L’imputato che dopo una sentenza emessa in contumacia nei suoi confronti, conferisce al proprio difensore procura speciale per proporre impugnazione, è privo di legittimazione a impugnare autonomamente la decisione, nonostante la mancata notifica dell’estratto contumaciale, essendosi spogliato, mediante il rilascio della delega, del proprio diritto all’impugnazione
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI penale
sentenza 3 marzo 2017, n. 10537
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere
Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere
Dott. GIORDANO Emilia – rel. Consigliere
Dott. SCALIA Laura – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 26/4/2016 della Corte di appello di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Emilia Anna Giordano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Alfredo Pompeo Viola che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio e il rigetto del ricorso nel resto.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Catania, dichiarato inammissibile l’appello proposto in data 13 gennaio 2016 dall’imputato (OMISSIS) e dal difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), in accoglimento dell’appello proposto dall’avv. (OMISSIS), originario difensore poi revocato, ha riformato la sentenza di primo grado e, con le circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato la pena in quella di mesi otto e giorni quindici di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa per il reato di cui all’articolo 570 cod. pen., commesso dal marzo al novembre 2009. Ha confermato le statuizioni in favore della parte civile.
2. (OMISSIS), con atto di impugnazione affidato al difensore di fiducia, propone due motivi di ricorso. Con il primo motivo deduce la nullita’ della sentenza impugnata per il mancato esame dei motivi di appello depositati, con atto sottoscritto dall’imputato e dal difensore, in data 13 gennaio 2016. Rileva, in particolare, la tempestivita’ dell’appello proposto nel rispetto del termine di cui all’articolo 585 c.p.p., comma 2, lettera d) a seguito della notifica dell’estratto contumaciale, avvenuta il precedente 3 dicembre 2015, e la conseguente grave compromissione del diritto di difesa dell’imputato, subito per effetto della decisione. Con il secondo motivo denuncia la violazione del divieto di cui all’articolo 597 cod. proc. pen. poiche’, in mancanza di appello del pubblico ministero, la Corte di appello, con le pur applicate circostanze attenuanti generiche, ha inflitto al (OMISSIS) una pena di gran lunga superiore a quella comminatagli in primo grado (cioe’ mesi due di reclusione ed Euro 400 di multa).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato con riguardo al secondo motivo di ricorso ma va rigettato nel resto.
2. E’ incontestato, a tenore della impugnata sentenza e degli elementi evincibili dagli atti del procedimento ai quali la Corte, in ragione della natura dell’errore dedotto puo’ accedere, che l’avvocato (OMISSIS), difensore di fiducia del (OMISSIS) nel giudizio di primo grado, ha proposto appello in data 22 gennaio 2014 e che all’imputato veniva notificato l’estratto contumaciale della sentenza di primo grado solo in data 3 dicembre 2015, a seguito di notifica disposta dalla Corte di appello dopo che alla precedente udienza l’imputato presente ne aveva eccepito la mancata notifica.
A seguito di tale notifica l’imputato e il nuovo difensore in data 13 gennaio 2016 proponevano appello, impugnazione, dichiarata inammissibile dalla Corte di merito con decisione che non si presta a censura alcuna.
3. Ed in vero, e’ certamente condivisibile l’assunto dal quale muove il ricorrente, secondo cui la notificazione dell’estratto contumaciale ha lo scopo di informare l’imputato dell’esistenza di una sentenza emessa in sua contumacia, affinche’ possa acquisirne completa conoscenza per esercitare il proprio autonomo diritto di impugnazione, che non si esaurisce con la semplice presentazione dell’impugnazione da parte del difensore. E, tuttavia, nel caso in esame risulta dalla procura speciale rilasciata all’avv. (OMISSIS) e allegata alla dichiarazione di appello da questi proposta che il (OMISSIS) non solo aveva avuto completa conoscenza dell’esistenza del provvedimento impugnabile ma che aveva altresi’ conferito specifico incarico al proprio difensore di esercitare, anche in sua vece, il diritto di impugnazione, effettivamente esercitato dal difensore di fiducia, avv. (OMISSIS). Nella procura speciale, in vero, si da’ espressamente atto della conoscenza della sentenza, della motivazione della stessa riservando i motivi di appello al difensore, “da noi – si aggiunge- ratificati e sottoscritti senza riserva alcuna, previa lettura integrale dell’atto di appello e firma dello stesso”. Non e’, dunque, revocabile in dubbio che l’imputato, a prescindere dalla mancata notifica dell’estratto contumaciale, aveva avuto piena conoscenza del provvedimento e che, per il tramite del difensore al quale aveva conferito apposita procura speciale, aveva esercitato, consumandolo, il diritto di impugnazione.
