Non costituisce motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell’esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla parte medesima a sostegno delle proprie conclusioni
Consiglio di Stato
sezione adunanza plenaria
sentenza 27 luglio 2016, n. 21
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Adunanza Plenaria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9 di A.P. del 2016, proposto da:
Ro. Ge. s.p.a. in persona del legale rappresentante, in proprio e quale mandataria del raggruppamento con Consorzio Stabile Ro. Fa. Se. 2010, rappresentata e difesa dagli avvocati Re. Fe., ed altri, con domicilio eletto presso l’avvocato Ra. Fe. in Roma, corso (…);
contro
Co. s.p.a. in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato An. Cl., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
Ci. s.a. in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Br., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
nei confronti di
Md. Gr. sr.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato An. Fe., con domicilio eletto presso l’avvocato Gi. Pl. in Roma, via (…);
Fi. s.p.a. in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Di. Gi. ed Eu. Pi., con domicilio eletto presso l’avvocato Eu. Pi. in Roma, Via (…);
Ca. Gi. & C. s.r.l. ed El. Se. s.r.l. in persona dei rispettivi legali rappresentanti, non costituite in giudizio;
Co. & Li. s.r.l. in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Sa. St. Da., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza (…);
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato – Adunanza Plenaria n. 00005/2016, resa tra le parti, concernente affidamento del servizio luce e dei servizi connessi per le pubbliche amministrazioni
Visti il ricorso in revocazione e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Co. s.p.a. e di Ci. s.a. e di Md. Gr. s.r.l. e di Fi. s.p.a. e di Co. & Li. s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2016 il consigliere Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati Fe., Vi., Br., Cl. che richiede un eventuale dispositivo, St. Da., e An. Fe. per se e per delega degli avvocati Di. Gi. e di Pi..;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso al Tribunale Amministrativo del Lazio, sede di Roma, rubricato al n. 2832/2015, Ro. Ge. s.p.a. in persona del legale rappresentante, in proprio e quale mandataria del raggruppamento con Consorzio Stabile Ro. Fa. Se.2010, impugnava il provvedimento prot. 671 del 13 gennaio 2015 con il quale Co. s.p.a. aveva disposto la sua esclusione dalla gara per l’affidamento del servizio luce e dei servizi connessi per le pubbliche amministrazioni, lotti 5 e 6, nonché il silenzio diniego serbato sull’istanza di autotutela in data 20 gennaio 2015 e ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.
Con motivi aggiunti estendeva l’impugnazione alla nota prot. 3783 del 12 febbraio 2015 con cui Co. ha riscontrato l’istanza di autotutela, confermando l’esclusione della ricorrente.
Con ulteriori motivi aggiunti impugnava la nota 24 marzo 2015 prot. 8069 con cui Co. s.p.a., richiamato il provvedimento di esclusione prot. 671/2015 e le previsioni di cui ai paragrafi 2 e 4.1 del disciplinare di gara, ha escusso le fideiussioni presentate da Ro. Ge. s.p.a. in sostituzione delle cauzioni provvisorie prescritte per i lotti 5 e 6 della gara de qua, di importo pari a € 1.200.000,00 per il lotto 5 e € 870.000,00 per il lotto 6.
La ricorrente riferiva di avere partecipato alla gara indetta da Co. s.p.a. con bando in data 19 dicembre 2012 per l’affidamento del servizio luce e dei servizi connessi per le pubbliche amministrazioni, lotti 5 e 6, classificandosi al primo posto.
Al termine del procedimento di verifica della anomalia, con successive note del 30 ottobre 2014 e del 12 novembre 2014 Co. ha comunicato che a seguito di verifiche di ufficio sulle dichiarazioni sostitutive rese in gara erano emerse a carico di alcune consorziate esecutrici del mandante Consorzio Ro. Fa. Se. 2010 le seguenti irregolarità:
– per El. Se. S.r.l., la dichiarazione del legale rappresentante Amoroso, attestante che “nei confronti dei soggetti di cui all’art. 38, comma i lettere b) e D. Lgs. 163/2006 e del preposto alla gestione tecnica di cui al D.M. 37/2008” non erano stati pronunciati provvedimenti penali definitivi, non era veritiera, in quanto era risultata una sentenza di applicazione della pena su richiesta emessa dal Tribunale Militare per “violazione delle norme sulla obiezione di coscienza” nei confronti del socio al 50% De. Lu. e una sentenza di applicazione della pena su richiesta di parte, emessa in data 3.8.1992, per il “reato di furto ex art. 624 c.p.” nei confronti del preposto alla gestione tecnica Gargiulo;
– per Ca. Gi. S.r.l., il DURC rilasciato a Co. il 28.10.2014 per verifica della dichiarazione presentata in data 22.2.2013 era risultato negativo in relazione a “premi assicurativi per gli anni 2012-2013 per un importo di e 23.328,00” dovuti a INAIL e altro “insoluto da quantificare” per contributi INPS;
– per MD. Gr. S.r.l., il DURC rilasciato a Co. il 27.10.2014 per verifica della dichiarazione presentata in data 14.2.2013 era risultato negativo per l’importo di € 600,00 in relazione a “diffide pagate dopo la data di verifica autodichiarazione ruoli dovuti e inad. Matricola collegata”.
