Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 10 gennaio 2017, n. 260

Le scarpate delle strade statali, provinciali e comunali al pari dei fossi e delle banchine ad esse latistanti, devono considerarsi parti delle strade medesime e perciò soggette allo stesso loro regime di demanialità, in forza della presunzione “iuris tantum” posta dall’art. 22 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. f., e per effetto del rapporto pertinenziale in cui si trovano con la sede stradale, quali elementi accessori la cui situazione statica è fattore determinante dell’agibilità della strada. In materia di responsabilità ex art. 2051 cod. civ., la custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze. Per assicurare la sicurezza degli utenti la P.A., quale proprietaria delle strade pubbliche, ha l’obbligo di provvedere alla relativa manutenzione nonché di prevenire e, se del caso, segnalare qualsiasi situazione di pericolo o di insidia inerente non solo alla sede stradale ma anche alla zona non asfaltata sussistente ai limiti della medesima. Indipendentemente dalla questione dell’appartenenza della zona corrispondente al ciglio erboso, l’esistenza dello scalino fra carreggiata e ciglio erboso occultato dalla folta vegetazione costituisce pericolo occulto, non specificatamente segnalato, rispetto al quale quindi si estendono gli obblighi di manutenzione della pubblica amministrazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III civile

sentenza 10 gennaio 2017, n. 260

Ritenuto in fatto

1. B.F. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Foggia – sezione di Trinitapoli l’Amministrazione Provinciale di Foggia chiedendo il risarcimento del danno conseguente a sinistro stradale. Espose in particolare l’attore che il giorno (omissis) l’autocarro da lui condotto aveva sbandato e si era ribaltato in quanto la ruota anteriore destra aveva sdrucciolato fuori della piattaforma stradale a causa di un notevole dislivello tra la parte asfaltata e la contigua parte in erba adiacente alla strada e che la responsabilità del sinistro era da addebitare alla Provincia di Foggia, proprietaria della strada.
2. Il Tribunale adito rigettò la domanda.
3. Avverso detta sentenza propose appello il B. . Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.
4. Con sentenza di data 28 dicembre 2012 la Corte d’appello di Bari rigettò l’appello. Motivò la corte territoriale, premessa l’applicabilità dell’art. 2051 c.c., che non era stato provato il nesso di causalità fra l’omissione custodiale e l’evento dannoso, essendo stato quest’ultimo determinato, così come dichiarato dal B. ai carabinieri in sede di confessione stragiudiziale (da valutare unitamente allo stato dei luoghi e alla mancata indicazione di altra causa specifica), dall’errata manovra dell’appellante il quale, incrociando un’autovettura proveniente in senso contrario, aveva oltrepassato la linea bianca della carreggiata posta alla propria destra, sconfinando nel ciglio erboso (la folta vegetazione avrebbe occultato la vista dello “scalino” fra carreggiata e ciglio erboso) non compreso nella proprietà della strada e di cui l’ente proprietario non rispondeva. Osservò che non poteva essere considerata insidia la mancanza di banchine laterali, non potendo essere qualificata negligente manutenzione la mancata realizzazione delle stesse. Aggiunse che in ogni caso l’errore del B. era evento di per sé sufficiente a causare l’evento dannoso con azione causale autonoma che non si collegava alle presunte “insidie” della strada, di cui il conducente doveva essere consapevole, adeguando la velocità e le manovre alle condizioni della strada, e che nella relazione di a.t.p. era stato indicato che a monte del luogo del sinistro risultavano una serie di segnali di pericolo.
5. Ha proposto ricorso per cassazione B.F. sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. È stata depositata memoria di parte.

