Il ricorso contro una sentenza che si è conformata alla giurisprudenza di legittimità e senza motivi rilevanti che possano mutare l’orientamento giurisprudenziale deve essere dichiarato inammissibile e non manifestamente infondato
Suprema Corte di Cassazione
sezioni unite civili
sentenza 21 marzo 2017, n. 7155
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f.
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez.
Dott. DIDONE Antonio – rel. Presidente di Sez.
Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sez.
Dott. PETITTI Stefano – Presidente di Sez.
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9474-2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se’ medesimo;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata in data 16/07/2014.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/02/2017 dal Presidente Dott. ANTONIO DIDONE;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Francesco Mauro IACOVIELLO, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. (OMISSIS) ha convenuto in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS) al fine di sentir dichiarare il proprio acquisto per usucapione speciale della proprieta’ di un fondo, di cui aveva conseguito il possesso in data 24 novembre 1978 in occasione della stipula di un contratto preliminare con i convenuti.
(OMISSIS) costituitosi ha contestato la fondatezza della domanda, allegando il proprio recesso dal contratto preliminare, in base a specifica clausola contrattuale, a seguito dell’instaurazione del procedimento penale per lottizzazione abusiva, e proponendo in via subordinata le domande di arricchimento senza causa e risarcimento del danno.
All’esito del decesso di (OMISSIS), la causa e’ stata riassunta da (OMISSIS) con ricorso depositato in data 14 marzo 2002.
Con sentenza del 19 novembre 2009 il Tribunale di Lecce ha dichiarato inammissibile la domanda dell’attore ed ha rigettato le domande riconvenzionali del convenuto, compensando le spese di lite.
Con decisione del 16 luglio 2014, previa interruzione della causa per decesso dell’appellante e sua riassunzione da parte di (OMISSIS), la Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato nel merito la domanda dell’attore.
(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione in data 3 aprile 2015, deducendo – con unico motivo – la violazione e falsa applicazione degli articoli 1140 e 1141 c.c., l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio e la nullita’ del procedimento.
Resiste con controricorso (OMISSIS), il quale ha anche depositato una memoria ai sensi dell’articolo 378 cod. proc. civ. mentre non ha svolto difese l’intimato (OMISSIS).
2.- Il procedimento e’ stato assegnato alla Sezione 6-2 ed il consigliere designato, nella relazione, ha evidenziato la manifesta infondatezza del ricorso alla luce della giurisprudenza consolidata della Suprema Corte, secondo cui la relazione con la cosa da parte del promissario acquirente e’ qualificabile, salva la prova dell’interversio possessionis, come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem, fondandosi su un contratto di comodato funzionalmente collegato al preliminare.
Il collegio, con ordinanza n. 15513 del 25 luglio 2016, pur aderendo alla proposta di definizione contenuta nella relazione di cui all’articolo 380 bis c.p.c., ha rimesso la causa al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite della questione di massima importanza, oggetto di contrasto, relativa alla formula definitoria ex articolo 360 bis c.p.c., n. 1, di manifesta infondatezza nel merito o d’inammissibilita’ in rito.
In sintesi, secondo la Sezione rimettente, l’articolo 360 bis c.p.c. sarebbe riconducibile, dunque, all’articolo 375 c.p.c., n. 1 e non al n. 5, ed integrerebbe, come confermato dalla sua collocazione, un’inammissibilita’ in rito, derivante dall’inidonea formulazione del motivo consistente nella violazione di legge, che non puo’ limitarsi ad indicare le disposizioni trasgredite, ma, previa individuazione della ratio decidendi della sentenza impugnata, deve articolarsi in un raffronto tra la regola giuridica applicata dal giudice di merito ed i precedenti della Corte di cassazione.
Presupposti di tale inammissibilita’ del motivo, ostativa al suo esame nel merito, sono: l) l’esistenza di una giurisprudenza della Corte, che, secondo le “Linee guida per il funzionamento della sesta sezione civile”, diffuse con circolare del Primo Presidente del 22 aprile 2016, e’ configurabile in presenza di una decisione delle Sezioni Unite, di un orientamento consolidato delle Sezioni semplici, di piu’ pronunce convergenti delle Sezioni semplici, di una sola sentenza, se convincente, di una Sezione semplice; 2) la persistenza dell’orientamento seguito dal giudice di merito sino al momento della decisione del ricorso per cassazione. In assenza di una di tali condizioni, la valutazione ex articolo 360 bis c.p.c., non puo’ essere compiuta ed il ricorso, anche se privo di un esame esaustivo dei precedenti di legittimita’, va esaminato nel merito.
La pronuncia ex articolo 360 bis c.p.c. sembrerebbe doversi iscrivere tra quelle di rito di cui all’articolo 375 c.p.c., n. 1, sanzionando un’inammissibilita’ genetica, che attiene alla confezione del ricorso e non puo’, pertanto, essere sanata successivamente all’introduzione del giudizio di legittimita’, ma, comunque, continua ad esigere la valutazione: a) di ogni singolo motivo, a cui si riferisce la regola imposta; b) dell’evoluzione della giurisprudenza della Suprema Corte, successiva alla proposizione del ricorso per cassazione, sebbene non al fine della decisione di merito, ma solo al fine della verifica dei presupposti di tale categoria processuale.
