispetto alla pretesa dedotta dal (OMISSIS) – una situazione di fatto e di diritto preesistente, con il mero rigetto della rivendica da questi proposta, volta alla difesa della proprieta’ comune derivante dal Regolamento di condominio (articolo 3), registrato l’11 giugno 1976 e trascritto presso la competente Conservatoria il 23 giugno 1976, precedente dunque di ventotto anni l’atto di acquisto dei beni immobili indicati nella citazione introduttiva del giudizio da parte dell’appellante del 29 dicembre 2004.

Inoltre, per quanto riguardava il merito, il giudice di seconde cure osservava che l’unico dante causa da cui le parti in conflitto traevano la loro titolarita’ sull’area oggetto di conflitto era l’Immobiliare (OMISSIS) e che, rispetto al titolo opposto dal (OMISSIS), il Condominio aveva eccepito l’appartenenza del cortile alla proprieta’ comune ai sensi del citato articolo 3 del Regolamento condominiale (atto – come evidenziato – precedente all’acquisto in proprieta’ dell’attore e ad esso opponibile), quale area riconducibile ai c.d. distacchi ivi indicati.

Pertanto, il giudice di appello confermava quanto statuito dal primo giudice, e cioe’ che il cortile era da considerarsi – ai sensi dell’articolo 1117 c.c. – un bene facente parte della proprieta’ comune dei proprietari delle singole unita’ immobiliare dell’edificio condominiale, come risultante anche dalla c.t.u. disposta in corso di causa, per la quale i c.d. distacchi citati nel Regolamento di condominio “altro non sono che l’attuale area cortiliva al netto delle aree di terzi”, rilevando come la relazione dello stesso c.t.u. dovesse ritenersi fonte oggettiva di prova in quanto, oltre che valutazione tecnica, costituiva anche un accertamento di particolari situazioni di fatto (c.d. consulenza percipiente), rilevabile solo attraverso specifiche strumentazioni tecniche.

3. Avverso la citata sentenza di appello, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, il (OMISSIS), resistito con controricorso dal Condominio (OMISSIS).

In prossimita’ dell’adunanza camerale programmata per il 13 dicembre 2022, la difesa del ricorrente depositava memoria ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c.

Tolta la causa dal ruolo, essa veniva nuovamente fissata per la camera di consiglio del 22 febbraio 2023.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la violazione degli articoli 102, 112 e 354 c.p.c. o, in subordine, la nullita’ della sentenza impugnata per violazione degli stessi articoli.

In particolare, con tale doglianza, il (OMISSIS) deduce che la Corte distrettuale aveva mal interpretato la difesa contrapposta, relativa ad una tutela di tipo reale, svolta dal Condominio in primo grado, travisandone gli elementi testuali e qualificandola come eccezione riconvenzionale. Aggiunge il ricorrente che dalla corretta qualificazione della riconvenzionale la Corte di appello avrebbe, invece, dovuto far derivare la carenza della legittimazione attiva dell’amministratore del Condominio nella difesa della proprieta’ comune e, dunque, la illegittimita’ del rigetto della richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 948, 1138 e 2697 c.c., nonche’ dell’articolo 115 c.p.c., affermando che ne’ il Regolamento di condominio ne’ le risultanze di c.t.u. potevano costituire prove piene dalle quali desumere la proprieta’ comune dell’area cortilizia oggetto di causa in capo al Condominio appellato.

3. Con la terza doglianza, il ricorrente prospetta – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione degli articoli 1107, 1138, 1372, 2643 e 2644 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale aveva – con l’impugnata sentenza – statuito che il Regolamento condominiale costituiva atto precedente rispetto al suo titolo di acquisto e che, pertanto, fosse a lui opponibile, dovendo, invece, detto Regolamento ritenersi ininfluente nei confronti dei terzi acquirenti.

4. Con la quarta censura, il ricorrente deduce – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione degli articoli 948 e 2967 c.c., nonche’ dell’articolo 115 c.p.c., contestando la sentenza di appello, la quale, nell’affermare che i mappali per cui era causa corrispondessero ai c.d. distacchi citati nell’articolo 3 del Regolamento condominiale, aveva operato un “indebito salto logico”, stante la mancanza di una prova sul punto.

5. Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la nullita’ della sentenza per violazione degli articoli 1362, 1363, 1365, 1366 e 1367 c.c., laddove la Corte distrettuale – nel ritenere erroneamente che l’estensore (riconducibile all’Immobiliare (OMISSIS), che era stata anche la venditrice nell’atto di acquisto immobiliare con lui concluso nel 2004) del Regolamento di condominio nel riferirsi ai c.d. distacchi avesse inteso porre riguardo agli appezzamenti alienati ad esso ricorrente – aveva violato i principi sulla interpretazione dei contratti, quando invece, se davvero la Immobiliare (OMISSIS) avesse, nel 1976, considerato i mappali sul lato sud del Condominio quali corrispondenti ai distacchi di cui all’articolo 3 del Regolamento, non avrebbe potuto vendere nulla ad esso (OMISSIS) nel 2004, non trovandosi piu’ nella disponibilita’ del bene.

