Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 9 maggio 2017, n. 22315

La L. n. 401 del 1989, articolo 6 bis, punisce sia il lancio e sia l’utilizzo (“lancia o utilizza”), in modo da creare un concreto pericolo per le persone, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile, ovvero bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinanti, oggetti contundenti o, comunque, atti ad offendere; intendendosi per utilizzo qualsiasi azione che concretamente pone in pericolo le persone

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 9 maggio 2017, n. 22315

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca – Presidente

Dott. SOCCI Angelo M. – rel. Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 14/05/2015 della CORTE APPELLO di FIRENZE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/03/2017, la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI;

Udito il Procuratore Generale in persona del dott. STEFANO TOCCI che ha concluso per: “Inammissibilita’ del ricorso”;

sentito il difensore dell’imputato, Avv. (OMISSIS), che ha concluso per: “Accoglimento del ricorso”.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Firenze con sentenza del 14 maggio 2015 confermava la decisione del Tribunale di Grosseto dell’8 marzo 2013 che aveva condannato (OMISSIS) alla pena di mesi 5 e giorni 10 di reclusione, oltre pene accessorie, per il reato di cui all’articolo 110 c.p., e L. n. 401 del 1989, articolo 6 bis, perche’ in concorso con un altro all’interno dello stadio Comunale (OMISSIS) durante le fasi dell’incontro di calcio (OMISSIS), ponevano in essere l’accensione di strumenti per l’emissione di fumo, che successivamente lanciavano in direzione del campo di gioco.

2. L’imputato propone ricorso per Cassazione, personalmente, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

2.1. Violazione di legge, L. n. 401 del 1989, articolo 6 bis, articoli 40, 43 e 110 c.p., e articoli 187, 192, 546, 530 e 533 c.p.p..

La L. n. 401 del 1989, articolo 6 bis, punisce chi in occasioni delle manifestazioni sportive lancia o utilizza in modo da creare un concreto pericolo per le persone strumenti per l’emissione di fumo. Il ricorrente si e’ limitato in occasione di un goal ad accendere un fumogeno senza generare pericolo alcuno e senza mai lanciarlo, mettendolo attentamente a terra. Altra persona dopo 5 minuti ha raccolto e lanciato il fumogeno. Nessun rischio per le persone e’ avvenuto con l’azione dell’accensione e del poggiare a terra il fumogeno.

La sentenza impugnata, unitamente a quella di primo grado rilevano un concorso del ricorrente nel lancio del fumogeno. Il ricorrente non si e’ mai celato, ma ha solo acceso il fumogeno dietro uno striscione per ripararsi dal vento. Tra il ricorrente e chi ha poi lanciato il fumogeno non sussiste nessuna relazione. Nessuna prova dimostra un piano concordato tra il ricorrente e chi ha lanciato il fumogeno.

2.2. Vizio di motivazione, mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’.

La Corte di appello ritiene che tra il ricorrente e chi poi ha lanciato il fumogeno ci fosse un’intesa, ma non indica da quali fonti probatorie si rileverebbe tale intesa.

Invece il tempo trascorso dall’appoggio a terra del fumogeno (fatto dal ricorrente) e il lancio, cinque minuti, dimostra l’assenza di qualsiasi intesa.

L’accensione del fumogeno non ha comportato pericolo per le persone presenti, in numero limitato. Non dovrebbe confondersi la pericolosita’ dell’azione altrui (lancio) con quella del ricorrente.

2.3. Omessa applicazione dell’articolo 131 bis c.p..

Il contesto allarmante ritenuto dalla Corte di appello, per escludere l’applicabilita’ dell’articolo 131 bis c.p., manca di descrizione, e quindi sostanzialmente risulta senza motivazione.

Ha chiesto pertanto l’annullamento della decisione impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi e perche’, valutato nel suo complesso, chiede alla Corte di Cassazione una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimita’.

In tema di giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di legittimita’ la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015 – dep. 27/11/2015, Musso, Rv. 265482).

