Legittimo il sequestro preventivo del complesso edilizio che ricada in una zona a rischio frana R4
Suprema Corte di Cassazione
sezione III penale
sentenza 14 febbraio 2017, n. 6891
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAMACCI Luca – Presidente
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 19/01/2016 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Giuseppe Riccardi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Fimiani Pasquale, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) ricorre per cassazione avverso l’ordinanza emessa il 19/01/2016 dal Tribunale di Catanzaro, con la quale veniva rigettata l’istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo di quattro fabbricati residenziali di un complesso edilizio in costruzione e delle due porzioni di edificio ubicate in parte in zona R4 ed in parte in zona di rispetto, emesso il 23/11/2015 dal Gip del Tribunale di Catanzaro in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera a).
Con un primo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla contestata violazione delle norme del PAI; lamenta che il Tribunale abbia omesso di esaminare i profili di erroneita’ della consulenza tecnica del P.M., dedotti con l’istanza di riesame, che avrebbe omesso di riportare nei propri elaborati grafici l’effettiva perimetrazione dell’area “a rischio frana” R4, limitandosi a rappresentare cartograficamente solo l’area soggetta “a pericolo frana”; deduce che la consulenza tecnica di parte dell’Ing. (OMISSIS) abbia documentato che due delle quattro ville sottoposte a sequestro ricadono nella c.d. fascia di rispetto dell’area a pericolo frana, che, tuttavia, non e’ classificata a rischio R4, ed e’ sottratta al vincolo di inedificabilita’ previsto dall’articolo 16, comma 1 b, delle norme di attuazione e misure di salvaguardia del PAI (Piano Assetto Idrogeologico); l’inesistenza di vincoli di inedificabilita’, peraltro, sarebbe stata affermata anche dall’Autorita’ di Bacino regionale, nel parere del 24/02/2015; lamenta, inoltre, che la nota tecnica dell’Autorita’ di Bacino del 28/03/2008 precisa che il PAI, nelle fasce di rispetto, non impone alcuna norma prescrittiva, mentre l’ordinanza impugnata ne avrebbe travisato il significato, rilevando la mancata dimostrazione difensiva di specifici studi geologici che dimostrassero la potenzialita’ edificatoria; deduce, inoltre, che la consulenza tecnica, la relazione geologica e la relazione sulla pericolosita’ sismica escludevano il rischio di fenomeni franosi R2, tant’e’ che nessun fabbricato presenta fenomeni fessurativi, grazie alla profondita’ delle loro fondazioni.
Con un secondo motivo, deduce la violazione di legge, per l’assoluta mancanza di motivazione in relazione alle specifiche doglianze formulate dal consulente di parte, Ing. (OMISSIS); lamenta che la consulenza di parte sia stata ritenuta inconferente, poiche’ basata su una cartografia risalente al 2010, antecedente alla riclassificazione dell’area dal livello di rischio R2 a R4; tuttavia, essa e’ l’unica tavola ufficiale emanata dall’Autorita’ di Bacino.
Con un terzo motivo, deduce la violazione di legge in relazione all’articolo 321 c.p.p.: lamenta che il sequestro sia stato emesso nei confronti di soggetti estranei al reato, terzi acquirenti in buona fede degli immobili, ultimati ed abitati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Premesso che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio e’ ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692), le doglianze proposte sono inammissibili, in quanto, pur deducendo formalmente il vizio di violazione di legge, censurano in realta’ la motivazione del provvedimento, deducendo quindi motivi non consentiti.
Invero, le censure proposte concernono il rapporto tra la fattispecie violata esecuzione della costruzione in zona a rischio R4, inedificabile secondo la disciplina PAI – e la valutazione operata dal Tribunale del riesame, che si sostiene aver omesso la considerazione dei rilievi critici svolti (sulla base della consulenza tecnica di parte) in ordine alla consulenza tecnica del P.M., sia con riferimento alla situazione concreta dei luoghi, sia con riferimento all’effettivo pregiudizio agli interessi del territorio recato dalle costruzioni ormai ultimate ed abitate da terzi acquirenti in buona fede.
Tuttavia, il provvedimento impugnato e’ diffusamente motivato, e non presenta profili di mancanza di motivazione o di erronea interpretazione o applicazione delle norme.