Considerato in diritto

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt 2043, 2051, 2735 e 2719 c.c., 113 e 115 c.p.c., d.m. n. 223 del 1992, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4 c.p.c. Osserva il ricorrente che la corte territoriale non aveva considerato i seguenti elementi: le dichiarazioni rese ai carabinieri non costituivano confessione stragiudiziale; le anomalie del tratto di strada; il tratto erboso era di proprietà della Provincia di Foggia, che era perciò obbligata alla manutenzione; il guardrail non era posizionato in modo regolare, come emerso in sede di a.t.p., in violazione del d.m. n. 223 del 1992.
2. Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. Lamenta il ricorrente che la corte territoriale non ha preso in considerazione la mancata eliminazione del dislivello tra la parte asfaltata e la contigua parte in erba, nonché la mancata relativa segnalazione da parte della Provincia di Foggia quale proprietaria anche del manto erboso contiguo.
3. I due motivi, da valutare unitariamente in quanto connessi, sono fondati. Il giudice di merito ha accertato l’esistenza di uno “scalino” fra carreggiata e ciglio erboso occultato dalla folta vegetazione. Va premesso che le scarpate delle strade statali, provinciali e comunali al pari dei fossi e delle banchine ad esse latistanti, devono considerarsi parti delle strade medesime e perciò soggette allo stesso loro regime di demanialità, in forza della presunzione “iuris tantum” posta dall’art. 22 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. f., e per effetto del rapporto pertinenziale in cui si trovano con la sede stradale, quali elementi accessori la cui situazione statica è fattore determinante dell’agibilità della strada (Cass. 28 novembre 1991, n. 12759). In materia di responsabilità ex art. 2051 cod. civ., la custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze (Cass. 12 maggio 2015, n. 9547). Per assicurare la sicurezza degli utenti la P.A., quale proprietaria delle strade pubbliche, ha l’obbligo di provvedere alla relativa manutenzione nonché di prevenire e, se del caso, segnalare qualsiasi situazione di pericolo o di insidia inerente non solo alla sede stradale ma anche alla zona non asfaltata sussistente ai limiti della medesima (Cass. 14 marzo 2006, n. 5445; 4 ottobre 2013, n. 22755). Indipendentemente dalla questione dell’appartenenza della zona corrispondente al ciglio erboso, l’esistenza dello scalino fra carreggiata e ciglio erboso occultato dalla folta vegetazione costituisce pericolo occulto, non specificatamente segnalato, rispetto al quale quindi si estendono gli obblighi di manutenzione della pubblica amministrazione.
3.1. Il giudice di merito ha statuito nel senso che la manovra del B. era evento di per sé sufficiente a causare l’evento dannoso con azione causale autonoma. Allorquando sia accertato il carattere insidioso del pericolo stradale, non segnalato dall’Amministrazione proprietaria, in violazione delle norme del codice della strada, il giudice, nell’accertare la responsabilità nella verificazione dell’evento dannoso, non può limitarsi a valutare la condotta del conducente sotto il profilo della prevedibilità del pericolo, ma deve al contempo valutare l’eventuale efficacia causale, anche concorrente, che abbia assunto la condotta omissiva colposa dell’Amministrazione nella produzione del sinistro (Cass. 13 aprile 2007, n. 8847). Il giudice di merito non ha effettuato tale valutazione. In mancanza di essa non è possibile statuire, come ha fatto la corte territoriale, nel senso dell’interruzione del nesso eziologico tra la causa del danno ed il danno stesso per un comportamento colposo dell’utente danneggiato. Dovrà quindi il giudice di merito valutare l’eventuale efficacia causale, anche concorrente, che abbia assunto la condotta omissiva colposa dell’Amministrazione nella produzione del sinistro.
4. Con il terzo motivo si denuncia nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per violazione degli artt. 2043, 2051, 2735 e 2719 c.c., 113 e 115 c.p.c., d.m. n. 223 del 1992.
Osserva il ricorrente che in relazione alla normativa citata sussiste la nullità della sentenza e del procedimento.
4. 1. L’accoglimento dei precedenti motivi determina l’assorbimento del motivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, con assorbimento del terzo motivo, e cassa la sentenza impugnata; rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Bari, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

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