6. Con il sesto ed ultimo motivo, il ricorrente si duole – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – della violazione dell’articolo 1117 c.c., sul presupposto che l’area corrispondente al controverso cortile non poteva ritenersi una parte comune, non essendo richiamato nel Regolamento di condominio e dato che il c.t.u. lo aveva indentificato nei c.d. distacchi sulla base di un’erronea operazione ermeneutica, peraltro al netto delle aree di terzi.

7. Rileva il collegio che il primo motivo e’ privo di fondamento e deve, percio’, essere rigettato, non versandosi – in relazione alla natura della causa e alle situazioni sostanziali fatte valere – in una ipotesi di litisconsorzio necessario implicante la partecipazione di tutti i condomini del Condominio convenuto in giudizio (singoli condomini, peraltro, nemmeno individuati specificamente nel ricorso).

Infatti, correttamente la Corte di appello ha – con l’impugnata sentenza – confermato quella di primo grado, rilevando che la stessa non potesse considerarsi “inutiliter data”, in quanto, essendo rimasta immutata in capo ai condomini la qualita’ di (asseriti) comproprietari dell’area circostante il fabbricato condominiale e, dunque, non risultando modificata la situazione preesistente, non si imponeva, sotto il profilo dell’interesse sostanziale delle parti, l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i distinti condomini.

Oltretutto, secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 22886/2010 e Cass. n. 22911/2018), la legittimazione passiva dell’amministratore di condominio non incontra, ex articolo 1131, comma 2, c.c., limiti e sussiste – anche in ordine all’interposizione di ogni mezzo di gravame che si renda eventualmente necessario – in relazione a ogni tipo di azione, anche reale o possessoria, promossa da terzi o da un singolo condomino nei confronti del Condominio medesimo relativamente alle parti comuni dello stabile condominiale (tali dovendo estensivamente ritenersi anche quelle esterne, purche’ adibite all’uso comune di tutti i condomini), trovando ragione nell’esigenza di facilitare l’evocazione in giudizio del Condominio, quale ente di gestione sfornito di personalita’ giuridica distinta da quella dei singoli condomini.

La Corte di appello ha, poi, chiarito che il Condominio si era limitato a contrapporre alla domanda di rivendicazione del (OMISSIS) una situazione di fatto e di diritto preesistente a se’ favorevole, diretta, cioe’, alla difesa della proprieta’ comune derivante dal Regolamento di condominio, registrato l’11 giugno 1976 e trascritto il 23 giugno successivo, ovvero prima dell’atto di acquisto dei beni immobili da parte dell’appellante, cosi’ limitandosi a svolgere un’eccezione riconvenzionale paralizzatrice dell’avversa domanda, implicante, percio’, l’assunzione di una posizione difensiva non riconducibile alla proposizione di una vera e propria domanda riconvenzionale.

8. Ad avviso del collegio sono, invece, fondati il secondo e terzo motivo, esaminabili congiuntamente in quanto connessi, per le ragioni che seguono.

Va rilevato che la Corte di appello – come gia’ il giudice di primo grado – ha ritenuto di poter accertare la sussistenza della prova della comune proprieta’ dell’area controversa sulla scorta del confronto tra il Regolamento di condominio – che, all’articolo 3, elencava, tra le parti comuni, i c.d. “distacchi” – e le risultanze della C.Testo Unico (di natura percipiente), a cui si era fatto necessariamente ricorso per identificare con certezza, per l’appunto, i previsti distacchi con l’area circostante il fabbricato condominiale.

Inoltre, la Corte piemontese ha affermato come non era discutibile che il regolamento condominiale, debitamente trascritto, fosse opponibile ai terzi acquirenti in epoca successiva, richiamando in proposito quanto statuito con la sentenza di questa Corte n. 2546/1994.

Senonche’, il collegio rileva che il ragionamento svolto e il risultato raggiunto nell’impugnata sentenza non sono condivisibili in punto di diritto.

Infatti, la Corte di appello non ha considerato che l’autonomo titolo di acquisto (per atto pubblico del 29 dicembre 2004 concluso con la (OMISSIS) Immobiliare s.a.s.) da parte del (OMISSIS) del fondo su cui il Condominio (OMISSIS) ha accampato la sua pretesa rivendicatoria, in virtu’ della natura stessa dell’area e delle previsioni del Regolamento di condominio registrato e trascritto nel giugno 1976, non atteneva ad un immobile facente parte del complesso immobiliare e che l’odierno ricorrente non rivestiva la qualita’ di condomino dello stesso, donde l’inopponibilita’ nei suoi confronti del citato Regolamento, dedotto in giudizio – dal controricorrente Condominio – quale unico titolo asseritamente idoneo a comprovare la proprieta’ sull’area oggetto di causa, essendo, invece, necessaria l’allegazione e la produzione di un legittimo titolo propriamente petitorio formatosi precedentemente in suo favore e da contrapporre a quello esistente in capo al (OMISSIS).

