Accertamento del soggetto tenuto al pagamento delle indennità dovute agli espropriati

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|2 settembre 2022| n. 25924.

Accertamento del soggetto tenuto al pagamento delle indennità dovute agli espropriati 

In tema di espropriazione per pubblica utilità l’accertamento del soggetto tenuto al pagamento delle indennità dovute agli espropriati, cioè del titolare effettivo del rapporto sostanziale, deve essere compiuto con riferimento ai pertinenti parametri normativi, in base ai quali il soggetto passivo è individuato nel soggetto espropriante, corrispondente tradizionalmente al soggetto a cui favore è pronunciato il decreto di espropriazione, cioè il beneficiario della espropriazione. La corrispondenza tra il soggetto espropriante e il beneficiario dell’espropriazione, peraltro, può attenuarsi o divenire poco riconoscibile nei procedimenti pluripartecipati, nei quali più soggetti, anche formalmente privati, possono condividere l’esercizio del potere espropriativo in relazione a fasi e momenti diversi del medesimo procedimento e compiere, nei confronti degli espropriati attività delegate che presuppongono la titolarità o contitolarità – in via diretta o indiretta – del potere espropriativo in capo ai medesimi soggetti. In una tale fattispecie deve essere escluso che, ai fini dell’integrità del contraddittorio, sia necessaria la partecipazione al giudizio del beneficiario dell’espropriazione quando sia diverso dall’autorità espropriante, dal promotore dell’espropriazione e da altri soggetti delegati con atti di rilievo esterno, atteso che la obbligazione solidale passiva, di regola, non dà luogo a litisconsorzio necessario.

Sentenza|2 settembre 2022| n. 25924. Accertamento del soggetto tenuto al pagamento delle indennità dovute agli espropriati

Data udienza 16 giugno 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Concordato fallimentare – Proposta concordataria formulata dal terzo – Liberazione immediata del fallito – Art. 137, co. 7, l.fall. – Divieto di accollo liberatorio del debito di imposta previsto dallo Statuto del contribuente – Non si applica

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere

Dott. ZULIANI Andrea – Consigliere

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 28296/2015 proposto da:
(OMISSIS) S.p.A., in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
(OMISSIS) s.p.a.; Fallimento (OMISSIS) S.p.a.
– intimati –
avverso il decreto n. 3245/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositato il 29/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/06/2022 dal cons. Dott. VELLA PAOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE MATTEIS STANISLAO, il quale chiede che la Corte rigetti il ricorso.

Accertamento del soggetto tenuto al pagamento delle indennità dovute agli espropriati

FATTI DI CAUSA

1. – Con il decreto indicato in epigrafe, la Corte di appello di Brescia ha respinto il reclamo L.Fall., ex articolo 131 proposto dalla societa’ (OMISSIS) s.p.a. (di seguito (OMISSIS)) avverso il provvedimento con cui il Tribunale di Brescia aveva negato l’omologazione del concordato fallimentare da essa proposto in data (OMISSIS) (a modifica di precedente proposta del (OMISSIS)), nell’ambito del Fallimento della (OMISSIS) s.p.a. (di seguito (OMISSIS)), aperto in data 24/11/2000.
1.1. – Dagli atti di causa risulta che, grazie all’apporto di risorse del terzo proponente per Euro 732.000,00 (a fronte di un attivo fallimentare di soli Euro 123.939,05), la proposta di concordato fallimentare prevedeva: i) il pagamento integrale dei crediti prededucibili (Euro 179.678,76); ii) il pagamento dei crediti privilegiati ex articolo 2751-bis c.c., n. 1 nella misura del 58% (Euro 199.760,21), con degradazione del residuo 42% al chirografo; iii) il pagamento dei restanti crediti privilegiati, inclusi i crediti erariali, nella misura del 2% (Euro 235.066,93), con degradazione del residuo 98% al chirografo; iv) il pagamento dei crediti chirografari nella misura dell’1% (Euro 119.861,02, oltre ad Euro 116.629,34 per il privilegio degradato); v) il trasferimento al terzo proponente di tutto l’attivo fallimentare, comprese le azioni di pertinenza della massa ed ogni altro diritto e azione creditoria della societa’ fallita verso i terzi; vi) la liberazione immediata della fallita (OMISSIS), all’atto dell’omologazione, da tutte le passivita’.
1.2. – Contro la richiesta di omologazione del concordato fallimentare proposto da (OMISSIS), a seguito del parere favorevole del curatore e del comitato dei creditori e dell’approvazione del 51,36% dei creditori chirografari, (OMISSIS) s.p.a., stante il parere sfavorevole degli Enti impositori, proponeva opposizione ex articolo 129 L. Fall., articolata su otto motivi.

