Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza 22 aprile 2016, n. 17015
Ritenuto in fatto
1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Savona ricorre avverso l’ordinanza in data 23 novembre 2015 con la quale il Tribunale di Savona in composizione monocratica non convalidava l’arresto eseguito nei confronti di S.G. in relazione al reato di fuga e omissione di soccorso p. e p. dall’art. 189, commi 6 e 7, del Codice della Strada, avendo ritenuto non sussistenti gli estremi della c.d. quasi flagranza: osservava il giudice procedente che l’arrestata veniva fermata non già all’esito di inseguimento da parte della polizia giudiziaria (o della persona offesa o di altri), ma mentre si trovava presso l’ospedale di Savona assieme al compagno B.A. , in un momento successivo all’individuazione del veicolo che aveva cagionato l’incidente, trovato abbandonato dopo un secondo sinistro; per cui addirittura, osservava il giudice procedente, non vi era neppure certezza della riferibilità del fatto all’indagata.
Quale unico motivo di doglianza il P.M. ricorrente deduce violazione di legge processuale e vizio di motivazione in riferimento alla mancata convalida e all’interpretazione della nozione di quasi flagranza e di quella di “inseguimento” di cui all’art. 382 cod.proc.pen.: nel ricorso si osserva che detta nozione si estende anche ai casi in cui l’arresto avvenga dopo un’attività di ricerca che, sebbene non immediatamente conclusa, sia comunque immediatamente eseguita e si protragga senza soluzione di continuità, giovandosi anche di notizie utili apprese da persone a conoscenza dei fatti; prova di ciò sarebbe, a contrario, l’art. 189, comma 8-bis Cod. Strada, secondo il quale si sottrae all’arresto il conducente che, entro le ventiquattr’ore, si metta a disposizione degli organi di polizia giudiziaria. Lamenta inoltre il P.M. ricorrente che l’individuazione della S. come conducente del veicolo al momento del fatto era fondata su più elementi (le dichiarazioni della S. sulla materiale disponibilità dell’autovettura, quelle del B. che la indicava come persona alla guida in occasione del secondo sinistro e ulteriori indicatori dai quali doveva apparire che fosse la S. ad aver commesso il reato per cui era stata tratta in arresto).
2. Nella sua requisitoria scritta, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso, sul rilievo che la nozione di quasi flagranza è stata chiarita con la pronunzia a Sezioni Unite del 24 novembre 2015, in senso difforme rispetto a quello prospettato dal P.M. ricorrente.
Considerato in diritto
È corretta l’osservazione del giudice procedente secondo la quale, nella 1 specie, difettavano le condizioni di quasi flagranza: è ben vero, per quanto emerge dagli atti disponibili, che la polizia giudiziaria si poneva immediatamente all’inseguimento dell’autovettura che non si era fermata in occasione di un incidente con feriti; ma tale inseguimento conduceva gli operanti dapprima a individuare il veicolo incidentato e abbandonato, e solo dopo (non è chiaro se attraverso informazioni acquisite da terzi, o sulla sola base del rinvenimento del veicolo) la polizia giudiziaria raggiungeva la S. e il compagno Alexandre B. presso l’ospedale di Savona; qui procedeva ad acquisire le dichiarazioni dei due (quanto meno il B. presentava lesioni alla fronte e al naso) e sulla base di tali dichiarazioni, valutate unitamente alle condizioni dell’automezzo, procedeva all’arresto della S. .
Ciò posto, il Procuratore generale presso questa Corte ha richiamato la recente pronunzia a Sezioni Unite del 24 novembre 2015 (allo stato non massimata né testualmente disponibile), la quale ha fornito risposta negativa al quesito “se può procedersi all’arresto in flagranza sulla base di informazioni della vittima o di terzi fornite nella immediatezza del fatto”; e ha richiamato altresi’ l’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite (Sezione 5, n. 12282/2015) nella quale si era prospettata la necessità che la quasi flagranza fosse configurabile in seguito a una diretta e autonoma percezione della condotta criminosa da parte degli operanti.
Nel caso di specie, sebbene non risulti che la S. e il suo compagno siano stati raggiunti presso l’ospedale su indicazione della vittima o di terzi, neppure risulta esservi stata, da parte della polizia giudiziaria (Carabinieri del NORM di Savona), la diretta percezione della condotta criminosa; né vi è stata, in ogni caso, l’immediata individuazione, neppure sommaria, della persona che conduceva l’automezzo che provocò l’incidente e si diede alla fuga; e altrettanto sicuramente non vi è stato, nel corso dell’inseguimento, un monitoraggio costante dell’autore in fuga. All’individuazione della S. come autrice del reato, per quanto emerge dall’incarto disponibile, i Carabinieri pervenivano sulla base di elementi conoscitivi appresi in ospedale dalla stessa S. e dal B. e verificati alla luce delle condizioni dell’autoveicolo e dei segni d’incidente precedentemente rilevati su quest’ultimo, rapportati alle lesioni riportate dal B. .
Ciò posto, va ricordata l’eccezionalità dei poteri d’arresto in flagranza (o in quasi flagranza) di cui agli artt. 380 e ss. cod.proc.pen., poteri conferiti alla polizia giudiziaria (o, eccezionalmente, ai privati: art. 383 cod.proc.pen.) in deroga ai principi generali in materia, che esprimono la garanzia della riserva di giurisdizione, la quale trova matrice nella previsione di cui all’art. 13, comma 3, Cost..
