A norma dell’articolo 81 c.p., comma 3, la pena determinata a titolo di continuazione non puo’ essere superiore a quella che sarebbe irrogabile in via autonoma per il singolo reato

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 9 ottobre 2018, n. 45389.

La massima estrapolata:

A norma dell’articolo 81 c.p., comma 3, la pena determinata a titolo di continuazione non puo’ essere superiore a quella che sarebbe irrogabile in via autonoma per il singolo reato. Pertanto, nel caso di condanna per piu’ reati uniti dal vincolo della continuazione, qualora il reato piu’ grave sia sanzionato congiuntamente con pena detentiva e pecuniaria ed il reato-satellite alternativamente con pena detentiva o pecuniaria, il giudice puo’ operare l’aumento di pena per il secondo in relazione ad una soltanto delle specie di pena-base determinata per il primo, motivando le ragioni della scelta in funzione dei criteri di cui all’articolo 133 cod. pen.

Sentenza 9 ottobre 2018, n. 45389

Data udienza 5 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente

Dott. IMPERIALI Luciano – Consigliere

Dott. DE SANTIS Anna Mar – rel. Consigliere

Dott. FILIPPINI Stefano – Consigliere

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza resa dalla Corte d’Appello di Roma in data 16/12/2016;
– visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
– udita la relazione del Consigliere Dott.ssa DE SANTIS Anna Maria:
– udita la requisitoria del Sostituto Proc. Gen., Dott.ssa CENICCOLA Elisabetta, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
– udito il difensore, Avv. (OMISSIS), che ha illustrato i motivi, chiedendone l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della decisione del Gup del Tribunale di Velletri, assolveva l’imputato dai reati ascrittigli ai capi C, H, K, R, della rubrica per insussistenza del fatto; dichiarava non doversi procedere in ordine ai capi E ed F per remissione di querela, eliminando la relativa pena e rideterminando quella relativa alle residue incolpazioni in anni quattro di reclusione ed Euro 1200,00 di multa.
All’imputato si ascrivono, alle stregua della rubrica, illeciti consumati con modalita’ seriali tra il giugno 2014 e il febbraio 2015, consistenti nella c.d. “truffa dello specchietto”, realizzata in danno di donne che viaggiavano sole, preferibilmente di domenica, con simulati sinistri inscenati per lo piu’ in prossimita’ di sportelli automatici di (OMISSIS), abilitanti a prelievi superiori a 250,00 Euro. Dopo aver falsamente accreditato il sinistro, l’autore avanzava richieste risarcitorie, evocando l’intervento di congiunti esperti di assicurazioni e inducendo le vittime a indebite transazioni. Quindi, le accompagnava presso lo sportello automatico ove, a seconda della reazione della p.o., o si faceva consegnare la somma pretesa ovvero si intrometteva nella digitazione delle cifre sul display dello sportello automatico, prelevando somme superiori a quelle concordate. In occasione dei fatti ascritti al capo A) il prevenuto usava violenza nei confronti della vittima per assicurarsi il profitto illecito, con conseguente configurazione a suo carico del delitto di rapina aggravata.
La Corte territoriale addiveniva a parziale riforma della decisione di prime cure in conseguenza dell’intervenuta remissione di querela in relazione alle truffe ascritte ai capi E) ed F) in danno di (OMISSIS) e (OMISSIS) e mandava assolto l’imputato dalle contestazioni di cui ai capi H, K, R, – tutte relative alla violazione del Decreto Legislativo n. 231 del 2007, articolo 55, comma 9, – in quanto dai racconti delle vittime non risultava che fosse stato il ricorrente a fare uso delle carte di pagamento ma le singole titolari mentre il (OMISSIS) era intervenuto al momento della digitazione dell’importo da prelevare. Per il resto la Corte confermava l’impianto della sentenza impugnata, disattendendo il gravame difensivo.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, deducendo:
2.1 la mancanza di motivazione e il travisamento della prova in relazione ai capi A) e B) – rapina e lesioni in danno di (OMISSIS). La difesa lamenta che la Corte territoriale ha completamente travisato le prove allorche’ ha ritenuto inequivoca la simulazione del sinistro tra le parti, nonostante le evidenze, anche fotografiche, che attestano i danni riportati dall’autoveicolo condotto dall’imputato, ed ha disatteso con ragionamento illogico e contraddittorio i rilievi difensivi in ordine agli esiti lesivi riportati dalla p.o. a seguito dell’aggressione, pur avendo la difesa evidenziato che la diagnosi fu eseguita esclusivamente sulla scorta di quanto riferito dalla vittima senza accertamenti obiettivi e strumentali;