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1.3. – Il Tribunale di Brescia, respinte le contestazioni afferenti l’alterazione dell’ordine delle cause legittime di prelazione, l’omessa formazione di classi e l’irrisorieta’ del pagamento offerto ai creditori, negava l’omologazione: i) in primo luogo, poiche’ il proponente aveva condizionato la vincolativita’ del proprio impegno alla liberazione della societa’ fallita nei confronti di tutti i creditori, “fra cui anche l’amministrazione Finanziaria, il Concessionario e gli enti previdenziali”, in contrasto con il divieto posto dalla L. n. 212 del 2000, articolo 8, comma 2 (“Statuto del contribuente”), in base al quale “e’ ammesso l’accollo del debito di imposta altrui senza liberazione del contribuente originario”; ii) in secondo luogo, per le carenze informative della relazione giurata dell’esperto nominato dal tribunale ai sensi della L.Fall., articolo 124, comma 3, che non teneva conto dei crediti Iva gia’ maturati (ceduti nel corso del fallimento senza autorizzazione del giudice delegato) e, soprattutto, dei crediti futuri da emissione di note di variazione Iva, per incapienza dei crediti di (OMISSIS) insinuati al passivo di altre due procedure fallimentari, che, facendo parte del patrimonio del fallito, non avrebbero consentito la degradazione del credito privilegiato.
1.4. – Nel rigettare il primo motivo di reclamo della (OMISSIS), la Corte d’appello di Brescia ha confermato l’insuperabilita’ del divieto di accollo liberatorio sancito dalla L. n. 212 del 2000, articolo 8 ritenuto applicabile anche nell’ambito delle procedure concorsuali, poiche’, ai sensi dell’articolo 1, “le norme dello statuto del contribuente costituiscono principi generali e possono essere derogati unicamente in modo espresso e mai da leggi speciali”.
1.5. – Pur dando atto che si trattava di profilo assorbente, i giudici del reclamo, nell’esaminare gli ulteriori motivi di reclamo, hanno confermato che anche l’incompletezza della relazione L.Fall., ex articolo 124, comma 3, costituiva un ostacolo all’omologazione, poiche’ non teneva conto dei cospicui crediti futuri da note di variazione Iva su operazioni preconcorsuali (per oltre tre milioni e mezzo di Euro), scaturenti dal mancato recupero dei crediti di (OMISSIS) insinuati al passivo dei Fallimenti “(OMISSIS)” e ” (OMISSIS)”.
La Corte territoriale ha osservato che lo stesso reclamante aveva ammesso che il curatore fallimentare avrebbe potuto chiedere il rimborso dell’Iva, pur sostenendo l’irrilevanza dell’omissione in quanto quei crediti “sarebbero stati oggetto di compensazione da parte dell’erario e quindi non avrebbero apportato alcun beneficio economico”, mentre si trattava, a ben vedere, di poste dell’attivo fallimentare che avrebbero consentito una maggiore soddisfazione dei crediti erariali privilegiati, sia pure “a mezzo della compensazione”.
1.6. – La Corte d’appello ha infine dichiarato “assorbiti i restanti motivi di reclamo proposti sia da (OMISSIS) s.p.a. sia da Equitalia, in quanto formulati in via subordinata all’accoglimento del reclamo principale ed alla riforma del decreto impugnato”.
1.7. – Avverso tale decisione (OMISSIS) s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrato da memoria ex articolo 380 bis c.p.c., cui (OMISSIS) s.p.a. ha resistito con controricorso, mentre gli intimati (OMISSIS) s.p.a. e Fallimento (OMISSIS) s.p.a. non hanno svolto difese.
1.8. – Con ordinanza interlocutoria n. 3729 del 7 febbraio 2022, la Prima sezione civile di questa Corte ha disposto la trattazione della causa in pubblica udienza, in ragione della rilevanza nomofilattica della questione posta con il primo motivo di ricorso.
1.9. – Il P.G. ha depositato conclusioni scritte Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, ex articolo 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di conversione n. 176 del 2020, chiedendo il rigetto del ricorso.
2. – Il ricorrente ha alfine depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