Con provvedimento in data 13.01.2015 Co., a seguito delle deduzioni difensive della Ro. Ge., disponeva l’esclusione del R.T.I. Romeo sul presupposto della irregolarità dei DURC, ritenendo che l’onere di invitare l’interessato alla regolarizzazione prima di emettere DURC negativo non si applicasse ai DURC rilasciati in sede di verifica delle autodichiarazioni;
quanto alla mancata dichiarazione della condanna per il reato di furto del 1992 del preposto alla gestione tecnica della El. Se. S.r.l., ha ritenuto che le dichiarazioni “per quanto a propria conoscenza” valevano solo per gli esponenti sociali non più in carica.
Avverso gli atti in epigrafe Ro. Ge. s.p.a. ha quindi proposto il suddetto ricorso deducendo i seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 38, co. 1, lett. i), del d.lgs. 163/2006 e dell’art. 48 del d.p.r. n. 445/2000. Violazione degli artt. 31, co. 8, del d.l. 21.06.2013 n. 69 e 7, co. 3 del d.m. 24.10.2007. Violazione dei principi in materia di esclusione. Eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza di istruttoria, falso presupposto. Sviamento.
2) violazione dell’art. 38, co. 1, lett. b) e c) d.lgs. 163/2006. Violazione del disciplinare di gara, par. 2 e all. 1 bis. Violazione dei principi in materia di esclusione. Eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza di istruttoria, falso presupposto. Sviamento.
Con nota prot. 3783 del 12.2.2015 Co. ha riscontrato l’istanza di annullamento in autotutela della esclusione dalla gara presentata dalla ricorrente.
Tale atto è stato impugnato con motivi aggiunti depositati il 19 marzo 2015 in cui si deduce:
1) illegittimità derivata dai provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo;
2) violazione dell’art. 38, co. 1, lett. i), del d.lgs. 163/2006 e dell’art. 48 del d.p.r. n. 445/2000. Violazione degli artt. 31, co. 8, del d.l. 21.06.2013 n. 69 e 7, co. 3, del d.m. 24.10.2007. Violazione dei principi in materia di esclusione. Eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza di istruttoria, falso presupposto. Sviamento;
3) altra violazione dell’art. 38, co. 1, lett. i) e dell’art. 48 d.p.r. 445/2000. Illegittimità dell’art. 38, co. 1 principium; lett. i); co. 3 d.lgs. 163/2006 e 43 d.p.r. 445/2000 per contrasto con gli artt. 45 dir. 18/2004, 49 e 56 tfue. Eccesso di potere per difetto di motivazione.
4) violazione dell’art. 38, co. 1, lett. b) e c), del d.lgs. 163/2006. Violazione del disciplinare di gara, par. 2 e all. 1 bis e dell’art. 24 del d.p.r. 313/2002. Violazione dei principi in materia di esclusione. Eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza di istruttoria, falso presupposto. Sviamento.
Con nota 24 marzo 2015 prot. 8069 Co. s.p.a., dopo aver richiamato il provvedimento di esclusione prot. 671/2015 e le previsioni di cui ai paragrafi 2 e 4.1 del disciplinare di gara, ha escusso le fideiussioni presentate dalla ricorrente in sostituzione delle cauzioni provvisorie prescritte per i lotti 5 e 6 della gara de qua, di importo pari a € 1.200.000,00 per il lotto 5 e € 870.000,00 per il lotto 6.