2.2 la violazione degli articoli 533 e 192 cod. proc. pen.. Secondo la difesa del ricorrente la Corte territoriale ha confermato il giudizio di penale responsabilita’ per i capi sub A e B senza il supporto di un’adeguata motivazione, in presenza di verosimili ipotesi alternative in relazione alla interpretazione accusatoria del quadro indiziario sia con riguardo al sinistro che si assume simulato che alle lesioni riportate dalla vittima. Infatti, la sentenza censurata ignora che la stessa p.o. ha riferito di aver percepito un urto e di essersi recata con la propria autovettura al bancomat e che i danni al veicolo del (OMISSIS) sono stati risarciti dalla compagnia assicurativa, elementi suscettibili di fondare un ragionevole dubbio in ordine alla responsabilita’ del prevenuto;
2.3 la violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine alla riqualificazione del fatto ai sensi dell’articolo 393 c.p. ovvero dell’articolo 640 c.p., comma 2, n. 2 bis, richiesta dalla difesa con il secondo motivo d’appello e non valutata dalla Corte territoriale;
2.4 la violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine alla conferma del giudizio di responsabilita’ in ordine ai capi G, I, J, L, M, N, O, P, Q, avendo la corte distrettuale valorizzato i riconoscimenti fotografici delle pp.oo. nonostante le discordanze segnalate dalla difesa;
2.5 l’omessa motivazione in relazione al quinto motivo d’appello attinente alla richiesta di assoluzione per i capi N, P della rubrica, non avendo la Corte d’Appello considerato che il (OMISSIS) si qualifico’ come Carabiniere – senza peraltro esibire un tesserino di riconoscimento – solo allorche’ l’imputato aveva desistito dal richiedere il risarcimento a (OMISSIS) ed era stato percepito dall’imputato come un carrozziere o assicuratore, omettendo altresi’ la valutazione dell’elemento psicologico del reato;
2.6 la violazione di legge e l’omessa motivazione in ordine ai capi G, J e Q. La difesa lamenta che la Corte territoriale ha omesso di fornire giustificazione in ordine ai rilievi difensivi che sostenevano l’assorbimento delle fattispecie di furto aggravato nei reati di truffa in danno rispettivamente di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla scorta del principio di specialita’ ovvero di consunzione;
2.7 la violazione di legge in relazione all’aggravante di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 3 quater, assumendo la difesa che la circostanza non possa essere riferita a chi si accompagni al prelevatore con il consenso di questi;
2.8 la violazione dell’articolo 597 c.p.p., comma 3, in relazione agli articoli 651 e 81 cpv. cod. pen. e correlata contraddittorieta’ della motivazione. Il ricorrente segnala che la Corte territoriale ha determinato in mesi uno di reclusione ed Euro 50,00 di multa l’aumento a titolo di continuazione per il reato contravvenzionale ex articolo 651 cod. pen. e quantificato in mesi tre di reclusione ed Euro 100,00 di multa l’aumento per ciascuno degli ulteriori delitti per cui e’ condanna senza alcuna graduazione in ordine alla natura degli illeciti, parificando fattispecie consumate e tentate e irrogando per l’ipotesi contravvenzionale una pena pari al massimo edittale previsto in palese contrasto con i criteri adottati per la determinazione della pena base.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I primi due motivi possono essere congiuntamente scrutinati in quanto deducono entrambi, sotto complementari profili, la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla conferma del giudizio di responsabilita’ per i delitti di rapina e lesioni aggravate in danno di (OMISSIS).
Trattasi di doglianze che reiterano rilievi gia’ devoluti alla Corte territoriale che li ha evasi con congruo apparato giustificativo, esente da criticita’ logiche e appaiono, dunque, affette da radicale inammissibilita’.
3.1 Deve preliminarmente ribadirsi che alla stregua del costante avviso della giurisprudenza di legittimita’ sono inammissibili i motivi che si limitano a riprodurre le censure dedotte in appello, anche se con l’aggiunta di frasi incidentali di censura alla sentenza impugnata meramente assertive ed apodittiche, laddove difettino di una critica argomentata avverso il provvedimento e dell’indicazione delle ragioni della loro decisivita’ rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo e altri, Rv. 254584). Infatti, la riproduzione totale o parziale dei motivi e’ possibile solo nei limiti in cui risulti funzionale alla documentazione del vizio enunciato e dedotto con autonoma, specifica ed esaustiva argomentazione che si riferisca al provvedimento impugnato e si confronti con la sua motivazione (Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016, Ruci, Rv. 267611), condizioni nella specie non ravvisabili.