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RAGIONI DELLA DECISIONE

2.1. – Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione della L.Fall., articoli 124, 137 e 142, della L. 27 luglio 2000, n. 212, articolo 8 (c.d. Statuto del contribuente) e dell’articolo 1273 c.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
Secondo il ricorrente, l’ammissibilita’ di un concordato fallimentare nel quale il terzo proponente ( (OMISSIS)) preveda l’immediata liberazione del fallito ((OMISSIS)) al momento dell’omologazione, discende espressamente dalla L.Fall., articolo 137, comma 7, che non fa alcuna distinzione tra i vari tipi di creditori.
L’articolo 8, comma 2, dello Statuto del contribuente si limiterebbe ad introdurre una deroga alla facolta’ di accollo liberatorio ex articolo 1273 c.c., istituto che pero’ presuppone un accordo fra il terzo e il debitore (cui non partecipa il creditore), mentre “la proposta di concordato fallimentare presentata da un terzo si rivolge direttamente ai creditori e non presuppone, affatto, un accordo col debitore (che, spesso, puo’ essere ostile)”.
L’articolo 8, comma 2, cit. rappresenterebbe “una declinazione del principio della c.d. indisponibilita’ tributaria” (nel senso che l’Amministrazione finanziaria “non puo’ accettare che l’accollo di un debito fiscale liberi il debitore”) non applicabile in ambito concorsuale, “ove la volonta’ dell’Amministrazione finanziaria, come di ogni altro creditore, puo’ essere “coartata” dalla maggioranza”; essa sarebbe quindi diretta a disciplinare solo il “rapporto duale Erario-debitore”, al di fuori del contesto di una “regolazione concorsuale dei debiti”.
2.2. – Il secondo mezzo veicola un vizio di motivazione, per omesso esame di un fatto decisivo (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in uno a violazione di legge, per falsa applicazione della L.Fall., articolo 124 (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

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Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare il fatto decisivo – indicato come “quello che pertiene alla deduzione che la difesa di (OMISSIS) aveva fatto a pag. 13 e ss. del reclamo” – per cui il credito di imposta Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ex articolo 26, non avrebbe potuto “mai essere conteggiato”, poiche’ esisteva “un maggior debito di (OMISSIS) verso l’Erario”, sicche’, venendo in rilievo crediti reciproci dell’Erario e del contribuente, sorti entrambi prima dell’apertura del fallimento, le relative poste erano compensabili e, se anche i creditori ne fossero stati informati con la relazione giurata L.Fall., ex articolo 124, comma 3, “nulla sarebbe cambiato perche’ quel credito non era a disposizione dei creditori del fallimento (OMISSIS)”.
Peraltro, tale circostanza risultava dalle spiegazioni fornite dal proponente e dal curatore nonche’ dalla relazione del comitato dei creditori, donde l’irrilevanza della lesione del consenso informato, stigmatizzata dal Tribunale.
In ogni caso, poiche’ “il giudizio comparativo di cui alla L.Fall., articolo 124 va condotto rispetto alle categorie dei creditori e non al singolo creditore”, il perito non avrebbe dovuto “considerare un eventuale vantaggio (la compensazione) che l’Erario avrebbe potuto acquisire (..) al fine di dimostrare la capienza (o incapienza) dei crediti privilegiati”.
3. – Occorre premettere che la decisione impugnata si fonda su due autonome rationes decidendi: i) la violazione del divieto di accollo liberatorio L. n. 212 del 2000, ex articolo 8; ii) l’incompletezza della relazione L.Fall., ex articolo 124, comma 3.
3.1. – Le suddette rationes decidendi sono state separatamente attinte dai due motivi del ricorso in esame, sicche’ il rigetto dell’uno e’ sufficiente a rendere inammissibile l’altro, per difetto di interesse.

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3.2. – A tal fine il Collegio rileva preliminarmente che il secondo motivo va rigettato, con conseguente inammissibilita’ del primo.
4. – In particolare, il secondo motivo e’ inammissibile quanto al dedotto vizio di motivazione e infondato quanto alla pretesa violazione di legge.
4.1. – Sotto il profilo motivazionale, va ribadito il consolidato orientamento di questa Corte per cui l’omesso esame di un fatto decisivo deve riguardare un “fatto” (inteso nella sua accezione storico-fenomenica-naturalistica) principale (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioe’ dedotto in funzione probatoria), la cui esistenza risulti dal testo del provvedimento o degli atti processuali e che abbia carattere decisivo (Cass. Sez. U, 8053/2014; Cass. 20718/2018, 27325/2017, 9749/2016), con la conseguenza che non possono costituire “fatti”, il cui omesso esame sia idoneo a integrare il vizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, le argomentazioni o deduzioni difensive (ex multis, Cass. 2268/2022, 22397/2019, 26305/2018, 18391/2017, 14802/2017, 21152/2014).
4.2. – Il superiore rilievo risulta assorbente rispetto alla constatazione, rimarcata dal P.G., che si tratta comunque di deduzioni difensive compiutamente esaminate dalla Corte territoriale (in particolare a pag. 12 e s. del decreto impugnato).
4.3. – Quanto al lamentato error in iudicando, non sussiste la dedotta violazione o falsa applicazione della L.Fall., articolo 124, comma 3, poiche’ la Corte d’appello ha giustamente negato che fosse irrilevante, ai fini della completezza della relazione giurata prescritta dalla norma, il vantaggio ritraibile dall’Erario per effetto della affermata compensabilita’ del credito ammesso al passivo del Fallimento (OMISSIS) con il credito futuro scaturente dall’esercizio (da parte del curatore) della facolta’ di emettere note di variazione Iva in diminuzione, per circa tre milioni e mezzo di Euro, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 26, comma 2, in caso di incapienza dei crediti di (OMISSIS) insinuati al passivo di altre due procedure fallimentari, risultante alla scadenza del termine previsto per le osservazioni al piano di riparto, ovvero per il reclamo contro il decreto di chiusura dei relativi fallimenti (non essendo possibile ratione temporis avvalersi dell’anticipazione di tale facolta’ alla data di apertura del fallimento, disposta con il c.d. decreto Sostegni-bis per le sole procedure avviate dopo il 26 maggio 2021, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 50 del 25 gennaio 2022).
4.4. – la L.Fall., articolo 124, comma 3, consente invero che la proposta di concordato fallimentare contempli il soddisfacimento non integrale dei creditori muniti di privilegio (come qui (OMISSIS) s.p.a.), ovvero pegno o ipoteca, a condizione pero’ che la soddisfazione prevista nel piano non sia “inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, indicato nella relazione giurata” del professionista nominato dal tribunale.

