In tema di reati pedopornografici, non può ritenersi configurabile il reato di pornografia minorile desumendo la volontà di diffondere file contenenti materiale pedopornografico acquisiti via web per il sol fatto che l’imputato abbia utilizzato il programma E-mule (software utilizzabile liberamente per scaricare e condividere files di ogni genere mediante il sistema peer to peer), né può ritenersi provata la volontà di diffusione sulla scorta del solo utilizzo di tale programma
Suprema Corte di Cassazione
sezione III penale
sentenza 7 ottobre 2016, n. 42433
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRILLO Renato – Presidente
Dott. LIBERATI Giovanni – rel. Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 17/4/2014 della Corte d’appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore genera Dr. Baldi Fulvio, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17 luglio 2014 la Corte d’appello di Genova ha confermato la sentenza del 3 maggio 2013 del Tribunale di Genova, con cui (OMISSIS) era stato condannato alla pena di mesi 9 e giorni 10 di reclusione ed Euro 2.000 di multa per i reati di cui all’articolo 600 ter c.p. (per avere diffuso per via telematica materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni 18) e articolo 600 quater c.p. (per essersi consapevolmente procurato ed avere detenuto materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni 18, in particolare due filmati ritraenti bambine intente a compiere atti sessuali con adulti).
La Corte territoriale, nel disattendere le censure dell’imputato, ha ritenuto sussistente la volonta’ di detenzione dei file pedopornografici, alla luce del loro trasferimento dal disco rigido del computer dell’imputato su supporti mobili di piu’ sicura e lunga durata, e della sottoscrizione di questi ultimi da parte dell’imputato mediante firma apposta sul supporto magnetico, ed anche la volonta’ di diffusione degli stessi, in conseguenza dell’utilizzo da parte del ricorrente del software (OMISSIS), noto strumento in-out che in tanto acquisisce in quanto diffonde.
La Corte d’appello ha poi condiviso la valutazione del primo giudice circa l’insussistenza di elementi di positiva valutazione al fine del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e ritenuta corretta ed adeguata la determinazione della misura della pena.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato mediante il suo difensore, affidato a tre motivi, cosi’ riassunti entro i limiti previsti dall’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione di legge in relazione all’articolo 600 ter c.p., lamentando che la Corte territoriale aveva ritenuto dimostrata la sussistenza dell’elemento soggettivo di tale reato, ed in particolare la volonta’ di acquisire e diffondere il filmato pornografico di cui era stata riscontrata la presenza nella cartella di default creata dal programma di file sarin (OMISSIS), solamente sulla base dell’utilizzo di tale software, in assenza di elementi ulteriori circa l’intenzionalita’ della diffusione, richiesti dalla giurisprudenza di legittimita’ per la sussistenza di detto reato, sottolineando che il file incriminato era stato trovato nella cartella di default del programma (OMISSIS), cioe’ la cartella creata dal programma all’atto della sua installazione sul computer, tra le ore 12,43 e le ore 12,54 del (OMISSIS).
2.2. Con il secondo motivo ha lamentato vizio di motivazione in ordine al reato di cui all’articolo 600 quater c.p., per l’insufficiente considerazione della affermazione dell’imputato di aver salvato i file memorizzati a blocchi, senza visionarli, tenendo anche conto del numero imponente (circa 1.400) di filmati archiviati dal ricorrente su supporto dvd: tale elemento, benche’ allegato con l’atto d’impugnazione, non era stato adeguatamente considerato dalla Corte d’appello, con la conseguente insufficienza della motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato di cui al capo b).
2.3. Con il terzo motivo ha lamentato vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, per la svalutazione ingiustificata dei dati della assenza di precedenti, dello svolgimento di attivita’ lavorativa e del corretto comportamento processuale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ fondato limitatamente alle censure sollevate in relazione al capo a), relativo al reato di cui all’articolo 600 ter c.p..
1. Questa Corte ha gia’ affermato che in tema di pornografia minorile la sussistenza del reato di cui all’articolo 600 ter c.p., comma 3, deve essere esclusa nel caso di semplice utilizzazione di programmi di file sharing che comportino l’acquisizione e la condivisione con altri utenti nella rete internet di files contenenti materiale pedopornografico, quando difettino ulteriori elementi indicativi della volonta’ dell’agente di divulgare tale materiale (cosi’ Sez. 3, n. 19174 del 13/01/2015, Colombo, Rv. 263373, relativa a fattispecie in cui la coscienza e volonta’ di divulgazione e’ stata desunta dalla condivisione per lunghissimo periodo dei files scaricati e dal loro effettivo scaricamento da parte di altri utenti; conf. Sez. F, n. 46305 del 07/08/2014, Trapasso, Rv. 261045, secondo cui e’ configurabile il dolo generico nella condotta del navigatore in “internet” che non si limiti alla ricerca e raccolta di immagini e filmati di pornografia minorile, tramite programmi di “file-sharing” o di condivisione automatica, come il programma “(OMISSIS)”, ma operi una selezione del materiale scaricato, inserendolo i prodotti multimediali in una apposita cartella di condivisione personalizzata; conf. Sez. 3, n. 33157 del 11/12/2012, Moscuzza, Rv. 257257; Sez. 3, n. 44914 del 25/10/2012, M., Rv. 253558; nonche’ Sez. 3, 44065 del 10/11/2011, Pagura, Rv. 251401, che ha ribadito che l’utilizzo, ai fini dell’acquisizione via “Internet” di materiale pedopornografico, di programmi che comportino l’automatica condivisione dello stesso con altri utenti, non implica per cio’ solo, ed in assenza di ulteriori specifici elementi, la volonta’, nel soggetto agente, di divulgare detto materiale).
