La effettiva possibilita’ di esercizio della facolta’ per l’imputato di effettuare il versamento omesso, si rileva ancora, presuppone che l’avviso dell’accertamento inviato dall’ente al datore di lavoro contenga l’indicazione del periodo cui si riferisce l’omesso versamento delle ritenute ed il relativo importo, la indicazione della sede dell’ente presso il quale deve essere effettuato il versamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge e l’avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilita’, il che richiede, nell’ambito della verifica cui sono chiamati il giudice o il pubblico ministero, che in caso di omessa notifica dell’accertamento l’imputato sia stato raggiunto in sede giudiziaria da un atto di contenuto equipollente all’avviso dell’ente previdenziale e come tale viene individuato il decreto di citazione a giudizio, ma a condizione che contenga gli elementi essenziali del predetto avviso, con la conseguenza che va ritenuto tempestivo, ai fini del verificarsi della causa di non punibilita’, il versamento delle ritenute previdenziali effettuato dall’imputato nel corso del giudizio, quando risulti che lo stesso non abbia ricevuto dall’ente previdenziale la contestazione o la notifica dell’accertamento delle violazioni o non sia stato raggiunto, nel corso del procedimento penale, da un atto che contenga gli elementi essenziali dell’avviso di accertamento. Infine, trovandosi il procedimento in sede di legittimita’, senza che l’imputato sia stato posto in grado di fruire della causa di non punibilita’, deve disporsi l’annullamento della sentenza con rinvio al fine di consentirgli di fruire della facolta’ concessa dalla legge.
Suprema Corte di Cassazione
sezione feriale penale
sentenza 21 agosto 2017, n. 39332
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE FERIALE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IZZO Fausto – Presidente
Dott. MORELLI Francesca – Consigliere
Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
Dott. PARDO Ignazio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 22/12/2016 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA RAMACCI;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore DE MASELLIS Mariella, che ha concluso;
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 22/12/2016 ha confermato la decisione con la quale, in data 22/1/2014, il Tribunale di Livorno aveva riconosciuto (OMISSIS) responsabile del reato di cui all’articolo 81 cpv. c.p., e L. n. 638 del 1983, articolo 2, per omesso versamento all’INPS delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti nei periodi dall’agosto al novembre 2009.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..
Con un primo motivo di ricorso lamenta la violazione di legge, deducendo che la Corte territoriale non avrebbe verificato la sussistenza dell’avvenuta condizione di punibilita’ della preventiva contestazione dell’omesso versamento da parte dell’INPS.
Con un secondo motivo di ricorso denuncia il difetto di motivazione sul medesimo punto.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ inammissibile.
Va premesso, in linea generale, che le Sezioni Unite penali di questa Corte (Sez. U, n. 1855 del 24/11/2011 (dep. 2012), Sodde, Rv. 251268), hanno ricordato come l’articolo 2, comma 1-bis, secondo periodo, legge 638/1983 (introdotto dall’articolo 1 d.lgs. 211/1994), modificando i termini e l’operativita’ della causa di non punibilita’ gia’ prevista dalla normativa previgente, abbia introdotto, prima dell’invio della comunicazione della notizia di reato, la possibilita’ di definire il contenzioso in sede amministrativa, nel termine concesso a tale scopo al datore di lavoro, mediante la contestazione o notifica dell’accertamento della violazione, che non costituisce una condizione di procedibilita’ del reato, cosicche’ puo’ ben ritenersi che il pubblico ministero eserciti ritualmente l’azione penale per il reato in questione anche se non si sia perfezionato il procedimento per la definizione in sede amministrativa, cosi’ come esercita l’azione penale per i fatti costituenti reato di cui sia venuto a conoscenza aliunde rispetto ai meccanismi di informazione previsti dagli articoli 347 e 331 c.p.p..