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Al riguardo non e’ superfluo ricordare che solo in ragione di una maggiore soddisfazione garantita rispetto alla alternativa liquidatoria e’ possibile la falcidia delle pretese tributarie, conformemente ai canoni di economicita’ ed efficienza ai quali deve conformarsi, ai sensi dell’articolo 97 Cost., l’azione di esazione della P.A. (v. Corte Cost. 245/2019).
Ebbene, poiche’ la compensazione e’ uno dei modi di estinzione satisfattiva dell’obbligazione diversa dall’adempimento, non risulta per nulla irrilevante il fatto che, nel prosieguo della fase di liquidazione dell’attivo fallimentare, il curatore avrebbe potuto chiedere il rimborso dell’Iva versata, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 26, comma 2, e che, a seguito della compensazione eventualmente invocata dall’Erario, quest’ultimo avrebbe in tal guisa conseguito una soddisfazione ulteriore per circa tre milioni e mezzo di Euro, a fronte dell’esigua percentuale riconosciuta con la proposta concordataria.
Si tratta infatti di circostanza astrattamente incidente sul giudizio comparativo richiesto dalla L.Fall., articolo 124, comma 3, di cui il professionista avrebbe dovuto tener conto anche per prospettare ai creditori, ai fini del voto, le eventualita’ che si sarebbero potute verificare con riguardo alla compensazione di cui si discute, avendo il tribunale addirittura ipotizzato che “per effetto della esdebitazione di (OMISSIS) prevista nella proposta di (OMISSIS), questa si sarebbe potuta avvantaggiare di una rilevante plusvalenza” (come riferito a pag. 7 del ricorso).
4.5. – Tra l’altro, il tema in disamina presenta una possibile interferenza con la clausola di immediata liberazione della societa’ fallita oggetto del primo motivo, in quanto si sarebbero dovuti quantomeno indagare i possibili riflessi della eventuale successione di (OMISSIS) nel lato passivo dell’obbligazione (che sicuramente si realizza in ipotesi di accollo liberatorio: v. Cass. 4589/20) ai fini del presupposto della reciprocita’ soggettiva, necessaria per far valere la compensazione, tenendo conto che la proposta concordataria del terzo prevedeva l’acquisizione non solo di tutti i beni, ma anche dei diritti e delle azioni di pertinenza del fallito e della massa (ivi compresi, verosimilmente, i crediti insinuati al passivo dei Fallimenti “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)”).
4.6. – Non convince invece l’affermazione, contenuta a pag. 22 del ricorso, in base alla quale “assumere che l’Erario avrebbe dovuto essere pagato con la compensazione” comporterebbe una alterazione delle cause legittime di prelazione, in danno dei creditori antergati, vietata dalla L.Fall., articolo 124: infatti, l’istituto della compensazione L.Fall., ex articolo 56 rappresenta proprio uno dei casi classici di deroga alla par condicio creditorum (Cass. Sez. U, 775/1999; Cass. 10025/2010, 24046/2015, 19335/2016).
5. – Come anticipato, il rigetto del secondo motivo, mantenendo ferma una delle due autonome rationes decidendi della decisione impugnata, rende inammissibile il primo, che attinge l’altra.
5.1. – Tuttavia, il Collegio reputa opportuno esaminare anche il primo motivo, nonostante la sua inammissibilita’, al fine di formulare un principio di diritto nell’interesse della legge, ai sensi dell’articolo 363 c.p.c., comma 3, sul tema ad esso sotteso, la cui rilevanza nomofilattica ha dato luogo alla trattazione in pubblica udienza.
6. – La questione in rilievo e’ se la “liberazione immediata” del fallito, a fronte dell’assunzione degli obblighi derivanti dal concordato fallimentare da parte del terzo proponente, sia possibile per tutti i tipi di debito, come risulta implicitamente dalla L.Fall., articolo 137, comma 7, (sostituito daL Decreto Legislativo n. 169 del 2007, articolo 9 ed applicabile anche ai fallimenti pendenti alla data del 1 gennaio 2008), o sia invece preclusa rispetto ai soli debiti erariali, in forza del divieto posto dalla L. n. 212 del 2000, articolo 8, comma 2 (di seguito anche “Statuto del contribuente”), che ammette “l’accollo del debito di imposta altrui”, ma solo “senza liberazione del contribuente originario”.
Per risolvere il quesito occorre muovere da alcune premesse.