Tale provvedimento è stato impugnato con motivi aggiunti depositati il 20 aprile 2015, con i quali la ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:
1) illegittimità derivata dal provvedimento di esclusione;
2) violazione dell’art. 48 d.lgs. 163/02006, dell’art. 3 l. 689/1981 e dell’art. 25, co. 2, Cost. nonché dei principi generali in materia di sanzioni amministrative. eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà.
La ricorrente chiedeva quindi l’annullamento dei provvedimenti impugnati.
Con sentenza n. 10310 in data 28 luglio 2015 il Tribunale Amministrativo del Lazio, sede di Roma, Sezione III, accoglieva il ricorso nella sola parte relativa all’escussione delle cauzioni, respingendolo per il resto.
2. Avverso la predetta sentenza Ro. Ge. s.p.a. proponeva ricorso in appello a questo Consiglio di Stato, (rubricato al n. 7396/2015) contestando gli argomenti, presupposto della decisione, e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento dell’impugnazione proposta in primo grado.
Avverso la stessa sentenza proponeva appello incidentale Co. s.p.a. chiedendo la sua riforma nella parte relativa all’escussione delle garanzie.
Con ordinanza n. 4540 in data 29 settembre 2015 la Quarta Sezione del Consiglio di Stato rimetteva l’affare all’Adunanza Plenaria.
L’Adunanza Plenaria con sentenza 29 febbraio 2016, n. 5, respingeva l’appello principale e accoglieva l’appello incidentale affermando, per quanto ora interessa, il seguente principio di diritto:
«Anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva. L’istituto dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già previsto dall’art. 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d’appalto».
3. Con ricorso rubricato al n. 2707/2016 Ro. Ge. s.p.a. chiede la revocazione della suddetta sentenza, sostenendo essere questa inficiata da errore di fatto, consistente nell’omessa considerazione di una censura dedotta in primo e in secondo grado, chiedendo quindi l’accoglimento dell’appello.
Si è costituita Co. s.p.a. chiedendo la declaratoria dell’inammissibilità ovvero il rigetto dell’appello.
Analoghe conclusioni sono state formulate da Ci. s.a. e da Conersione & Li..
MD. Gr. s,r,l, e Fi. s.p.a. si sono costiuite in giudizio chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Le parti hanno scambiato memorie e repliche.
La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 22 giugno 2016.
4. La ricorrente sostiene che la sentenza indicata in epigrafe è inficiata da errore revocatorio in quanto il giudice ha del tutto trascurato uno dei motivi di impugnazione, ritenuto decisivo per la soluzione della controversia, in tal modo dimostrando di non avere esattamente percepito il contenuto dell’impugnazione proposta.
Come si ricava dalla pregressa narrativa, la ricorrente è stata esclusa dalla procedura di cui si tratta in quanto la sua dichiarazione circa la regolarità contributiva propria e degli associati nonostante fosse conforme ai DURC in suo possesso è stata smentita dal DURC acquisito d’ufficio dall’Amministrazione in sede di verifica della medesima dichiarazione.
Nell’esaminare tale problematica l’Adunanza Plenaria ha espresso il principio di diritto sopra riportato.
Secondo la ricorrente quanto affermato dall’Adunanza Plenaria non esaurisce la problematica proposta.
Il giudice avrebbe infatti trascurato di affrontare la censura, proposta nel ricorso introduttivo e con il secondo motivo dei primi motivi aggiunti, con la quale era stato affermato che la regolarità della posizione della ricorrente e associati in ordine agli adempimenti contributivi non risultava solo dai DURC acquisiti prima di formulare la dichiarazione necessaria per partecipare alla procedura; la ricorrente aveva sottolineato come la regolarità contributiva era attestata anche da DURC rilasciati successivamente alla data di sottoscrizione della propria dichiarazione impegnativa.
La ricorrente afferma che ciò costituisce errore di fatto consistente nell’omessa lettura e discussione di un motivo di impugnazione, chiedendo quindi la revocazione della sentenza in epigrafe; sostiene inoltre che l’argomentazione proposta doveva portare all’affermazione di un diverso principio di diritto, e all’accoglimento del gravame.
Tale impostazione non può essere condivisa.
Deve in primo luogo essere rilevato che non tutta l’illustrazione svolta dal ricorrente in un giudizio di impugnazione costituisce motivo di ricorso.
Occorre, infatti, distinguere tra motivo di ricorso e argomentazione a ciascuno dei motivi sostegno del medesimo.
Il motivo di ricorso, infatti, delimita e identificala domanda spiegata nei confronti del giudice, e in relazione al motivo si pone l’obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato, nel senso che il giudice deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi.