Infatti, il principio affermato con la su richiamata sentenza di questa Corte non e’ conferente nel caso di specie, poiche’ non e’ rimasto affatto accertato che il (OMISSIS) (il quale ha, invero, escluso tale circostanza, senza che il Condominio appellato sia riuscito a provare il contrario) era stato un successivo acquirente di piani dell’edificio condominiale o di loro porzioni (da parte di un precedente condomino proprietario), ne’ che era stato un diretto compratore di un bene facente parte del costituito Condominio da parte della stessa societa’ costruttrice che aveva predisposto il Regolamento condominiale, la quale gli aveva, invece, alienato un distinto e separato bene a titolo esclusivo dopo il completamento della costruzione dell’edificio condominiale.

Pertanto, non puo’ ritenersi che il Condominio abbia allegato e prodotto in giudizio un titolo idoneo in forza del quale vedersi riconosciuta la proprieta’ degli stessi immobili rivendicati dall’attuale ricorrente sulla scorta del suo menzionato atto pubblico di acquisto, non potendo identificarsi il solo titolo frapposto dal Condominio nel Regolamento condominiale, siccome diretto soltanto a disciplinare i rapporti tra i condomini, ma non tra il Condominio e i terzi ad esso estranei (e, quindi, a questi ultimi non opponibile), da cui deriva – come evidenziato – l’inapplicabilita’ del precedente giurisprudenziale di legittimita’ richiamato nell’impugnata sentenza (Cass. n. 2546/1994).

Va, quindi, correttamente riaffermato il principio (fissato, tre le altre, in Cass. n. 8012/2012 e in Cass. n. 9105/2013) – al quale dovra’ uniformarsi il giudice di rinvio – che, in tema di Condominio negli edifici, in base all’articolo 1117 c.c., l’estensione della proprieta’ condominiale ad edifici o fondi separati ed autonomi rispetto al complesso immobiliare in cui ha sede il Condominio puo’ essere giustificata soltanto in ragione di un titolo idoneo a far ricomprendere il relativo immobile (fabbricato o terreno) nella proprieta’ del Condominio stesso, qualificando espressamente tale bene come ad esso appartenente negli atti in cui, attraverso la vendita dei singoli appartamenti, il Condominio risulta costituito. Ne consegue che, ai fini dell’accertamento dell’appartenenza al Condominio di fondi ubicati in un’area separata rispetto all’edificio in cui si trovano gli appartamenti condominiali, nessun rilievo va ascritto in proposito al Regolamento di Condominio, non costituendo esso un titolo di proprieta’ (avendo la sola funzione di disciplinare l’uso della cosa comune e la ripartizione delle spese), aggiungendosi, inoltre, che nemmeno l’uso promiscuo di un bene fa presumere la contitolarita’ dei beni che se ne servono e da esso traggono vantaggio.

Del resto, la giurisprudenza di questa Corte ha pure puntualizzato che l’estensione della comunione sul suolo, come dispone l’articolo 1117 c.c., postula che su uno stesso terreno insistano diversi piani o porzioni di piani costituenti un unico edificio, sicche’ gli immobili fra loro separati, ancorche’ eretti su suolo originariamente appartenente al medesimo proprietario, non soggiacciono alla presunzione di comunanza posta dalla suddetta norma. In altri termini, questa presunzione di comunanza del suolo su cui insiste il fabbricato condominiale non opera in direzione inversa, nel senso che non si presume comune ogni altro immobile, separato ed autonomo, eretto od insistente sul medesimo suolo su cui e’ sorto lo stabile condominiale; infatti, l’originaria titolarita’ in capo al medesimo proprietario dell’unico terreno in cui in tempi diversi siano stati costruiti l’edificio condominiale e il fabbricato distinto (o sia stata mantenuta, sul piano petitorio, separata una parte del suolo prima indiviso), non costituisce quest’ultimo come parte del Condominio stesso, se cio’ non risulta dal relativo titolo di provenienza.

9. In definitiva, previo rigetto del primo, vanno accolti il secondo e terzo motivo (dalla cui ritenuta fondatezza deriva l’assorbimento dei restanti, che attengono all’interpretazione del contenuto del Regolamento condominiale, sul presupposto, ritenuto pero’ erroneo per effetto dell’accoglimento dei citati due motivi, che esso costituisse un idoneo titolo di acquisto, da parte del Condominio, da contrapporre al titolo petitorio fatto valere dal (OMISSIS), non risultandone emersi altri, invece legittimamente opponibili all’attuale ricorrente), con la conseguente cassazione dell’impugnata sentenza ed il rinvio della causa alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, la quale, oltre ad uniformarsi al principio di diritto in precedenza enunciato, provvedera’ anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e terzo motivo del ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbiti i restanti.

Cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *