Gli impianti fognari, una volta inseriti nel sistema delle fognature comunali, rientrano nella sfera di controllo dell’ente pubblico che, come custode, risponde, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei danni collegati causalmente alla cosa, salva la prova del caso fortuito
Suprema Corte di Cassazione
sezione III civile
sentenza 7 luglio 2016, n. 13945
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9492-2013 proposto da:
ROMA CAPITALE, (OMISSIS) in persona del Sindaco (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del liquidatore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1216/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/04/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La s.r.l. (OMISSIS) convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, il Comune della stessa citta’, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni conseguenti all’allagamento del locale ad uso garage di sua proprieta’, dovuto alla cattiva manutenzione della rete fognaria comunale alla quale era allacciata quella del fabbricato.
Si costitui’ in giudizio il Comune di Roma, eccependo in rito il proprio difetto di legittimazione passiva per essere la strada luogo dell’evento dannoso di proprieta’ privata e non comunale, e chiedendo nel merito il rigetto della domanda.
Espletata una c.t.u., il Tribunale accolse la domanda per quanto di ragione e condanno’ il convenuto al risarcimento dei danni liquidati nella misura di Euro 23.731,71, oltre interessi, rivalutazione e con il carico delle spese di giudizio.
2. La pronuncia e’ stata appellata dal Comune soccombente e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 5 marzo 2012, ha rigettato il gravame ed ha condannato l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.
Ha osservato la Corte territoriale che il primo motivo di appello si appuntava sul fatto che la sentenza di primo grado non aveva considerato che la fognatura condominiale della societa’ attrice non riversava i liquami direttamente in quella comunale, bensi’ in una fognatura consortile che correva lungo un’area privata della quale il Comune non aveva la manutenzione. Tale motivo e’ apparso alla Corte infondato in quanto – come gia’ rilevato dal Tribunale – vi era in atti una lettera del 18 luglio 2000 con la quale il Direttore della XIX Circoscrizione aveva comunicato all’avvocatura comunale che la fognatura in questione era in manutenzione al Comune di Roma, come risultava dall’effettuazione, proprio nel 1999, di lavori di eliminazione delle ostruzioni dalla fogna stessa; i lavori cui si riferiva la lettera erano successivi ai fatti di causa, per cui la lettera suindicata conteneva un riconoscimento, da parte del Comune, dell’esistenza di un obbligo di manutenzione a suo carico della fognatura che aveva determinato il danno, e tanto a prescindere dal percorso compiuto da questa prima di immettersi nella fognatura comunale. Ha poi aggiunto la Corte d’appello che la successiva nota, proveniente sempre dalla Circoscrizione, in data 8 giugno 2001, con la quale si attestava che la Via (OMISSIS) non era nella manutenzione del Comune non poteva ritenersi in contrasto con quella del 18 luglio 2000, giacche’ faceva riferimento ad un obbligo di manutenzione di una strada e non di una condotta fognaria.
In riferimento al secondo motivo di appello – col quale il Comune aveva contestato la mancata adozione, da parte del Condominio della societa’ danneggiata, di un sistema antirigurgito – la Corte romana ha osservato che tale eccezione era stata sollevata dal Comune solo con la memoria di cui all’articolo 184 cod. proc. civ.; per cui, trattandosi di eccezione in senso stretto e non di mera deduzione difensiva, tale profilo non avrebbe dovuto neppure essere preso in esame dal Tribunale (che, peraltro, aveva ritenuto la questione infondata nel merito).
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre Roma Capitale con atto affidato a quattro motivi e supportato da memoria.
Resiste con controricorso la s.r.l. (OMISSIS), gia’ s.r.l. (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Occorre innanzitutto rilevare che la societa’ controricorrente ha posto due eccezioni preliminari di inammissibilita’ del ricorso.
1.1. La prima eccezione riguarda un presunto vizio della procura alle liti conferita dal Sindaco di Roma al difensore avv. (OMISSIS), procura che sarebbe priva del necessario requisito della specialita’.
L’eccezione e’ infondata.
Risulta dagli atti che il mandato in favore del suindicato difensore e’ stato rilasciato dalla parte ricorrente in calce al ricorso. E’ vero che esso contiene una formula generica, ossia una delega a rappresentare Roma Capitale in ogni fase e grado del giudizio senza specifica indicazione del giudizio di cassazione e della sentenza impugnata; ma e’ altrettanto vero che detta procura forma un corpo unico con l’atto di ricorso, nel quale c’e’, nella pagina n. 1, il puntuale richiamo alla sentenza d’appello impugnata. Sono in tal modo soddisfatti i requisiti di cui all’articolo 365 cod. proc. civ. cosi’ come individuati dalla giurisprudenza di questa Corte, poiche’ la procura in questione garantisce di essere stata apposta in data successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata ed anteriore alla notifica del ricorso ed investe il difensore del potere di rappresentare l’assistito in relazione a quel determinato giudizio, identificato dal richiamo contenuto alla sentenza di appello; la procura posta a margine del ricorso o del controricorso, del resto, e’ da ritenere speciale in quanto si riferisce comunque al processo al quale accede (v., in argomento, le sentenze 28 marzo 2006, n. 7084, 13 dicembre 2010, n. 25137, 14 novembre 2011, n. 23777, 24 gennaio 2012, n. 929, nonche’ l’ordinanza 11 settembre 2014, n. 19226).
1.2. La seconda eccezione riguarda una presunta inammissibilita’ del ricorso siccome proposto da Roma Capitale, soggetto che sarebbe da ritenere diverso da quello che ha preso parte al giudizio di appello (Comune di Roma).
L’eccezione e’ priva di fondamento.
Com’e’ stato gia’ affermato dalla sentenza 21 settembre 2015, n. 18467, di questa Corte, Roma Capitale e’ il nuovo ente territoriale subentrato dal 2010 al Comune di Roma, sorto a seguito della riforma del titolo 5 della parte seconda della Costituzione italiana di cui alla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, e dell’emanazione della L. Delega 5 maggio 2009, n. 42 (v. articolo 24), e dei successivi decreti legislativi attuativi (v., in particolare, il Decreto Legislativo 17 settembre 2010, n. 156, il Decreto Legislativo 18 aprile 2012, n. 61, e il Decreto Legislativo 26 aprile 2013, n. 51).
Sicche’ non vi e’ alcuna sostanziale diversita’ tra la parte costituita in grado di appello e quella che ha proposto l’odierno ricorso per cassazione.
2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’articolo 2730 cod. civ., in riferimento alla lettera del 18 luglio 2000.
Osserva il ricorrente, richiamando le proprie difese contenute nell’atto di appello, che la sentenza in esame avrebbe erroneamente ritenuto sufficiente la lettera in questione per affermare la responsabilita’ del Comune, in quanto dichiarazione di responsabilita’. Vi sarebbe violazione dell’articolo 2730 cit. perche’ la dichiarazione proveniente dal funzionario del Comune non era chiara nella sua portata, potendo riferirsi sia alla conduttura comunale che a quella consortile privata di Via (OMISSIS). Sarebbe stato dato valore di confessione, quindi, senza rispettare la forma scritta ad substantiam ad un atto che non poteva essere considerato tale.
3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli articoli 1988 e 2732 cod. civ., sempre in riferimento alla dichiarazione di cui al primo motivo.
Rileva il Comune ricorrente che la causa verteva sulla veridicita’ o meno della dichiarazione suddetta, in relazione all’articolo 2732 cit.. Il fatto che si stesse “attribuendo a un Comune un obbligo giuridico di manutenzione di una fognatura privata avrebbe dovuto indurre la Corte a ricercare elementi di errore/falsita’ nella dichiarazione”. Nella lettera del 18 luglio 2000, infatti, si fa riferimento alla Via (OMISSIS), per cui il luogo del sinistro non sarebbe obiettivamente individuabile; e la Corte d’appello non avrebbe compiuto alcuna indagine “tesa a verificare l’esistenza dell’errore ai fini di invalidare la dichiarazione”.
4. I due motivi, da trattare congiuntamente siccome tra loro strettamente connessi, sono privi di fondamento.
Essi, infatti, sia pure con diverso sguardo prospettico, si appuntano entrambi sulla portata probatoria da attribuire alla dichiarazione 18 luglio 2000.
Al riguardo osserva il Collegio che la Corte d’appello, con una valutazione complessiva del tutto svincolata dai connotati della prova legale – che il ricorrente pare per implicito richiamare, lamentando la presunta violazione delle disposizioni in materia di confessione – ha compiuto un giudizio globale sul contenuto di quel documento e gli ha attribuito un certo significato nel quadro complessivo della vicenda. A tale risultato la Corte e’ giunta valutando anche il successivo documento dell’8 giugno 2001 avente la medesima provenienza, documento che e’ stato ritenuto non in contrasto con quello precedente, in quanto faceva riferimento ad un obbligo di manutenzione di una strada e non di una condotta fognaria.
A fronte di siffatta ricostruzione, che rappresenta esplicazione di un potere di valutazione che appartiene tipicamente al giudice di merito, le censure di cui ai motivi in esame si risolvono nell’evidente tentativo di ottenere in questa sede una nuova e non consentita discussione del materiale probatorio. Il secondo motivo, in particolare, e’ privo di fondamento poiche’, attraverso una singolare tautologia, da’ per dimostrato che la dichiarazione del 18 luglio 2000 non corrisponda alla verita’ e da tale presunzione, del tutto indimostrata, fa discendere la lesione dell’articolo 2732 cod. civ. (revoca della confessione), sostenendo che la Corte d’appello avrebbe dovuto “ricercare elementi di errore/falsita’ nella dichiarazione” stessa, in quanto essa attribuiva al Comune di Roma un obbligo che doveva spettare al privato (il che, invece, era proprio l’oggetto della prova esaminata dalla Corte d’appello).
E’ evidente, quindi, che le prospettate violazioni di legge non sussistono e che non e’ neppure ipotizzabile il vizio di motivazione di cui alla seconda parte del secondo motivo, giacche’ la Corte di merito ha dato sufficiente conto delle ragioni poste a fondamento della decisione, con una motivazione del tutto congrua ed immune da vizi logici.
5. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e n. 5), violazione e falsa applicazione degli articoli 2734 e 2730 cod. civ., oltre ad insufficienza ed illogicita’ della sentenza su un fatto decisivo per il giudizio.
Osserva il Comune di Roma che la seconda dichiarazione prodotta in atti, cioe’ quella dell’8 giugno 2001, aveva chiarito l’effettivo significato della precedente, per cui alla stessa si sarebbe dovuto attribuire il valore correttivo di cui all’articolo 2734 cod. civ.; poiche’ la fognatura consortile parte da una strada privata, non in manutenzione al Comune di Roma, cio’ escluderebbe la possibilita’ che il Comune fosse tenuto a compiere interventi di manutenzione. La seconda dichiarazione, quindi, avrebbe tolto valore alla prima.
5.1. Il motivo, in parte ripetitivo dei precedenti, non e’ fondato.
Richiamando quanto gia’ detto a proposito del primo e secondo motivo, questa Corte rileva che non e’ qui in discussione il profilo giuridico astratto del riparto dell’onere di manutenzione del tratto di fognatura in questione tra il Comune ed il consorzio del quale faceva parte il condominio all’interno del quale si e’ verificato il danno, perche’ la Corte d’appello, in base alla valutazione in precedenza richiamata, ha dato per riconosciuto, da parte del Comune di Roma, l’esistenza di un obbligo di manutenzione a suo carico. Da tale presupposto la Corte di merito ha tratto la conseguente conclusione, che in questa sede non potrebbe essere modificata se non sostituendo arbitrariamente una differente e non consentita valutazione delle prove.
6. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione dell’articolo 1227 c.c., comma 1, e articolo 2043 c.c., nonche’ degli articoli 167 e 183 c.p.c..
Rileva il ricorrente che la sentenza avrebbe errato nel non prendere il esame il problema dell’inesistenza di un sistema antirigurgito in relazione alla fognatura condominiale. Trattandosi di fatto colposo del creditore che ha concorso al verificarsi dell’evento, il profilo doveva essere esaminato anche d’ufficio, ai sensi dell’articolo 1227 cit., comma 1, come da pacifica giurisprudenza. La Corte d’appello, quindi, avrebbe dovuto affrontare la questione e verificarne la fondatezza, perche’ anche la relazione del c.t.u. aveva posto in luce che l’esistenza di un sistema antirigurgito avrebbe impedito il verificarsi dell’allagamento.
6.1. Il motivo non e’ fondato.
La sentenza impugnata, correggendo sul punto la decisione del Tribunale, ha ritenuto che la questione relativa alla mancata adozione del sistema antirigurgito da parte del condominio fosse stata tardivamente proposta dal Comune, in quanto sollevata per la prima volta in sede di replica ai sensi dell’articolo 184 del codice di rito, ed ha percio’ ritenuto inammissibile quel motivo di appello. Roma Capitale non contesta il profilo della tardivita’, ma censura tale decisione osservando che la questione doveva essere esaminata anche d’ufficio ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1.
Osserva in proposito il Collegio che – a prescindere dal profilo formale della tardivita’ o meno dell’eccezione – la decisione della Corte d’appello resiste comunque alla censura in esame. Ed infatti questa Corte ha gia’ affermato, con un orientamento al quale va data oggi continuita’, che gli impianti fognari, da chiunque realizzati, una volta inseriti nel sistema delle fognature comunali, rientrano nella sfera di controllo dell’ente pubblico che, come custode, risponde, ai sensi dell’articolo 2051 cod. civ., dei danni causalmente collegati alla cosa, salva la prova del fortuito; il concorrente apporto causale di un terzo, rilevante soltanto in sede di eventuale regresso, in base ai principi della responsabilita’ solidale, non vale a diminuire la responsabilita’ del custode nei confronti del danneggiato, salvo che non integri il fortuito (sentenza 19 marzo 2009, n. 6665). In quella pronuncia si e’ anche stabilito che in tema di responsabilita’ extracontrattuale, se il danno subito da un condomino e’ causalmente imputabile al concorso del condominio e di un terzo, al condomino che abbia agito chiedendo l’integrale risarcimento dei danni solo nei confronti del terzo, il risarcimento non puo’ essere diminuito in ragione del concorrente apporto causale colposo imputabile al condominio, applicandosi in tal caso non l’articolo 1227 c.c., comma 1, ma l’articolo 2055 c.c., comma 1, che prevede la responsabilita’ solidale degli autori del danno. In altre parole, la responsabilita’ di Roma Capitale non puo’ essere diminuita, rispetto al condomino danneggiato (cioe’ l’odierna parte controricorrente), neppure ipotizzando un concorso di colpa del condominio, perche’ la mancata presenza di un sistema antirigurgito potra’, semmai, avere rilievo in un eventuale giudizio di regresso promosso da Roma Capitale nei confronti del condominio, ma non in questa sede.
Il che toglie ogni rilievo decisorio al motivo in questione.
7. Il ricorso, pertanto, e’ rigettato.
A tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformita’ ai soli parametri introdotti dal Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.
Sussistono inoltre le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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