Invero, sulla base dell’adozione, da parte dell’Autorita’ di Bacino, della riclassificazione dell’area a rischio R4 (rischio molto elevato), e, dunque, dell’operativita’ delle misure di salvaguardia, vincolanti per il Comune e per i privati, ha ritenuto integrato il fumus del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera a), vigendo un vincolo di inedificabilita’ nell’area in oggetto, ricadente in parte in “area a rischio R4” e in parte in “area di rispetto”.
Al riguardo, va ribadito che, in materia urbanistica, a seguito della adozione dei piani urbanistici, ovvero dal momento in cui l’organo amministrativo competente delibera formalmente il piano e lo pubblicizza, onde consentire la presentazione delle osservazione da parte dei soggetti interessati, entrano in vigore le misure di salvaguardia, con lo scopo di impedire che antecedentemente alla approvazione del piano vengano eseguiti interventi che compromettano gli assetti territoriali previsti dal piano stesso, cosi’ che integrano la violazione della L. 28 febbraio 1985, n. 47, articolo 20, ora Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) gli interventi posti in essere dopo la adozione ed antecedentemente alla approvazione del piano ed eseguiti in contrasto con le misure di salvaguardia (Sez. 3, n. 37493 del 10/06/2003, Soluri, Rv. 226316).
Nel caso in esame, sebbene la riclassificazione dell’area in R4 fosse stata notificata al Comune di Catanzaro il 28/02/2011, e non potessero, pertanto, essere piu’ rilasciati permessi di costruire a decorrere dal 01/03/2011, il permesso di costruire per i fabbricati oggetto di vincolo risultava illegittimamente emesso il 17/01/2012, successivamente alla riclassificazione dell’area (Sez. 3, n. 36397 del 18/05/2011, Secondini, Rv. 251234 “integra il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, comma 1, lettera a), l’esecuzione di un intervento edilizio in mancanza del parere dell’Autorita’ di bacino sulla compatibilita’ idrogeologica dell’opera, pur nell’ipotesi di avvenuto rilascio del permesso di costruire”).
La verifica della sussistenza del fumus commissi delicti, nei limiti cognitivi e valutativi propri del giudizio di riesame reale, non e’ stata poi ritenuta incisa dai rilievi critici della consulenza di parte, che il Tribunale ha ritenuto non pertinenti, in quanto fondati su una cartografia risalente al 2010, antecedente alla riclassificazione dell’area. Tale argomentazione, del resto, oltre ad integrare un apprezzamento di fatto che, essendo immune da censure di illogicita’ o contraddittorieta’, e’ insindacabile in sede di legittimita’, implica altresi’ la manifesta insussistenza di un’ipotesi di omessa motivazione – unico profilo rilevante nel giudizio di legittimita’ in materia cautelare -. I vizi di logicita’, di contraddittorieta’ della motivazione, di travisamento del fatto o della prova, prospettati nel ricorso, come gia’ evidenziato, esulano dal sindacato di legittimita’ in materia reale.
Analogamente va osservato, quanto al profilo della buona fede dei terzi acquirenti, che oggetto del sequestro preventivo puo’ essere qualsiasi bene – a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona estranea al reato – purche’ esso sia, anche indirettamente, collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilita’, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (Sez. 3, n. 17865 del 17/03/2009, Quarta, Rv. 243751; Conf. Sez. 3, n. 17866 del 2009, non massimata).
Nel caso in esame, l’ordinanza impugnata ha correttamente rilevato, in ordine al periculum in mora, che non assume rilievo la buona fede dei terzi acquirenti, non ricorrendo un’ipotesi di sequestro funzionale alla confisca, bensi’ di sequestro c.d. “impeditivo”, finalizzato ad impedire che la libera disponibilita’ del bene possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato; pericolo insito nella stessa esistenza della struttura abusiva, realizzata in area soggetta a vincolo di inedificabilita’ assoluta.
3. Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 2.000,00: infatti, l’articolo 616 c.p.p. non distingue tra le varie cause di inammissibilita’, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di inammissibilita’ dichiarata ex articolo 606 c.p.p., comma 3, sia nelle ipotesi di inammissibilita’ pronunciata ex articolo 591 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
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