3.- La Sez. 6-2 non condivide il principio enunciato da Sez. U. n. 19051 del 6/09/2010, confermato da Sez. 1, n. 5442 del 18/03/2016, oltre che da Sez. U. n. 5941 del 16/04/2012 e da Sez. U., n. 8923 del 19/04/2011, secondo cui il ricorso scrutinato ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1, deve essere rigettato per manifesta infondatezza e non dichiarato inammissibile qualora a sentenza impugnata si presenti conforme alla giurisprudenza di legittimita’ e non vengano prospettati dal ricorrente argomenti per modificarla, posto che potrebbe, comunque, trovare accoglimento se, al momento della decisione, con riguardo alla quale deve essere verificata la corrispondenza tra decisione impugnata e giurisprudenza di legittimita’, quest’ultima fosse mutata.
Il principio innanzi riportato, peraltro, e’ stato contraddetto da Sez. 5, n. 23586 del 18/11/2015 e da Sez. 1, n. 8804 del 04/05/2016, secondo cui, invece, il ricorso per cassazione che non offra elementi per modificare la giurisprudenza di legittimita’, a cui la sentenza impugnata e’ conforme, deve essere rigettato in rito e non nel merito ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1, che, nell’evocare un presupposto processuale, ha introdotto una griglia valutativa di ammissibilita’, in luogo di quella anteriore costituita dal quesito di diritto, ponendo a carico del ricorrente un onere argomentativo, il cui parametro di valutazione e’ costituito dal momento della proposizione del ricorso.
4.- Giova premettere che la questione di cui le sezioni unite sono state investite – se, cioe’, in presenza della situazione ipotizzata dall’articolo 360-bis c.p.c., comma 1, n. 1, il ricorso per cassazione debba esser dichiarato inammissibile ovvero rigettato – non appare meramente terminologica. Infatti, ove la si dovesse risolvere nel senso del rigetto, come gia’ indicato da Sez. un. 19051/2010, la Corte non potrebbe esimersi dall’esaminare nel merito anche un eventuale ricorso incidentale tardivo che fosse stato proposto dalla parte controricorrente. Viceversa la declaratoria d’inammissibilita’ del ricorso principale produrrebbe l’inefficacia di quel ricorso incidentale tardivo, dovendosi ritenere anche in tal caso applicabile il disposto dell’articolo 334 c.p.c., comma 2, che siffatta conclusione impone quale che sia la ragione dell’inammissibilita’ del ricorso principale.
Per rispondere al quesito concernente la sorte del ricorso proposto in difformita’ alla previsione del citato n. 1 dell’articolo 360-bis, non puo’ non muoversi dal disposto letterale della norma: che si esprime in termini del tutto inequivoci nel senso dell’inammissibilita’. Le ragioni teoriche in forza delle quali, nondimeno, la gia’ richiamata decisione di Sez. un. 19051/2010 aveva optato per il rigetto del ricorso, alla luce delle critiche che sono state al riguardo formulate e della successiva evoluzione che l’ordinamento processuale ha conosciuto, non possono qui esser confermate.
Infatti non e’ piu’ ormai condivisibile l’idea secondo la quale l’inammissibilita’ del ricorso potrebbe sussistere solo in presenza di difetti attinenti alla struttura formale del ricorso medesimo o alle modalita’ in cui il suo contenuto e’ espresso, restando estranea alla figura dell’inammissibilita’ ogni valutazione che attinga il merito.
Al contrario, il legislatore ha fatto mostra di utilizzare a piu’ riprese la categoria dell’inammissibilita’, per facilitare una decisione in limine litis, anche in presenza di ragioni di merito che risultino agevolmente percepibili e siano percio’ suscettibili di un piu’ snello iter motivazionale: si pensi all’articolo 348-bis c.p.c., dettato per il giudizio d’appello, pur nell’evidente differenza che quell’ipotesi d’inammissibilita’ presenta rispetto a quella qui in esame (se ne fara’ cenno in seguito), ma si pensi anche all’articolo 606 c.p.p. in materia d’inammissibilita’ del ricorso per cassazione in campo penale.