1.1. Ora, nella vicenda in esame, la Corte d’appello di Genova, pur richiamando tale orientamento interpretativo, ha, tuttavia, ravvisato la responsabilita’ dell’imputato in ordine al reato di cui al capo a), ritenendo integrata la volonta’ di diffusione del file video di contenuto pedopornografico denominato “(OMISSIS)”, ed la successiva diffusione del file, sulla base della scelta dello strumento di acquisizione, e cioe’ il programma (OMISSIS), che, notoriamente, e’ uno strumento in-out che in tanto acquisisce in quanto diffonde, sottolineando che se l’imputato avesse voluto solamente acquisire e non anche diffondere il file avrebbe utilizzato l’usuale funzione di download del browser, senza ricorrere al programma (OMISSIS); l’utilizzo di tale programma, unitamente all’impiego nella stringa di ricerca del termine sex, senza selezionare preventivamente l’oggetto della ricerca, integrerebbe volonta’ di diffusione dei files pedopornografici.
In sostanza la Corte d’appello ha ritenuto sussistente il reato, ed in particolare la volonta’ di diffondere il file video di contenuto pedopornografico acquisito dall’imputato via web, utilizzando il programma (OMISSIS) (che e’ un software utilizzabile liberamente per scaricare e condividere files di ogni genere mediante il sistema peer to peer), come pure la effettiva diffusione di tale video, sulla scorta del solo utilizzo di tale programma, omettendo, tuttavia, di tenere conto delle affermazioni dell’imputato, a proposito del fatto di aver prima scaricato una serie di files di suo interesse, selezionando e scartando quanto non di interesse, ed il fatto che il file in questione era stato trovato nella cartella di default del programma (OMISSIS), cioe’ la cartella creata dal programma all’atto della sua installazione sul computer, tra le ore 12,43 e le ore 12,54 del (OMISSIS).
Ne consegue, alla stregua dei principi interpretativi ricordati, l’insufficienza della motivazione della sentenza impugnata, sia a proposito della volonta’ dell’imputato di diffondere il suddetto file video, non essendo stati evidenziati elementi significativi ulteriori (quali quelli evidenziati nelle varie pronunzie richiamate) rispetto alla mera acquisizione del file, dai quali ricavare la certa volonta’ dell’imputato di acquisire e detenere il file video allo scopo di diffonderlo a terzi; sia a proposito della certa ed effettiva diffusione o divulgazione del file video, che costituisce la condotta incriminata, e deve, dunque, essere accertata incontrovertibilmente.
Ne consegue, in definitiva, la fondatezza del primo motivo di ricorso, che comporta l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo a) della rubrica, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova, per nuovo esame in ordine alla sussistenza di tale reato.
2. Il secondo motivo di ricorso, mediante il quale e’ stata denunciata l’insufficienza della motivazione in ordine al reato di cui al capo b), e’, invece, infondato.
Al riguardo la Corte d’appello ha ritenuto la piena consapevolezza in capo al ricorrente del contenuto pornografico dei due files video realizzati utilizzando minori degli anni diciotto (ritraenti bambine nel compimento di atti sessuali con adulti), in considerazione della non equivocita’ del nome di tali files (uno denominato (OMISSIS), con l’indicazione dell’eta’ di 12 anni della bambina ivi riprodotta, e l’altro con parole indicanti in modo indubbio il contenuto, tra cui sexo infantil, reelkiddymov, underage, pedo illegal), che non poteva determinare dubbi di sorta sul contenuto dei files; nonche’ alla luce della loro conservazione da parte dell’imputato, mediante salvataggio su un supporto mobile esterno al suo personal computer, di piu’ sicura e lunga conservazione, trattandosi di un dvd, tra l’altro autografato dall’imputato.
Sulla base di tali elementi la Corte territoriale ha, dunque, ritenuto la piena consapevolezza del contenuto dei files audio nella disponibilita’ dell’imputato, giacche’ l’operazione di scaricarli richiedeva, quanto meno, la verifica del loro nome, indice inequivoco del loro contenuto, anche in caso di scaricamento c.d. massivo di numerosi files (quali quelli trovati nella disponibilita’ dell’imputato), ed inoltre la loro successiva conservazione su supporto esterno era indice certo della volonta’ di conservarli.
Tali considerazioni risultano logiche e danno adeguata risposta alle censure sollevate dall’appellante, essendo stati evidenziati gli elementi di fatto da cui trarre, in modo logico, la consapevolezza da parte dell’imputato del contenuto di detti files e la volonta’ di conservarli, ed essendo stati esaminati e disattesi i rilievi del ricorrente in ordine alla mancanza di tale consapevolezza, fondati sul numero di files scaricati dall’imputato (nella cui abitazione erano stati altri 7 od 8 dvd anch’essi contenenti filmati pornografici) e sulla presenza nel dvd su cui erano stati salvati i due files video di contenuto pedopornografico di altri 180 files video: la Corte d’appello ha al riguardo evidenziato il dato inequivoco costituito dal nome dei files di contenuto pedopornografico salvati dall’imputato, indice della certa consapevolezza del loro contenuto, ed il loro salvataggio su supporto esterno, richiedente, comunque, una operazione rivolta anche a tali files e, dunque, una attenzione agli stessi.
Il secondo motivo, relativo al reato di cui al capo b), risulta, in conclusione, infondato e deve essere rigettato.
3. Il terzo motivo, relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, risulta assorbito dall’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, sia pure limitatamente al solo capo a), dovendo la Corte territoriale procedere a nuovo esame al riguardo, all’esito del quale si pronunziera’ anche in ordine al trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte
d’appello di Genova, limitatamente al reato di cui al capo A).
Rigetta nel resto il ricorso.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalita’ e gli altri identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.
Leave a Reply