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6.1. – E’ indubbio che la L.Fall., articolo 137, comma 7, nel contemplare la possibilita’ della “liberazione immediata” del fallito, a fronte dell’assunzione degli obblighi derivanti dal concordato fallimentare da parte del terzo o dei creditori proponenti, non faccia alcuna distinzione tra le varie categorie di debiti del fallito medesimo.
E’ altrettanto certo che l’articolo 8, comma 2, dello Statuto del contribuente si riferisca specificamente all’istituto dell’accollo, segnatamente all’accollo “esterno” (che a differenza di quello “interno” produce effetti anche nei confronti del creditore), per ammettere solo quello “cumulativo”, e non anche quello “liberatorio”.
E’ infine pacifico che l’accollo, disciplinato dall’articolo 1273 c.c., consiste in un accordo tra il debitore e un terzo – i quali infatti “convengono che questi assuma il debito dell’altro” – cui il creditore puo’ aderire, al fine di rendere “irrevocabile la stipulazione a suo favore” (secondo lo schema del contratto a favore di terzi, ex articolo 1411 c.c.), e che il debitore rimane obbligato in solido con il terzo, a meno che il creditore dichiari espressamente di liberarlo (potendo pero’ far salva l’ipotesi di sopravvenuta insolvenza dell’accollante, ex articolo 1274 c.c., commi 1 e 3), ovvero la sua liberazione costituisca una condizione espressa della stipulazione.
Per completezza occorre dare atto – stante la sua rilevanza ai fini della tutela del creditore (ivi compreso il Fisco) – che l’articolo 1274 c.c. prevede altresi’, ai commi 2 e 3, che l’accollato non e’ mai liberato, nemmeno in caso di adesione del creditore alla condizione della sua liberazione.
6.2. – Fatte queste premesse, il primo elemento da evidenziare e’ che nella fattispecie in esame non risulta che sia stato stipulato un accordo, qualificabile come accollo liberatorio, tra il debitore (la societa’ fallita) e il terzo (la societa’ proponente il concordato fallimentare), poiche’ dagli atti di causa emerge solo che la “liberazione immediata” del debitore costituiva una condizione della proposta concordataria, unilateralmente formulata dal terzo.
Tale rilievo mette quantomeno in discussione il riferimento della decisione impugnata al carattere ostativo del divieto di “accollo” liberatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, articolo 8, comma 2, il quale avrebbe potuto semmai costituire un appropriato referente normativo qualora fosse stato il fallito a presentare una proposta di concordato “con assuntore”, contenente la clausola della propria liberazione pattuita con l’assuntore medesimo.
6.3. – Il rilievo non e’ formalistico, poiche’ una norma speciale (in quanto propria dell’ordinamento tributario) e inderogabile (se non espressamente) – quale e’ l’articolo 8 cit. – non puo’ che essere interpretata in modo rigoroso, con riferimento all’istituto civilistico che essa espressamente richiama (l’accollo); laddove, a voler applicare le categorie civilistiche, la fattispecie concreta sembrerebbe piuttosto riconducibile alla diversa figura dell’espromissione, in cui il terzo, senza delegazione del debitore, ne assume il debito verso il creditore.
6.4. – Ritiene piu’ in generale il Collegio che la ragione fondamentale della inapplicabilita’ del divieto di cui all’articolo 8, comma 2 dello Statuto del contribuente, risieda nel fatto che l’ordinamento tributario e quello concorsuale sono distinti ed autonomi, sicche’ non puo’ predicarsi un travaso automatico di regole dal primo al secondo, senza che ne sia previamente vagliata la compatibilita’ con i principi che governano quest’ultimo.
Lo stesso articolo 1 dello Statuto del contribuente – laddove prevede che “le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 Cost., costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali” – opera dichiaratamente all’interno dell’ordinamento tributario e non risulta quindi ostativo, in particolare, ad una deroga implicita al successivo articolo 8, come quella risultante dalla L.Fall., articolo 137, che disciplina (sia pure ellitticamente) l’ipotesi della liberazione immediata del fallito, senza indicare eventuali casi nei quali essa non sia possibile.
Si tratta invero di disposizione operante in un diverso ordinamento – quello concorsuale – altrettanto speciale e caratterizzato da regole sue proprie, tra le quali, appunto, l’assenza di specifiche preclusioni alla liberazione immediata del fallito in caso di concordato proposto dal terzo o dai creditori.