Non sembra d’altronde neppure decisiva, per contrastare la chiara indicazione ricavabile dal testo normativo, la circostanza che la valutazione di conformita’ della decisione impugnata alla giurisprudenza della Corte, postulata dal disposto del citato n. 1 dell’articolo 360-bis, deve ragionevolmente esser compiuta al momento della decisione, potendo la giurisprudenza aver mutato orientamento rispetto al momento in cui il ricorso e’ stato proposto. Cio’ e’ senz’altro vero, ma non impedisce di considerare in tal caso ammissibile (ed eventualmente fondato) un ricorso che, ove la giurisprudenza fosse rimasta invariata, sarebbe andato verosimilmente incontro ad una dichiarazione d’inammissibilita’ per non avere offerto elementi idonei a mutarne orientamento; come, del resto, non impedisce di pervenire alla medesima conclusione nel caso in cui la Corte ravvisi la necessita’ di mutare il precedente orientamento giurisprudenziale sulla base di una diversa valutazione operata d’ufficio. Il fatto, cioe’, che la struttura della disposizione in esame imponga di valutare l’esistenza della eventuale ragione d’ammissibilita’ del ricorso al tempo della decisione non implica, di per se’, che non d’inammissibilita’ bensi’ d’infondatezza debba parlarsi, ma significa solo che possono darsi casi di ammissibilita’ sopravvenuta, dei quali la corte dovra’ evidentemente tener conto nella sua decisione.
E’ appena il caso di aggiungere che la situazione d’inammissibilita’ contemplata dall’articolo 360-bis di cui si sta parlando lascia del tutto intatta, pur riducendone la portata applicativa, l’ipotesi di rigetto per manifesta infondatezza del ricorso contemplata dal successivo articolo 375, che riguarda ogni altro possibile caso di infondatezza, manifesta si’ ma non dipendente dall’assenza di ogni confronto critico con una precedente giurisprudenza consolidata.
5.- E’ opportuno aggiungere che le ragioni d’inammissibilita’ contemplate dal citato articolo 360-bis possono investire anche soltanto singoli motivi di ricorso e non debbono percio’ necessariamente comportare l’inammissibilita’ del ricorso nel suo insieme, ove questo consti di piu’ motivi. Anche in cio’ si evidenzia la diversita’ di questa situazione rispetto a quella contemplata, con riferimento al giudizio d’appello, dagli articoli 348 bis e ter c.p.c., i quali presuppongono invece l’impiego di una tecnica decisoria di tipo delibativo e prognostico volta a valutare l’impugnazione nel suo insieme, senza scrutinare nel dettaglio i suoi singoli aspetti. Ma il giudizio d’appello, a differenza di quello di cassazione, non e’ a critica vincolata, ed all’inammissibilita’ dell’impugnazione consegue la possibilita’ di proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado.
Per contro, una inammissibilita’ “sostanziale” e riferita all’intero ricorso per cassazione sarebbe destinata a chiudere il giudizio, e cio’ conferma che non e’ ipotizzabile l’applicazione dell’articolo 360 bis cod. proc. civ. alla stregua dell’articolo 348 bis cod. proc. civ..
E’ stato inoltre gia’ chiarito, poi, che la condizione di ammissibilita’ del ricorso, indicata nell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1, introdotta dalla L. n. 69 del 2009, articolo 47, non e’ integrata dalla mera dichiarazione, espressa nel motivo, di porsi in contrasto con la giurisprudenza di legittimita’, laddove non vengano individuate le decisioni e gli argomenti sui quali l’orientamento contestato si fonda (Sez. 6 – 3, n. 3142 del 2011).
6.- La funzione di filtro, cui pure accenna l’ordinanza di rimessione, consiste in cio’, che la Corte e’ in un certo qual senso esonerata – ex articolo 360 bis – dall’esprimere compiutamente la sua adesione alla soluzione interpretativa accolta dall’orientamento giurisprudenziale precedente: e’ sufficiente che rilevi che la pronuncia impugnata si e’ adeguata alla giurisprudenza di legittimita’ e che il ricorrente non la critica adeguatamente. In questo senso l’articolo 360 bis e’ una norma-filtro perche’ consente di delibare rapidamente ricorsi “inconsistenti”. Ma si tratta pur sempre di una “inammissibilita’ di merito”, compatibile con la garanzia dell’articolo 111 Cost., comma 7.
7.- Nella concreta fattispecie – come rilevato anche nell’ordinanza di rimessione – l’unico motivo di ricorso (col quale si deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 1140 e 1141 cod. civ., la nullita’ della sentenza impugnata, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte di Appello ritenuto che il promissario acquirente fosse mero detentore del fondo promesso in vendita e non avesse con tale fondo una relazione qualificabile come possesso utile ad usucapionem) e’ inammissibile, in quanto – secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’e’ ragione di discostarsi, non fornendo il ricorrente elementi per mutare orientamento – “Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilita’ conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori; pertanto, la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, e’ qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem, salvo la dimostrazione di un’intervenuta interversio possessionis nei modi previsti dall’articolo 1141 cod. civ.” (Sez. U, n. 7930 del 2008; nello stesso senso: Sez. 2, n. 9896 del 2010; Sez. 2, n. 1296 del 2010), avendo la Corte territoriale rilevato che l’attore non ha allegato ne’ provato una sopravvenuta interversione del possesso.
Gli argomenti contenuti nel ricorso, in realta’, riportano pedissequamente critiche dottrinarie risalenti al 2010, mentre la giurisprudenza di questa Corte e’ stata ribadita ancora da Sez. 2, n. 5211 del 2016.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis cod. proc. civ..
Le spese del giudizio di legittimita’ – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. articolo 13, comma 1 bis.
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