A sostegno del motivo – che identifica la domanda prospettata di fronte al giudice – la parte può addurre, poi, un complesso di argomentazioni, volta a illustrare le diverse censure, ma che non sono idonee, di per se stesse, ad ampliare o restringere la censura, e con essa la domanda.
Rispetto a tali argomentazioni non sussiste un obbligo di specifica pronunzia da parte del giudice, il quale è tenuto a motivare la decisione assunta esclusivamente con riferimento ai motivi di ricorso come sopra identificati.
Nel caso che ora occupa il motivo dedotto dalla odierna ricorrente mira alla affermazione secondo la quale la dichiarazione resa dal partecipante a una gara pubblica di contenuto conforme a un DURC in suo possesso e in corso di validità consente la sua ammissione nonostante la stazione appaltante abbia acquisito d’ufficio un DURC negativo; quest’ultimo impone solo la regolarizzazione della posizione contributiva, nei termini che fino a quel momento l’imprenditore legittimamente ignorava.
Nella logica di tale doglianza è irrilevante il fatto che il DURC in possesso dell’imprenditore sia confermato da un DURC successivo: la tesi del ricorrente è che la partecipazione alla gara è legittimata dal DURC in suo possesso, sulla cui base viene redatta l’autodichiarazione di regolarità contributiva; di conseguenza, nella logica dell’impugnazione costituisce al massimo un rafforzativo il richiamo alla presenza di DURC successivi alla presentazione della domanda di partecipazione al procedimento amministrativo.
Non può quindi essere affermato che quanto evidenziato dalla ricorrente in revocazione costituisca motivo di impugnazione.
Considerazioni connesse con quelle fino a ora svolte impongono poi di affermare che l’omessa esame dell’argomentazione richiamata dalla ricorrente non ha influito sulla decisione della controversia.
Il principio di diritto enunciato afferma univocamente che l’accertamento della regolarità contributiva del partecipante alla gara deve essere svolto sulla base del DURC richiesto d’ufficio dall’Amministrazione in sede di verifica delle autodichiarazioni, mentre non rilevano le risultanze dei DURC richiesti dall’impresa.
E’ evidente che il principio è applicabile tanto se il DURC è stato ottenuto prima della sottoscrizione dell’autodichiarazione quanto, e anzi a maggior ragione, se il DURC è stato rilasciato successivamente.
In entrambi i casi, infatti, il documento non consente di superare quanto risulta dal DURC acquisito d’ufficio.
5. In conclusione l’Adunanza Plenaria enuncia il seguente principio di diritto: “non costituisce motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell’esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla parte medesima a sostegno delle proprie conclusioni”.
In relazione al caso di specie deve essere affermato che la sentenza di cui si chiede la revocazione non ha affatto omesso l’esame di un motivo di ricorso, e che gli argomenti, rafforzativi del motivo di impugnazione dedotto, ai quali fa riferimento il ricorrente non sono decisivi per orientare diversamente il giudice.
Il ricorso in revocazione deve quindi essere dichiarato inammissibile.
In ragione della parziale novità e complessità delle questioni trattate le spese devono per metà essere compensate fra le parti costituite; per la restante metà devono essere poste a carico della ricorrente in favore delle parti resistenti, nella misura liquidata in dispositivo; spese compensate nei confronti delle intervenienti “ad adiuvandum”.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) definitivamente pronunciando sul ricorso in revocazione n. 2707/2016, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Per metà compensa integralmente spese e onorari del giudizio fra le parti; per la restante parte, condanna la ricorrente in revocazione alla rifusione di spese e onorari del giudizio in favore di Co. s.p.a., Ci. S.A., Co. & Li. s.r.l., liquidandole in complessivi € 6.000,00 (seimila/00) oltre agli accessori di legge in favore di ciascuna delle suddette Società; spese integralmente compensate nei confronti delle intervenienti “ad adjuvandum” Md. Gr. s.r.l. e Fi. s.p.a.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:
Alessandro Pajno – Presidente
Filippo Patroni Griffi – Presidente
Sergio Santoro – Presidente
Giuseppe Severini – Presidente
Luigi Maruotti – Presidente
Carlo Deodato – Consigliere
Nicola Russo – Consigliere
Sandro Aureli – Consigliere
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Manfredo Atzeni – Consigliere, Estensore
Raffaele Greco – Consigliere
Claudio Contessa – Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg – Consigliere
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