6.5. – E’ bene sottolineare, in proposito, che si versa non gia’ in un fisiologico rapporto tributario tra contribuente e Fisco, inciso dall’iniziativa di un terzo ovvero dal suo accordo con il debitore originario – cui sarebbe pacificamente applicabile la limitazione dell’articolo 8, comma 2, St. contrib. (cfr. Cass. 4589/2020) – bensi’ in un patologico contesto fallimentare, in cui il credito dell’Erario risulta gia’ definitivamente accertato in sede di formazione dello stato passivo (senza che vengano percio’ in rilievo i presupposti del potere impositivo, il suo concreto esercizio o l’individuazione del soggetto passivo di imposta) e la cui soddisfazione, ordinariamente rimessa alla fase della ripartizione dell’attivo fallimentare, ha registrato l’iniziativa concordataria di un terzo, da valutare necessariamente secondo le regole proprie del sistema concorsuale (L.Fall., articolo 124 e ss.).
Per tali ragioni non sussiste nemmeno l’eventualita’, prospettata nell’ordinanza interlocutoria, di una possibile frizione con il principio affermato da Cass. Sez. U, 28162/2008, per cui “la volontaria assunzione dell’impegno di pagare le imposte non determina, per l’accollante, l’assunzione della posizione di contribuente o di soggetto passivo del rapporto tributario, ma solo quella di obbligato in forza del titolo negoziale” (tanto e’ vero che “l’amministrazione non puo’ esercitare nei confronti dell’accollante i propri poteri di accertamento e di esazione, che possono essere esercitati solo nei confronti di chi sia tenuto per legge a soddisfare il credito fiscale”), trattandosi appunto di principio che vale solo a fronte di un accollo incidente sul rapporto tra Fisco e contribuente in bonis.
Puo’ dunque concludersi che l’ordinamento concorsuale ha le sue proprie regole e che quelle specifiche del concordato fallimentare sono inequivocabili laddove contemplano in via generale, nella L.Fall., articolo 137, comma 7, la possibilita’ di prevedere la “liberazione immediata” del debitore, senza limitazioni di sorta.
6.6. – E’ opportuno aggiungere che ne’ la decisione impugnata ne’ le difese delle parti evocano specificamente il tema della liceita’ dei patti dispositivi del tributo, cui fa cenno il P.M. a pag. 4 delle conclusioni scritte (con riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n. 643 del 1972, articolo 27 in tema di INVIM), in merito al quale valgono, comunque, le medesime conclusioni.
Al riguardo e’ appena il caso di ricordare come questa Corte, nel chiedersi se l’obbligo costituzionalmente rilevante di concorrere alle spese pubbliche in ragione della capacita’ contributiva – stabilito dalla norma di natura precettiva di cui all’articolo 53 Cost. – abbia un significato esclusivamente oggettivo (nel senso di obbligo di adempiere a quanto e’ giustificato dalla capacita’ contributiva) o anche soggettivo (nel senso che l’adempimento debba essere compiuto non solo oggettivamente in modo completo, ma altresi’ dal soggetto che per legge ne ha l’obbligo, percio’ non trasferibile ad un soggetto diverso) e se, “a parte le ipotesi in cui vi siano espressi divieti di traslazione da parte di specifiche norme tributarie”, l’autonomia negoziale privata possa incidere sulla “individuazione del soggetto passivo dell’imposta (..) neutralizzando cosi’ gli effetti della capacita’ contributiva”, sia giunta alla conclusione che il “patto traslativo d’imposta” puo’ ritenersi valido e non contrastante con gli articoli 2 e 53 Cost. in presenza di determinati requisiti (inclusione nel sinallagma contrattuale; mancata sottrazione del soggetto passivo dell’obbligo tributario), mentre “e’ nullo per illiceita’ della causa contraria all’ordine pubblico solo quando esso comporti che effettivamente l’imposta non venga corrisposta al fisco dal percettore del reddito” (Cass., Sez. U, 6445/1985, 6882/2019).
6.7. – Quest’ultimo rilievo offre il destro per sottolineare che nella fattispecie in esame il terzo ha proposto di farsi carico del pagamento di tutti i debiti del fallito, nella misura concordataria falcidiata, non solo apportando risorse proprie, ma anche “appropriandosi” di tutti i beni, diritti ed azioni gia’ di pertinenza del fallito, con la conseguenza che l’intero patrimonio del contribuente, quale soggetto passivo di imposta, e’ stato comunque destinato alla sua funzione solutoria, sia pure secondo le peculiari strutture del fenomeno fallimentare.
Il fatto, poi, che “nella disciplina del concordato fallimentare risulta mancante (diversamente da altre soluzioni negoziate della crisi d’impresa) ogni previsione di trattamento dei debiti fiscali” segnala non tanto, come opinato dalla Procura generale, l’inderogabilita’ dei “principi di capacita’ contributiva e responsabilita’ ex lege nell’adempimento del tributo, spiccatamente pubblicistici nonche’ costituzionalmente delimitati (articolo 23 Cost.)”, quanto, al contrario, la prevalenza delle regole dell’ordinamento concorsuale nel caso in cui il debitore sia stato completamente spossessato ed assoggettato alla procedura fallimentare, nella quale, proprio per la sua massima radicalita’ e cogenza, improntata anche ad interessi pubblicistici, vige il principio della par condicio creditorum tutte le volte in cui esso non sia specificamente derogato dalla legge.