In tema di motivi di ricorso per Cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita’, dalla sua contraddittorieta’ (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasivita’, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita’, la stessa illogicita’ quando non manifesta, cosi’ come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilita’, della credibilita’, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015 – dep. 31/03/2015, 0., Rv. 262965). In tema di impugnazioni, il vizio di motivazione non può essere utilmente dedotto in Cassazione solo perche’ il giudice abbia trascurato o disatteso degli elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero dovuto o potuto dar luogo ad una diversa decisione, poiche’ ciò si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimita’. (Sez. 1, n. 3385 del 09/03/1995 – dep. 28/03/1995, Pischedda ed altri, Rv. 200705).

4. La Corte di appello (e il Giudice di primo grado, in doppia conforme) ha con esauriente motivazione, immune da vizi di manifesta illogicita’ o contraddizioni, dato conto del suo ragionamento che ha portato all’affermazione di responsabilita’ per il reato di cui all’articolo 110 c.p., e L. n. 401 del 1989, articolo 6 bis, rilevando come dagli accertamenti di P.G. (immagini delle sequenze) emerge l’accensione del fumogeno da parte del ricorrente, che si celava dietro uno striscione, e poi il lancio ad opera di altro soggetto dopo averlo preso da terra dove lo aveva poggiato il ricorrente. Inoltre la sentenza evidenzia anche il pericolo dell’azione: “per la direzione del lancio: all’interno del campo e, per la presenza di 22 tifosi concentrati in un unico spazio”. La sentenza ritiene configurato il concorso tra i due soggetti dal fatto che il ricorrente si celava dietro uno striscione al momento dell’accensione, e che la rapida sequenza dei fatti evidenziava un previo accordo, un piano stabilito.

Il ricorrente con ricorso, articolato in fatto, ritiene che nessun pericolo sia derivato dalla sua azione di accensione del fumogeno e di non essere in concorso con chi ha poi successivamente lanciato il fumogeno.

La contestazione riguarda sia l’accensione e sia il lancio (vedi imputazione: “ponevano in essere l’accensione di strumenti per l’emissione di fumo, che successivamente lanciavano in direzione del campo da gioco”). La Corte di appello ritiene pericolosa la condotta in fatto sia dell’accensione (per la presenza di 22 tifosi concentrati in un unico spazio) e sia del lancio successivo (“per la direzione del lancio: all’interno del campo”).

Il ricorrente non contesta di aver acceso il fumogeno, e nessuna critica di legittimita’ compie al ritenuto pericolo della sua personale azione (ciò anche – in via del tutto ipotetica – escludendo il concorso nel lancio). Invero la norma della L. n. 401 del 1989, articolo 6 bis, prevede sia il lancio ma anche l’utilizzo, in modo da creare un concreto pericolo per le persone, di strumenti per l’emissione di fumo.

Il reato di cui alla L. n. 401 del 1989, articolo 6 bis, del resto e’ di pericolo concreto e per la sua realizzazione non e’ necessario un danno, o ulteriori conseguenze (Sez. 3, n. 7869 del 13/01/2016 – dep. 26/02/2016, Zagli, Rv. 26628201).

Può quindi affermarsi il seguente principio di diritto: “La L. n. 401 del 1989, articolo 6 bis, punisce sia il lancio e sia l’utilizzo (“lancia o utilizza”), in modo da creare un concreto pericolo per le persone, razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile, ovvero bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinanti, oggetti contundenti o, comunque, atti ad offendere; intendendosi per utilizzo qualsiasi azione che concretamente pone in pericolo le persone”.

4. Relativamente all’omessa applicazione dell’articolo 131 bis c.p., la Corte di appello sinteticamente ma adeguatamente ha motivato sul rigetto, senza contraddizioni e senza manifeste illogicita’, poiche’ il “contesto allarmante” della partita di calcio risultava evidente dai disordini avvenuti, e dalla evoluzione potenziale degli stessi.

Alla dichiarazione di inammissibilita’ consegue il pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di Euro 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex articolo 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende

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