Non ignora il Collegio che la tesi dell’unitarieta’ dell’impugnazione spettante all’imputato ed al difensore dello stesso e’ incrinata a seguito della declaratoria di illegittimita’ costituzionale dell’articolo 175 c.p.p., comma 2, nella parte in cui non consentiva la restituzione nel termine per l’impugnazione in favore dell’imputato, il quale non avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento, anche nel caso in cui quest’ultimo fosse stato precedentemente impugnato dal difensore dello stesso imputato (Corte cost., n. 317 del 03/11/2009). Con interpretazione adeguatrice del richiamato principio dell’unitarieta’ del diritto di impugnazione, la giurisprudenza di questa Corte, nel rispetto del principio costituzionale di ragionevole durata del processo, oltre che di evidenti esigenze di economia processuale, ha individuato situazioni che consentono di ricondurre ad unita’ le impugnazioni proponibili avverso lo stesso provvedimento anche in vista di prevenire, con risultati positivi, l’accesso a rimedi straordinari successivi alla formazione del giudicato. E, in coerenza con tale quadro di valori, questa Corte ha precisato che il gravame proposto dal difensore lascia inalterata l’autonoma facolta’ di impugnazione dell’imputato, ove la stessa non sia stata tempestivamente esercitata e tale mancato esercizio non abbia fatto seguito a modalita’ procedurali tali da garantire la conoscenza effettiva del provvedimento da parte dell’imputato; situazione, viceversa, puntualmente verificatasi nel caso in esame nel quale, il conferimento di procura speciale per proporre impugnazione all’avvocato (OMISSIS), rilasciato successivamente alla sentenza di primo grado, ha consentito di accertare che l’avvocato (OMISSIS) aveva ricevuto un mandato ad hoc e che agiva, dunque, non di propria iniziativa ma su precise direttive del proprio assistito.
Occorre, pertanto ribadire quanto gia’ enunciato in materia di rimissione in termini (Sez. 2, n. 42651 del 13/10/2015 – dep. 22/10/2015, D’Alessandro, Rv. 26525601), affermando il principio che l’imputato che, dopo una sentenza emessa in contumacia nei suoi confronti, conferisce al proprio difensore procura speciale per proporre impugnazione, e’ privo di legittimazione a impugnare autonomamente la decisione, nonostante la mancata notifica dell’estratto contumaciale, essendosi spogliato, mediante il rilascio della delega, del proprio diritto all’impugnazione.
4. Il secondo motivo di ricorso e’ fondato poiche’ la sentenza impugnata, su appello proposto dal solo imputato, e’ pervenuta ad una consistente aumento della pena inflitta, in aperta violazione del divieto di reformatio in pejus di cui all’articolo 597 cod. proc. pen.. Si deve, inoltre, rilevare l’erroneita’ dell’aumento di pena per la continuazione interna, poiche’ il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, in coerenza con la struttura della condotta omissiva correlata alle permanenti esigenze di sussistenza del beneficiario, e’ reato permanente che si protrae unitariamente per tutto il periodo in cui perdura l’omesso adempimento. Il conseguenza di questo principio non e’ configurabile, in mancanza di ulteriori elementi che denotino la esistenza di una pluralita’ di reati, la continuazione in ragione di persistenti inadempimenti a favore del medesimo beneficiario. Ovvio, il rilievo che il termine di prescrizione del reato inizia a decorrere dalla cessazione della permanenza, coincidente con il sopraggiunto pagamento o con l’accertamento della responsabilita’ nel giudizio di primo grado – e, nel caso dal 30 novembre 2009 – sicche’ il reato in esame non e’ ad oggi prescritto (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 51499 del 04/12/2013, T., Rv. 25850401).
5. Trattandosi di annullamento parziale della sentenza afferente a statuizioni diverse da quelle sottese al gia’ avvenuto accertamento del reato e della responsabilita’ del ricorrente, la decisione sulla condanna diviene irrevocabile con la presente sentenza di legittimita’, con effetti preclusivi per il giudice del rinvio della declaratoria di eventuali sopravvenienti cause estintive del reato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catania. Rigetta nel resto il ricorso. Dichiara irrevocabile ex articolo 624 cod. proc. pen. il giudizio di colpevolezza del ricorrente
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