Accertamento del soggetto tenuto al pagamento delle indennità dovute agli espropriati

Ed anzi, la stessa rubrica dell’articolo 8 St. contribuente – “Tutela dell’integrita’ patrimoniale” – testimonia che la ratio delle regole ivi contemplate, come la possibilita’ di estinguere l’obbligazione tributaria “anche per compensazione” (comma 1) o l’ammissibilita’, appunto, di un accollo esterno, purche’ cumulativo e non liberatorio (comma 2), sia ispirata ad un obbiettivo che in ambito fallimentare risulta gia’ pienamente (ed ancor meglio) tutelato, attraverso la sostituzione del curatore fallimentare al contribuente e il coinvolgimento di tutti i creditori, sotto il costante controllo giudiziale.
6.8. – Costituiscono un conforto indiretto a siffatta conclusione anche gli approdi giurisprudenziali e normativi della nota sentenza Degano Trasporti sas (Corte giust. 7 aprile 2016), la quale ha ritenuto che “un pagamento parziale di un credito IVA, da parte di un imprenditore in stato di insolvenza, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo (…) non debba ritenersi contraria all’obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell’IVA nel loro territorio nonche’ la riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione”, proprio in ragione delle peculiari connotazioni della procedura di concordato preventivo – rispetto alla quale quelle del concordato fallimentare sono ancor piu’ stringenti – in quanto caratterizzato dalla liquidazione dell’intero patrimonio del debitore, dall’attestazione L.Fall., ex articolo 160, comma 2, (sostanzialmente identica a quella della L.Fall., articolo 124, comma 3), dalla soggezione della proposta all’approvazione della maggioranza dei creditori e dalla possibilita’ per il creditore dissenziente di opporsi all’omologazione (sul tema, in generale, cfr. Corte Cost. 245/2019).
7. – La divisata prevalenza, nel caso di specie, delle regole che governano il fenomeno concorsuale (gia’ implicitamente opinata da Cass. 3949/2014, laddove, nell’affermare che “il credito fiscale potrebbe essere invece dovuto dal solo assuntore se la contribuente fosse stata integralmente liberata dell’obbligazione ai sensi della L. Fall., articolo 137, comma 4”, sottende la piena compatibilita’ della liberazione concordataria del fallito con la presenza di debiti tributari), postula alcune precisazioni sulla portata degli effetti esdebitatori del concordato fallimentare e sui suoi rapporti con l’istituto dell’esdebitazione.
7.1. – la L.Fall., articolo 130 riconduce l’efficacia della proposta di concordato fallimentare al momento in cui il decreto di omologazione diventa definitivo (ai sensi della L.Fall., articolo 129, comma 4, in assenza di opposizioni, ovvero all’esito delle eventuali impugnazioni ai sensi della L.Fall., articolo 131) e prevede che, a quel punto, il curatore debba presentare il conto della gestione e procedere alla chiusura del fallimento.
L’omologazione definitiva segna quindi il momento di produzione degli effetti del concordato, disciplinati dalla L.Fall., articolo 135, i quali assommano una componente esdebitatoria, avuto riguardo alla liberazione del fallito dalle obbligazioni originarie, ed una componente obbligatoria, avuto riguardo agli obblighi assunti dal fallito, o dall’assuntore ovvero, come nel caso di specie, dal terzo proponente, nei confronti dei creditori, limitatamente alla misura percentuale approvata ai sensi della L.Fall., articolo 128 ed omologata dal tribunale.
Di regola, dunque, gli effetti esdebitatori del concordato fallimentare comportano che il fallito resti “liberato” (in termini di non esigibilita’, compatibili con la persistenza di un’obbligazione naturale) solo per la quota della c.d. falcidia concordataria (ossia per la differenza tra l’ammontare originario del debito e la percentuale offerta ai creditori), fermi restando gli effetti obbligatori che derivano dalla conformazione del debito nella percentuale concordataria.
