Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 8 febbraio 2018, n. 3151. Chi affitta i suoi immobili e si occupa della riscossione dei relativi canoni non svolge attività commerciale a fini previdenziali

Chi affitta i suoi immobili e si occupa della riscossione dei relativi canoni non svolge attività commerciale a fini previdenziali, a meno che questa attività non si inserisca nella più ampia intermediazione immobiliare

Ordinanza 8 febbraio 2018, n. 3151
Data udienza 8 novembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere

Dott. DI PAOLA Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17208-2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA CENTRALE dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n.318/2015 del TRIBUNALE di PISA, depositata il 22/04/2015, e l’Ordinanza della Corte di Appello di Firenze del 10/05/2016 emessa sul procedimento iscritto al n. 840/2015 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 08/11/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

RILEVATO

che con la sentenza impugnata, confermata dalla Corte d’appello di Firenze con ordinanza d’inammissibilita’ dell’appello ex articolo 348 bis c.p.c., il Tribunale di Pisa accoglieva il ricorso proposto da (OMISSIS) nei confronti dell’INPS, avente ad oggetto avviso di addebito inerente a pretese a titolo di contributi dovuti alla gestione commercianti nel periodo 2006-2009;

che il Tribunale fondava il suo convincimento sul rilievo che presupposto per l’iscrizione alla gestione commercianti fosse l’esercizio di attivita’ commerciale e che una simile attivita’ non potesse essere riscontrata in capo al ricorrente, socio accomandatario e amministratore della (OMISSIS) s.a.s., la cui attivita’ nel periodo in contestazione si era limitata all’affitto dell’azienda e alla conseguente riscossione del corrispettivo della cessione;

che per la cassazione della sentenza di primo grado hanno proposto ricorso l’Inps e la (OMISSIS) s.p.a., sulla base di un unico motivo;

che il (OMISSIS) ha resistito con controricorso, illustrato mediante memoria;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., e’ stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

CONSIDERATO

che con unico motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 613 del 1966, articolo 1, della L. 27 novembre 1960, n. 1397, articolo 1 cosi’ come modificato dalla L. n. 662 del 1996, articolo 1, comma 203, della stessa L. 27 novembre 1960, n. 1397, articolo 2 e degli articoli 2291, 2298 e 2697 c.c. e della L. n. 45 del 1986, articolo 3, comma 2 rilevando, per un verso, che l’attivita’ svolta dalla societa’ era da ritenere di natura commerciale, sulla scorta della presunzione che le societa’ costituite in forma diversa da quella semplice esercitano attivita’ imprenditoriale e, per altro verso, che il (OMISSIS), a fronte della visura camerale contemplante quale oggetto della societa’ lo svolgimento di varie attivita’ commerciali, aveva solo allegato e non provato, senza vincere pertanto la presunzione richiamata, che l’attivita’ sociale si fosse limitata al solo godimento di beni;

che il motivo e’ infondato;

che questa Corte e’ ferma nel ritenere che, in base alla L. 23 dicembre 1996 n. 662, articolo 1, comma 203, che sostituisce la L. 3 giugno 1975, n. 160, articolo 29, comma 1, presupposto per l’iscrizione alla gestione commercianti e’ lo svolgimento da parte dell’interessato di attivita’ commerciale;

che nella specie il suddetto presupposto risulta correttamente escluso dal Tribunale, il quale, con valutazione di merito ha ritenuto superata la presunzione di espletamento di attivita’ di tipo commerciale, accertando che il ricorrente era stato in tutto il periodo in contestazione socio accomandatario della societa’, fino al 30/9/2006 iscritta nell’albo delle imprese artigiane in quanto svolgente attivita’ nel settore conciario, e cancellata da detto registro in tale data per aver cessato l’attivita’ produttiva in esito all’affitto di ramo di azienda a (OMISSIS) s.r.l. Ha dato atto, altresi’, che dalla visura camerale della (OMISSIS) s.a.s. risultava che dal 1/10/2006 l’attivita’ riferibile alla societa’ era stata qualificata nel registro delle imprese come di gestione immobiliare e che nel periodo in questione, oltre al reddito qualificato d’impresa, il ricorrente aveva svolto attivita’ lavorativa quale amministratore di altra societa’, dalla quale ricavava redditi compatibili con la dedotta prevalenza della medesima;

che la decisione impugnata e’ in linea con il principio gia’ espresso da questa Corte, secondo cui la societa’ di persone che svolga una attivita’ destinata alla locazione di immobili di sua proprieta’ ed alla riscossione dei relativi canoni di locazione non svolge un’attivita’ commerciale ai fini previdenziali, a meno che detta attivita’ non si inserisca in una piu’ ampia di prestazione di servizi quale l’attivita’ di intermediazione immobiliare (in tal senso, di recente, Cass. n.17643 del 6 settembre 2016, Cass. 27376 del 29/12/2016), senza che rilevi il contenuto dell’oggetto sociale;

che alla luce di quanto esposto, in conformita’ alla proposta formulata, il ricorso va rigettato con condanna dell’Istituto ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1.

Motivazione semplificata.

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