Conseguentemente, osservano ancora le Sezioni Unite, la possibilita’ per il datore di lavoro di evitare l’applicazione della sanzione penale attraverso il procedimento definitorio dianzi descritto resta connessa all’adempimento dell’obbligo imposto all’ente previdenziale dal menzionato articolo 2, comma 1 bis, di rendergli noto, nelle forme previste dalla norma, l’accertamento delle violazioni e le modalita’ ed i termini per eliminare il contenzioso in sede penale, con la conseguenza che l’esercizio di tale facolta’ puo’ essere precluso solo dalla scadenza del termine di tre mesi previsto dall’articolo 2, comma 1 bis, ultimo periodo, a decorrere dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento delle violazioni, oppure da un atto equipollente che ne contenga tutte le informazioni in modo da assicurare concretamente l’accesso a tale causa di non punibilita’.
Sulla base di tale meccanismo, si aggiunge, grava in primo luogo sull’ente previdenziale l’obbligo di assicurare la regolarita’ della contestazione o della notifica dell’accertamento delle violazioni e di attendere il decorso del termine di tre mesi, in caso di inadempimento, prima di trasmettere la notizia di reato al pubblico ministero. Quest’ultimo dovra’ poi accertare che all’indagato sia stata concretamente reso possibile esercitare la facolta’ di fruire della causa di non punibilita’, rendendo eventualmente edotto l’ente previdenziale in caso di esito negativo della verifica, cosicche’ possa adempiersi all’obbligo di contestazione o di notifica dell’accertamento delle violazioni imposto dal piu’ volte menzionato articolo 2, comma 1 bis.
Analoghi obblighi di verifica vengono individuati dalle Sezioni Unite rispetto al giudice di entrambi i gradi di merito, cui spetta di accogliere, in caso di esito negativo, una eventuale richiesta di rinvio da parte dell’imputato, allo scopo di consentigli di provvedere al versamento delle ritenute, tenendo conto che la legge gia’ prevede la sospensione del decorso della prescrizione per il periodo di tre mesi concesso al datore di lavoro per il versamento, il che giustifica un rinvio del dibattimento anche in assenza di una espressa previsione normativa.
La effettiva possibilita’ di esercizio della facolta’ per l’imputato di effettuare il versamento omesso, si rileva ancora, presuppone che l’avviso dell’accertamento inviato dall’ente al datore di lavoro contenga l’indicazione del periodo cui si riferisce l’omesso versamento delle ritenute ed il relativo importo, la indicazione della sede dell’ente presso il quale deve essere effettuato il versamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge e l’avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilita’, il che richiede, nell’ambito della verifica cui sono chiamati il giudice o il pubblico ministero, che in caso di omessa notifica dell’accertamento l’imputato sia stato raggiunto in sede giudiziaria da un atto di contenuto equipollente all’avviso dell’ente previdenziale e come tale viene individuato il decreto di citazione a giudizio, ma a condizione che contenga gli elementi essenziali del predetto avviso, con la conseguenza che va ritenuto tempestivo, ai fini del verificarsi della causa di non punibilita’, il versamento delle ritenute previdenziali effettuato dall’imputato nel corso del giudizio, quando risulti che lo stesso non abbia ricevuto dall’ente previdenziale la contestazione o la notifica dell’accertamento delle violazioni o non sia stato raggiunto, nel corso del procedimento penale, da un atto che contenga gli elementi essenziali dell’avviso di accertamento. Infine, trovandosi il procedimento in sede di legittimita’, senza che l’imputato sia stato posto in grado di fruire della causa di non punibilita’, deve disporsi l’annullamento della sentenza con rinvio al fine di consentirgli di fruire della facolta’ concessa dalla legge.
Cio’ premesso, si osserva con riferimento al caso in esame, che il ricorso, peraltro genericamente formulato, per quanto e’ dato rilevare dalla sentenza e dallo stesso atto di impugnazione, unici documenti accessibili a questa Corte, propone per la prima volta in questa sede di legittimita’ la questione della prova dell’avve-nuta contestazione dell’omesso versamento, lamentando un mancato accertamento in tal senso da parte dei giudici del gravame.
In realta’, risulta chiaramente dalla sentenza impugnata (pag. 1) che, per gli importi indicati nell’imputazione, l’accertamento della violazione era stato regolarmente notificato all’imputato il 18/6/2010, come specificato dal giudice di primo grado.
Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilita’ consegue l’onere delle spese del procedimento, nonche’ quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
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