In tale quadro, la nozione di quasi flagranza dev’essere rigorosamente interpretata e perimetrata, tenendo presente che in generale essa è configurabile tutte le volte in cui sia possibile stabilire un particolare nesso tra il soggetto e il reato, il quale presuppone un rapporto di contestualità tra la condotta in cui si sostanzia l’illecito ed il fatto percettivo dell’ufficiale o agente di polizia giudiziaria che interviene procedendo all’arresto (Sez. 3, n. 37861 del 17/06/2014, Pasceri, Rv. 260085); il problema si pone in termini pi’ù stringenti con precipuo riferimento alle situazioni, come quella de qua, in cui vi sia una qualche soluzione di continuità fra il momento percettivo del reato e quello dell’arresto (non tanto sul piano temporale, quanto sotto il più delicato profilo dell’individuazione della correlazione tra l’azione illecita e l’attività di limitazione della libertà).
Una chiave di lettura che sembra attagliarsi al caso di specie è costituita dall’esigenza che la situazione prodromica all’arresto, pur superando l’immediata individuazione dell’arrestato sul luogo del reato, permetta comunque la riconduzione della persona all’illecito sulla base della continuità del controllo, anche indiretto, eseguito da coloro i quali si pongano al suo inseguimento (Sez. 6, n. 19002 del 03/04/2012, Rotolo, Rv. 252872). Tale condizione si può configurare nei casi in cui l’arresto avvenga in esito a inseguimento, ancorché protratto ma effettuato senza perdere il contatto percettivo anche indiretto con il fuggitivo, o nel caso di rinvenimento sulla persona dell’arrestato di cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima; ma non si può configurare nelle ipotesi (come quella di che trattasi) nelle quali l’arresto avvenga in seguito a un’attività di investigazione, sia pure di breve durata, attraverso la quale la polizia giudiziaria raccolga elementi (dalla vittima, da terzi o anche autonomamente) valutati i quali ritenga di individuare il soggetto da arrestare, il quale beninteso non sia trovato con cose che lo colleghino univocamente al reato e non presenti sulla persona segni inequivoci riconducibili alla commissione del reato da parte del medesimo.
2. In definitiva, e in sostanziale coerenza con l’indirizzo indicato dalle Sezioni Unite con la ricordata pronuncia, la nozione di quasi flagranza non può estendersi ai casi in cui si pervenga all’arresto solo in seguito allo svolgimento, da parte della polizia giudiziaria, di attività d’indagine (costituite da elementi dichiarativi da chiunque forniti, o da elementi oggettivi o fattuali diversi da quelli indicati nell’art. 382 cod.proc.pen.) e delle conseguenti elaborazioni valutative che conducano all’individuazione del responsabile del reato: in tali ipotesi, l’arresto in flagranza concretizzerebbe una torsione del sistema e delle garanzie costituzionali che lo sorreggono, atteso che altro è l’adozione della misura precautelare affidata alla polizia giudiziaria sulla scorta di una costante attività percettiva o di inseguimento (nei sensi suesposti) o sulla base di segni o elementi oggettivamente univoci della commissione del reato percepibili, nell’immediatezza, sulla persona dell’autore; e altro è l’elaborazione valutativa delle risultanze investigative, la quale è di stretta pertinenza dell’autorità giudiziaria ed esula dalla nozione di flagranza o di quasi flagranza.
Nella specie, poi, deve constatarsi che le valutazioni della polizia giudiziaria in ordine all’identificazione della S. come autrice del reato (richiamate dal P.M. ricorrente) sono, per lo più, frutto del dichiarato della stessa S. e del suo compagno e, per il resto, derivano da un’interpretazione delle emergenze fattuali che, oltre a non poter fondare – per quanto appena detto – l’arresto della sunnominata, presenta anche margini di opinabilità. In proposito vale la pena richiamare, in coerenza con i principi fin qui esposti, l’orientamento secondo il quale la fragranza che consente l’arresto non è configurabile neppure quando essa risulti dalla confessione dell’indagato e, in generale, tutte le volte che si renda necessario un apprezzamento di elementi probatori estranei alla ratio dell’istituto (Sez. 5, Sentenza n. 12669 del 17/02/2004, Piromallo, Rv. 227534 Sez. 1, n. 6642 del 11/12/1996, dep. 1997, Palmarini, Rv. 207085; Sez. 5, Sentenza n. 3032 del 21/06/1999, Carrozzino, Rv. 214473); ciò vale a fortiori quando detto apprezzamento induca a conclusioni non univoche sul piano logico.
3. Da ultimo, deve osservarsi che il richiamo del P.M. ricorrente all’art. 189, comma 8-bis, Codice della strada non è pertinente e, in un certo senso, prova troppo: invero, l’esclusione dell’arresto del conducente che si metta a disposizione della polizia giudiziaria nelle ventiquattr’ore non contraddice la sussistenza delle condizioni di quasi flagranza di cui all’art. 382 cod.proc.pen., nel senso dianzi illustrato, ma le dà per presupposte. Affinché, quindi, possa procedersi all’arresto in esito al delitto di fuga o di omissione di soccorso, devono ugualmente sussistere tutte le condizioni di flagranza o di quasi flagranza, in presenza delle quali il responsabile potrà evitare l’arresto ponendosi a disposizione della polizia giudiziaria entro le ventiquattr’ore; condizioni che, per quanto fin qui argomentato, non sussistevano nel caso di specie.
4. Da quanto precede consegue il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso
Leave a Reply