Analogamente inammissibili risultano le censure attinenti la violazione dell’articolo 192 cod. proc. pen., anche se in relazione all’articolo 125 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), articolate allo scopo di censurare l’omessa o erronea valutazione di ogni elemento di prova acquisito o acquisibile, in una prospettiva atomistica ed indipendentemente da un raffronto con il complessivo quadro istruttorio, in quanto i limiti all’ammissibilita’ delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullita’ (Sez. 6, n. 45249 del 08/11/2012, Cimini e altri, Rv. 254274; Sez. 1, n. 1088 del 26/11/1998, Condello e altri, Rv. 212248). Pertanto, va ribadito che la valutazione richiesta dall’articolo 192 cod. proc. pen. spetta al giudice di merito mentre la Corte di cassazione, cui sia stata denunciata la violazione della citata disposizione di legge, deve limitare il suo giudizio all’accertamento della sussistenza dei vizi di legittimita’ indicati dall’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e).
Allo stesso modo e per le stesse ragioni la violazione di legge concernente i criteri terminativi, e in particolare l’articolo 533 cod. proc. pen. – cumulativamente dedotta – non si presta ad ampliare la piattaforma del sindacato di legittimita’ in relazione ai vizi della motivazione (Sez. 3, n. 24574 del 12/03/2015, Zonfrilli e altri, Rv. 264174; Sez. 1, n. 53512 del 11/07/2014, Gurgone, Rv. 261600) giacche’ il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio”, introdotto dalla L. n. 46 del 2006, non ha mutato la natura e i limiti del giudizio di legittimita’ sulla motivazione della sentenza e non puo’, quindi, essere utilizzato per valorizzare e rendere decisivi elementi di contrasto e confutazione alla ricostruzione operata dal giudice di merito una volta che gli stessi siano stati oggetto di attenta disamina da parte del medesimo (Sez. 5, n. 10411 del 28/01/2013, Viola, Rv. 254579).
La giurisprudenza di questa Corte e’, infatti, pacifica nell’affermazione che il controllo del giudice di legittimita’ sui vizi della motivazione tende alla verifica della coerenza strutturale della decisione sotto il profilo logico argomentativo mentre e’ preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
4. La tesi difensiva in ordine all’effettiva verificazione del sinistro che l’accusa postula come simulato e’ stata analiticamente confutata dai giudici d’appello con pertinenti rilievi in ordine alla natura dei danni asseritamente conseguiti al tamponamento. In particolare, la sentenza impugnata ha negato rilevanza alla documentazione fotografica in quanto di formazione postuma rispetto ai fatti ed ha evidenziato come lo “squarcio” asseritamente presente sullo pneumatico posteriore destro, da un lato, non aveva impedito che il veicolo raggiungesse lo sportello automatico per il prelievo del danaro da parte della vittima, dall’altro risulta del tutto incompatibile con l’assenza di danni evidenti al paraurti posteriore. Inoltre, ha puntualmente argomentato l’irrilevanza del risarcimento del danno effettuato dalla compagnia assicuratrice in assenza di qualsivoglia accertamento sull’effettiva esistenza del sinistro denunziato.
Quanto alle lesioni riportate dalla (OMISSIS), la Corte Distrettuale ha correttamente ritenuto del tutto attendibile l’attestazione di cui al referto del Pronto Soccorso circa un esito costituito da trauma distorsivo del primo raggio della mano destra da ascriversi, secondo quanto riferito dalla vittima, all’aggressione poco prima patita. Risulta, invero, del tutto ininfluente la circostanza che il medico accertatore, in ragione della natura della lesione, non abbia inteso procedere ad accertamenti di tipo strumentale ai fini della diagnosi, trattandosi di valutazione di soggetto competente, funzionalmente preposto al rilievo delle obiettivita’ patologiche, il cui giudizio – trasfuso nel referto – non e’ ragionevolmente revocabile in dubbio alla stregua delle obiezioni difensive, tenuto conto anche della natura fidefaciente del documento.
5. Manifestamente infondate s’appalesano le censure in ordine all’omessa motivazione circa l’alternativa qualificazione dei fatti formulata dalla difesa, avendo la sentenza impugnata (pag. 5) osservato che le “conclusioni raggiunte a proposito della certa insussistenza del presunto sinistro consentono di disattendere tutte le argomentazioni difensive finalizzate alla riqualificazione del fatto contestato ai sensi dell’articolo 393 cod. pen. mentre l’accertato uso di violenza nei confronti della (OMISSIS) consente di escludere al configurabilita’ del reato di truffa”. Trattasi di considerazioni che danno adeguato conto delle ragioni alla base della reiezione della doglianza difensiva, peraltro meramente reiterativa di obiezioni gia’ sollevate dinanzi al primo giudice e persuasivamente confutate alle pagg. 18/19 della sentenza del Gup.
6. Con riguardo al quarto motivo di gravame, la difesa contesta la riconosciuta affidabilita’ dei riconoscimenti fotografici effettuati dalle vittime nonostante le difformi descrizione dell’autore fornite dalla stesse ed evidenziate in sede di gravame. Anche in questo caso la Corte distrettuale ha puntualmente argomentato la piena attendibilita’ delle individuazioni, operate senza dubbio o esitazione, negando, in particolare, attitudine dirimente alla mancata rilevazione da parte delle denunzianti delle cicatrici che il (OMISSIS) presenterebbe sul volto, escludendo l’evidenza di siffatti segni anche alla luce della diretta percezione visiva resa possibile dalla presenza dell’imputato in udienza.