Gli effetti obbligatori sopravvivono invece alla chiusura del fallimento, durante la fase della esecuzione del concordato, disciplinata dalla L.Fall., articolo 136 e sino all’accertamento della “completa esecuzione del concordato”, con conseguente svincolo delle cauzioni, cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia ed adozione di ogni altra misura idonea da parte del giudice delegato.
7.2. – La liberazione puo’ essere invece totale, con esclusione degli effetti obbligatori del concordato in capo al fallito (e conseguente preclusione della risoluzione del concordato, con riapertura del fallimento, salva la possibilita’ di agire in executivis contro il proponente, e di chiederne anche il fallimento), solo quando i predetti obblighi vengano, appunto, assunti dal terzo proponente, o da uno o piu’ creditori, “con liberazione immediata del debitore”, come si evince dalla L.Fall., articolo 137, comma 7.
7.3. – Ancora diversa e’ l’ipotesi in cui il terzo proponente eserciti la facolta’ di limitare i propri impegni nei confronti dei soli creditori ammessi al passivo e di quelli che al tempo della proposta hanno gia’ proposto opposizione allo stato passivo, o domanda tardiva, nel qual caso il fallito continua a rispondere integralmente e nella misura originaria verso gli altri creditori (L.Fall., articolo 124, comma 4).
7.4. – Resta in ogni caso ferma la possibilita’ che, ai sensi de4lla L.Fall., articolo 142 e ss., applicabili ratione temporis, il fallito-persona fisica venga ammesso – con il decreto di chiusura del fallimento o entro l’anno successivo, su domanda presentata dallo stesso fallito tornato in bonis – al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti o non soddisfatti integralmente, ivi compresi i debiti tributari, che, si sottolinea, non rientrano tra quelli esclusi dall’esdebitazione, a norma della L.Fall., articolo 142, comma 3.
8. – Merita infine di essere evidenziato un ulteriore aspetto che interferisce anche con l’attuazione della “direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza)”, ed in particolare con l’articolo 23, par. 4.
8.1. – Invero, se il divieto di accollo liberatorio posto dall’articolo 8, comma 2, St. contribuente fosse ritenuto ostativo alla liberazione immediata del fallito-persona fisica ai sensi della L.Fall., articolo 137, comma 7, ne deriverebbe, gia’ all’attualita’, un contrasto con il suo diritto all’esdebitazione anche dai debiti tributari (ricorrendone i presupposti) sin dal momento della chiusura del fallimento, che come visto segue alla definitivita’ del decreto di omologa del concordato fallimentare, senza necessita’ di attendere la sua completa esecuzione, come invece pretende la ratio dell’accollo cumulativo.
Con l’entrata in vigore del Codice della crisi e dell’insolvenza di cui al Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 e succ. mod., il problema si porrebbe anche per il fallito-persona giuridica (quale e’ (OMISSIS) nel caso di specie), poiche’ anche l’articolo 278 del CCII non contempla i debiti tributari tra quelli esclusi dall’esdebitazione, come pure sarebbe stato possibile ai sensi della stessa direttiva (UE) 2019/1023; con l’aggravante che, a norma del successivo articolo 279 (e conformemente alla citata dir.), l’esdebitazione dovra’ essere concessa, ricorrendone le condizioni, non solo al momento della chiusura della liquidazione giudiziale, ma anche – e comunque – entro il termine di tre anni dalla sua apertura.
9. – Per concludere, il ricorso va rigettato, stante l’infondatezza del secondo motivo e l’inammissibilita’ del primo, con formulazione del seguente principio di diritto nell’interesse della legge:
“In tema di concordato fallimentare, alla proposta concordataria formulata dal terzo, con liberazione immediata del fallito ai sensi della L.Fall., articolo 137, comma 7, non si applica il divieto di accollo liberatorio del debito di imposta previsto dalla L. n. 212 del 2000, articolo 8, comma 2 (Statuto del contribuente)”.
10. – Segue la condanna del ricorrente alle spese, liquidate in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato, se dovuto (Cass. Sez. U, 20867/2020, 4315/2020).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ in favore del controricorrente, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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