7. Quanto alle doglianze che attingono i capi N e P (resistenza a P.U. e rifiuto di fornire indicazioni sulla propria identita’ personale), la sentenza impugnata ha disatteso le osservazioni difensive rilevando che – alla stregua dell’annotazione di servizio del (OMISSIS) – egli si qualifico’ tempestivamente come Carabiniere ed esibi’ il tesserino di servizio, rendendo edotto l’imputato della propria qualifica, sicche’ quando il ricorrente pose in essere le condotte di resistenza, tentando la fuga e sottraendosi all’identificazione, era pienamente consapevole di avere di fronte un p.u. nell’esercizio delle sue funzioni. La difesa propone un’alternativa ricostruzione della scansione dell’episodio senza confrontarsi con i dati acquisiti in fase investigativa.
8. Con il sesto motivo il ricorrente censura la mancata qualificazione alla stregua del delitto di truffa dei reati di furto pluriaggravato contestati ai capi G, J, Q della rubrica rispettivamente ai danni di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) in quanto l’imputato, dopo aver simulato sinistri in loro danno e indotto le pp.oo. a portarsi presso uno sportello automatico al fine di prelevare le somme richieste a titolo di risarcimento danni, si intrometteva abusivamente nelle operazioni di prelievo, digitando importi superiori a quelli convenuti e appropriandosi delle somme erogate.
Rileva la Corte che l’omessa motivazione dei giudici d’appello non e’ in questa sede censurabile in quanto il sesto motivo d’appello (pag. 18) era radicalmente inammissibile per genericita’, essendosi il difensore limitato – peraltro con riguardo ai soli capi G e Q – a rilevare “che la condotta descritta si confonde con il reato di truffa e non si ritiene che nella fattispecie abbia assunto connotati individualizzanti l’autonomo reato di furto”.
9. Inammissibile s’appalesa anche il settimo motivo in ordine alla ricorrenza dell’aggravante ex articolo 628 c.p., comma 3, n. 3 quater, in quanto la Corte ha fornito logica e congrua motivazione circa le ragioni della reiezione del gravame, evidenziando come la limitazione ipotizzata dalla difesa esuli dal dettato normativo.
10. Quanto al trattamento sanzionatorio risultano infondate le doglianze circa l’aumento operato a titolo di continuazione per i delitti, trattandosi di valutazione di merito sottesa da un adeguato apprezzamento dei criteri dosimetrici che sfugge a censura in questa sede.
A difformi esiti deve pervenirsi in relazione alla contravvenzione ex articolo 651 cod. pen. per la quale e’ stato irrogato un aumento di un mese di reclusione ed Euro 50,00 di multa, pari al massimo della pena detentiva prevista in via autonoma ma in forma alternativa all’ammenda per il reato.
Se, infatti, non e’ in discussione che la pena destinata a costituire la base sulla quale operare gli aumenti fino al triplo per i reati satellite – anche se puniti con una sanzione di genere diverso – e’ esclusivamente quella prevista per la violazione piu’ grave dal momento che nell’aumento sulla pena base restano assorbite le pene previste per i reati satellite, in quanto la continuazione determina la perdita dell’autonomia sanzionatoria dei reati meno gravi (Sez. U, n. 15 del 26/11/1997, PM in proc. Varnelli, Rv. 209486; Sez. 3, n. 44414 del 30/09/2004, Novaresio ed altri, Rv. 230490), deve tuttavia rilevarsi che, a norma dell’articolo 81 c.p., comma 3, la pena determinata a titolo di continuazione non puo’ essere superiore a quella che sarebbe irrogabile in via autonoma per il singolo reato. Pertanto, nel caso di condanna per piu’ reati uniti dal vincolo della continuazione, qualora il reato piu’ grave sia sanzionato congiuntamente con pena detentiva e pecuniaria ed il reato-satellite alternativamente con pena detentiva o pecuniaria, il giudice puo’ operare l’aumento di pena per il secondo in relazione ad una soltanto delle specie di pena-base determinata per il primo, motivando le ragioni della scelta in funzione dei criteri di cui all’articolo 133 cod. pen. (Sez. 1, n. 7395 del 20/10/2017, Basile, Rv. 272404).
Il rilevato profilo d’illegalita’ della sanzione impone l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente all’aumento inflitto per la contravvenzione ex articolo 651 cod. pen. con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Roma per nuova determinazione sul punto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’aumento di pena a titolo di continuazione per il reato di cui all’articolo 651 cod. pen. con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Roma per nuovo giudizio. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso